Imaging diagnostico computerizzato

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

Imaging diagnostico computerizzato

Arturo Brunetti
Marco Salvatore

La diagnostica per immagini o imaging diagnostico è la disciplina che si occupa delle tecniche con cui si ottengono immagini che danno informazioni diagnostiche morfologiche e funzionali relative a organi e apparati del corpo. È un’evoluzione della radiologia, la disciplina che studia le applicazioni delle radiazioni in campo medico.

La diagnostica per immagini nasce nel 1895 con la scoperta dei raggi X. La prima radiografia fu ottenuta interponendo una mano tra una sorgente di raggi X e una lastra fotografica che era impressionata dai raggi che oltrepassavano la mano stessa. Utilizzando lastre di materiali fluorescenti, che emettono luce blu-verde se colpiti dai raggi X, fu possibile ottenere immagini dinamiche (radioscopia o fluoroscopia).

Per oltre cinquant’anni la diagnostica per immagini si è basata su radiografia e radioscopia (radiodiagnostica). Poi nuove invenzioni e scoperte hanno rivoluzionato la disciplina con l’introduzione dell’ecografia, della medicina nucleare e della tomografia computerizzata (TC): la prima tecnica di imaging assistita dal computer. Sono state poi introdotte le tecniche tomografiche di medicina nucleare PET (Positron emission tomography) e SPECT (Single photon emission computed tomography), la risonanza magnetica (RM) e, più recentemente, le tecniche di imaging ottico. Parallela e fondamentale, è stata l’evoluzione delle tecnologie informatiche, che consentono ora di avere immagini volumetriche estremamente nitide e dettagliate.

In relazione alle informazioni ottenibili, radiografia, TC, ecografia e RM danno soprattutto informazioni morfologiche e strutturali, mentre la medicina nucleare dà soprattutto informazioni funzionali. Tuttavia non c’è una rigida separazione tra tecniche morfologiche e funzionali. La radiografia, per esempio, può fornire anche informazioni funzionali relative alla mobilità di un’articolazione o del transito intestinale. Un’indagine funzionale di medicina nucleare (detta scintigrafia) può fornire anche dati anatomici. L’ecografia può dare sia informazioni morfologiche, sia dati funzionali relativi al flusso sanguigno nella struttura in esame. La RM oltre a dati strutturali, può fornire dati funzionali correlati al flusso sanguigno, alla diffusione delle molecole d’acqua e alla presenza di specifiche molecole nei tessuti.

La diagnostica per immagini fornisce informazioni utili sia per l’approccio diagnostico iniziale e per la scelta della terapia, sia per studiare l’evoluzione delle malattie nel tempo e per verificare l’efficacia delle terapie; può anche essere utile in programmi di screening, cioè per l’individuazione precoce di neoplasie come il cancro della mammella.

Oltre a informazioni morfo-strutturali, le tecniche di imaging possono fornire dati funzionali. Nell’approccio funzionale si sta aprendo la nuova frontiera dell’imaging molecolare, cioè la visualizzazione e la misurazione di processi biologici a livello cellulare e molecolare negli esseri viventi, con tecniche di diagnostica per immagini.

Le immagini diagnostiche

Le immagini diagnostiche, in riferimento alla modalità di presentazione anatomica, si distinguono in planari e tomografiche. Le prime presentano su una superficie bidimensionale, piana, il contenuto della parte del corpo in esame: ne sono esempi le radiografie e le scintigrafie. Per migliorare l’informazione spaziale con queste tecniche si possono ottenere più immagini secondo punti di vista diversi (proiezioni). Ecografia, TC, RM, PET e SPECT, creano invece immagini che corrispondono a sezioni (strati) del corpo (il termine tomografia deriva dal greco τομοσ, sezione).

Alle tre dimensioni spaziali fornite dalle tecniche tomografiche si sta aggiungendo la quarta dimensione: il tempo, con la valutazione dinamica delle modificazioni spaziali. Con l’imaging 4D è possibile visualizzare in gravidanza con l’ecografia il feto in movimento, mentre con TC e RM si studiano organi in movimento come il cuore.

L’informatica ha rivoluzionato l’imaging dopo il 1970, con il passaggio progressivo dalle immagini analogiche a quelle digitali, e lo sviluppo di tecniche di elaborazione e di misurazione di dati morfologici e funzionali.

Un’immagine digitale è costituita da una matrice bidimensionale di elementi detti pixel (picture element, elemento dell’immagine); si tratta in genere di matrici quadrate di 128×128, 256×256, 512×512, 1024×1024, 2048×2048 pixel o di matrici rettangolari. Maggiore è il numero di pixel per un determinato campo visivo (FOV, Field-of-view che indica l’area studiata), maggiore è la risoluzione spaziale ottenibile. Nelle immagini tomografiche (TC e RM, PET, SPECT) i pixel corrispondono agli elementi di volume (volume element, voxel) che costituiscono gli strati o sezioni del corpo in esame. I voxel possono avere la forma di un parallepipedo o di un cubo; nel primo caso sono detti anistropici, nel secondo isotropici.

Nella maggior parte delle tecniche (radiografia, ecografia, TC) le immagini dipendono da un singolo parametro fisico, quale la densità dei tessuti; in questi casi la presentazione monocromatica, in scala di grigi, è pienamente idonea. Le immagini a colori si utilizzano soprattutto in medicina nucleare e per visualizzare in sovrapposizione immagini ottenute con tecniche diverse (come PET e TC) e dati anatomici e funzionali ottenuti con la stessa tecnica, come con l’ecografia color Doppler, in cui le informazioni anatomiche sono visualizzate in scala di grigi, e quelle funzionali (flusso sanguigno) a colori. Le immagini a colori possono essere utili per visualizzare simultaneamente dati che derivano dall’analisi di diversi parametri fisici, per esempio in immagini RM.

L’identificazione di elementi utili per la diagnosi dipende sia dal contrasto, cioè dai diversi livelli di colore o di grigio delle strutture contigue, sia dalla risoluzione spaziale, ossia dalla capacità di distinguere elementi vicini (minore è la distanza, maggiore è la risoluzione e quindi il dettaglio visibile). La risoluzione spaziale è maggiore in radiografia, TC, ecografia e RM e minore in medicina nucleare e in .

Le immagini mediche digitali sono conformi allo standard DICOM (Digital imaging and communications in medicine), per consentirne il trasferimento, l’archiviazione e il collegamento con i sistemi informatici ospedalieri. Lo standard DICOM definisce il formato dei file delle immagini. Un file DICOM ha due parti: (a) un’intestazione con informazioni tra cui i dati anagrafici del paziente, il protocollo di acquisizione, la matrice dell’immagine, le dimensioni dei pixel; (b) i valori dei pixel. Applicazioni in grado di leggere ed elaborare immagini DICOM sono disponibili su personal computer con tutti i sistemi operativi di uso comune.

Un componente fondamentale del servizio di diagnostica per immagini è il sistema di archiviazione, gestione e trasmissione delle immagini o PACS (Picture archiving and communication systems). I PACS utilizzano sia memorie a breve termine con comunicazione on line ad alta velocità sia memorie a lungo termine (su nastri, CD o DVD) con accesso più lento, ma affidabile e dai costi contenuti e richiedono spazi di memorizzazione nell’ordine dei terabyte (1012 byte). Con unità di memoria miniaturizzate ad alta capacità, ciascuno di noi sarà in breve in grado di portare con sé tutti i dati medici personali, inclusi quelli di imaging.

Fondamentale nella gestione delle immagini mediche è la disponibilità dei dati nelle reti locali e la trasmissibilità a distanza (teleradiologia) con sistemi ad alta velocità. Con la teleradiologia si può fornire consulenza diagnostica a sedi remote, riducendo in tal modo, e talvolta evitando trasferimenti del paziente.

Le tecniche di imaging diagnostico

Radiodiagnostica (radiografia e radioscopia)

La radiografia è la rappresentazione bidimensionale di una struttura attraversata da raggi X, parte dei quali sono fermati o deviati (attenuati). Più densa e spessa è la struttura, maggiore è la probabilità che i raggi siano attenuati. I raggi X che oltrepassano il corpo intercettando un bersaglio sensibile vi determinano la formazione di un’immagine, che riflette densità e spessore delle strutture in esame. Nella tecnica radiografica convenzionale il bersaglio dei raggi X è una pellicola fotografica posta in un contenitore (cassetta radiografica) che la protegge dall’esposizione alla luce e che contiene schermi di rinforzo, pannelli fluorescenti in grado di potenziare l’effetto dei raggi riducendone la quantità necessaria per produrre l’immagine.

La visualizzazione di immagini radiografiche su pellicola richiede un trattamento chimico (sviluppo) analogo a quello fotografico, al termine del quale le strutture più dense, come le ossa, sono visualizzate in bianco/grigio chiaro, mentre quelle meno dense, che contengono aria come i polmoni, hanno tonalità scure. Dopo lo sviluppo, l’immagine non più modificabile, può essere analizzata su una superficie retroilluminata (diafanoscopio o negativoscopio).

Nella tecnica radioscopica, il bersaglio dei raggi X è uno schermo di materiale fluorescente che dà immagini in tempo reale, delle strutture in esame. La radioscopia è impiegata tra l’altro per individuare le zone su cui effettuare le radiografie, per guidare l’esecuzione di biopsie e il posizionamento di cateteri, per monitorare interventi chirurgici, e anche per valutare la funzionalità del tubo digerente.

Radiografia e radioscopia visualizzano bene le strutture che contengono materiali ad alta (osso) o bassa densità (aria/gas), ma sono poco efficaci per lo studio dei tessuti molli di densità intermedia. Ma la naturale capacità delle strutture corporee di attenuare i raggi X può essere aumentata o diminuita somministrando materiali ad alta e/o bassa densità (mezzi di contrasto o mdc). Tali materiali, al cui sviluppo ha dato un grande contributo la ricerca farmaceutica, aiutano a visualizzare strutture poco o per niente visibili direttamente e sono utilizzati soprattutto per studiare i vasi sanguigni (con l’indagine detta angiografia), l’apparato urinario e quello digerente. Mezzi di contrasto con caratteristiche chimiche diverse sono impiegati di routine per aumentare le informazioni diagnostiche anche in TC e RM e, meno frequentemente, in ecografia.

Negli ultimi vent’anni i progressi informatici e lo sviluppo di nuovi materiali sensibili ai raggi X hanno permesso lo nascita e la diffusione della radiologia digitale, che si realizza con approcci riconducibili essenzialmente a due categorie: Computed radiography (CR) e Direct digital radiography (DDR).

La CR con piastre a fosfori fotostimolabili (PPCR, photo-stimulable phosphor computed radiography) che catturano l’energia dei raggi X e possono essere analizzati con una radiazione luminosa, ha avuto ampia diffusione, in quanto utilizza dispositivi incorporabili in contenitori simili alle cassette radiografiche tradizionali. La CR si può eseguire quindi con tutte le apparecchiature radiografiche convenzionali.

La DDR più costosa ma più rapida della PPCR, utilizza pannelli di selenio o silicio amorfo, integrati nel tavolo radiografico e collegati a un dispositivo di lettura che consente la trasmissione immediata dei dati ai monitor e ai PACS.

La radiologia digitale presenta vantaggi biologici e ambientali, in quanto: (a) riduce i casi che richiedono ripetizione dell’esame e, di conseguenza, diminuisce la dose globale di raggi ai pazienti; (b) elimina le procedure di trattamento chimico delle pellicole e la conseguente produzione di rifiuti tossici.

Le immagini digitali sono in genere studiate su monitor dove possono essere elaborate e analizzate in dettaglio.

Tomografia computerizzata

La tomografia computerizzata (TC) è stata la prima tecnica di imaging interamente digitale. All’inizio degli anni Settanta Godfrey N. Hounsfield ideò e costruì il primo apparecchio TC, rivoluzionando la diagnostica medica. Fu insignito del premio Nobel per la Medicina nel 1979, con Allan M. Cormack, che negli anni precedenti aveva definito le basi teoriche per la ricostruzione delle immagini tomografiche. La TC è anche indicata come TAC (Tomografia assiale computerizzata) dato che produce immagini di strati trasversali o assiali del corpo.

L’apparecchio TC è dotato di un tubo radiogeno che ruota intorno al paziente emettendo raggi X che dopo aver attraversato il corpo, sono intercettati da rilevatori (detettori) a stato solido o gassoso. Si ottengono così multiple proiezioni di sezioni del corpo, cioè dati di attenuazione dei raggi X da punti vista diversi.

Come la radiografia, la TC ottiene immagini di trasmissione. Tuttavia, a differenza della radiografia, la TC ottiene misure delle densità tessutali e, grazie alla rappresentazione tomografica e al maggior contrasto, evidenzia strutture non visibili con la radiografia. L’immagine TC è ricostruita con algoritmi matematici che richiedono calcoli complessi realizzabili rapidamente solo da un computer. Gli algoritmi di ricostruzione sono di tipo iterativo o analitico. I primi calcolano le densità dei voxel con una serie di ipotesi e verifiche dei valori sulla base dei dati misurati: più alto è il numero di iterazioni (ripetizioni), più accurati sono i calcoli. Un algoritmo iterativo era utilizzato dal primo apparecchio TC; successivamente sono stati introdotti i più veloci algoritmi analitici basati sull’elaborazione preliminare dei dati acquisiti, cui segue la retroproiezione nell’immagine finale (FBP, Filtered back projection).

Gli apparecchi TC sono stati progressivamente dotati di tubi radiogeni più avanzati e di rivelatori più numerosi ed efficienti. All’inizio degli anni Novanta furono introdotti i primi apparecchi TC con scansione elicoidale (TC spirale elicoidale) che consentono l’acquisizione dei dati durante una rotazione continua del complesso tubo radiogeno-rivelatori, con avanzamento simultaneo del lettino porta-paziente. Il tempo di esame si è notevolmente ridotto con la TC spirale multisezione (multistrato), che può acquisire oggi fino a 256 serie di dati (cioè di strati corporei) contemporaneamente. Oggi si può eseguire lo studio del corpo intero di un adulto in tempi inferiori al minuto, mentre uno studio TC del solo cranio con i primi apparecchi TC richiedeva più di un’ora. La riduzione delle dimensioni dei rivelatori permette di ottenere strati sottili e soprattutto voxel di forma cubica (cioè di dimensioni uguali in tutte le direzioni, voxel isotropici). Ciò consente spettacolari ricostruzioni tridimensionali. Di notevole impatto nella TC multisezione è proprio la straordinaria rappresentazione anatomica 3D delle strutture scheletriche, del cuore (cardio-TC) e delle strutture vascolari (angio-TC). I dati TC oltre che a scopo diagnostico, sono utili per la pianificazione della terapia chirurgica e della radioterapia.

Densitometria (mineralometria ossea computerizzata)

La densitometria (mineralometria ossea computerizzata, MOC, in inglese DXA, Dual energy X-ray absorptiometry) è la tecnica di derivazione radiografica che permette di misurare il contenuto minerale del corpo. Misurando l’assorbimento di raggi X di due energie diverse è infatti possibile ottenere dati quali: (a) BMC (Bone mineral content); (b) BMD (Bone mineral density); (c) massa adiposa e massa magra del corpo. L’esame, che si esegue sul corpo intero o su segmenti corporei (arti, colonna vertebrale) è indicato per la diagnosi di osteoporosi e osteopenia. L’osteoporosi è più frequente nelle donne in menopausa e comporta un aumento del rischio di fratture. Per la possibilità di misurare anche massa adiposa e magra, la densitometria può essere utilizzata anche per monitorare malattie dismetaboliche programmi dietetici in situazioni particolari (per es., anoressia, obesità).

Anche con la TC, se il tubo radiogeno può produrre raggi X di due energie diverse è possibile eseguire misure di densità ossea (in genere limitate alle vertebre).

Medicina nucleare

La medicina nucleare studia le applicazioni diagnostiche (di imaging e di laboratorio) e terapeutiche (radioterapia metabolica) degli atomi radioattivi (radionuclidi). I fondamenti della disciplina sono legati alla scoperta della radioattività e alla produzione di radionuclidi artificiali con acceleratori di particelle come il ciclotrone (costruito nel 1931 da Ernest O. Lawrence).

Nell’imaging medico-nucleare si somministrano (in genere per via endovenosa) molecole definite radiofarmaci (prive comunque di effetti farmacologici), marcate con radionuclidi emettitori di raggi γ. Poi, con apparecchiature come le γ camere si ottengono immagini della distribuzione dei radiofarmaci che riflettono funzioni biologiche. L’immagine medico-nucleare è di tipo emissivo perché il paziente è la sorgente del segnale. I raggi γ sono individuati da rilevatori a scintillazione costituiti da NaI[Tl] (ioduro di sodio con impurità di tallio) o da altri materiali capaci di emettere lampi di luce (scintillazioni) quando intercettano i raggi γ. Dalle scintillazioni deriva la denominazione scintigrafia per le indagini medico-nucleari.

Con radiofarmaci diversi si studiano differenti organi e funzioni. Per la scintigrafia della tiroide che produce ormoni iodati, per esempio, è possibile somministrare iodio radioattivo o altri anioni radioattivi come il 99mTcO4 (pertecnetato) che possono essere captati dalle cellule tiroidee. Con il supporto del computer, gli esami scintigrafici possono misurare funzioni tessutali, sulla base della conoscenza del meccanismo di biodistribuzione del radiofarmaco impiegato e della disponibilità di un modello matematico che ne descriva la distribuzione. I radiofarmaci utilizzati in analisi quantitative funzionali sono definiti traccianti (di funzioni biologiche) e l’insieme delle conoscenze alla base degli studi quantitativi è la teoria dei traccianti.

Tra le analisi quantitative più diffuse nella pratica clinica vi sono la misura della filtrazione glomerulare e del flusso plasmatico renale con la scintigrafia renale e la misura della gittata cardiaca e della frazione di eiezione del ventricolo cardiaco sinistro, con l’angiocardioscintigrafia. I dati funzionali possono essere presentati come immagini parametriche, in cui la scala di grigi o di colori visualizza i diversi livelli del parametro studiato. Esempio di immagine parametrica è la mappa di fase della contrazione cardiaca ottenuta con angiocardioscintigrafia, in cui le pareti cardiache che si contraggono sincronamente (in fase) sono visualizzate con lo stesso colore, mentre le zone che non si muovono in sincronismo (discinetiche o acinetiche) hanno un diverso colore.

Nell’imaging medico-nucleare si utilizzano radionuclidi con tempi brevi di dimezzamento della radioattività (in genere, di minuti o ore). Il 99mTc (Tecnezio99 metastabile, emettitore di raggi γ) e il 18F (Fluoro-18) emettitore di positroni sono i più utilizzati.

La principale evoluzione strumentale della diagnostica per immagini medico-nucleare è stata lo sviluppo di tecniche tomografiche (SPECT e PET).

La SPECT utilizza i radionuclidi impiegati nelle scintigrafie tradizionali (quale 99mTc), e apparecchi ad hoc o, più spesso, gamma camere rotanti, che possono acquisire dati da punti di vista diversi, necessari per la ricostruzione di immagini tomografiche. La PET utilizza invece radionuclidi emettitori di positroni, (particelle con carica positiva che, interagendo con elettroni in un processo chiamato annichilazione, si trasformano in coppie di raggi γ) e apparecchi di aspetto e dimensioni simili a quelli TC, dotati di rivelatori di radiazioni che circondano la parte del corpo in esame.

I radionuclidi emettitori di positroni decadono rapidamente e di solito sono prodotti da ciclotroni collocati in prossimità dell’apparecchio PET. La PET è una tecnologia relativamente complessa e costosa che permette misure accurate della radioattività tessutale, ed è oggi la tecnica più potente di imaging molecolare.

Le indagini PET hanno ampia applicazione in oncologia per la caratterizzazione biologica, la stadiazione (valutazione dell’estensione) e il monitoraggio dei tumori. In tali esami si utilizza prevalentemente un radiofarmaco analogo del glucosio, il [18F]-fluorodeossiglucosio (FDG). Poiché le cellule tumorali maligne captano più glucosio rispetto a quelle normali, gli studi PET-FDG evidenziano i tumori che captano più glucosio in proporzione alla loro malignità e possono valutare l’efficacia delle terapie in corso, che si associa in genere a riduzione dell’accumulo di glucosio.

Il consumo di glucosio è solo una delle funzioni valutabili. Con altri radiofarmaci si studiano il flusso sanguigno, il metabolismo proteico e lipidico, il consumo di ossigeno, la sintesi di DNA; si possono anche identificare marcatori molecolari (antigeni, recettori) ed esaminare i processi di neurotrasmissione. Inoltre la PET può essere utilizzata nella ricerca farmaceutica e preclinica per studiare la distribuzione corporea e gli effetti funzionali di nuovi farmaci, e le applicazioni avanzate di terapia genica.

La PET ha utilizzazione clinica anche in cardiologia per lo studio della cardiopatia ischemica e in neurologia, per la caratterizzazione di malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer e il Parkinson, e per l’epilessia.

Un importante avanzamento tecnologico è stato lo sviluppo di apparecchi ibridi in cui PET e SPECT sono integrate con sistemi TC; è così possibile eseguire nella stessa seduta esami morfologici TC e funzionali SPECT o PET localizzando accuratamente le attività funzionali indagate con SPECT e PET. Sono in fase di sviluppo avanzato anche apparecchi ibridi PET-RM.

La risonanza magnetica

Il fenomeno di risonanza magnetica nucleare (NMR, Nuclear magnetic resonance) scoperto nel 1944 da Felix Bloch ed Edward M. Purcell (premi Nobel per la Fisica nel 1952) è alla base di uno dei maggiori progressi dell’imaging dopo la scoperta dei raggi X.

La NMR si verifica solo in presenza di campi magnetici di intensità elevata (migliaia di volte superiore a quello terrestre), nei nuclei atomici con numero dispari di protoni e/o neutroni. Nuclei diversi hanno differenti frequenze di risonanza, in accordo all’equazione di Larmor:

[1] ω = γ H0

dove ω è la frequenza angolare di risonanza, H0 è l’intensità del campo magnetico e γ è il rapporto giromagnetico, una costante caratteristica di ciascun nucleo. La risonanza (eccitazione nucleare) è ottenuta con campi magnetici oscillanti, creati da circuiti elettrici (bobine), alla frequenza di risonanza dei nuclei da studiare, ed è caratterizzata da variazioni minime dei livelli energetici nucleari che non determinano modificazioni molecolari. Le tecniche basate su questo fenomeno sono non invasive per le strutture biologiche e non espongono il paziente a radiazioni ionizzanti. Gli apparecchi di risonanza magnetica (RM, o MRI, Magnetic resonance imaging) utilizzano magneti superconduttori o permanenti e, per ottenere le immagini, eccitano i nuclei degli atomi di idrogeno delle molecole di acqua, la specie chimica più abbondante nel corpo. Terminata l’eccitazione, i nuclei si rilassano, rilasciando l’energia acquisita, inducendo nei circuiti dell’apparecchio deboli correnti elettriche la cui analisi permette la ricostruzione delle immagini. Per la localizzazione (codifica spaziale) del segnale si utilizzano circuiti (gradienti), che fanno variare gradualmente l’intensità del campo principale in modo che i voxel abbiano frequenze di risonanza leggermente diverse. Con la RM si ottengono scansioni in tutte le possibili direzioni spaziali, senza modificare la posizione del paziente ed è possibile acquisire dati in modalità 3D.

Diversi fenomeni fisici influenzano il rilassamento dei nuclei e il segnale che ne deriva. In RM si possono creare immagini pesate su diversi parametri, quali il tempo di rilassamento T1 (spin-lattice), il tempo di rilassamento T2 (spin-spin), la densità dei protoni, la suscettibilità magnetica e la diffusione molecolare (moti browniani). Il segnale RM è influenzato anche dal flusso sanguigno, dalla presenza di materiali ferromagnetici e da variazioni della concentrazione vascolare di ossi- e deossiemoglobina che possono funzionare da indicatori della perfusione tessutale. L’analisi dei fenomeni di diffusione e perfusione permette lo studio di aspetti funzionali soprattutto nel sistema nervoso (fMRI, functional MRI) per applicazioni di ricerca nelle neuroscienze cognitive, e per utilizzazione diagnostica in neurologia e psichiatria.

Dall’introduzione dei primi apparecchi commercia-li negli anni Ottanta, le applicazioni della RM sonoaumentate continuamente. Con il miglioramento dell’hardware (magneti con campi più elevati, circuiti migliori, computer più veloci) e del software (sequenze di impulsi, elaborazione dei dati) si ottengono immagini ad alto dettaglio di tutte le strutture anatomiche, con risultati eccellenti per il sistema nervoso centrale e l’apparato locomotore ma anche per il cuore e gli organi addominali. L’alto contrasto e le caratteristiche multiparametriche sono molto utili per le procedure di classificazione dei tessuti, necessarie per la misura dei volumi delle strutture normali e patologiche (morfometria).

In applicazioni di ricerca e diagnostica ha un ruolo importante anche la spettroscopia RM, (MRS, Magnetic resonance spectroscopy), utilizzata in chimica ben prima dell’introduzione dell’imaging RM. Analisi chimiche con MRS sono possibili perché ogni nucleo ha una frequenza di risonanza leggermente diversa in funzione della schermatura del campo magnetico principale da parte degli elettroni circostanti; pertanto nuclei di uno stesso atomo in posizioni molecolari diverse hanno frequenze di risonanza leggermente diverse. Elaborando i dati MRS è possibile creare spettri i cui picchi corrispondono a specifiche molecole. L’MRS può essere applicata a nuclei stabili di interesse biologico (1H, 31P, 13C, 19F) e, con magneti di elevata intensità, può contribuire alla caratterizzazione molecolare in vivo di diverse malattie – in particolare i tumori e le malattie del sistema nervoso centrale – costituendo parte integrante dell’imaging molecolare.

Ecografia

Le immagini ecografiche si ottengono rilevando le riflessioni (echi) di ultrasuoni da parte delle strutture corporee. Gli ultrasuoni sono onde meccaniche analoghe ai suoni, da cui si differenziano per la maggiore frequenza e, quindi, per la non udibilità; sono prodotti con trasduttori composti da materiali piezoelettrici, in grado cioè di convertire impulsi elettrici in vibrazioni. Il fenomeno piezoelettrico, fu scoperto nel 1881 dai fratelli Pierre e Paul-Jacques Curie.

La prima tecnologia basata sulla rilevazione di onde sonore riflesse fu, all’inizio del XX sec., il SONAR, utilizzato dalle navi per rilevare la presenza di sommergibili. L’impiego medico degli ultrasuoni iniziò a metà del XX sec., con strumenti in grado di rilevare onde riflesse dalle strutture corporee, senza fornire immagini. Furono poi costruiti i primi complessi dispositivi in grado di produrre immagini di tipo analogico, progressivamente sostituiti da apparecchi di dimensioni sempre minori, in grado di acquisire immagini ad alta risoluzione e in tempo reale, con elaborazione assistita dal computer.

Le frequenze degli ultrasuoni diagnostici sono comprese in genere nell’intervallo 3÷20 MHz; nello studio di organi superficiali e nell’imaging sperimentale si possono utilizzare frequenze maggiori. I trasduttori (sonde) agiscono sia da generatori di ultrasuoni sia da rivelatori delle onde riflesse (echi); sono posizionati a stretto contatto con la superficie corporea corrispondente all’area da esaminare, con l’interposizione di uno strato di gel, per ottimizzare la trasmissione degli ultrasuoni al corpo. In esso le onde viaggiano a velocità variabili in rapporto alle caratteristiche fisiche tessutali (impedenza); nel passaggio (interfaccia) tra strutture con impedenze differenti, parte degli ultrasuoni viene riflessa e la registrazione delle riflessioni è utilizzata per creare immagini tomografiche in tempo reale. Il processo di produzione e rilevamento degli ultrasuoni e la formazione delle immagini sono interamente controllati da computer. L’ecografia dà informazioni strutturali dettagliate sui tessuti molli ed è pertanto un’indicazione principale nello studio degli organi addominali, del cuore, dei vasi sanguigni, dei muscoli e dei tendini e dà un contributo fondamentale alla diagnosi e al monitoraggio della gravidanza.

Inoltre, grazie all’analisi dell’effetto Doppler, l’ecografia può dare anche informazioni funzionali relative al flusso sanguigno. L’effetto Doppler consiste in una variazione della frequenza del suono riflesso da materiali in movimento come il sangue; la frequenza dell’onda riflessa appare maggiore se l’oggetto si sposta verso la sonda e minore se l’oggetto se ne allontana. L’analisi delle variazioni di frequenza permette di definire direzione e velocità del flusso sanguigno. Oltre che nei vasi sanguigni più grandi con tecniche di amplificazione (power Doppler) si possono rilevare segnali anche nei piccoli vasi di un organo, ottenendo informazioni utili per la caratterizzazione dei tessuti e in particolare delle lesioni tumorali maligne, che presentano aumento della vascolarizzazione (neoangiogenesi). Il segnale Doppler può essere ulteriormente potenziato con la somministrazione di mezzi di contrasto formati da microparticelle che aumentano la riflessione degli ultrasuoni.

Tra gli sviluppi più interessanti dell’ecografia vanno ricordati l’imaging tridimensionale in tempo reale (definito imaging 4D), le applicazioni terapeutiche di ultrasuoni focalizzati e il rilascio di farmaci e geni con l’ausilio di microbolle.

Imaging preclinico e imaging ottico

Oltre alle applicazioni cliniche, le tecniche di diagnostica per immagini stanno avendo crescente diffusio-ne nell’imaging preclinico, cioè per lo studio di modelli animali di malattie umane (in particolare in topi trans-genici). In questo campo, grazie alla non invasività e la ripetibilità delle indagini di imaging è possibile ridur-re notevolmente il numero di soggetti coinvolti nellasperimentazione ed evitare le sofferenze associate a procedure invasive utilizzate in passato. Tra le applicazioni di maggiore interesse dell’imaging sperimentale preclinico vi sono, per esempio, lo studio della crescita tumorale, della terapia genica, con la possibilità di verificare il successo dell’inserimento di un gene destinato a curare una malattia e la marcatura di cellule staminali, per verificarne la soppravvivenza e il raggiungimento degli organi alla cui riparazione sono destinate. Con l’imaging preclinico si possono studiare tutti gli aspetti morfologici e funzionali normalmente studiati nell’uomo e tra le tecniche più utilizzate vi sono l’ecografia, la RM, la PET e la SPECT che sono eseguite con apparecchi specifici per la necessità di elevata risoluzione spaziale, date le piccole dimensioni dei soggetti da studiare.

Ma nell’applicazione preclinica sta avendo spazio crescente una nuova modalità di imaging, basata sulla somministrazione di molecole che danno segnali luminosi rilevabili dall’esterno, si tratta dell’imaging ottico che include procedure basate su emissione di raggi nel range dell’infrarosso o della luce visibile (fluorescenza e bioluminescenza). La bioluminescenza, per esempio, utilizza marcatori biologici come l’enzima luciferasi (quello delle lucciole) con cui si possono marcare cellule di cui viene poi monitorata la posizione e di cui è possibile studiare specifiche attività funzionali analizzandone i segnali luminosi. La limitata capacità di penetrazione delle radiazioni luminose limita, attualmente, l’utilizzazione di questa tecnica a soggetti di piccola taglia (topo) e non la rende ancora trasferibile in campo clinico umano.

Imaging molecolare

Negli ultimi anni si è aperta una nuova frontiera della diagnostica per immagini, l’imaging molecolare, cioè la visualizzazione e la misurazione di processi biologici a livello cellulare e molecolare negli esseri viventi, con tecniche di diagnostica per immagini. Le recenti acquisizioni di biologia molecolare con lo sviluppo delle conoscenze che riguardano il genoma, il controllo dell’espressione genica e i primi tentativi di terapia genica, lo studio delle vie metaboliche, le nuove acquisizioni di farmacologia e lo sviluppo delle nanotecnologie, hanno notevolmente ampliato le possibilità di utilizzare le tecniche di imaging in studi funzionali molecolari.

L’approccio molecolare non è nuovo nella diagnostica per immagini in quanto da diversi anni in medicina nucleare si utilizzano radiofarmaci che permettono lo studio delle attività metaboliche e dei recettori cellulari, la proliferazione cellulare, lo studio del processi di neurotrasmissione. Ma l’imaging molecolare si caratterizza per il coinvolgimento ad ampio spettro di tutte le tecniche di diagnostica per immagini e di tutti gli specialisti di questo settore, ai quali si richiede necessariamente lo sviluppo di nuove competenze. E si integra strettamente con lo sviluppo di modelli animali di malattie umane su cui è possibile studiare in maniera non invasiva le problematiche diagnostiche e approcci terapeutici innovativi. Nuove sonde molecolari (probes) utilizzabili per studiare attività funzionali e processi metabolici sono prodotte sia per l’approccio tradizionale medico-nucleare con radionuclidi, sia con marcature con emettitori di radiazioni luminose e infrarosse (per imaging ottico) sia ancora, con marcatori para- e ferromagnetici utilizzabili in RM. Approcci molecolari finalizzati ad applicazioni terapeutiche avanzate e personalizzate, con somministrazione locale di farmaci guidata dalle immagini sono già in via di sviluppo con ecografia e RM.

Applicazioni delle tecniche di imaging diagnostico

Le tecniche di imaging hanno applicazioni diverse e spesso complementari nello studio dei vari organi e apparati. Si parla di tecniche di primo, secondo, terzo livello per indicare la sequenza temporale delle indagini in rapporto alle diverse problematiche, nell’ambito di un percorso (iter) diagnostico che va in genere da indagini più semplici e meno costose (radiografia ed ecografia) a indagini di maggiore costo e complessità (TC, PET, RM). Non sempre il percorso può partire da indagini semplici: per lo studio del sistema nervoso centrale, per esempio, si ricorre immediatamente a tecniche più complesse (TC e RM). Si può invece iniziare il percorso con indagini semplici per lo studio dell’apparato locomotore: nelle patologie muscolari l’ecografia è indagine di prima istanza, mentre la radiografia è lo strumento di prima istanza in molte patologie dello scheletro, in particolare nei traumi, ma anche delle patologie degene-rative articolari croniche, nelle malformazioni e nelle neoplasie. Un più approfondito studio dello scheletro richiede la TC, o la RM per caratterizzare meglio il coinvolgimento dei tessuti molli.

Per l’apparato cardiovascolare (vasi sanguigni e cuore) l’ecografia è indagine di primo livello sia per l’esplorazione morfologica, sia per la valutazione del flusso sanguigno.

Per i vasi sanguigni indagini di secondo livello sono la angio-TC (con mezzo di contrasto) e la angio-RM (con e senza mezzo di contrasto).

Per il cuore, nel secondo livello si collocano le indagini medico-nucleari (SPECT e PET), TC (cardio-TC) e RM (cardio-RM). Un ruolo più avanzato nel percorso diagnostico per il cuore e per i vasi sanguigni spetta alle indagini radiologiche angiografiche con mezzo di contrasto, soprattutto in preparazione di procedure terapeutiche endovascolari (radiologia interventistica), quali la dilatazione di vasi stenotici, il posizionamento di protesi, l’occlusione (embolizzazione) di vasi abnormemente dilatati o che irrorano lesioni neoplastiche.

Per l’apparato respiratorio, e in particolare per i polmoni, un’indagine di primo livello è ancora la radiografia, per l’eccellente contrasto determinato dall’aria contenuta negli alveoli polmonari. Mentre per approfondimenti diagnostici sulle patologie broncopolmonari si richiede la TC.

Per l’apparato urinario (reni e vescica) e genitale (femminile, con ovaio e utero e maschile con testicoli e prostata) l’ecografia è l’indagine di prima istanza. Successivamente si ricorre a RM o TC e, sempre meno spesso, all’urografia (esame radiologico con mezzo di contrasto). La medicina nucleare è indicata per la misurazione della funzionalità renale (filtrazione glomerurale e flusso plasmatico renale).

Per il sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale) indagine di prima istanza è in genere la RM; soprattutto in urgenza (traumi, ictus) si ricorre alla TC in prima istanza.

Per il tubo digerente il percorso comincia non con le indagini di imaging ma con l’endoscopia; le indagini radiologiche tradizionali con mezzi di contrasto sono utilizzate sempre meno e comunque quando l’endoscopia non è realizzabile. Si sta invece progressivamente consolidando il ruolo delle indagini TC e RM per l’esplorazione 3D del digerente, con tecniche di navigazione virtuale endoscopica.

La mammella si studia in prima istanza con l’ecografia nelle donne giovani e con la mammografia (una speciale indagine radiografica) nelle donne di età superiore ai 40 anni. Tecnica di secondo livello per lo studio della mammella è la RM.

Per quanto riguarda le ghiandole endocrine, per la tiroide ecografia e scintigrafia sono indagini di primo livello, e RM e TC di secondo livello. L’ipofisi si studia in prima istanza con la RM. Surreni e pancreas possono essere indagati prima con ecografia e poi con TC e RM.

L’uso delle diverse indagini deve essere sempre guidato dal medico specialista di diagnostica per immagini, sia per quanto riguarda le problematiche di sicurezza, sia per la necessità di personalizzare il percorso diagnostico in base alle caratteristiche del paziente e alle attrezzature disponibili, in funzione anche di situazione contingenti (per es., in urgenza), tenendo conto della continua evoluzione delle tecniche e delle metodiche disponibili.

L’elaborazione delle immagini

L’elaborazione delle immagini consente il miglioramento delle informazioni diagnostiche e l’ottenimento di informazioni quantitative utilizzabili per monitorare l’evoluzione delle malattie e la risposta alle terapie.

Le procedure di elaborazione delle immagini digitali si possono raggruppare in quattro categorie (per punti, per aree, geometriche e globali).

Elaborazione per punti. Si utilizza per modificare il contrasto, variando il valore dei pixel in base a una regola applicata al corrispondente valore originale. La procedura più utilizzata nella pratica è la rielaborazione dei livelli di grigi e di colori per il miglioramento del contrasto.

Elaborazione per zone (o aree). Utilizza operazioni matematiche (filtraggio) a seguito delle quali il valore di ciascun pixel nell’immagine elaborata dipende dal va-lore dei pixel circostanti. L’elaborazione per zone haspesso lo scopo di rendere più morbido il contrasto (smoothing) o rendere le immagini più nitide. La più comune procedura per rendere più morbida l’immagine è lo smoothing a 9 punti in cui, il valore di ciascun pixel è ricalcolato sulla base della media dei valori degli 8 elementi che lo circondano in una matrice 3×3 (9 punti). Per favorire il rilevamento di fini dettagli nelle mammografie, nelle radiografie del torace e nella visualizzazione delle strutture ossee è possi-_bile utilizzare filtri che rendono più_evidenti i profili delle strutture (edge enhancement).

Elaborazione geometrica. Include movimenti semplici e procedure complesse quali rotazione, disposizione speculare, ingrandimento e deformazione. Tra queste la traslazione e il riallineamento di serie di sezioni trasversali e di dati volumetrici hanno un ruolo fondamentale per la coregistrazione di immagini ottenute con la stessa tecnica in tempi diversi o di immagini ottenute con tecniche differenti quali PET e TC, per integrare informazioni morfologiche e funzionali (fusion imaging).

Elaborazione globale. Include procedure di elaborazione analitica tra cui oggi ha il maggiore interesse la classificazione dei tessuti (segmentazione) che, identificando classi omogenee di tessuti, consente poi di misurarne i volumi. La segmentazione delle strutture encefaliche, per esempio, è utilizzata per misurare i volumi di sostanza grigia e bianca, liquido cefalorachidiano e di eventuali tessuti patologici.

Le operazioni di segmentazione potrebbero essere anche eseguite manualmente da operatori esperti tracciando i profili delle zone di interesse. Ma per strutture complesse e malattie con lesioni multiple l’operazione manuale richiederebbe un tempo inaccettabile per applicazioni di routine. Pertanto sono indispensabili metodi assistiti da computer.

Tra le varie tecniche di imaging, la RM è la più adatta alle procedure di segmentazione, per la sua natura multiparametrica che consente agli algoritmi di analizzare più parametri per classificare i tessuti. Sono oggi disponibili procedure di segmentazione multiparametrica (multispettrale) RM completamente automatiche utilizzabili per identificare oggettivamente condizioni patologiche, come l’atrofia cerebrale e le variazioni dei volumi encefalici nel tempo e in corso di terapia nei tumori, nelle malattie degenerative, come il morbo di Alzheimer, e in quelle infiammatorie del sistema nervoso centrale come la sclerosi multipla.

Ricostruzione tridimensionale

La ricostruzione di immagini tridimensionali (3D) è l’aspetto più spettacolare dell’applicazione delle tecniche tomografiche; le immagini tridimensionali hanno un ruolo rilevante sia nella didattica (consentendo l’apprendimento interattivo dell’anatomia normale e patologica) sia in clinica (per la guida di biopsie e procedure interventistiche e per la programmazione di interventi chirurgici e di radioterapia.)

Accanto ai software specifici messi a punto dalle ditte produttrici di apparecchi diagnostici, esistono molteplici soluzioni freeware che consentono eccellenti elaborazioni 3D su PC.

Alcune procedure richiedono una preliminare segmentazione dei tessuti. Le procedure più utilizzate che non richiedono segmentazione preliminare sono: (a) la ricostruzione multiplanare (MPR, Multiplanar reformation o multiplanar reconstruction), utilizzata soprattutto su dati TC e RM, per visualizzare piani orientati diversamente rispetto a quelli di scansione, mediante l’interpolazione e il ricampionamento dei dati; (b) la proiezione di intensità massima (MIP, Maximum intensity projection) che crea immagini di proiezione (bidimensionali), di strutture che hanno segnale nettamente diverso da quelle circostanti, che sono eliminate dalla rappresentazione. Nelle immagini MIP i pixel risultanti sono quelli che hanno il valore più alto quando il volume studiato viene letto da un raggio virtuale proveniente da un punto di osservazione esterno. Ricostruzioni MIP sono utilizzate per la valutazione dell’angiografia RM.

Le principali procedure che richiedono una preliminare classificazione dei tessuti sono i rendering della superficie o del volume che includono elaborazioni quali l’estrazione di superfici con valori uguali (isosuperfici), la classificazione binaria dei voxel e il rendering diretto del volume. Quest’ultimo si basa su un modello semitrasparente tipo gel del set di dati 3D e con questa procedura, ogni voxel è associato a una trasparenza e a un livello di colori. Nel rendering di volume l’osservatore può modificare interattivamente i parametri di visualizzazione (colore, luminosità e opacità dei tessuti). Nel rendering di superficie sono invece visualizzati i profili di separazione tra due strutture. La visualizzazione di superficie ombreggiata (SSD, Shaded surface display), in cui l’intensità di ciascun pixel viene calcolata utilizzando l’orientamento della superficie rispetto a una sorgente di illuminazione virtuale, può essere utilizzata per l’angiografia (in alternativa al MIP), per studiare un campo di intervento chirurgico, per la RM funzionale e l’endoscopia virtuale. Quest’ultima si basa su applicazioni di realtà virtuale e consente la visualizzazione delle superfici interne di organi, quali l’intestino, la vescica, le vie respiratorie o le pareti interne dei vasi sanguigni, a partire da immagini TC o RM dopo elaborazione 3D, con la possibilità di navigare internamente agli organi, proprio come quando si utilizza un endoscopio.

Imaging di coregistrazione e di fusione

La valutazione comparativa di indagini ottenute in tempi diversi, oppure prima e dopo somministrazione di contrasto e la valutazione integrata di dati morfologici (TC, RM ecografia) e funzionali (scintigrafia, PET, SPECT MRS, fMRI, doppler) può avere un notevole valore sia per la diagnosi sia per il follow up, nonché per guidare biopsie, interventi chirurgici e radioterapia.

Sebbene un medico esperto possa eseguire un buon esame comparativo di due serie di immagini, la presentazione integrata delle indagini può favorire una valutazione diagnostica più accurata. La presentazione integrata richiede procedure di riallineamento spaziale (coregistrazione) dei dati ottenuti in tempi, con modalità e tecniche diverse.

La coregistrazione si può definire come il calcolo di parametri che accomunano due indagini, seguito dal riallineamento spaziale e dal risezionamento dei dati originali. Ha il compito di correggere gli spostamenti di traslazione, di rotazione, di scala e di visualizzazione prospettica nei diversi set di dati.

Dopo la coregistrazione si può ottenere la visualizzazione simultanea di immagini (per es., morfologiche e funzionali) coregistrate, definite immagini di fusione, che rendono possibile un’accurata localizzazione di variazioni funzionali ovvero la definizione del correlato funzionale delle alterazioni morfostrutturali.

La recente introduzione dei tomografi PET-TC e PET SPECT ibridi, che combinano cioè i componenti di un tomografo PET o SPECT e di uno TC, rappresenta il progresso più significativo verso la coregistrazione diretta intraesame.

La quarta dimensione

Le indagini tridimensionali con ecografia, RM e TC eseguite con acquisizioni dinamiche, cioè su un arco di tempo tale da permettere la valutazione dei movimenti delle strutture anatomiche, consentono di analizzare una quarta dimensione, il tempo. Studi ecografici in 4D permettono in corso di gravidanza di seguire in tempo reale i movimenti fetali. TC e RM 4D danno informazioni importanti in radioterapia, consentendo, per esempio nei tumori polmonari, di monitorare i movimenti associati alla respirazione o a spostamenti del paziente, per controllare con sempre maggiore cura l’invio delle radiazioni sul tumore. Inoltre, con esami RM o TC 4D può essere monitorata accuratamente l’attività contrattile del cuore.

Computer assisted diagnosis

Procedure informatiche cominciano a essere di aiuto anche nel processo di interpretazione delle immagini diagnostiche (CAD, Computer assisted diagnosis). Il CAD si basa su conoscenze di intelligenza artificiale ed elaborazione di immagini per individuare in modo automatico lesioni nelle immagini diagnostiche. Per l’applicazione di una procedura CAD è indispensabile una preelaborazione dell’immagine con procedure di segmentazione e classificazione dei tessuti per l’individuazione di aspetti caratteristici (pattern recognition). L’applicazione diagnostica di maggiore interesse attuale per il CAD è la mammografia, soprattutto perché questa indagine è utilizzata come tecnica di screening in ampie popolazioni a rischio (donne di età superoriore ai 40 anni) per la diagnosi precoce del cancro della mammella. I programmi di screening comportano infatti notevoli carichi di lavoro per i quali una valutazione assistita dal computer può giovare all’operatore. Altre applicazioni in studio sono relative all’esame radiografico e alla TC del torace.

Imaging e programmazione della terapia

I dati di imaging sono utilizzati per guidare biopsie, per posizionare correttamente cateteri, protesi vascolari e altri impianti e per programmare e guidare approcci terapeutici di diverso tipo.

L’imaging diagnostico computerizzato da un supporto fondamentale alla radioterapia e alla chirurgia. Uno degli obiettivi della chirurgia assistita del computer è la realizzazione di una guida intraoperatoria completa con l’utilizzazione di sistemi robotizzati in cui la funzione dell’operatore diventa di supervisione e controllo.

Chirurgia e radiologia interventistica

La visualizzazione 3D offre al chirurgo un’anteprima dell’area di intervento e dei percorsi di accesso, con una visualizzazione dettagliata e interattivamente modificabile. La visualizzazione di punti di riferimento anatomici e soprattutto dei vasi sanguigni ha grande importanza per programmare l’approccio chirurgico, e con la navigazione virtuale si possono provare percorsi alternativi. Oltre alla valutazione preoperatoria si stanno sviluppando sistemi dedicati all’imaging in sala operatoria per migliorare la coordinazione della procedura con la corretta localizzazione delle lesioni e la definizione dei margini, consentendo, per esempio, resezioni complete e accurate dei tumori.

Tra le tecniche utilizzabili per esami intraoperatori, la radioscopia ha un ruolo storicamente importante in chirurgia ortopedica, per il posizionamento dei cateteri e per procedure interventistiche endovascolari (posizionamento di stent, impianti, embolizzazioni). L’ecografia intraoperatoria è particolarmente interessante per la non invasività e l’agevole uso in chirurgia addominale (per es., in chirurgia epatica) anche per le piccole dimensioni dello strumento. In ambito medico-nucleare rientra la chirurgia guidata da rilevatori portatili (sonde) di radiazioni utilizzata soprattutto in chirurgia oncologica addominale per localizzare lesioni non visibili in superficie.

Per l’eccellente valutazione 3D e l’elevato contrasto e risoluzione spaziale, c’è grande interesse per la RM come strumento di supporto intraoperatorio. Sono oggi disponibili magneti a configurazione aperta, che consentono un agevole accesso al paziente e sono dotati di sistemi di tracciamento degli strumenti chirurgici. Con queste apparecchiature avanzate, è possibile eseguire biopsie guidate, procedure percutanee o endoscopiche oppure operazioni chirurgiche a cielo aperto e procedure interventistiche quali l’ablazione termica. L’alto costo di questi apparecchi ne ha limitato finora la diffusione.

Una guida intraoperatoria completa richiede una mappatura in tempo reale delle coordinate effettive del paziente con i dati delle immagini di riferimento. La registrazione immagine-paziente e gli strumenti di tracciamento all’interno dell’area di intervento sono elementi chiave per il controllo interattivo di un’operazione chirurgica attraverso una procedura di navigazione computer-assistita. Per gli interventi neurochirurgici guidati, così come per la radioterapia, è possibile utilizzare dati acquisiti in precedenza, servendosi di marcatori (markers) esterni collegati al paziente oppure utilizzare immagini registrate rispetto a determinati riferimenti anatomici. La seconda opzione, più impegnativa per i computer, è in genere la più valida. Un monitoraggio intraoperatorio con videocamere può essere utilizzato per identificare i marcatori superficiali esposti (orecchio, naso, corteccia cerebrale) da associare ai punti corrispondenti nelle immagini.

La coregistrazione con dati funzionali ottenuti mediante SPECT, PET, MRS e/o fMRI, può aggiungere ulteriori dati utili all’esecuzione dell’intervento chirurgico

La diffusione delle procedure basate su computer oltre a ridurre la durata degli interventi e l’insorgenza di complicanze, influenza direttamente le strategie terapeutiche e gli approcci chirurgici.

Radioterapia

La programmazione della radioterapia dipende strettamente dalle immagini diagnostiche per l’individuazione delle strutture da trattare e dei tessuti sani circostanti che devono essere risparmiati dalle radiazioni.

Le prime applicazioni della radioterapia si basavano solo sui dati clinici e sulla valutazione dell’anatomia di superficie. Sono stati poi utilizzati simulatori di trattamento che utilizzavano raggi X per ottenere immagini dell’area da trattare, simulando l’operazione dell’apparecchio di radioterapia, senza supporto informatico. Poi, la TC ha rivoluzionato la radioterapia, con lo sviluppo di sistemi informatizzati per programmare il trattamento sulla base di modelli 3D e di software che forniscono calcoli dosimetrici accurati con algoritmi appositi ed elaborazioni ad alta velocità indispensabili per eseguire l’enorme numero di operazioni necessarie per confrontare diverse opzioni di trattamento.

Anche per la radioterapia è utile l’integrazione di dati ottenuti con diverse modalità di imaging. Per il trattamento dei tumori, per esempio, la fusione dei dati TC e RM migliora notevolmente sia l’individuazione del bersaglio sia i calcoli dosimetrici. In prospettiva, la fusione di informazioni funzionali e metaboliche ottenute con SPECT e PET, insieme ai dati morfologici forniti dalla TC e dalla RM amplieranno ulteriormente la possibilità di focalizzare il fascio di radiazioni sui bersagli metabolicamente più attivi, potenziando al massimo i risultati terapeutici e limitando gli effetti dannosi collaterali ai tessuti normali, utilizzando anche sistemi di controllo dei movimenti (imaging 4D).

Conclusioni

I progressi tecnologici e informatici e la ricerca farmacologica (per nuovi mezzi di contrasto, radiofarmaci e sonde molecolari per applicazioni diverse) hanno consentito all’imaging di raggiungere traguardi eccezionali avvantaggiandosi di tante scoperte e invenzioni che hanno caratterizzato il XX secolo.

Il passaggio a sistemi interamente digitali è quasi completato. Le tecniche di imaging permettono una valutazione globale morfostrutturale e funzionale. Il raggiungimento di una piena integrazione di tutte le modalità di imaging costituisce la sfida dell’immediato futuro. L’introduzione di apparecchi ibridi per eseguire in una sola seduta indagini funzionali e morfologiche, è una svolta decisiva verso un approccio diagnostico completamente integrato. L’imaging volumetrico 3D dà già un contributo determinante alla radioterapia e alla chirurgia che crescerà con l’incorporazione della dimensione temporale (imaging 4D). Grazie ad adeguati strumenti informatici, sarà possibile utilizzare i dati clinici, di imaging e di laboratorio, per migliorare le strategie di trattamento e per sviluppare trattamenti personalizzati.

Ulteriori progressi potranno venire anche dagli studi preclinici e dallo sviluppo di nuove modalità di imaging.

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