IDROSANITARI, Impianti

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

IDROSANITARI, Impianti

Donato M. Fontana

(v. impianti edilizi, XVIII, p. 918)

Gli impianti ''idrosanitari'' comprendono nell'accezione usuale quelli per l'adduzione dell'acqua potabile e per usi domestici; per la preparazione e distribuzione di acqua calda per gli stessi usi; gli apparecchi igienici o comunque collegati all'impiego dell'acqua; quelli per lo scarico dei rifiuti convogliati alle acque dopo il relativo impiego. Questi impianti, nella seconda metà del 20° secolo, non hanno subito rilevanti variazioni sotto il profilo tecnologico, mentre più importanti sono stati i mutamenti relativi al significato, al ruolo e all'importanza a essi conferita nell'ambito dell'edilizia.

Le linee d'impostazione sia della distribuzione idrica sia delle reti di scarico sono rimaste essenzialmente quelle classiche: anche se negli ultimi tempi si è avuta una tendenza a un maggior ricorso all'erogazione dell'acqua ''a contatore'' rispetto a quella ''a bocca tarata''; e ciò in relazione all'esigenza, soprattutto nelle grandi città, di privilegiare il risparmio nel consumo di acqua consentito dal primo sistema, rispetto a quello nel costo della distribuzione, consentito dal secondo. La crescita dell'altezza degli edifici ha richiesto un ricorso sempre più frequente all'impiego di impianti di ''autoclave''.

Nell'edilizia abitativa la preparazione dell'acqua calda è ancora in prevalenza effettuata per singoli appartamenti; la diffusione della preparazione centralizzata a livello di condominio ha visto negli anni Sessanta una certa crescita, seguita poi da un'inversione di tendenza sia per i maggiori costi d'impianto e manutenzione, sia per alcune limitazioni poste dalla legislazione emanata per il risparmio energetico, ma anche per il diffondersi degli scaldabagni individuali a gas.

Questo tipo di scaldabagno, generalmente (ma non necessariamente) del tipo ''istantaneo'', cioè privo di accumulo, riscuote molto favore poiché, rispetto agli scaldabagni elettrici, consente non solo importanti risparmi sui costi dell'energia, ma pone inoltre limiti assai meno ristretti nelle portate istantanee e nelle quantità giornaliere erogabili. Oltre al minore ingombro, i vincoli alle possibilità d'installazione, posti dall'esigenza di addurre il gas e l'aria comburente e di evacuare i prodotti della combustione, sono stati drasticamente ridotti negli apparecchi delle ultime generazioni, grazie alle cosiddette soluzioni ''a flusso bilanciato''. In esse l'aria comburente e i prodotti della combustione vengono rispettivamente presi da e ricondotti all'esterno mediante tubazioni distinte (in genere coassiali, una interna all'altra, con diametro esterno intorno ai 100 mm). In tal modo l'apparecchio non ha alcuna interazione con l'ambiente dove è installato, con la conseguente possibilità di collocare lo scaldabagno anche all'interno, in condizioni di grande sicurezza rispetto ai pericoli derivanti da insufficiente alimentazione di aria o dall'evacuazione dei prodotti della combustione. Altri accorgimenti per la sicurezza (in questo caso obbligatori) sono costituiti da un dispositivo che blocca la fiamma in mancanza di erogazione dell'acqua, e uno che impedisce l'efflusso del gas in assenza della fiamma pilota. Tutto ciò, insieme alle recenti normative sull'installazione delle tubazioni del gas, conferisce a questi apparecchi caratteristiche di sicurezza del tutto analoghe a quelle degli scaldabagni elettrici. I vantaggi aumentano nei casi in cui nell'appartamento esista un impianto autonomo di riscaldamento. In questo caso infatti un'unica caldaia a gas di piccole dimensioni (tanto da poter essere installata a muro: caldaie cosiddette ''murali'') può svolgere le funzioni sia di riscaldamento che di scaldabagno.

Quanto alle reti di scarico, si sono verificati mutamenti importanti riguardo ai materiali impiegati. Dall'uso prevalente di ghisa e piombo si è passati, dopo una fase che ha visto, almeno per le realizzazioni più economiche, un certo successo del cemento-amianto (eternit), a un impiego sempre più diffuso di materie plastiche, quali il cloruro di polivinile (PVC) e il polietilene. Tali materiali sono impiegati con buoni risultati sia per le colonne montanti e le diramazioni interne sia nelle reti interrate, per tutte le applicazioni (fra cui quelle domestiche) che non comportino scarichi troppo caldi.

Un'evoluzione forse più importante si è avuta nel settore degli apparecchi sanitari, per le aumentate esigenze nel gusto e nel costume. Da un lato la cucina e il bagno hanno acquisito sempre maggiore importanza nell'ambito della casa anche con il cambiamento del loro ruolo, da quello puramente strumentale di servizio e di supporto per esigenze quotidiane di vita, a quello di strutture finalizzate al benessere e alla qualità della vita o addirittura ad ambiente di rappresentanza e qualificazione sociale. Ciò ha comportato evoluzioni sull'estetica degli elementi tradizionali, il nascere di funzioni nuove (idromassaggio, sauna, macchine per lavare e asciugare biancheria, lavastoviglie, ecc.) e l'affinamento di alcune soluzioni tecniche soprattutto nella rubinetteria (miscelatori a monoleva, termostatici, ecc.). Dall'altro lato, la forte espansione della domanda edilizia, soprattutto di quella residenziale, verificatasi a partire dagli anni Sessanta, ha promosso un intenso sviluppo dei procedimenti costruttivi industrializzati. Ciò ha comportato, fra l'altro, un forte impegno nell'obiettivo d'integrare gli impianti in generale, e soprattutto i sanitari, nella produzione edilizia stessa inducendo uno spostamento, per quanto possibile, dell'ambito e della sede del processo costruttivo dal cantiere alla fabbrica. Sono nati così e si sono sviluppati i cosiddetti ''blocchi funzionali'' prefabbricati (blocchi bagno o cucina) nei quali l'insieme di tutte le componenti (per es., di una stanza da bagno) viene preassemblato in blocco unico, in qualche caso addirittura integrato al setto murario che è destinato a contenere le varie tubazioni.

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