Impulsivita

Dizionario di Medicina (2010)

impulsività


Comportamento costituito da azioni o scelte compiute sotto la spinta di un’impellente pulsione, e contraddistinto da scarso o mancato intervento di un controllo inibitorio appropriato. Per controllo inibitorio si intende la capacità di trattenersi nell’azione o nella scelta per tutto il tempo necessario a valutarne i costi e i benefici, le possibili conseguenze e le opportunità alternative a disposizione, permettendo infine di compiere l’azione o la scelta stessa in maniera più consapevole e razionale.

Impulsività motoria e cognitiva

Si distinguono due categorie di i., motoria e cognitiva. Nel primo caso si osservano azioni d’impulso, caratterizzate dalla tendenza a soccombere a una pulsione o a una tentazione molto forte. Ne consegue incapacità di trattenersi dall’eseguire una o più azioni che vengono da esse prepotentemente stimolate. Nel secondo caso, invece, si manifestano ‘scelte impulsive’, cioè decisioni prese con scarsa riflessione circa le possibili alternative e/o le possibili conseguenze.

Misure dei livelli di impulsività

Una delle ipotesi più largamente accettate è che gli individui impulsivi siano più intolleranti nei confronti di tutte quelle situazioni in cui l’ottenimento di una gratificazione viene ritardato nel tempo. Molti test psicometrici, sviluppati per valutare i livelli di i., si basano proprio sull’introduzione di un ritardo temporale nell’ottenimento di una data ricompensa. In partic., per misurare la componente motoria dell’i., si utilizzano paradigmi (come quelli classici del tipo go-no go) in cui non è prevista alcuna possibilità di scelta, bensì viene richiesto al soggetto di posporre un’azione. Per misurare la componente cognitiva dell’i. si ricorre, invece, a paradigmi (come quelli del tipo multi-choice reaction time, «tempo di reazione in condizioni di scelta multipla») che necessitano di un processo decisionale in cui è richiesta la scelta tra due o più possibilità alternative. Tale scelta matura attraverso un processo di valutazione dei risultati ottenuti in precedenza, che coinvolge molti aspetti cognitivi ma implica anche una forte componente emotiva.

Modello dei sistemi multipli

Questa teoria prevede che la decisione finale sia il risultato dell’equilibrio, o conflitto, tra due istanze: quella affettiva, caratterizzata da un breve orizzonte temporale, è la risultante di vari fattori, quali la tentazione o il fastidio; quella razionale opera invece su una scala temporale più lunga, allo scopo di elaborare una soluzione ottimale a un dato problema. In altre parole, sia il ‘beneficio ottimale’ sia il ‘valore affettivo’ sono determinati, in maniera indipendente, rispettivamente dal sistema della razionalità e da quello dell’affettività. Successivamente, un equilibrio tra essi stabilirà la scelta definitiva. Se il soggetto si trova a fronteggiare una situazione in cui il beneficio ottimale di una decisione farebbe propendere verso un’opzione, mentre viceversa il valore affettivo spinge verso l’altra, può insorgere un conflitto. In questi casi, i soggetti possono addirittura sviluppare una preferenza per la seconda possibilità, che è chiaramente subottimale, ma che può comunque essere pienamente giustificata da un punto di vista emotivo, in quanto è dovuta all’attrazione esercitata dalla tentazione e/o dall’evitamento del fastidio che si prova nei confronti di stati d’animo negativi.

Modello moltiplicativo iperbolico

Una teoria alternativa prevede che il processo decisionale possa essere descritto attraverso un modello matematico noto come modello moltiplicativo iperbolico. Esso prevede che il valore di una ricompensa aumenti come funzione iperbolica della sua dimensione, e diminuisca come funzione iperbolica del suo ritardo; si assume che queste funzioni matematiche si combinino in modo moltiplicativo per determinare il valore soggettivo complessivo della ricompensa. Questo modello non prevede la valutazione del beneficio economico di una decisione, non essendo attribuito alcun ruolo al guadagno complessivo, ottenibile nel tempo dall’una o dall’altra opzione, quale potrebbe essere calcolato razionalmente o stimato da processi cognitivi. Esso si basa unicamente sull’ottenimento di un beneficio psicologico soggettivo, essendo la decisione governata unicamente dall’intensità delle reazioni di intolleranza, e conseguente svalutazione affettiva delle ricompense maggiori, suscitata dal ritardo nella gratificazione. Si presuppone così che tali decisioni siano interamente a carico del sistema emozionale.

Impulsività e percezione del tempo

Alcuni autori ritengono che livelli diversi di i. insorgano nei singoli individui anche poiché essi sperimentano una differente percezione degli intervalli di tempo. Su questa base, i soggetti potrebbero sovrastimare (o sottostimare) la durata degli intervalli temporali e perciò percepire un aumentato (o un diminuito) costo psicologico dell’attesa richiesta. In conseguenza di ciò, potrebbero essere più portati a evitare (o tollerare) il ritardo delle ricompense o molto meno (o molto più) motivati a scegliere una ricompensa più grande ma procrastinata. Questa nozione è compatibile sia con il modello dei sistemi multipli sia con quello moltiplicativo iperbolico. Infatti, l’influenza sul processo decisionale di questo bias di percezione temporale potrebbe avvenire secondo due diverse modalità. Nel primo caso, il processo cognitivo di valutazione o stima semiquantitativa, circa le gratificazioni ottenibili per unità di tempo, viene alterato; ciò può tradursi o meno nella motivazione a sostenere i necessari sforzi di autocontrollo durante l’attesa richiesta. Nel secondo caso, un’alterata percezione degli intervalli di tempo avrebbe un impatto diretto sulla velocità di svalutazione soggettiva nel valore affettivo assegnato alla ricompensa.