Incertezza

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

incertezza


Impossibilità di conoscere in anticipo il verificarsi di eventi futuri o, più in generale, la mancanza di conoscenza che permetta di stabilire quale di una serie di possibili evenienze sia vera. Per es., il non sapere se domani pioverà rientra nell’impossibilità di conoscere in anticipo il realizzarsi di un avvenimento, mentre il non sapere se un determinato sintomo sia da attribuire alla malattia A o alla malattia B rientra nell’impossibilità di conoscere con certezza la causa di un evento o condizione presenti. In entrambi i casi si è in presenza di incertezza.

Il concetto di incertezza nella teoria della scelta

L’i. riveste enorme importanza nella teoria economica della scelta, la quale si suddivide in due grandi rami, a seconda che la decisione venga presa in condizioni di certezza oppure di i. relativamente alle possibili conseguenze. Nella teoria della scelta classica si è soliti distinguere tra i. debole e i. forte; nel primo tipo di i., il decisore, pur non conoscendo quale dei possibili eventi futuri si verificherà, è in grado di assegnare a ciascuno degli accadimenti possibili una probabilità tale che la somma dei valori definiti sull’insieme degli eventi dia come risultato l’unità. La condizione di i. debole viene anche chiamata condizione di rischio, in quanto l’i. è misurabile e quantificabile. L’i. forte si definisce invece quando il decisore non conosce la distribuzione di probabilità degli eventi futuri.

I modelli normativi di decisione usati in economia si basano sull’ipotesi che l’individuo decisore sia perfettamente razionale. Per descrivere la scelta in condizioni di i. debole o rischio ci si avvale del concetto di lotteria (➔): questa è definita come un insieme di possibili guadagni monetari a ciascuno dei quali è associata la relativa probabilità di ottenerlo. Se il decisore è neutrale nei confronti del rischio, sceglierà, tra diverse lotterie, quella che presenta il più alto valore atteso. Il valore atteso di una lotteria si ottiene moltiplicando ciascun possibile guadagno per la probabilità che gli corrisponde e sommando i valori così ottenuti. La teoria classica della decisione considera solo il valore atteso come elemento che deve guidare la scelta del decisore razionale. Da questa ipotesi discendono, però, alcuni risultati paradossali, per risolvere i quali sono stati introdotti il concetto di utilità attesa, che sostituisce quello di valore atteso, e l’ipotesi di utilità marginale decrescente del denaro. Il modello normativo di scelta razionale in condizioni di i. più utilizzato nelle scienze economiche è la teoria dell’utilità attesa (expected utility theory) di J. von Neumann e O. Morgenstern (1944, ➔ von Neumann-Morgenstern, funzione di utilità), la quale descrive le preferenze del decisore mediante una funzione di utilità (➔ utilità, funzione di p) che soddisfa alcuni assiomi. In tale modello l’atteggiamento verso il rischio del decisore è un elemento importante. Se il decisore è avverso al rischio, preferirà un importo certo di ammontare X a un importo incerto di ammontare equivalente. Se viceversa il decisore è propenso al rischio, preferirà l’importo incerto all’importo certo di uguale ammontare. In generale, si suppone che la maggior parte degli individui sia avversa al rischio, condizione che si traduce nel fatto che la funzione di utilità del decisore ha forma concava. L’individuo sceglie la lotteria che massimizza la sua utilità attesa.

Il modello di von Neumann - Morgestern è stato fortemente criticato per la sua scarsa capacità di descrivere le scelte reali dei soggetti economici. In particolare, gli economisti M. Allais e D. Ellsberg hanno mostrato che in alcuni problemi di scelta gli individui si comportano in modo da violare specifici assiomi della teoria. Successivamente sono stati sviluppati numerosi modelli comportamentali di scelta, che cercano di superare queste e altre limitazioni del modello von Neumann-Morgenstern.