GRAFICA, INDUSTRIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

GRAFICA, INDUSTRIA

Pietro Gianni

(v. grafiche, arti, XVII, p. 628; App. III, I, p. 772; IV, II, p. 89)

L'i.g. ha continuato a espandersi negli anni Ottanta in Europa e negli Stati Uniti, segno questo che i nuovi prodotti dell'editoria elettronica per il momento si affiancano ai prodotti tradizionali su carta senza però soffocarli. Questo è confermato per es. dal fatto che i maggiori gruppi d'informazione nel campo dell'editoria economica e finanziaria hanno costituito società apposite per l'editoria elettronica accanto a quelle che si occupano di editoria tradizionale. Basti pensare al gruppo Dow Jones negli Stati Uniti, che pubblica il Wall Street Journal, o al gruppo inglese del Financial Times, o ancora al gruppo italiano de Il Sole-24 Ore.

L'espansione dell'i.g. è confermata dai numeri indici della produzione industriale del settore per i paesi CEE. Fatto 100 l'indice del 1985, troviamo che nel 1990 l'indice era salito a 142,7. Se questo valore ci dà un'idea dello sviluppo crescente dell'i.g. nel suo complesso, i valori italiani suddivisi per settori ci dicono che l'espansione ha riguardato sia l'editoria che il settore commerciale, come dimostra la tabella. Unica eccezione è quella degli stampati aziendali.

Dal punto di vista tecnologico negli ultimi anni vi sono stati grandi cambiamenti nell'i. grafica. I due fenomeni forse più significativi sono stati la definitiva affermazione della stampa offset come procedimento quantitativamente più importante e l'introduzione sul mercato di sistemi per il desk top publishing, ovvero per l'editoria da tavolo.

Oggi in offset viene realizzato più del 50% degli stampati in Europa e negli Stati Uniti. L'offset si è affermato in quasi tutti i settori della stampa, anche in quelli che fino agli anni Sessanta erano stati monopolio di altri procedimenti. Basti pensare alla stampa dei giornali quotidiani, un tempo eseguita esclusivamente in tipografia, oggi realizzata in gran parte con macchine offset. L'offset si è affermato anche nel settore dei libri. In questo campo ancora oggi nessun procedimento garantisce la qualità della tipografia per la stampa di solo testo, ma l'economicità dell'offset rispetto alla tipografia ha fatto sì che con questo procedimento venga prodotta oggi la maggior parte dei libri pubblicati in Europa. Un altro settore di grande sviluppo dell'offset è stato quello delle riviste, un tempo stampate quasi esclusivamente in tipografia e in rotocalco, a seconda della tiratura e in relazione alla presenza o meno di illustrazioni; anche in questo campo l'offset, introdotto inizialmente per riviste di media tiratura, si utilizza oggi anche per periodici di bassa e alta tiratura.

Ciò che ha contribuito al successo della stampa offset è indubbiamente un insieme di elementi, i più significativi dei quali sono l'economicità del procedimento, la sua semplicità, l'alta qualità delle illustrazioni indipendentemente dal tipo di supporto, per cui si possono riprodurre in offset ottime illustrazioni a colori anche su carta ruvida, addirittura su carta goffrata.

Da un punto di vista generale molto interessante è stata l'introduzione dei sistemi per l'editoria da tavolo, o per il desk top publishing. Si tratta di sistemi costituiti da un personal computer (PC) cui sono collegate delle stazioni periferiche, per es. delle stampanti laser, degli scanner per ''leggere'' illustrazioni, dei dischi ottici per memorizzare le illustrazioni stesse e così via. Elemento base di questi sistemi è il programma che consente d'impaginare testi e illustrazioni, e che è in genere di facile impiego e di notevoli capacità: per es. vi sono i programmi della Macintosh, oppure il Page Maker per PC IBM e compatibili. Caratteristica comune a questi programmi è di essere user friendly, ovvero orientati al facile impiego da parte dell'utilizzatore.

Ma vediamo ora l'i.g. nel suo complesso. Nella realizzazione di uno stampato le fasi principali attraverso cui si arriva al prodotto finito sono cinque: elaborazione degli originali di testo, elaborazione degli originali di illustrazioni, preparazione della forma di stampa, stampa, allestimento dello stampato. Le prime due e l'allestimento sono sostanzialmente indipendenti dal procedimento di stampa utilizzato, o almeno lo sono da un punto di vista concettuale. Le altre due invece sono strettamente connesse al procedimento.

Vedremo da un punto di vista tecnologico, nelle cinque fasi del ciclo che porta alla realizzazione di uno stampato, quali sono stati i principali e più significativi sviluppi degli ultimi anni.

Anche dal punto di vista del tipo di organizzazione industriale si può fare riferimento alle cinque fasi principali del ciclo produttivo. L'attività industriale di stampa può essere o non essere integrata. Nel primo caso abbiamo a che fare con industrie in cui sono presenti tutte o quasi tutte le fasi indicate in precedenza, nel secondo caso invece ve ne è comunemente una sola. Un tempo la tendenza era quella alla non integrazione, cioè a un'elevata specializzazione: quando la stampa tipografica era il procedimento più importante, si contavano molte aziende specializzate. Per es. per la produzione di libri o riviste vi erano anzitutto le linotipie, che componevano i testi; poi le zincografie, che trattavano le illustrazioni; quindi le aziende stampatrici; infine le legatorie che confezionavano il prodotto nella sua veste definitiva (per es. nel caso di libri si occupavano della legatura). Negli ultimi anni si è assistito a una forte tendenza all'integrazione, facilitata dalla disponibilità di apparecchiature automatiche e di semplice impiego in tutti i settori produttivi. Restano tuttavia aziende altamente specializzate, che a volte però vengono utilizzate da aziende integrate per eventuali punte di lavorazione o per coprire quote di produzione. Per quanto concerne le dimensioni delle i.g., vi sono dati molto significativi che riguardono la CEE e i singoli paesi della Comunità. Nella CEE troviamo un numero molto limitato di grandi aziende con più di 1000 dipendenti e un numero ridotto di medie aziende con qualche centinaio di dipendenti. La grande maggioranza delle aziende è costituita da migliaia di piccole imprese, anche a conduzione familiare. Per es. in Italia nel 1988 vi erano 17.000 aziende di cui ben 14.000 con meno di 10 dipendenti.

Elaborazione degli originali di testo e illustrazioni. - In questo campo si sono affermati insieme l'elaboratore elettronico e le apparecchiature per la formazione fotografica di immagini. Questo ha portato a sistemi in grado di trattare insieme testo e immagini.

Si parla di sistemi in quanto si tratta di insiemi di apparecchiature che consentono da una parte l'introduzione di testi e illustrazioni, dall'altra l'uscita di pagine finite complete di testo e immagini, così come dovranno poi apparire sullo stampato finito. Al loro interno tali sistemi permettono di memorizzare testi e immagini e di elaborarli secondo le necessità. Ciò che ha consentito di passare dai primi sistemi adatti al trattamento di solo testo ai sistemi più complessi per trattamento di testo e immagini anche a colori è stata la possibilità di combinare insieme queste apparecchiature e queste funzionalità: il calcolatore elettronico, la tecnica dell'elaborazione di immagini a scansione (o RIP, dall'inglese Raster Image Processing), le macchine fotocompositrici adatte alla tecnica del RIP, per es. le macchine a laser.

Il calcolatore elettronico nel trattamento di testi veniva già usato su macchine compositrici a caldo fin dagli anni Sessanta. Uno dei primi venne impiegato nel 1963 presso la tipografia del Los Angeles Times per azionare una macchina Linotype. In questo caso il calcolatore era destinato alla giustificazione dei testi, cioè alla gestione degli ''a capo'' tagliando eventualmente le parole secondo le regole della divisione in sillabe. L'impiego del calcolatore in questo campo si è man mano sviluppato fino all'introduzione della tecnica RIP, che risale al 1980, quando negli Stati Uniti la SIM-X presentò un prototipo di calcolatore in grado di trattare testo e illustrazioni.

Fotocompositrici sono chiamate comunemente le apparecchiature per formare immagini su materiale fotografico, perché inizialmente queste macchine erano destinate alla sola composizione dei testi. Le prime macchine fotocompositrici non derivate da macchine compositrici a caldo (tipo Linotype) risalgono alla fine degli anni Quaranta. Infatti nel 1948 ha funzionato la prima Photon, o Lumitype. Ma è con l'introduzione di macchine laser, per es. la Lasercomp della Monotype del 1977, che si pongono le premesse per lo sviluppo di sistemi complessi. La velocità di lavoro di queste macchine è elevatissima: per es. la Express della Monotype può produrre in poco più di un minuto una pagina di giornale formato 40 × 56 cm, in cui il 30% dello spazio sia occupato da illustrazioni con retino a 42 linee per centimetro.

I sistemi attuali per trattamento di testo e immagini vanno da quelli molto piccoli per l'editoria da tavolo fino a quelli di grandi dimensioni per giornali quotidiani, sistemi cui sono collegati centinaia di terminali o personal computer per l'introduzione e l'elaborazione dei testi; dai testi più semplici, come quelli correnti, fino ai più complessi, come le tabelle. Dal punto di vista dell'applicazione esistono sistemi studiati appositamente per i diversi impieghi: per es. per la produzione di libri oppure per quella di riviste, come lo Xyvision, o ancora per i giornali, come il sistema Atex, della statunitense Unisys, o quello dell'inglese Crosfield, e così via.

Per i sistemi medio grandi la tendenza attuale è quella di adottare nella loro realizzazione delle architetture aperte, basate su software e hardware standard, a livello sia centrale che periferico. Si tratta di sistemi costituiti da un data base centralizzato, su cui si opera per es. in ambiente UNIX, e da stazioni di lavoro periferiche in ambiente UNIX, o MS-DOS, o OS2, su cui vengono svolte tutte o quasi tutte le applicazioni. I sistemi più recenti sono quindi costituiti da uno o più calcolatori centrali, che fungono da data base sia per i testi che per le immagini. Vi sono poi le stazioni di lavoro periferiche cui vengono demandate le funzioni applicative. Di queste stazioni le più importanti sono quelle dedicate all'introduzione ed elaborazione di testi e immagini, all'impaginazione (pre o postimpaginazione), all'invio a unità di uscita (fotocompositrici, stampanti, stampanti-laser, ecc.). Per es. si cita il sistema Atex per la produzione di pagine di giornale complete di testo e illustrazioni. Tutti i componenti del sistema sono collegati tra loro mediante rete locale (Ethernet). Per la preparazione di pagine intere del giornale si parte dal disegno delle geometrie di pagina. Ogni pagina viene disegnata sul video di una stazione di lavoro. A ogni spazio definito corrisponde un elemento che deve entrare in pagina, per es. un testo, un'illustrazione, una didascalia, un annuncio pubblicitario. Per il disegno e l'assegnazione degli spazi pubblicitari si utilizza un programma apposito, l'Architect. Per l'assegnazione degli spazi redazionali si utilizzano stazioni grafiche Risc 6000 con il programma News layout. Le geometrie delle pagine e i dati relativi risiedono poi nel nodo centrale di produzione PPN, che svolge la funzione di banca dati centrale per tutto il sistema.

I testi possono essere introdotti in vari modi; nel caso dell'Atex, per es., possono essere inseriti tramite personal computer (PS2 IBM) o attraverso apparecchiature per il riconoscimento di caratteri (ICR). I testi sono memorizzati sugli application servers, dove risiedono anche i programmi per il loro trattamento. I dati relativi alla sistemazione in pagina si trovano invece sul PPN.

Le illustrazioni possono essere inserite nel sistema mediante scanner o arrivare da fonti esterne come per es. agenzie di stampa. Una volta inserite, le illustrazioni possono essere trattate dal punto di vista fotografico (modifica della scala dei grigi, taglio, scontornatura, ecc.) su altre stazioni grafiche RISC 6000, dopo di che sono pronte per l'inserimento in pagina sulle stesse stazioni grafiche Risc 6000 su cui si disegnano le geometrie di pagina. Le illustrazioni a colori, invece, vengono trattate su un apposito sottosistema che nel caso in esame è un Eikonix. Quando la pagina è completa, cio'e sono presenti sul sistema tutti i suoi componenti, può essere composta, e per questo si possono utilizzare macchine fotocompositrici.

Oltre ai sistemi che trattano testi oppure testo e illustrazioni, sono state sviluppate alcune speciali apparecchiature, gli scanner, per il solo trattamento di illustrazioni. Gli scanner ''leggono'' punto per punto le immagini da trattare ed elaborano i dati della lettura producendo elaborati fotografici nel formato desiderato. Elemento comune a queste macchine è il calcolatore elettronico che gestisce l'elaborazione dei dati, specialmente per gli scanner destinati al trattamento d'immagini a colori. Vi sono scanner per il trattamento di diversi tipi di immagine, ma sostanzialmente essi si dividono in due tipi, quelli per immagini in bianco e nero e quelli per immagini a colori. All'interno di queste due categorie poi vi è una grande varietà di macchine che si differenziano per la loro flessibilità nel trattare originali e per la loro capacità di elaborazione. Per es. vi sono scanner che possono trattare solo immagini per riflessione, come fotografie; mentre ve ne sono altri che possono trattare immagini sia per riflessione che per trasparenza (per es. diapositive), con ampie possibilità d'intervento sui formati.

Tra gli scanner in bianco e nero ricordiamo quelli della Autokon, nel campo del colore quelli della inglese Crosfield o della tedesca Siemens Hell.

Stampa in piano. - I procedimenti classici di stampa in piano sono l'offset, la litografia, la fototipia, ai quali si sta ultimamente aggiungendo la stampa elettrofotografica.

Stampa offset. - La stampa offset, o stampa litografica indiretta, ha avuto un grande sviluppo tra l'altro per la facilità con cui possono essere preparate le forme di stampa, cioè le lastre offset. Le più utilizzate sono quelle presensibilizzate; si tratta di sottili lastre di alluminio, in genere dello spessore di 0,2÷0,3 mm, ricoperte da un sottilissimo strato di materiale sensibile alla luce di una determinata lunghezza d'onda. Per la preparazione è sufficiente esporre una lastra a contatto con una pellicola e procedere poi allo sviluppo. Tra le lastre presensibilizzate di più largo impiego vi sono quelle negative, in cui l'esposizione avviene a contatto con una negativa dell'immagine da riprodurre. Questo tipo di lastra, economico e facile da trattare, viene largamente usato nella produzione di giornali quotidiani.

Nel normale procedimento di stampa offset le lastre debbono essere bagnate con acqua trattata con additivi prima dell'inchiostrazione. La bagnatura complica la lavorazione, perché la carta è un materiale igroscopico instabile dimensionalmente al variare del contenuto di umidità. In teoria però la bagnatura non sarebbe necessaria, e viene utilizzata solo per aumentare la repellenza agli inchiostri grassi delle parti non stampanti della superficie delle lastre. Per eliminare gli inconvenienti dovuti all'acqua sono state sviluppate lastre che non richiedono bagnatura. Tra queste ricordiamo le lastre messe in commercio dalla casa giapponese Toray; il loro solo limite, per ora, è costituito dal fatto che consentono di eseguire tirature molto ridotte.

Le macchine per stampa offset sono tutte a pressione cilindrica, sia da foglio che rotative. Le macchine recenti hanno raggiunto elevate velocità di produzione. Tra le rotative le macchine più veloci sono quelle per la stampa di giornali quotidiani, che raggiungono le 70.000 copie all'ora, come per es. la OF 7 della casa svizzera Wifag. Malgrado le alte velocità si ottiene una stampa qualitativamente molto buona anche nel caso di illustrazioni a colori, cosa questa molto importante dal momento che il colore si sta affermando nei giornali quotidiani sia per la pubblicità (vi sono giornali che stampano a colori solo pubblicità, come il Financial Times e Il Sole-24 Ore) sia per la parte redazionale.

Anche per la stampa da foglio sono aumentate via via le prestazioni, e oggi vi sono macchine offset che raggiungono facilmente le 12.000 copie/ora. È il caso per es. della Heidelberg Speedmaster 102 S a 6 colori, formato 720 × 1020 mm, che può stampare alla velocità di 10.000 copie all'ora.

Sulle macchine offset tradizionali, oltre ad aumentare la capacità produttiva incrementando la velocità di produzione, si è cercato di aumentare l'efficienza automatizzando per quanto possibile il funzionamento e soprattutto l'avviamento. Una delle regolazioni automatiche più interessanti è stata quella dell'inchiostrazione in fase di avviamento. Nel gruppo inchiostrazione di una macchina offset vi è sempre una lama metallica flessibile che viene pressata contro un rullo del calamaio per regolare l'afflusso d'inchiostro alle forme di stampa. Lungo la lama vi sono delle viti di regolazione che consentono di pressarla più o meno, per aumentare o ridurre l'afflusso d'inchiostro ai rulli del gruppo inchiostratore. Subito dopo l'avviamento di una macchina offset non automatizzata, per raggiungere un buon livello d'inchiostrazione, si procede per tentativi regolando le viti di pressione in base ai risultati di stampa. Questo sistema di avviamento è poco efficiente perché richiede tempi lunghi e genera quindi molti scarti. Per aumentare l'efficienza del processo di avviamento sono stati messi a punto sistemi di preregolazione automatica delle pressioni della lama: uno scanner legge la pagina da stampare (per es. la pellicola da cui sono state ottenute le lastre, o in alcuni casi le stesse lastre) e, in funzione del grado di copertura di ogni singola zona interessata a un tratto di lama, regola l'apertura. In questo modo le macchine giungono a regime pochissimo tempo dopo l'avviamento; su alcune rotative per quotidiani si ottengono copie vendibili a colori con meno di 50 copie di scarto. Sistemi di preregolazione dell'avviamento sono stati sviluppati sia per rotative che per macchine da foglio.

Per semplificare l'inchiostrazione però sono stati sviluppati altri tipi di macchine offset, le offset Anilox (v. fig.), che utilizzano cilindri tipo Anilox nel gruppo inchiostratore. Si tratta di un cilindro sulla cui superficie sono ricavati piccolissimi incavi tutti uguali tra loro. Nel processo di stampa la superficie del cilindro viene ricoperta d'inchiostro, il cui eccesso viene tolto con una racla lasciandolo solo negli incavi. La superficie del cilindro contiene perciò negli incavi uno strato sottile di inchiostro che viene trasferito alla lastra in modo teoricamente uniforme, eliminando quindi il problema della regolazione. I cilindri tipo Anilox vengono prodotti con una densità di alveoli o vaschette compresa in genere tra 40 e 160/cm lineari, in modo che sulla superficie del cilindro vi siano quantitativi d'inchiostro compresi tra 2 e 60 cm3/mq. Tali cilindri vengono prodotti per es. con sistemi d'incisione a laser. La superficie del cilindro deve resistere all'usura provocata dalla racla metallica, perciò viene realizzata in materiali particolarmente resistenti come la ceramica. Macchine di questo genere sono state realizzate dalla casa tedesca Albert, per es. il modello A 510 destinato alla stampa di giornali quotidiani. Non vi è nessuna regolazione, tanto che sono state abolite le classiche viti dei calamai. Tale macchina è entrata in produzione per la prima volta a Neu Isenburg (un gruppo stampa di prova) nel 1987.

Stampa elettrofotografica. - Macchine di questo tipo non hanno ancora trovato un largo impiego per la stampa a livello industriale, anche se ne è previsto un forte sviluppo specie per la cosiddetta editoria istantanea (Publishing on demand). Stampanti elettrofotografiche vengono invece molto utilizzate come compositrici o stampanti in sistemi di desk top publishing, dove sono disponibili molti modelli di macchine, per es. del tipo laser.

La stampa elettrofotografica si basa sul principio che materiali dotati di cariche elettriche opposte si attirano. Nelle stampanti elettrofotografiche l'elemento stampante (per es. il cilindro di stampa oppure la lastra) è ricoperto di un materiale normalmente non conduttore, come il selenio. Se la superficie viene colpita da un raggio luminoso di particolare lunghezza d'onda, in quel punto il materiale diventa elettricamente conduttore. Per stampare si procede in questo modo: la superficie viene tutta caricata, in genere con cariche negative, poi la si colpisce con un raggio luminoso dove si vuole che essa perda la carica, e si ottiene come risultato una superficie che ha carica elettrica solamente in corrispondenza dell'immagine da riprodurre. Ponendo a contatto la superficie di stampa (per es. il cilindro) con un inchiostro le cui particelle sono dotate di carica elettrica opposta a quella della superficie di stampa, le particelle aderiscono a essa solo in corrispondenza delle cariche elettriche. A questo punto, trasferendo l'inchiostro dalla superficie di stampa alla carta, si ottiene la formazione dell'immagine.

La velocità delle stampanti laser non è molto elevata. Le stampanti di tipo industriale possono produrre fino a 50 copie al minuto nel formato A4 (21 × 29,7 cm) con una risoluzione di 12 linee/cm che è sufficiente per riprodurre bene testo e illustrazioni a tratto. Stampanti più veloci sono quelle che utilizzano per es. matrici di carta o di plastica.

Stampa in rilievo. - I procedimenti in rilievo più noti sono la tipografia, la flessografia (o stampa all'anilina) e la stampa tipografica indiretta. Nel campo della stampa in rilievo sono state sviluppate forme di stampa fotopolimeriche, facilmente producibili e soprattutto molto sottili, quindi applicabili a macchine da stampa a pressione cilindrica. Inizialmente queste forme di stampa erano nate per il settore dei quotidiani e avevano quindi gli elementi in rilievo di materiale rigido (Nyloprint, Napp, Letterflex, ecc.). Successivamente sono state introdotte sul mercato forme di stampa fotopolimeriche di materiale elastico, adatte quindi per stampa flessografica.

La stampa tipografica non ha tratto grande beneficio dall'introduzione delle lastre fotopolimeriche, anche se queste consentivano un facile collegamento tra sistemi di fotocomposizione e macchine da stampa. Viceversa le lastre fotopolimeriche hanno avuto un notevole impatto nel campo della stampa flessografica, che ha potuto espandersi in nuovi settori oltre che in quelli dove già veniva utilizzata a causa della facilità e semplicità di produzione delle lastre fotopolimeriche e della varietà di lastre che si possono ottenere.

Le lastre fotopolimeriche sono costituite da un materiale plastico generalmente applicato su supporto metallico; il materiale plastico sotto l'effetto di una luce di particolare lunghezza d'onda polimerizza o si reticola, cambiando stato fisico. Per es. diventa insolubile in acqua o in solventi, oppure da liquido diventa solido. Sfruttando questo principio è possibile produrre lastre da stampa con elementi in rilievo rispetto a quelli che non stampano. Se il materiale alla fine è rigido si ottiene una lastra tipografica, se viceversa è elastico si ottiene una lastra flessografica.

Stampa flessografica. - Notevole impulso ha avuto questo procedimento dall'introduzione delle lastre fotopolimeriche. Così la stampa flessografica, un tempo utilizzata quasi esclusivamente per stampati commerciali, ha potuto espandersi anche nel settore editoriale per la stampa di giornali quotidiani. Sempre nel campo delle forme di stampa sono state poi sviluppate macchine che producono cilindri flessografici mediante incisione a mezzo laser, come le macchine dell'inglese Zed. Questo ha consentito di semplificare ulteriormente la preparazione delle forme di stampa destinate all'imballaggio.

Per la stampa sono state messe a punto macchine con inchiostrazione molto semplice ed efficace. Questo tipo d'inchiostrazione utilizza come elemento primario un cilindro tipo Anilox, già descritto in precedenza per la stampa in piano. La superficie del cilindro contiene negli incavi uno strato uniforme d'inchiostro, che mediante successivi trasferimenti può andare a ricoprire ancora in modo uniforme prima gli elementi in rilievo della forma di stampa e successivamente la carta.

La casa italiana Cerutti ha sviluppato il procedimento flessografico per la stampa di quotidiani a partire dagli anni Ottanta. Rotative Cerutti di grandi dimensioni sono state installate per es. a Milano per stampare il quotidiano la Repubblica.

Stampa in incavo. - I procedimenti più comunemente utilizzati sono la calcografia, la stampa rotocalco e la stampa a tampone.

Stampa rotocalco. - Per la stampa di questo tipo hanno avuto notevole sviluppo i procedimenti utilizzati per preparare le forme di stampa, in particolare con l'introduzione di sistemi meccanici governati da calcolatore elettronico per l'incisione. Tra le macchine di questo tipo possiamo citare l'Helioklischograph K 306 della casa tedesca Hell. L'impiego di queste apparecchiature ha consentito di semplificare il procedimento d'incisione dei cilindri rotocalco, eliminando il complicato sistema dell'incisione mediante acidi.

Le macchine da stampa si sono evolute in modo molto rapido; sono state realizzate macchine sempre più veloci e soprattutto di formato sempre maggiore. Si è arrivati a produrre macchine di formato superiore ai 3 m, come quella della Cerutti installata alla Ilte di Torino nel 1988. Questa macchina ha una larghezza di 308 cm e può lavorare alla velocità di 50.000 copie/ora.

Allestimento. - Il settore dell'allestimento tradizionalmente è stato un settore a elevato impiego di personale; questo è durato a lungo, anche perché le macchine a volte utilizzate svolgevano soltanto operazioni singole.

Negli ultimi anni si è proceduto molto rapidamente all'automazione dell'allestimento. Sono state introdotte in particolare ''linee'' di lavorazione in cui vengono eseguite più lavorazioni senza alcun intervento degli operatori. Sono nate così linee per il confezionamento e la spedizione di giornali quotidiani; linee per la legatura di libri, e in particolare linee automatiche per la legatura in brossura fresata; o ancora linee per il confezionamento di riviste.

Molto si è fatto anche per raggiungere elevate produttività sulle linee automatiche. A questo proposito un notevole passo avanti è stato compiuto nel settore delle macchine per legatura con punto metallico, destinate al confezionamento di riviste. Qui le accavallatrici da 10.000÷15.000 copie/ora sono state affiancate da apparecchiature di concezione completamente nuova, prodotte dalla svizzera Ferag e presentate nel 1990, in grado di raggiungere le 40.000 copie orarie.

Bibl.: P. Gianni, L'industria della stampa, vol. i, Milano 1990.

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