INFRAROSSO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

INFRAROSSO (XIX, p. 221)

Carlo Corsi

Com'è noto, la radiazione elettromagnetica con lunghezza d'onda compresa tra 0,759 μm e 1 mm cioè la porzione dello spettro elettromagnetico compresa tra il visibile e le microonde, viene definita con il termine "infrarosso". La regione i. viene poi correntemente suddivisa in 4 sottoregioni (i. vicino, medio, lontano, lontanissimo), cui si applicano tecniche di misurazione diverse: infatti, il campo i. copre una regione spettrale ove si applicano per le rivelazione tecniche sia di conteggio di fotoni (i. vicino e medio) sia elettromagnetiche (i. lontanissimo).

Sorgenti infrarosse. - Lo studio delle caratteristiche delle sorgenti i. è fondamentale per la scelta dei rivelatori e del progetto del sistema ottico utilizzabile. Per i sistemi passivi, dove cioè la radiazione i. è emessa dagli stessi oggetti da investigare (ricordiamo che qualsiasi corpo non allo zero assoluto emette radiazioni i.) si usano le leggi fisiche classiche dell'emissione di energia per le sorgenti che emettono spettri continui, e le leggi relative a sistemi quantizzati se le sorgenti emettono spettri a righe o bande. Un esempio classico di sorgente con spettro continuo è il corpo nero (XI, p. 459); un esempio di sorgente con spettro a righe è il laser (v. in questa App.), talvolta anche indicato col termine "iraser" (ingl.: Infrared Amplification by Stymulated Emission of Radiation). Quest'ultimo tipo di sorgente è coerente e modulabile, e ha prodotto un enorme sviluppo delle tecniche i. sia nel campo dell'optoelettronica (v. in questa App.), utilizzando laser a stato solido, sia nel campo dell'astronomia e della metereologia, utilizzando laser a gas.

Propagazione delle radiazioni infrarosse. - La radiazione i. emessa dalle sorgenti, prima di essere raccolta dai rivelatori passa attraverso un mezzo trasmissivo che può essere o a propagazione libera (per es., l'atmosfera), o a propagazione guidata (guide ottiche o guide quasi-ottiche per la regione delle onde sub-millimetriche). Dallo studio dei fenomeni relativi alla propagazione i. possono essere ottenute informazioni sulle strutture molecolari o di aggregazione. Particolare sviluppo ha poi avuto negli ultimi anni lo studio dell'atmosfera terrestre nella regione i., per applicazioni sia meteorologiche sia ecologiche, dato che righe d'intenso assorbimento di numerose sostanze inquinanti e dei più importanti gas costituenti l'atmosfera si trovano in tale campo spettrale (v. anche inquinamento, in questa App.).

Rivelatori per radiazioni infrarosse. - Servono a trasformare l'energia raggiante i. incidente in un'altra forma d'energia misurabile, generalmente sotto forma di segnale elettrico. Tale trasformazione avviene normalmente utilizzando: a) effetti fotoelettrici esterni, per generazione d'un elettrone libero dalla superficie del rivelatore colpito da un fotone di sufficiente energia (XV, p. 780), o interni, per generazione di un elettrone e/o una lacuna (App. III, 11, p. 694); b) effetti bolometrici, cioè effetti utilizzanti variazioni di energia vibrazionale del reticolo cristallino del rivelatore, evidenziata generalmente come variazione di resistenza elettrica del rivelatore bolometrico (VII, p. 351). Recentemente sono stati sviluppati rivelatori i. basati su altre proprietà, come, per es., la variazione della costante dielettrica, e quindi nella carica elettrica ai capi d'una struttura capacitiva, di materiali piroelettrici (XXVII, p. 372). I rivelatori utilizzanti effetti fotoelettrici sono rivelatori fotonici (o quantici); i rivelatori bolometrici o termici sono invece sensibili all'intensità media della radiazione assorbita, indipendentemente dal contenuto spettrale di essa (naturalmente supponendo costante il coefficiente d'assorbimento).

Generalmente per caratterizzare un rivelatore i. si forniscono tre parametri: risposta spettrale, velocità di risposta, rapporto segnale-rumore per watt di potenza incidente.

La risposta spettrale è in genere fornita da una curva indicante la "responsività" in funzione della lunghezza d'onda, Rλ(λ), dove con Rλ s'intende il valore efficace della tensione elettrica in uscita dal rivelatore per unità di potenza raggiante efficace, alla lunghezza d'onda λ, incidente sul rivelatore stesso, in V/W. La "velocità di risposta" è caratterizzata dal tempo necessario affinché il segnale raggiunga un livello pari al 70,7% del valore all'equilibrio. Il rapporto segnale-rumore per watt di potenza incidente, detto usualmente "detettività", è dato dalla relazione D = S/(EAN), dove S,N rappresentano rispettivamente il valore efficace della tensione di segnale e di rumore, E (detta "irradianza") è l'intensità efficace incidente, A l'area delle superficie sensibile del rivelatore.

Le condizioni di misurazione possono essere specificate indicando accanto a D alcuni valori dei parametri, come, per es., D(T,ff), dove il primo numero tra parentesi si riferisce alla temperatura T caratteristica di un'emissione a "corpo nero" della sorgente usata nella misurazione, il secondo alla frequenza f di modulazione del segnale, e il terzo alla larghezza di banda normalizzata Δf dell'amplificatore elettronico a valle del rivelatore.

Una semplificazione comparativa tra vari rivelatori si può ottenere normalizzando l'area del rivelatore a 1 cm2 e la larghezza di banda a 1 Hz; sotto tali condizioni la "detettività normalizzata" D* risulta pari a (S/Nf/(EA1/2). va notato che le assunzioni fatte in tale formula normalizzata sono valide solo supponendo che il rumore dipenda da A1/2 e da Δf. La prima ipotesi è valida per i rivelatori fotonici generalmente solo per una variazione dell'area del rivelatore stesso di uno o due ordini di grandezza, mentre non è valida per certi rivelatori bolometrici; la seconda ipotesi è valida normalmente solo nell'intorno di una banda di frequenza abbastanza stretta. Per certi valori dell'area della superficie sensibile e della temperatura di lavoro del rivelatore, e in certe condizioni emissive dell'ambiente, c'è un valore massimo teorico di detettività che, nel caso dei rivelatori quantici che operino a temperature criogeniche, è deducibile dalla cosidetta "curva BLIP" (ingl. Background Limited Infrared Photoconductor). Normalmente le caratteristiche dei vari tipi di rivelatori vengono confrontate con tale curva per un angolo di vista di 1800 e per una temperatura ambiente di 295 °K. In generale i rivelatori quantici con risposta fino a 3 μm e con un angolo di vista di 180° per un contorno a 295 °K non richiedono alcun raffreddamento, mentre rivelatori con risposta da 3 a 12 μm necessitano normalmente di temperature di lavoro criogeniche (ghiaccio secco o azoto liquido). Eventualmente temperature dell'elio liquido (4,2 °K) sono necessarie per rivelatori la cui risposta si estenda oltre 20 ÷ 30 μm. Ciò perché il limite inferiore del rumore generato nel rivelatore dipende dalla quantità e dalla distribuzione spettrale della radiazione termica emessa dal contorno ambientale, e anche tale radiazione, se è nel campo della sensibilità spettrale del rivelatore, eccita quest'ultimo; inoltre può essere generato rumore nel rivelatore da fluttuazioni nella densità di cariche libere, da vibrazioni reticolari e da fluttuazioni nel numero e nello spettro dei fotoni incidenti (tale tipo di rumore è detto "rumore di generazione e di ricombinazione").

I rivelatori quantici sono raggruppati fondamentalmente in "intrinseci", nei quali le cariche liberate sono dovute a un processo di fotoeccitazione attraverso la banda proibita del semiconduttore, ed "estrinseci", nei quali le cariche liberate derivano da un processo di fotoeccitazione implicante un livello di impurezze (di tipo accettore o donatore) presente nell'interno della banda proibita del semiconduttore utilizzato come rivelatore. Il modo di operare dei rivelatori può essere: fotoconduttivo, fotovoltaico e fotoelettromagnetico (v. App. III, 11, p. 692). I principali tipi di rivelatori a tutt'oggi sviluppati sono riportati in figura, dove è indicata in modo comparativo la detettività D(λ, f) in funzione della lunghezza d'onda e per le temperature di lavoro dei rivelatori stessi.

Applicazioni. - Le maggiori applicazioni nello spettro i. sono attualmente rivolte a nuovi campi, oltre a quelli convenzionali, come la spettroscopia dei materiali e le analisi di tipo chimico-fisico, e soprattutto sono basate su tecniche di telerilevamento. Tali tecniche i. hanno reso possibili numerose applicazioni in diversi campi, tra i quali la fisica dell'atmosfera e la meteorologia (v. aerologia, in questa App.), la pianificazione di strutture urbane e agricole, l'ecologia, la geologia e l'oceanografia per lo studio delle risorse terrestri, la medicina per la diagnosi precoce di alcuni tumori, l'identificazione e l'allarme anticrimine, e numerose applicazioni militari.

Le tecniche utilizzate per ottenere rappresentazioni di tipo fotografico nell'i. ("termografia o "termovisione") impiegano sistemi di scansione ottica di tre tipi fondamentali: a) cella rivelatrice singola e scansione bidimensionale di tipo ottico dell'oggetto da ricostruire come immagine nella regione i.; b) struttura lineare, detta "cortina lineare", di molti elementi rivelatori che forniscano sufficiente risoluzione in una direzione, e scansione lineare nella direzione coordinata ortogonale; c) struttura bidimensionale, detta "mosaico", di molti elementi rivelatori per l'acquisizione dell'immagine in modo simultaneo senza alcuna scansione ottica. Uno sviluppo notevole è stato impresso alle tecniche termovisive con la disponibilità di strutture rivelatrici multiple realizzate con le tecnologie più avanzate dell'elettronica a stato solido, come lo sputtering a radiofrequenza (v. strati sottili, in questa App.) e i dispositivi ad accoppiamento di carica CCD (inol. Charge Coupled Devices).

Dato lo sviluppo recente delle tecniche i. e le numerose e importanti applicazioni di esse, si può prevedere che nel prossimo futuro l'i. vicino, medio e lontano assumeranno un'importanza competitiva con quella della regione delle microonde. Per quanto riguarda il lontanissimo i. e le onde sub-millimetriche, l'impegno scientifico dedicato a tale regione dello spettro elettromagnetico può far prevedere un considerevole sviluppo applicativo non appena tecnologie avanzate permetteranno di realizzare attrezzature affidabili, e in particolare sorgenti coerenti, modulabili in frequenza, con sufficiente potenza emissiva, oltre che rivelatori operanti a temperature superiori a quella dell'elio liquido.

Bibl.: G. Herzberg, Infrared and Roman Spectra, Princeton 1944; Infrared physics and technology, in Proceedings of IRE (Institution of Radio Engineers), 1959; P. W. Kruse, Elements of infrared technology, New York 1962; W. L. Wolfe, Handbook of military infrared technology, Washington 1965; R. D. Hudson, Infrared system engineering, New York 1969; Infrared technology for remote sensing, in Proceedings of IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers), ivi 1975; Infrared physics, vol. 1-15, Oxford 1961-1975.

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