THULIN, Ingrid

Enciclopedia del Cinema (2004)

Thulin, Ingrid

Nicola Fano

Attrice teatrale e cinematografica svedese, nata a Sollefteå il 27 gennaio 1929 e morta a Stoccolma il 7 gennaio 2004. Interprete dalle grandi doti tecniche e figura di donna bella ed emancipata, fu un'icona del cinema di Ingmar Bergman, nell'ambito del quale rappresentò il lato oscuro e tormentato della psiche femminile, scavando nelle ansie e nelle gioie di personaggi complessi, cui l'intelligenza impone il destino di affrontare i conflitti a viso aperto. Per la prova offerta in Nära livet (1958; Alle soglie della vita) di Bergman vinse al Festival di Cannes il premio come migliore attrice (condiviso con le altre tre protagoniste, Bibi Andersson, Eva Dahlbeck e Barbro Hiort af Ornäs).

Figlia di un pescatore e cresciuta in un paese ai confini con la Lapponia, a sedici anni si trasferì a Stoccolma per completare gli studi. Appassionata di teatro, recitò sin dal 1947, e dal 1948 al 1951 frequentò la scuola del Kungliga Dramatiska Teatern (Teatro drammatico reale). Dal 1948 lavorò anche nel cinema, e interpretò numerosi film, generalmente di non grande valore, tranne Kärleken segrar (1949, L'amore trionfa) di Gustaf Molander e När kärleken kom till byn (1950, Quando l'amore giunse al villaggio) di Arne Mattsson. Nel 1955 fu scritturata dallo Stadsteater di Malmö, allora diretto da Bergman. Il rapporto artistico che instaurò con questo regista si estese ben presto dal palcoscenico al set. La T. interpretò dieci suoi film, che la resero celebre in tutto il mondo: Nära livet; Ansiktet (1958; Il volto), Nattvardsgästerna (1963; Luci d'inverno), Tystnaden (1963; Il silenzio), Vargtimmen (1968; L'ora del lupo), Riten (1969; Il rito), Viskningar och rop (1972; Sussurri e grida) e i televisivi Ett dromspel (1963, Un sogno) e Efter repetitionen (1984; Dopo la prova). Collaborò occasionalmente anche con altri cineasti svedesi di rilievo, come Alf Sjöberg (Domaren, 1960, Il giudice o Angeli alla sbarra), Mai Zetterling (Nattlek, 1966, Giochi di notte), Vilgot Sjöman (En handfull kärlek, 1974, Corruzione in una famiglia svedese).

Stabilitasi a Roma nei primi anni Sessanta, lavorò spesso nel cinema italiano: con Mauro Bolognini (Agostino, 1962), Luchino Visconti, (La caduta degli dei, 1969), Aldo Agosti (N.P. il segreto, 1972), Tinto Brass (Salon Kitty, 1976), Giuliano Montaldo (L'Agnese va a morire, 1976, e Il giorno prima, 1988); Marco Ferreri (La casa del sorriso, 1991). Prestò talvolta il proprio volto anche a registi di altri Paesi, come Vincente Minnelli (The four horsemen of the Apocalypse, 1962, I quattro cavalieri dell'Apocalisse), J.Lee Thompson (Return from the ashes, 1965, Dimensione della paura), Alain Resnais (La guerre est finie, 1966, La guerra è finita). Abbandonò il cinema nel 1992.

Più volte regista teatrale negli anni Sessanta, per il cinema realizzò il cortometraggio Hängivelsen (1965, Devozione) e due lungometraggi: En och en (1978; Noi due, una coppia), diretto con Erland Josephson e Sven Nykvist, come lei storici collaboratori di Bergman, esorta di omaggio al comune maestro, e Brusten himmel (1982, Il cielo spezzato), storia autobiografica di un'adolescente realizzata su proprio soggetto e sceneggiatura.

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