COLON, Intestino

Enciclopedia Italiana (1931)

COLON, Intestino (gr. κόλον; lat. sc. colon ascendens, transversum, descendens, sigmoideum; fr., sp. e ingl. colon; ted. Grimmdarm)

Giuseppe LEVI
Mario DONATI
Ferruccio VANZETTI

In anatomia è così chiamato tutto il tratto d'intestino crasso fra cieco e retto (v. digerente, apparato). Il suo calibro nel vivente varia molto in relazione al tono muscolare e alla quantità del contenuto; se è vuoto è più sottile del tenue; quando è molto pieno di sostanze fecali e di gas si distende eccessivamente, il che avviene spesso nel cadavere; nel vivente la dilatazione eccessiva del colon è sempre in relazione a condizioni morbose (megacolon, malattia di Hirschprung).

Sale dalla fossa iliaca destra direttamente in alto, senza inflessioni, seguendo la parete addominale anteriore (colon ascendente); è situato nella regione lombare destra davanti al rene, in rapporto più o meno esteso, a seconda che è disteso o contratto, con le anse dell'intestino tenue; arrivato alla faccia inferiore del fegato, s'inflette volgendo verso sinistra (flessura destra del colon) continuando in un'ansa a direzione trasversale convessa in avanti (colon trasverso), la quale in alto è in contatto con la faccia inferiore del fegato e con lo stomaco, in basso con le anse del tenue e in avanti è separato, mediante il grande omento, dalla parete addominale anteriore. Nell'ipocondrio sinistro cambia un'altra volta bruscamente direzione (flessura sinistra del colon) per discendere verticalmente sino a mezzo della cresta dell'osso iliaco sinistro (colon discendente); questo tratto è un po' più lungo e ha una sede più laterale del colon ascendente; in avanti è coperto dalle anse del tenue; lateralmente, almeno quando è disteso, è in contatto con la parete laterale dell'addome. Dalla cresta iliaca il colon si porta verso il contorno superiore della piccola pelvi, in contatto, posteriormente, con la fascia iliaca (colon iliaco), dove si riflette per continuarsi nel colon pelvico, un'ansa mobile contenuta nella piccola pelvi; questa, al corpo della terza vertebra sacrale, si continua nel retto.

I rapporti del colon col peritoneo sono diversi nei singoli tratti; il colon ascendente, il discendente e il colon iliaco sono involti dal peritoneo per circa due terzi della loro circonferenza; il terzo posteriore aderisce alla parete addominale posteriore, dimodoché la mobilità di queste parti è limitata; il colon trasverso è invece molto mobile, è avvolto completamente dal peritoneo e congiunto alla parete addominale posteriore da una lunga piega che si chiama il mesocolon trasverso; inoltre il colon trasverso è unito alla grande curvatura dello stomaco dal legamento gastro-colico (foglietto anteriore del grande omento); questo, in corrispondenza del colon trasverso, si salda col foglietto posteriore del grande omento; dalla coalescenza di questi due foglietti peritoneali deriva un'estesa lamina sforacchiata, il grande omento, con margine inferiore e margini laterali liberi, spesso imbottita di grasso, che ricopre le anse del tenue e discende più o meno in basso nella cavità addominale. Anche il colon pelvico è completamente avvolto dal peritoneo ed è congiunto alla parete della piccola pelvi da una piega, il mesocolon pelvico.

Nel colon lo strato a decorso longitudinale della muscolatura non è disposto come nel tenue in uno strato uniforme, ma è raccolto in tre strisce o tenie, visibili attraverso la sierosa che le ricopre, più brevi della lunghezza reale del colon; perciò la parete di questo, negl'intervalli fra le tenie, è increspata; ne deriva che alla superficie esterna si vedono gibbosità separate da solchi trasversali, alle quali sulla superficie interna corrispondono tasche emisferiche, separate da pieghe semilunari sporgenti in cavità, orientate perpendicolarmente all'asse dell'intestino (v. anche cieco, intestino). Recidendo le tenie e stirando la parete del colon, le gibbosità scompaiono. Alla superficie esterna del colon si scorgono dei lobuli, spesso peduncolati, costituiti da accumuli di grasso che sollevano la tonaca sierosa (appendici epiploiche).

Il colon possiede fondamentalmente la stessa struttura del rimanente intestino (v. digerente, apparato). La tonaca mucosa differisce da quella del tenue per la mancanza di pieghe circolari e di villi. L'epitelio è, come quello del tenue, cilindrico semplice, con cellule mucipare intercalate; ha potere assorbente; specialmente può assorbire acqua in grande quantità, per cui il contenuto intestinale nel colon si addensa molto. L'epitelio s' infossa in innumerevoli cripte, o ghiandole tubolari semplici, ricchissime di cellule caliciformi mucipare; anzi, nella parte di mezzo, esse sole costituiscono la parete della ghiandola, mentre nel fondo non sono visibili. I noduli linfatici solitarî sono più numerosi che nel tenue; attraversano la muscolaris mucosae e si rigonfiano nella sottomucosa. I fasci interni circolari della tonaca muscolare formano uno strato continuo; quello longitudinale si raccoglie nelle tenie.

Anatomia patologica. - Il colon può trovarsi in via congenita enormemente dilatato e ipertrofico e si parla di megacolon o di morbo di Hirschprung. Nel colon pelvico si può anche avere un'abnorme lunghezza del mesosigma, predisponendo questa porzione dell'intestino alla torsione sull'asse e al volvolo (per il situs inversus e l'invaginamento dell'ileo nel cieco e nel colon v. cieco, intestino). Fra i disturbi di circolo l'iperemia attiva si ha nei processi flogistici acuti e l'iperemia passiva, o venosa, negli ostacoli alla circolazione portale (cirrosi epatica) o generale (vizî di cuore); iperemie passive circoscritte, che vanno fino all'emorragia, si riscontrano nella compressione delle vene per ernia strozzata, per invaginamento, volvolo, ecc. Interessanti sono i disturbi di circolo conseguenti a processi embolici e trombotici nell'ambito delle arterie meseraiche, analogamente a quanto si osserva nell'intestino tenue. In questi casi se non s'istituisce rapidamente una circolazione collaterale sufficiente, s'ha la formazione d'un infarto emorragico (più di rado anemico), per cui la parte del colon colpito si fa più spessa e di colorito rosso cupo per infiltrazione di sangue e poi subentra la necrosi e talora la perforazione: clinicamente si osservano spesso fenomeni d'ileo paralitico e di peritonite. Emorragie più o meno cospicue si osservano in tutte le ulcerazioni del colon, come in quelle da dissenteria, da tubercolosi, da tumori, da infarto e anche in seguito a stasi d'alto grado, a diatesi emorragica, ecc. Le infiammazioni del colon sono di varia natura; catarrali, purulente, fibrinose, ecc. La colite catarrale acuta è spesso estesa a tutto l'intestino (enterocolite), altra volta limitata prevalentemente al colon. La mucosa si presenta arrossata, tumida, ricoperta da essudato siero-mucoso o purulento e mescolato a epitelî desquamati e degenerati: alcune volte i noduli linfatici si presentano tumefatti e arrossati. Le cause sono molteplici e riferibili ad alterazioni del contenuto intestinale o a batterî e loro tossine; non sempre v'è parallelismo fra le gravissime manifestazioni cliniche e le modeste alterazioni anatomo-patologiche macroscopiche, come s'osserva spesso nelle coliti acute dei bambini, nelle diarree estive, ecc. Una forma a sé è la colite muco-membranosa distinta dall'eliminazione di nastri di muco insieme con epitelî desquamati e accompagnata da spasmi dolorosi del colon; si tratta d'anomalie di secrezione sotto l'influenza del sistema nervoso, per cui da von Noorden fu ascritta alle nevrosi secretorie. La colite catarrale cronica può succedere alla forma acuta, o determinarsi lentamente come nelle stasi venose, e condurre a un ispessimento della parete (colite ipertrofica) o a un'atrofia (colite atrofizzante). Le coliti fibrinoso-necrotiche, caratterizzate da un essudato fibrinoso con necrosi più o meno profonda della mucosa, si manifestano nell'avvelenamento da sublimato, nell'uremia, nel decorso d'alcune malattie infettive, ecc., ma soprattutto rappresentano la base anatomica della dissenteria epidemica. Di quest'ultima, che appunto ha la sua sede nel colon e nel retto, distinguiamo eziologicamente e anatomicamente due forme: quella determinata dai bacilli dissenterici e l'altra dall'ameba dissenterica (dissenteria tropicale). La dissenteria bacillare (bacillo di Shiga-Kruse, Flexner, ecc.) dà luogo nel colon a quadri alquanto diversi a seconda dell'intensità e dell'evoluzione del processo; colpisce il retto, il colon pelvico, la flessura lienale ed epatica e in genere le parti più sporgenti delle pliche della mucosa e si manifesta con aree asciutte, grigiastre o rossastre, consistenti, al disotto delle quali la mucosa è più o meno profondamente necrotica; eliminandosi queste parti, si ha la formazione d'ulceri più o meno profonde ed estese a seconda della gravità del processo (colite dissenterica ulcerosa) e, se il processo viene a guarigione, si hanno delle cicatrici, che possono dar luogo a restringimenti. La dissenteria amebica, o dissenteria tropicale, causata dall'Entamoeba dysenteriae si localizza di preferenza nelle parti più alte del crasso (cieco e colon ascendente e trasverso), ma poi può estendersi a tutto il crasso. Si manifesta dapprima con sollevamenti circoscritti della mucosa che per la necrosi del tessuto determinata dall'azione dell'ameba sono seguiti da ulcerazioni paragonate, per la loro forma, a un bottone di camicia, con margini irregolari e arrossati e fondo necrotico. In questa forma s'osservano non di rado ascessi del fegato (trasporto per via sanguigna e linfatica delle amebe), mentre essi sono eccezionali in quella bacillare. Il tifo può dall'ileo estendersi anche al colon con le note alterazioni; talora ne è l'unica localizzazione (colotifo). Anche il processo tubercolare può interessare il colon sotto forma ulcerosa, per quanto meno frequentemente che non l'intestino ileo, ma con gli stessi caratteri. La sifilide del colon con l'aspetto di placche lardacee gommose è rara tanto nell'infezione congenita quanto ancor più nell'acquisita: rara è pure l'actinomicosi e rarissimo il linfogranuloma.

Fra i tumori primitivi del colon predominano per importanza e frequenza quelli di natura epiteliale, gli adenomi fra i benigni, e i carcinomi fra i maligni: i primi assumono per lo più forma poliposa o papillare e spesso sono multipli e numerosissimi (poliposi adenomatosa dell'intestino); istologicamente sono costituiti da uno stroma fibrillare e da proliferazioni ghiandolari relativamente tipiche, che non oltrepassano il livello della mucosa; da questi polipi però s'osserva non raramente la trasformazione in carcinomi. I carcinomi del colon (più ancora del retto) sono frequenti sotto forma vegetante, ulcerosa, scirrosa e spesso disposti ad anello con consecutiva stenosi del lume intestinale. Hanno carattere infiltrante e distruttivo e istologicamente presentano la struttura di adenocarcinomi e meno spesso quella di carcinomi midollari. Rari sono i sarcomi con prevalenza dei linfosarcomi.

I parassiti sono anche nel colon, come nel rimanente intestino, numerosi: vanno ricordati per la loro frequenza fra i vermi il Tricocephalus, l'Oxyuris, l'Ascaris, le varie Taeniae, e fra i Protozoi la Lamblia, il Trichomonas, il Balantidium, l'Amoeba histolytica, ecc.

Chirurgia. - La chirurgia del colon ha fatto notevolissimi progressi nel sec. XX, sia in grazia dell'affinamento delle modalità tecniche operative, sia per i perfezionamenti dei metodi d'indagine, che consentono maggior precisione che in passato nei riguardi della diagnosi e delle indicazioni terapeutiche. Fra essi quello radiologico ha assunto notevolissima importanza.

Un tempo la chirurgia del colon era quasi circoscritta al trattamento delle ferite e alla cura per lo più palliativa dei tumori; oggi invece, oltre a conseguire risultati assai più brillanti su quest'ultimo terreno, così che le più recenti statistiche dànno mortalità operatorie non superiori al 10% e sopravvivenze oltre i cinque anni in un quarto circa dei casi, essa ha ben più esteso campo d'azione, poiché sono divenuti passibili di cura chirurgica la stasi intestinale cronica, certe coliti con talune loro conseguenze, i diverticoli, il megacolon, ecc. E mentre s'è esteso il campo d'azione della chirurgia del grosso intestino, si sono affermati taluni principî generali che hanno lo scopo di diminuire quanto più è possibile la gravità degli interventi chirurgici e i pericoli di complicazioni postoperative. Così, poiché è frequente l'indicazione all'intervento data da sintomi d'occlusione intestinale, per es. nei tumori, s'è venuta formando la convinzione che sia pericoloso eseguire la resezione del colon in tali circostanze; l'alta virulenza del contenuto intestinale, le alterate condizioni del circolo e l'assottigliamento delle pareti del colon sono fattori sfavorevoli alla cicatrizzazione della ferita intestinale, e le peritoniti diffuse o circoscritte possono essere la conseguenza d'una resezione fatta in simili condizioni. In caso d'occlusione del colon si dovrà fare invece la derivazione all'esterno del contenuto per mezzo d'un ano artificiale a monte della stenosi.

Le cognizioni nuove sulla embriologia e sull'anatomia del colon hanno ispirato nelle operazioni di colectomia la tecnica dello scollamento parieto-colico, per liberare il colon ascendente e discendente dalle aderenze con la parete addominale. Questa tecnica permette che un segmento fisso di colon divenga libero col suo meso come un'ansa di tenue, e possa facilmente essere oggetto d'interventi anche demolitori, senza che sulla superficie di sutura s'esercitino dannose trazioni, le quali favorirebbero la deiscenza delle suture. Così si dica dello scollamemo colon-epiploico.

I chirurghi sono, infine, nella maggioranza d'avviso che spesso convenga procedere all'ablazione di segmenti del colon, non in un tempo solo, ma in due o tre tempi: e cioè, eseguendo prima la derivazione all'esterno del contenuto intestinale mercé l'ano artificiale, poi la resezione del colon, che può essere eseguita a sua volta in uno o due tempi. Quando si sia fatto l'ano artificiale, questo dovrà essere naturalmente soppresso con intervento a parte. Un tumore, infine, può essere asportato in più tempi anche facendone l'esteriorizzazione fuori dell'addome, poi resecando il segmento ammalato con costituzione di ano artificiale e infine chiudendo quest'ultimo.

Il megacolon congenito, la cui prima osservazione completa, dopo il caso descritto dall'anatomico Ruysch, spetta al senese Domenico Battini, alla fine del sec. XVIII, è suscettibile spesso di cura chirurgica. Esso è frequentemente totale, ma forse più spesso interessa un segmento o più segmenti del colon, l'ansa sigmoidea essendo pressoché costantemente colpita; è malattia grave nell'infanzia e particolarmente nei neonati, meno grave negli adulti; i fatti colitici, le peritoniti da perforazione, le occlusioni intestinali, il marasma sono le cause di morte più frequenti. Il trattamento chirurgico è spesso indicato, ed esso darebbe anzi una mortalità minore che le cure mediche (34% in confronto del 74% secondo Duval). Molteplici sono i metodi di cura chirurgica; ma quelli che dànno maggiori garanzie di successo sono l'enteroanastomosi, con lo scopo di escludere il segmento dilatato nel quale le materie ristagnano, certe operazioni ortopediche, come la colonplicatio e la colonpessia, e le operazioni radicali, cioè le resezioni coliche.

Di codesti metodi di cura, la resezione, eventualmente in più tempi, dà i maggiori successi, purché si eseguisca in condizioni permittenti; è specialmente indicata nelle dilatazioni segmentarie, per es. in quelle del sigma. Le anastomosi sono interventi più semplici; ma talora non impediscono che le materie refluiscano nel segmento escluso, nel qual caso si rende necessaria la colectomia in secondo tempo; la comunicazione può essere fatta unendo l'ileo o il cieco col sigma o col retto (è di Davide Giordano la prima ileosigmoidostomia), oppure due segmenti colici fra loro (per es. anastomosi sigmosigmoidea di Donati). Le operazioni ortopediche sono adatte a casi lievi e a dilatazioni segmentarie. Se vi sono accidenti occlusivi, si deve anzitutto eliminarli con l'ano artificiale sul cieco e se sono dovuti a volvolo dell'ansa ectasica, questa deve essere detorta ed esteriorizzata per far poi l'ano artificiale sul capo afferente.

L'occlusione intestinale che colpisca il colon può dipendere: da vizî di posizione, come nel caso d'inginocchiamenti, d'invaginazioni, di volvolo; da compressione, come negli strozzamenti interni, o in certi tumori entrinseci; da ostruzione per parte di fecalomi o di corpi estranei; infine da restringimenti cicatriziali o neoplastici. L'invaginazione colo-colica è relativamente rara, in confronto a quella ileo-ceco-colica; se l'intervento è precoce, può essere curata con disinvaginazione, accompagnata o no da successiva colonpessia; altrimenti deve essere curata con la resezione. Analogamente il volvolo, che colpisce soprattutto il colon pelvico e il trasverso, esige la detorsione se l'intervento è precoce, la resezione in uno o più tempi, in caso diverso. Le altre forme d'occlusione rientrano nel campo delle lesioni che ne sono la causa.

Nei processi infiammatorî del colon, la chirurgia ha campo d'azione non piccolo. Infatti, nelle forme acutissime di coliti possono sopravvenire complicazioni di stretto dominio chirurgico, quali le perforazioni che, sebbene rare, sono sempre gravi, sia che determinino una pericolite suppurativa circoscritta, sia che provochino una peritonite generalizzata. Inoltre certe coliti ulcerose acute o subacute che si dimostrino ribelli alle cure mediche possono essere trattate efficacemente, sia con la formazione d' una fistola cecale o con l'appendicostomia, che permettono di fare metodici lavaggi medicamentosi del colon, sia addirittura con l'ano cecale, che metta il colon distale a riposo, fino alla guarigione.

La colite si accompagna sempre a processi infiammatorî del corrispondente meso, e questi possono guarire con retrazione, come ad es. nella non rara mesosigmoidite retrattile, determinando inginocchiamenti, addossamenti di tratti colici a canna di fucile, e quindi costipazioni, suscettibili di trattamento chirurgico (colo-colostomia, resezione). Facili sono le complicazioni infiammatorie in corrispondenza di diverticoli del colon, e anche in questo, campo la chirurgia spesso interviene, sia per provvedere a una perforazione acuta del diverticolo, sia per eseguire la diverticolectomia in caso d'infiammazione cronica, alla stessa stregua di quanto si fa per l'appendicite. In certi casi poi di diverticoli multipli o di diverticolosi del colon, nella quale sede di preferenza è l'ansa sigmoide, per i disturbi provocati dal ristagno delle materie, dalle complicazioni infiammatorie diffuse, ecc., può essere indicata la colectomia segmentaria. Infine le complicazioni croniche delle coliti e in specie le aderenze, le stenosi intestinali, ecc., possono legittimare operazioni svariate, che, alle plastiche e dalle lisi di aderenze alle anastomosi e alle ectomie, costituiscono tutta una gamma d'interventi, da proporzionare alla condizione anatomopatologica e alla gravità dei singoli casi.

Una questione del tutto moderna è poi quella del trattamento chirurgico della stasi intestinale cronica, che specialmente ha avuto impulso dai lavori del chirurgo inglese A. Lane. Essa è estremamente delicata, perché le difficoltà di stabilire le cause diuna costipazione cronica sono spesso notevolissime, e perché sono suscettibili di trattamento chirurgico soltanto quelle forme di stasi che sono determinate da condizioni meccaniche, cosicché vi sia una lesione organica da allontanare. Questa causa anatomica può essere rimossa a volta a volta in varî modi: con sezione di aderenze o di membrane pericoliche, fra le quali più frequenti la cosiddetta membrana di Jackson attorno al colon destro; con la fissazione (pessia) di segmenti eccessivamente mobili; con la riduzione di volume (plicatio) di tratti eccessivamente dilatati; con le anastomosi fatte a scopo d'abbreviare il corso delle materie, stabilendo un corto circuito che escluda il tratto ove le materie ristagnano; infine, con le colectomie parziali. L'esperienza chirurgica degli ultimi anni insegna a essere molto oculati nel porre le impicazioni generiche all'intervento e quelle che si riferiscono alla qualità dell'intervento stesso, tenendo conto del fatto che le operazioni di esclusione non mettono al riparo da ristagni nell'ansa esclusa e che le colectomie rappresentano una mutilazione, giustificata soltanto dalla sicura constatazione della stasi segmentaria non altrimenti riparabile. La colectomia totale, sebbene tecnicamente operazione regolata oggi assai bene, non può essere consigliata che in casi eccezionalissimi, perché crea uno squilibrio addominale non indifferente.

Per ciò che riguarda infine i tumori del colon, i tumori benigni sono rari e di poca importanza chirurgica, siano essi lipomi o adenomi, a meno che non divengano causa d'invaginazione, o più raramente di ostruzione. In questi casi l'intervento precoce può permettere la disinvaginazione, dopo di che sarà facile asportare il tumore previa enterotomia, o resecare il segmento che lo ospita; se invece l'invaginazione è irreducibile, bisogna eseguire la resezione intestinale in uno o più tempi. Sono invece purtroppo frequenti i carcinomi del colon, neoplasie epiteliali a decorso generalmente lento, subdolo, che si rivelano spesso solo tardivamente con segni di stenosi intestinale, e talora anche d'ostruzione acuta a sintomatologia tuttavia meno grave e imponente di quella dell'occlusione del tenue. Altre volte ancora i cancri del colon determinano delle emorragie intestinali più o meno gravi, o sintomi di lieve ostacolo alle materie, mentre si palpa un tumore più o meno bernoccoluto e dolente. L'importanza della diagnosi è grandissima, perché solo l'intervento precoce ha speranze di successo duraturo, mentre purtroppo o per la latenza già accennata dei sintomi, o per il fatto che questi simulano la colite, o per le incertezze dei dati radiologici, l'intervento chirurgico viene di regola richiesto in fase stenotica grave, o in fase occlusiva. Le varie contingenze consigliano le diverse modalità dell'intervento: dall'ano artificiale nelle forme occlusive all'ablazione larga del tumore con resezione dell'intestino e del suo mesocolon, alle operazioni palliative d'esclusione del tratto ammalato. In generale sono più facili da trattare i tumori del colon destro che quelli del colon sinistro; i carcinomi del trasverso e quelli dell'S iliaca, in quanto appartenenti a un'ansa mobile e finché questa si conserva tale, offrono relativamente maggiore facilità di exeresi.

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