ALEANDRI, Ireneo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

ALEANDRI, Ireneo

Emilio Lavagnino

Architetto, nato a Sanseverino Marche l'8 apr. 1795. Dedicatosi agli studi di ingegneria, fu a Roma, all'Accademia di S. Luca, discepolo di Raffaele Stern e di Giuseppe Camporese. Nel 1819 tornò a Sanseverino per assumervi la carica di ingegnere comunale, intraprendendo una notevole attività di costruttore, mentre nel novembre del 1823 riceveva l'incarico di eseguire il progetto per lo Sferisterio di Macerata, che veniva compiuto nel 1829. Architetto del cardinale Benvenuti vescovo di Osimo, ingegnere comunale e quindi governativo di Spoleto 'e della provincia, l'A. si occupò di vari lavori nelle Marche e nell'Umbria. Sue opere sono, fra l'altro, a Sanseverino il teatro (1823) e la torre di Piazza, ad Ascoli Piceno il teatro (1841-46), ad Otricoli la torre campanaria ed il restauro della facciata della Collegiata, a Foligno la facciata del Palazzo comunale, a Spoleto il teatro (1854-64), mentre su suo progetto venivano tracciate nella zona varie strade e viadotti. Morì a Macerata il 6 marzo 1885.

L'opera di maggiore impegno ideata dall'A. è, oltre lo Sferisterio, il viadotto che congiunge Albano con Ariccia, e che, iniziato per ordine di Gregorio XVI nel 1846, fu portato a compimento nel 1853 essendo direttore dei lavori l'ing. Giuseppe Bertolini di Reggio Emilia. Sorretto da tre ordini di arcate, alto sulla valle circa 60 metri, lungo 312, il viadotto era largo, prima che i Tedeschi in ritirata (1944) ne distruggessero il terzo ordine, circa 9 metri (nella ricostruzione è stato allargato il suo tratto pedonale senza che per questo venissero modificati i magnifici piloni di sostegno).

L'A. fin dalle sue prime opere, e la cosa è già molto evidente nello Sferisterio maceratese, esprime il gusto degli architetti che, nati sul finire del sec. XVIII, più che seguire le forme dei neoclassici di gusto winckelmanniano, e quindi imitanti con fedeltà archeologica quelle degli antichi, seguono le forme dei puristi. Nelle sue opere è chiaro come egli tendesse ad una espressione architettonica per quanto possibile attuale, cioè rispondente alle esigenze anche pratiche del suo tempo, tanto più ritenuta perfetta quanto più vicina alle forme dei grandi maestri del Quattrocento e del primo Cinquecento.

Bibl.: A. Cordoni, Macerata - Lo Sferisterio, Macerata 1932, p. 107 ss.; A. Cordoni, I. A. costruttore dello Sferisterio, Macerata 1932; E. Lavagnino, L'Arte Moderna, Torino 1956, pp. 277 s.; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, I, p. 247 (con bibl.); Encicl. Ital., II, p. 286.

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