BRESEGNA, Isabella

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)

BRESEGNA, Isabella

Claudio Mutini

Nacque intorno al 1510 probabilmente in Spagna da Cristoforo Brosegno (Breseflo) e Isabella de la Crapona.

Il padre aveva avuto incarichi notevoli da Ferdinando il Cattolico e si era segnalato per alcuni servigi resi all'imperatore Massimiliano I. La madre, buona amministratrice dei beni domestici, provvide a una sistemazione dei figli conforme alla tradizione delle famiglie nobili. Fece sposare Michele, il primogenito, alla ricca Isabella Giustiniani; dette a Bernardino una buona educazione letteraria, e incoraggiò Baldassarre alla carriera delle armi; un altro figlio, Raimondo, seguì da vicino la morte del padre (1527).

Educata a Napoli, nell'ambiente fastoso della casa paterna, la B. sposò nel 1527 il nobile capitano spagnolo don Garcia Manrique, che seguirà nel 1548 a Piacenza quando questi sarà nominato governatore nella città.

A Napoli sembra che la B. si distinguesse brillantemente nel circolo che faceva capo a Giulia Gonzaga; privatamente si segnalava per una oculata e talvolta intransigente amministrazione dei beni avuti in dote, i quali, del resto, uniti a quelli del marito, erano tali da costituire una cospicua ricchezza.

A Piacenza la B. strinse amicizia con Isabella di Capua, moglie del governatore di Milano Ferrante Gonzaga. In virtù di questa potente amicizia riuscì a ottenere per il figlio Giorgio il comando della guarnigione di stanza a Piacenza; maritò onorevolmente due figlie, e assicurò all'ultimogenito Pietro un posto di fiducia nell'amministrazione delle terre di Vespasiano Gonzaga.

La B. aveva raggiunto un notevole prestigio sociale, oltre che una invidiabile sicurezza economica, quando Ferrante Gonzaga cadde in disgrazia ed ella fu coinvolta nelle accuse che si rivolsero al governatore di Milano. Gli inquirenti appurarono che la B. aveva ricevuto dai Piacentini una notevole somma in danaro per intercedere presso il Gonzaga e far loro conservare certi antichi privilegi. Condannata a una pena pecuniaria e diffidata ad abbandonare Milano prima che fosse esaurita l'inquisizione, la B. fu sottoposta a ripetuti interrogatori, al termine dei quali ella confessò la propria opera di mediazione, ma, anziché incolpare il Gonzaga, rivelò il nome di Ruy Gómez de Silva come colui che aveva accettato un'offerta di 4.000 scudi per favorire le richieste dei Piacentini. Data l'eccezionalità del nome rivelato dalla B... il processo segnò un arresto: ciò tuttavia non impedì ai "sindicatori" di esigere dalla B. la immediata restituzione dei 10.000 scudi che aveva indebitamente ricevuto per favorire la causa di Piacenza.

Due anni più tardi degli avvenimenti merenti al processo contro il Gonzaga, nel 1557, la B. risiede fuori d'Italia, ospite a Tubinga del Vergerio.

I suoi biografi rintracciano disposizioni eterodosse della B. sin dal periodo del suo soggiorno a Napoli, ove l'intimità con Giulia Gonzaga può aver favorito la conoscenza delle dottrine valdesiane. A Napoli del resto ella conobbe personalmente personaggi come Lorenzo Tizzano, Girolamo Busale e forse Giovanni Laureto, il quale comunque sarà accolto dalla B. a Piacenza nel tentativo di sottrarsi alle ricerche dell'Inquisizione. Nel 1553 aveva assistito a Ferrara al rito calvinistico della cena celebrato in casa di Renata di Francia, e il suo proselitismo sembra avesse trovato adepti anche nella propria famiglia, soprattutto nel figlio Pietro e nella moglie di lui, Elisabetta Confalonieri.

La scelta della luterana Tubinga e soprattutto la protezione del Vergerio non dovettero soddisfare la B. che temporaneamente, nonostante i tentativi per trattenerla fatti dall'ex vescovo capodistriano (che ricorse perfino a Massimiliano II d'Austria), decise di recarsi a Zurigo. La consigliavano invece di tornare in Italia il marito, i figli (salvo Pietro, che ben presto la raggiungerà nella nuova residenza in Svizzera) e il fratello Bernardino. La decisione era tuttavia irremovibile e, del resto, la fede calvinistica della B. doveva essere in quegli anni di dominio pubblico, tanto da comprometterle qualsiasi passo teso ad abbandonare il territorio transalpino.

Nel 1558 Celio Curione le dedica la prima edizione degli scritti di Olimpia Morato: segno evidente che la fede riformata della B. era da tempo nota presso gli ambienti della Riforma protestante e tanto sicura da poter convenientemente associare il suo nome a quello della dotta insegnante di greco a Heidelberg.

Sembra che le condizioni fisiche e finanziarie della B. fossero ancora discrete a Zurigo. Se ne allontanò (forse perché segretamente si tramava contro di lei e Bernardino Ochino) nel 1559 sperando di trovare una sistemazione più favorevole a Chiavenna. Qui avvenne un altro tentativo da parte dei familiari per farla rientrare in Italia. Le sue condizioni di salute erano ormai precarie, le sostanze in gran parte dissipate. Eppure la B. seppe ancora opporre un fermo rifiuto alle insistenze dei figli.

Peggiorò notevolmente la sua situazione una visita che le fece a Chiavenna il Vergerio, malvisto presso gli ambienti svizzeri, nel novembre del 1561. Gli effetti negativi di tale visita, che poté essere interpretata come un atto di assenso dato dalla B., alla propaganda luterana dei Vergerio, non si fecero attendere. Su lei, come sul Vergerio, caddero i sospetti del Bullinger ed è significativo, d'altro canto, che anche Celio Curione preferì sostituire alla B. Elisabetta d'Inghilterra nella dedica degli scritti di Olimpia Morato nuovamente stampati.

Tuttavia simili diffidenze non vennero ad alterare i rapporti che la B. manteneva con gli esuli italiani, soprattutto con l'Ochino, il quale scriveva, dedicando alla B. la Disputa intorno al sacramento della Cena:"quelli che... vi hanno conosciuta sanno qual sia stata la vostra sapienza, prudenza et honestà, quanto siate stata d'animo generoso et heroico, et quanto habbiate illustrati i vostri con lo splendore delle vostre virtù".

La B. morì a Chiavenna 18 febbr. 1577.

Fonti e Bibl.: Sui rapporti della B. con Celio Curione e sulle vicende delle opere di Olimpia Morato, vedi Epistolario (1540-1555) della Morato, a cura di L. Caretti, Ferrara 1940, pp. 151 ss. Tesserono le lodi della B. numerosi poeti del tempo, tra cui Marco di Leo nell'Amor prigioniero, Luigi Tansillo nei Capitoli e Giacomo Beldando nello Specchio de le bellissime donne napoletane (cfr. G. Ceci-B. Croce, in M. Di Leo, Lodi di dame napoletane..., Napoli 1894, pp. XXIXXV). Per la biografia della B. v. B. Croce, Vitedi avventura,di fede,di Passione, Bari 1936, ad Indicem;A. Casadei, Donne dellaRiforma: I. B., in Religio, XIII (1937), pp. 6-63;B. Nicolini, Una calvinistanapoletana: L B., in Boll. dell'Arch. stor. del Banco di Napoli, II (1954), n. 6, pp. 121-141; Id.,Ideali e passioni dell'Italiarel. del Cinquecento, Bologna 1962, ad Ind.

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