BIANCHI, Isidoro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BIANCHI (Bianco), Isidoro

Rossana Bossaglia

Nacque a Campione verso la fine del sec. XVI. La data di nascita del 1602, tradizionalmente riferita, è errata, giacché il B. risulta pittore affermato nel 1617, nel 1631 ha già un figlio adulto che con lui collabora e nel 1641 si dichiara avanti negli anni (Schede Vesme, p. 132; Brizio, 1949, p. 244). Non si hanno documenti delle prime opere in patria; lo troviamo dal 1617 a Torino, impegnato a decorare, fino al 1620, le volte della galleria grande di palazzo reale; nel 1619-20 esegue con i fratelli Castelli statue in stucco per apparati di feste. Ma l'artista non ha preso ancora dimora stabile in Piemonte, dacché una somma a saldo gli è inviata a Milano e gli sono rimborsati volta per volta i viaggi (Schede Vesme, p. 132). Nel 1623 risulta a Como, dove affresca una cappella di destra in S. Fedele (Paradiso nella volta); nello stesso anno cade il primo pagamento per le pitture nella "sala grande" del castello di Rivoli. Sono gli anni della sua collaborazione con il Morazzone. Oltre che a Rivoli, il B. è ricordato (Monti) a fianco del maestro, quale quadraturista, nella villa Crespi alla Gallia (Como), dove, però, gli affreschi rimasti non consentono questa attribuzione, né si hanno testimonianze effettive di una attività di quadraturista del B.; secondo il Giovio, alla Gallia eseguì più probabilmente dei putti. Le notizie di pagamenti all'artista per opere compiute a Torino, raccolte dal Vesme, si riferiscono, negli anni 1623-24, a stucchi negli appartamenti reali verso S. Lorenzo; ma dal 1626 il B. è di nuovo impiegato a Rivoli, dove - morto il Morazzone - egli dovette assumere il ruolo principale nella decorazione del castello. Nel 1631, mentre nei lavori di Rivoli gli si affianca il figlio Pompeo (e nel 1632 l'altro figlio, Francesco), il B. riceve anche pagamenti per apparati di feste, è nominato "pittore ducale" e risulta già godere di una pensione annua elargitagli dalla corte sabauda. Nel 1633, terminate le pitture di Rivoli ed eseguiti "otto quadri" (ritratti?) delle principesse, egli riprende i lavori nel palazzo reale dalla parte di S. Lorenzo e incomincia a decorare i soffitti delle "stanze nuove" nel castello del Valentino. Nel 1634 è nominato cavaliere, nel 1635 gli è aumentata la pensione, nel 1636 gli è accordato, con i figli, un esonero dalle tasse. Nello stesso anno s'impegna, con i figli e altri, a erigere la cappella di S. Anna in S. Francesco; ha inoltre l'incarico dal duca di Savoia di eseguire l'affresco della "...Madonna Santissima del Monte" (Schede Vesme, p. 134); è qualificato, in altro documento ducale (1636), "premier peintre ordinaire". Notizie di pagamenti e sull'ammirazione che suscitava la sua attività di scultore, si susseguono fino al 1639, anno in cui il B. vende la casa di Torino e si presume ritorni a Campione, dove è certa la sua presenza nel 1641. Nel 1642 tuttavia egli è ancora pagato per i lavori del Valentino, forse nel corso di un suo breve rientro in Piemonte, sempre assieme ai figli; per essi, anzi, sollecitava da Madama Reale un migliore trattamento economico, promettendo che sarebbe venuto di tanto in tanto a sovrintenderne l'operato (v. tutti questi docc. in Schede Vesme). Si datano a partire dal 1660 suoi affreschi nel coro del duomo di Monza, con una Gloria di Angeli e alcuni Fatti della Genesi; le mezze figure degli Apostoli furono finite da altri.

Ricerche archivistiche di A. Robertini (1962) hanno fissato la data di morte del B., avvenuta a Campione, all'11 ottobre del 1662.

Delle opere torinesi, le più impegnative e oggi riconoscibili sono i cicli a fresco, con ornati in stucco, di Rivoli e del Valentino; in ambedue i cicli la collaborazione dei figli complica il problema attributivo, sebbene costoro risultino impiegati soprattutto per gli stucchi. Per il castello di Rivoli, dove le pitture sono in parte rovinate in seguito a un incendio e assai guaste, già il Vesme (Schede, p. 137) assegnava al B. le Storie di Amedeo VIII di una sala al secondo piano; la Brizio (1949) nota la stretta parentela tra esse e molti dei dipinti del Valentino. Qui, dove gli affreschi subirono restauri di varia portata, sono da attribuirsi con certezza al B. i grandi riquadri storici del salone centrale - il cui fregio, con ovati di soggetto mitologico, può ritenersi eseguito in collaborazione con i figli - e la decorazione pittorica nelle stanze dell'appartamento verso Moncalieri, dalla stanza verde a quella detta "dei gigli" (Brizio, 1949): in particolare la mano del B. è ravvisabile negli affreschi della stanza verde, della stanza dello Zodiaco e della stanza del Valentino, con la squisita raffigurazione della Nascita dei fiori. A Torino il B. aveva anche eseguito un ritratto di Vittorio Amedeo I, due quadri da soffitto con Amore e Psiche e la Cena degli dei nel palazzo reale (dispersi o non identificati). Quanto agli affreschi nella volta di S. Tommaso (scomparsi) e nel catino absidale dei SS. Maurizio e Lazzaro, ricordati dal Vesme (Schede, p. 137), si tratta invece di opere di Federico Bianchi: e non è questa la sola confusione verificatasi nella letteratura a proposito del Bianchi.

Fuori del Piemonte, oltre ai ricordati affreschi nella chiesa di S. Fedele di Como, il B. dipinse il cielo della Resurrezione nell'undicesima cappella del Sacro Monte di Varese (Bigiogero); comunque, le sue opere più celebrate restano gli affreschi con le Storie della Vergine e l'Eterno in gloria in S. Maria dei Ghirli a Campione (dove anche gli stucchi sono, secondo il Viale, dello stesso B.) e gli affreschi nel coro di S. Giovanni Battista a Brenzio, con Profeti e Storie del Vecchio e Nuovo Testamento, oltre all'ancona nella stessa chiesa.

La letteratura ha immeritatamente trascurato - o, peggio, dato per scomparso - l'affresco del B. in S. Ambrogio a Milano (volta della cappella dei SS. Aimo e Vermondo), ricordato dal Bartoli e menzionato recentemente solo dal Reggiori: si tratta di un Coro d'angeli assai bello e ben conservato. Le altre opere milanesi del B. (affreschi e pale d'altare in S. Remigio e S. Maria Annunciata) risultano scomparse. A Corno, gli sono attribuiti gli affreschi con Storie della Passione nella cappella del Crocefisso in S. Donnino (Monti, Balbiani). Vengono poi attribuiti al B. affreschi nella parrocchiale di Peglio (Bolbiani); affreschi nel santuario della Madonna della Caravina presso Cressogno in Valsolda (Monti, Simona) e nella chiesetta dei SS. Quirico e Giulitta presso l'ossario di Orta (Bazzetta, 1930); affreschi in due cappelle nella parrocchiale di Azzate; affreschi di soggetto profano in casa Soncini a Vaprio (Bianchi, 1900; Monti), la grande pala d'altare in S. Caterina a Lugano (Franscini) e dubitativamente una Carità del museo del Prado (n. 141; cfr. Catalogo, Madrid 1952, p. 54), di gusto procacciniano. Non identificabile il dipinto del B. che secondo il Bizzozzero si trovava nell'oratorio di S. Anna a Biurno Superiore (Varese). Giuseppe Bianchi ricordava infine un Autoritratto del B., che si trovava in casa Buonvicini a Lugano. Sono a lui attribuiti alcuni dei disegni secenteschi conservati all'Ambrosiana di Milano (cod. F 233 sup. n. 556, 246, inf. nn. 55 e 161; Spina Barelli, n. 67; ma più verosimilmente il n. 62 del medesimo catalogo); e altri ve ne giacciono sicuramente non ancora riconosciuti e schedati.

Il B. è diligente e anche ispirato pittore, quando non ripete stancamente i propri modelli e non indulge a certa enfasi secentesca; nelle opere torinesi pare attenersi a un tardo manierismo di formula internazionale (Federico Zuccari), specie per la scelta delle soluzioni decorative, ma lo ravviva qua e là di spiriti più moderni. La sua fonte più diretta è il Morazzone, e, attraverso costui, egli si accosta ad artisti più antichi quale Gaudenzio Ferrari, rimanendo fedele a questo clima, specie nelle opere non torinesi, sino in età avanzata, tanto da confondere la possibilità di un tracciato cronologico della sua attività condotto su basi stilistiche. Le belle Storie in S. Maria dei Ghirli a Campione hanno la freschezza delle opere giovanili: il loro morazzonismo - fin troppo evidente - ha tuttavia i caratteri della spontaneità e dell'immediatezza; strette parentele con gli affreschi storici del Valentino le collocherebbero al più tardi nel 1642 (ma il Viale le vedrebbe più tardi); altrettanto dicasi per l'affresco in S. Ambrogio, gaudenziano; mentre il ciclo varesino, nonostante l'ipotetica data del 1636 - che sarebbe comunque solo il termine post quem -, sembra più tardo, o almeno più fiacco. Caratteri decisamente tardi, e barocchi, hanno gli affreschi di Monza, cui devono aver largamente partecipato aiuti: ma i paesaggi vi si mantengono memori di un cinquecentismo alla Luini.

Dei tre figli del B., Carlo è indicato nel Thieme-Becker come scultore e partecipe con i fratelli dei lavori alla Venaria Reale: ma secondo il Vesme (Schede, p. 132) "non pare" che sia stato artista. Pompeo compare nei pagamenti, come aiuto del padre, a partire dal 1631, quando gli è concessa una pensione annua; nel 1632, per i lavori di Rivoli, si aggiunge la collaborazione di Francesco, denominato "pittore e stuccatore". Nel 1634 Pompeo è retribuito per lavori nella villa della Regina, nel 1635 riceve nuovi pagamenti, specie per apparati di feste, e regalie; nel 1636 il godimento della pensione annua è esteso anche a Francesco. Dal 1633 al 1639 Pompeo e Francesco ricevono saldi per le opere del Valentino e per altre di palazzo Madama; è probabile che subito dopo lascino Torino con il padre, ma nel 1642 vi ritornano, sollecitando un più equo compenso per i loro servizi; il primo pagamento per le nuove opere del Valentino è del 1642, l'ultimo del 1646 (anche per i docc. relativi ai figli del B., v. Schede Vesme).

Assai difficile è stabilire il limite dell'intervento dei due figli nei cicli paterni per quanto riguarda le pitture. Per il Valentino, la Brizio (1949) pensa di ravvisare la loro mano negli ovati della stanza "dei gigli"; quanto agli stucchi, si deve ritenere che siano di loro mano, e in particolare di Francesco (Viale), quasi tutti quelli dell'appartamento verso Moncalieri, assai vistosi, nelle cui parti figurate si riconoscono i modelli di Isidoro, e forse anche quelli esterni. Alla ripresa dei lavori al Valentino, nel 1642, i fratelli decorarono il gabinetto di Madama Reale e poi, dal 1645, l'appartamento verso Torino (stucchi nella stanza "della guerra"); il Viale (pp. 307 s.) attribuisce ai Bianchi iuniores anche gli stucchi nel gabinetto "delle fatiche d'Ercole", assai più moderni dei precedenti, e i disegni di molti stucchi eseguiti da Alessandro Casella. Nelle opere che il B. eseguì fuori Torino, un intervento dei figli può essere ipotizzato per la decorazione in stucco del santuario dei Ghirli. La Gabrielli (1960-61) ritiene possa identificarsi con il figlio di Isidoro quel Francesco Bianco che ha lasciato firmato un mediocre dipinto, il Martirio del santo, nella chiesa di S. Sebastiano di Vercelli.

Fonti e Bibl.: Schede Vesme, I, Torino 1963, pp. 132-137; D. Bigiogero, La gloria della gran Vergine al Sagro Monte sopra Varese, Milano 1699, p. 63; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Napoli 1733, p. 282; F. Bartoli, Notizie delle pitture…, I, Venezia 1777, pp. 140, 236, 238; G. B. Giovio, Gli uomini della Comasca, Modena 1784, p. 32; S. Ticozzi, Diz. degli architetti..., Milano 1830, p. 159; L. Lanzi, Storia pittorica d'Italia, Venezia 1839, IX, p. 98; S. Franscini, La Svizzera italiana, II, 2, Lugano 1840, pp. 173-246; G. Vico, Il real castello del Valentino, Torino 1858, pp. 6993; C. Bizzozzero, Varese e il suo territorio, Varese 1874, pp. 77, 105; A. Bolbiani, La chiesa di Peglio sul lago di Como, Como 1879, p. 24; L. Malvezzi, Le glorie dell'arte lombarda, Milano 1882, p. 251; G. Bianchi, Gli artisti ticinesi, Lugano 1900, p. 25; S. Monti, Storia e arte nella provincia e nell'antica diocesi di Como, Como 1902, pp. 88, 335, 358; E. Gerspach, Gli affreschi di Campione, in L'Arte, V(1902), p. 162; Ville e castelli d'Italia, Milano 1907, p. 348; L. Modorati, Descrizione storica della basilica di S. Giov. Battista a Monza, Monza s.d., pp. 18, 152; Id., Il duomo di Monza, ibid. 1915, p. 72; G. Nicodemi, P. F. Mazzucchelli, Varese 1927, pp. 44 s.; U. Bazzetta di Vermenia, Guida del lago Maggiore e lago d'Orta, Milano 1930, p. 267; A. Telluccini, Il castello di Rivoli Torinese, in Boll. d'arte, X(1930-31), figg. 10, 11, 12 (pp. 156, 157, 159), pp. 157 s., 161 n. 25; M. Guidi, Diz. degli artisti ticinesi, Roma 1932, pp. 42 s.; L. Simona, Torino e Piemonte barocco, in Anzeiger für schweizerische Altertumskunde, n.s., XXXIV(1932), pp. 176-181, 190; C. Del Frate, S. Maria del Monte sopra Varese, Varese1933, p. 100; M. Balbiani, L'arte del Seicento a Como, tesi di laurea, Univ. Catt. di Milano, anno accademico 1933-34 (Biblioteca d'arte, L 14) pp. 38 bis, 40, 45-49; F. Reggiori, La basilica ambrosiana, Milano1945, p. 38; A. M. Brizio, Le pitture, in Il Castello del Valentino, Torino 1949, pp. 205-220, 244; V. Viale, Gli stucchi e l'ammobiliamento, ibid., pp. 264-313, passim; A. M. Brizio, L'opera dei Recchi in Piemonte, in Arte lombarda, II(1956), pp. 125, 130; C. Pellegrini, La Valsolda e il Santuario di N. S. della Caravina, Monza 1956; G. Nicodemi, La pittura lombarda dal 1630 al 1706, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, pp. 497 s.; E. Spina Barelli, Disegni di maestri lombardi del primo Seicento, Milano1959, p. 76, ill. nn. 62, 67; N. Gabrielli, Ultime segnalazioni di opere d'arte in Piemonte, in Boll. Soc. Piem. di arch. e belle arti, n.s., XIV-XV(1960-61), p. 167 (per Francesco); M. Bernardi, Castelli del Piemonte, Torino 1961, pp. 40-43; L. Mallé, Le arti figurative in Piemonte, Torino 1962, pp. 235, 251, 255; G. Letizia, I. B. da Campione e la XI cappella del Sacro Monte di Varese, in L'Arte, LXI (1962), pp. 165-171; A. Robertini, Isidoro da Campione pittore a Cevio, in Giornale del popolo (Lugano), 16 nov. 1962, p. 67; U. Thieme F. Becker,Künstler-Lexikon, III, p. 584.

CATEGORIE
TAG

Gaudenzio ferrari

Nuovo testamento

Federico bianchi

Museo del prado

Palazzo madama