Islanda

Dizionario di Storia (2010)

Islanda


Stato insulare nell’Atlantico settentrionale. Dopo la scoperta e i primi insediamenti norvegesi, la colonizzazione dell’isola si intensificò alla fine del 9° sec.; i coloni costituirono piccole comunità autonome e riunirono, nel 930, un governo elettivo detto Althing, che viene considerato la più antica assemblea legislativa d’Europa. Intorno al 1000 fu introdotto il cristianesimo. L’I. conservò la propria indipendenza per tre secoli fino al 1264 quando, mediante il cosiddetto «vecchio trattato» con Haakon IV Haakonsson, riconobbe l’alta sovranità della Norvegia. Dopo l’unione della Danimarca alla Norvegia e il patto d’unione di Kalmar (1397), l’I. si impoverì sempre più. Durante la Riforma, cattolici e luterani si combatterono a lungo (1539-51) e i secondi prevalsero con l’appoggio del re di Danimarca. Nel 1662 gli islandesi prestarono giuramento di vassallaggio alla Danimarca e l’Althing perse così ogni funzione, finché nel 1800 fu sostituito dal tribunale superiore di Reykjavík. Nel 1843 Cristiano VIII lo ristabilì ma solo con funzioni consultive, e vana fu la lotta degli islandesi per l’indipendenza, ottenuta soltanto nel 1918, quando un trattato federativo la riconobbe Stato sovrano indipendente, unito alla Danimarca nella persona del sovrano; il trattato stabiliva che dal 31 dic. 1940 in poi l’atto d’unione potesse essere riconsiderato e abrogato in capo a tre anni dal Parlamento dell’uno o dell’altro dei due Paesi. Gli eventi della Seconda guerra mondiale, con l’occupazione tedesca della Danimarca e l’insediamento di truppe britanniche e poi statunitensi in I., accelerarono lo scioglimento dell’unione, deciso unilateralmente dall’I. nel 1941. Approvata la nuova Costituzione, il 17 giugno 1944 fu proclamata la Repubblica. Nel 1949, in un clima di contrasti politici e tensioni popolari, l’I. aderì al Patto atlantico a condizione che, priva di proprie forze armate, non avrebbe partecipato ad azioni belliche contro altri Paesi; nel 1951 ebbe fine la controversa presenza militare statunitense nel Paese con l’accordo che concedeva l’uso della base aerea di Keflavík agli USA nel quadro della difesa NATO (accordo rinnovato nel 1974). La politica estera degli anni Sessanta e Settanta fu dominata dalla contesa sui diritti di pesca («guerra del merluzzo»), riaperta dall’I. nel 1958 con l’allargamento delle acque territoriali (da 4 a 12 miglia), accettato nel 1961 dalla Gran Bretagna. Le successive estensioni delle acque territoriali mirarono a proteggere, anche a costo di ripetuti contrasti economici e diplomatici con la Gran Bretagna, la pesca islandese dalla concorrenza di flotte più moderne. Inaspritasi nel 1975, quando l’I. ampliò il limite delle proprie acque territoriali a 200 miglia, la disputa si risolse nel 1976 con un accordo favorevole all’Islanda. La questione dei diritti di pesca continuò tuttavia ad avere un ruolo rilevante nei decenni successivi, con irrisolte dispute con la Norvegia e con la Danimarca. Sul fronte interno, le difficoltà economiche e finanziarie contribuirono a rendere instabili i governi che si succedettero nel dopoguerra. Dei quattro partiti esistenti, il Partito dell’indipendenza (conservatore), il Partito progressista (centrista), il Partito socialdemocratico e l’Alleanza del popolo (comunista), nessuno riuscì mai a conseguire la maggioranza assoluta in Parlamento e l’I. fu guidata prevalentemente da governi di coalizione variamente alleati. Nel 1983 emerse nella scena politica nazionale una lista composta esclusivamente da donne. Dal 1991, infine, la vita politica islandese è stata caratterizzata dall’egemonia del Partito dell’indipendenza, che dopo i difficili decenni precedenti ha garantito al Paese stabilità governativa, rafforzata dai buoni risultati raggiunti grazie alla politica di privatizzazioni e liberalizzazioni del mercato finanziario. Alla guida del governo dal 1991 al 2004 è rimasto D. Oddson, che ha portato l’I. a far parte dello spazio economico europeo (1994) e ha avviato trattative con gli Stati Uniti per rinegoziare la loro presenza militare sul territorio, in ossequio alla presa di posizione del Parlamento contro l’ingresso di armi atomiche nel Paese. Dopo un governo del Partito progressista nel 2005, frutto di accordi di coalizione, nel 2006 il Partito dell’indipendenza è tornato a guidare l’esecutivo con G.H. Haarde, riconfermato nella carica dopo le elezioni del 2007. L’accordo per una progressiva riduzione di truppe e mezzi militari statunitensi, rimandato alla formulazione di una più generale revisione del ruolo militare degli USA sul territorio europeo in seguito agli attentati terroristici dell’11 sett. 2001, è stato all’origine di una crisi tra I. e USA, che nel marzo 2006 hanno annunciato la chiusura della base di Keflavík. Accusato di non aver saputo fronteggiare la crisi economica apertasi nel 2008, il governo Haarde si è dovuto dimettere e le elezioni anticipate dell’apr. 2009 hanno visto il successo dei socialdemocratici, guidati da J. Sigurðardottir.

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