IONIE, ISOLE

Enciclopedia Italiana (1933)

IONIE, ISOLE (A. T., 82-83)

Roberto ALMAGIA
Roberto CESSI

ISOLE Nome col quale si abbracciano le isole che, a sud del Canale d'Otranto, accompagnano la costa della Grecia prospiciente il Mar Ionio, donde traggono il nome. Sono frammenti staccati della terraferma balcanica, dalla quale due, Corfù e Leucade, sono separati da canali angustissimi (in complesso kmq. 2345). Hanno tutte la stessa costituzione geologica della vicina terraferma con prevalenza di calcari cretacei, spesso modellati intensamente dal carsismo, con formazioni del flysch e fertili distretti collinosi e pianeggianti coperti da sedimenti del Neogenico. Le coste occidentali delle isole precipitano di solito ripidamente verso le grandi profondità dello Ionio e sono poco portuose; invece sono ricche di approdi e aperte alla navigazione e al traffico le coste rivolte alla Grecia. Il clima e la vegetazione sono di pretto tipo mediterraneo. Le maggiori isole sono cinque, e cioè Corfù (585,5 kmq.), Leucade o Santa Maura (Leukás: 285 kmq.), Cefalonia (Kefallwnía: 690 kmq.), Itaca (Ithákē: 93 kmq.) e Zante (Zákynthos: 403 kmq.). Tra le minori: Fanò (Fanós) a nord di Corfù (16 kmq.), Paxo (19 kmq.) e Antipaxo a sud, Meganēsi, Kálamos e altre più piccole, tra Leucade e il continente. Isolate a sud sono le isole Strofadi (3,5 kmq.). Amministrativamente Leucade con le minori vicine è aggregata al nomós dell'Etolia-Acarnania, le altre formano i nomi di Corfù (633 kmq. e 106.251 ab. nel 1928; 164 per kmq.), Cefalonia (886 kmq. e 66.414 ab.; 75 per kmq.) e Zante (403 kmq. e 40.492 ab., 100 per kmq.). V. inoltre alle singole voci e alla voce grecia.

Storia. - All'inizio del ciclo storico, che data dal crollo dell'Impero d'occidente, muta l'equilibrio politico del Mediterraneo, muta la funzione dell'Adriatico, mutano conseguentemente l'importanza e i valori strategico-militari dell'eptaneso ionico, che è la chiave marittima nelle comunicazioni da questo a quello. Il predominio marittimo gravita verso oriente, del quale il gruppo ionico diventa l'estrema salda base marittima avanzata verso occidente in posizione di difesa contro le minacce continentali barbariche, che spiegano pressioni e minacce più o meno forti contro i possessi bizantini territoriali d'Occidente. Al momento della riorganizzazione politico-amministrativa giustinianea e post-giustinianea dell'impero bizantino, l'eptaneso ionico è eretto in "tema" autonomo e separato da quelli della prossima costa greca, costituendo in esso la stazione permanente di una squadra marittima. Il nuovo ordinamento, che raggruppava le sette isole intorno a Cefalonia, sede dell'amministrazione e del governo del tema e stanza della flotta, attribuiva al gruppo ionico la funzione di controllo marittimo sopra il Mediterraneo occidentale e sopra l'Adriatico, e nello stesso tempo il compito della custodia e della difesa delle coste greche contro le incursioni dei popoli occidentali e del sud. Sgretolato il dominio bizantino in Italia, la salda resistenza della base ionica arrestò le aspirazioni carolingie nell'Adriatico e sopra l'altra sponda (808-810), e contribuì a sostenere per lungo tempo l'ultimo residuo di dominio bizantino nell'Italia meridionale. Analogamente mantenne intatta l'efficienza contro le incursioni dei saraceni di Sicilia e d'Africa e assicurò la libera via dall'Adriatico al Mediterraneo verso Oriente, e appoggiando la resistenza dei centri costieri contro le conquiste bulgare impedì che queste trovassero un valido rafforzamento nel dominio del mare.

L'unità del tema marittimo ionico, superando gravi minacce, poté essere mantenuta, con l'indiretta cooperazione veneziana quando gravò sopra di esso il pericolo d'isolamento militare e territoriale. Le prime incrinature si possono datare dal momento in cui il normanno Roberto il Guiscardo dall'Italia meridionale pose piede nell'eptaneso (1082-1085) per sostenere le sue aspirazioni conquistatrici verso oriente, sopra la sponda opposta. Sebbene la conquista normanna sia stata parziale ed effimera, essa aveva duplice valore, e perché indicava la via ai conquistatori occidentali, diretti verso oriente, e perché la collaborazione attiva dei Veneziani nella difesa della base ionica iniziava lo spostamento da oriente verso occidente, e in particolare all'alto Adriatico, del governo politico, a preludio di quello territoriale della base ionica.

L'esempio di Roberto Guiscardo troverà imitatori e nell'arcivescovo Daiberto di Pisa (1099), nel normanno Ruggiero (1148) e nei Genovesi, di fronte a un concorso sempre più dubbio dei Veneziani. Nel 1185 Cefalonia e Zante erano definitivamente tolte dai Normanni al governo greco ed erette in contea vassalla della corona di Sicilia: finalmente, la quarta crociata con la rovina dell'impero greco designava Venezia (1204) a raccogliere l'eredità dell'eptaneso ionico, come di altre parti dei dominî bizantini. L'unità del tema ionico, definitivamente spezzata con la conquista normanna, non poté essere ricostituita da Venezia, la quale invano lottò per qualche tempo, specialmente sopra Corfù, per assicurare prima direttamente, poi indirettamente per mezzo d' infeudazioni a connazionali, qualche porzione dell'importante possesso. Per il momento anche Venezia, altrimenti impegnata per l'acquisto di Candia, dovette abbandonare alla loro sorte le isole dell'eptaneso, parte in dominio del despota di Epiro come Corfù e S. Maura (Leucade), parte infeudate a vassalli della corona di Sicilia, poi baroni di Acaia, come i signori della famiglia Tocco a Cefalonia e Zante. Allorché però si profilò il pericolo, alla fine del sec. XIV, che in esse s'insediassero i suoi più temibili nemici, i Genovesi, con la compiacente benevolenza della monarchia siciliana, il governo veneto reagì, e, con un'abile e avveduta azione diplomatica, nel 1386 entrava in possesso di Corfù prima che i negoziati genovesi sortissero un esito favorevole. Dopo Corfù, anche le altre isole, a breve scadenza, passarono sotto Venezia, che preparava così la via alla conquista epirota, e a maggiore scadenza dell'intera Morea.

Ricomposta l'unità politica, Venezia, in obbedienza alle tradizioni e alle norme di governo, non impresse all'organizzazione delle isole una coerente unità amministrativa. Ciascun'isola, almeno le principali, ebbe un reggimento proprio, affidato al comando di patrizî veneti, autonomo e rispecchiante nei lineamenti esteriori le secolari tradizioni indigene, tuttavia rispettate in quanto non offendessero e si adattassero alle esigenze dell'amministrazione veneziana. Finanza e giustizia avevano una propria giurisdizione; e anche quella parte di governo militare, che era riservata alla competenza delle amministrazioni locali, era sottoposta alla gestione dei provveditori, capitani o conti preposti, secondo il caso, al governo delle rispettive isole. Tramite più o meno diretto, nell'amministrazione in generale, ma in modo particolare in quella militare e soprattutto marittima, era il controllo esercitato dal provveditore generale, che, salvo necessità di guerra, non sopprimeva né limitava quella dei singoli reggitori immediatamente sottoposti al governo centrale e verso questo responsabili. Tale nelle linee generali il governo delle isole durante il dominio veneto, durato ininterrottamente con alterne vicende fino al 1797.

Dopo la ricomposizione della base marittima dello Ionio, le isole avevano riacquistato l'antica funzione di controllo marittimo, che Venezia, travolta da fatale destino, lasciava intatto in eredità ai suoi successori. Ai Francesi, nel 1797, non sfuggì il valore della preda: ordinando l'eptaneso nei due dipartimenti di Itaca e Corcira (una parte delle isole fu aggregata all'Egeo) si studiarono di mantenere l'unità del gruppo, pur senza sottrarsi al secolare dualismo fra Corfù e Cefalonia. Il dominio fu breve; nel 1799 una flotta russo-turca occupò le isole, e per la convenzione dell'anno successivo fra Russia e Turchia, era riconosciuta l'alta sovranità della Porta sulle sette isole Ionie, erette in repubblica autonoma. Il governo turco ebbe sette anni di vita: nel 1807 le isole erano riconquistate dalla Francia, costantemente seguite dalle aspirazioni inglesi, che nel possesso delle Ionie intravvedevano una delle chiavi di dominio del Mediterraneo e una delle basi per influire sopra l'equilibrio continentale. L'Inghilterra occupò l'eptaneso nel 1811, eccetto Corfù, né l'abbandonò fino a che l'equilibrio marittimo mediterraneo non fu spostato verso altre basi. Col trattato di Parigi del 1814 completò l'acquisto con l'annessione di Corfù, e il possesso fu consacrato nel secondo trattato di Parigi del 1815.

L'eptaneso ebbe un ordinamento apparente autonomo, anche nel nome (Stati uniti delle isole Ionie), perché il dominio inglese era limitato all'esercizio di protettorato. Ma la facoltà di tenere nelle isole una guarnigione, di conservare il comando supremo delle forze indigene, di controllare l'amministrazione con commissarî, praticamente neutralizzava i poteri dei consigli e delle assemblee locali La costituzione del 27 agosto 1817 restringeva anche più la sovranità indigena, concentrata in mano di pochi notabili, apparentemente riaffermata nella sua interezza. Di qui il diffondersi di uno spirito di malcontento, che eccitò alla resistenza passiva dapprima, poi, con il risorgimento delle aspirazioni nazionali, che si collegavano a quelle del continente, all'aperta rivolta. La rivoluzione del 27 marzo 1818 reclamò libertà di stampa, elettività degli organi di governo, diritto di libera organizzazione militare, ecc. Fallita per incapacità di mezzi, risorse. L'insurrezione di Cefalonia proclamò di nuovo l'ideale nazionale affermatosi nella organizzazione della Giovane Ionia: e per quanto l'Inghilterra reprimesse violentemente la rivolta nel sangue, dovette pure rassegnarsi a dare una soddisfazione allo spirito pubblico, per mantenere un possesso, ritenuto ancora necessario, con l'emanazione del regolamento del 1850 regolante i poteri dei commissarî, il diritto elettorale municipale, ecc. Le vicende dell'inquieto decennio successivo, durante il quale si maturarono i nuovi destini d'Europa, si ripercossero anche sulle sorti delle Ionie. Mutati gli equilibrî continentali e nazionali, spostate le basi marittime, la funzione militare e politica delle Ionie perdeva progressivamente di valore. In Inghilterra, auspice Gladstone, si faceva strada la convinzione dell'inutilità di mantenere un protettorato, che aveva sempre minore importanza, urtando suscettibilità nazionali a danno del prestigio inglese. E allorché, con la candidatura di re Giorgio I (1863), l'Inghilterra ottenne una maggiore influenza nella politica greca, ottimo gesto sembrò quello di accompagnare l'elezione del nuovo re con la cessione delle isole alla monarchia greca.

Bibl.: L. Rambaud, L'empire bizantin au Xe siècle, Parigi 1888; G. Heyd, Storia del commercio del Levante nel Medioevo, in Bibl. dell'Econ., s. 5ª, X; G. F. Hertzberg, Storia dei bizantini e dell'impero ottomano fin verso la fine del sec. XVI, Milano 1894; D. Bikélas, La Grèce byzantine et moderne, Parigi 1893; G. A. Finlay, History of Greece, Oxford 1877; A. Pernice, Origine ed evoluzione storica delle nazioni balcaniche, Milano 1915; A. M. Andréadès, L'amministrazione finanziaria dei Veneziani nelle Isole Ionie, Atene 1914 (in greco).