ISPIRAZIONE

Enciclopedia Italiana (1933)

ISPIRAZIONE (lat. inspiratio)

Umberto Fracassini

È l'azione di uno spirito sopra l'uomo, per farlo pensare, parlare, scrivere, agire come esso vuole. A questo scopo, secondo la concezione volgare e una volta comune, lo spirito entra nell'uomo stesso, prendendo il posto dello spirito di lui e privandolo perciò della coscienza, onde pensa e agisce non più l'uomo, ma lo spirito che lo possiede. Quindi lo stato più adatto per l'ispirazione è creduto quello di estasi, di ebbrezza, di digiuno, di eccitazione prodotta dalla musica o dalla danza, ecc., in cui è più facile perdere la coscienza. Altre volte l'ispirazione non sopprime la coscienza, cioè non caccia dall'uomo il suo spirito, ma solo ne potenzia le facoltà di pensare, parlare e agire, onde allora l'ispirazione non si accoppia con l'estasi o la mania, ma avviene nello stato normale.

Lo spirito che produce l'ispirazione può essere tanto buono (lo spirito di Dio) quanto cattivo (un demonio), ma allora si dice meglio ossessione.

Alcune religioni hanno degli scritti che si credono dovuti a ispirazione divina. Ciò può avvenire in diverse maniere: o perché formati insieme col mondo come base del mondo stesso, quali i Veda presso gli antichi Indiani; o perché composti da Dio direttamente in cielo e poi dettati da un angelo allo scrittore umano, come il Corano presso i musulmani; o perché rivelati nel loro contenuto in visione al profeta e posteriormente da lui messi in scritto, come le Apocalissi (vedi apocalittica, letteratura); o perché composti dallo Spirito per mezzo del profeta in estasi, ovvero dal profeta sotto l'azione dello Spirito che potenziava le sue facoltà intellettuali. Solo questi due ultimi modi, ammessi sia dal giudaismo sia dal cristianesimo, possono dirsi veramente ispirazione, il primo in senso stretto e il secondo in senso largo. Per il concetto d'ispirazione e le dottrine teologiche nel giudaismo e nel cristianesimo, v. bibbia, VI, pp. 879-882.