BACCI, Iti

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 5 (1963)

BACCI (Baccich), Iti

Alberto Monticone

Nacque a Sussak (Fiume) il 15 luglio 1892 da Eugenio e da Isolina Gilardelli. Al pari dei fratelli fu inviato a compiere gli studi a Firenze, ove conobbe fra gli altri Scipio Slataper e fu con lui tra i fondatori della sezione fiorentina della "Trento e Trieste". Chiamato alle armi per il servizio di leva nell'esercito austro-ungarico, non si presentò stabilendosi ad Ancona, ove il fratello maggiore Icilio si era trasferito da Fiume per sfuggire le persecuzioni politiche. Allo scoppio della guerra mondiale si arruolò volontario nei bersaglieri, corpo nel quale prestava servizio dal 1912 il fratello Ipparco (nato a Sussak il 2 ag. 1890, caduto il 12 ott. 1916 sul Veliki-Hribah e decorato di medaglia d'argento alla memoria). Col grado di sottotenente tornò a Fiume al termine del conflitto ed entrò ben presto a far parte del gruppo di cittadini più decisamente orientati per l'annessione della città all'Italia.

In connessione con le discussioni parigine per il trattato di pace con l'Austria, fece opera di propaganda per una soluzione della questione adriatica nel senso previsto dal patto di Londra del 1915, con in più Fiume, da non richiedersi tuttavia da parte dell'Italia per via diplomatica: il governo italiano avrebbe dovuto disinteressarsi della città, che avrebbe fatto da sé. Tesi questa che egli sostenne nel maggio 1919 al teatro Dal Verme di Milano e che fu fatta propria dal Consiglio nazionale di Fiume, con un ordine del giorno inviato il 18 di quel mese al presidente del Consiglio V. E. Orlando.

Eletto a far parte del Consiglio nazionale di Fiume in rappresentanza dei volontari di guerra, nel giugno 1919 entrò nel comitato direttivo di esso. Ufficiale della Legione fiumana, si recò, sempre nel giugno, con un gruppetto di legionari a Milano a compiervi opera di propaganda. L'apporto più importante del B. consisté però soprattutto nell'attività che egli svolse come giornalista.

Sin dal marzo 1919 con alcuni concittadini aveva progettato la fondazione di un nuovo giornale quotidiano, che fosse al tempo stesso espressione della corrente favorevole all'annessione all'Italia e organo di stampa di buona informazione. Il giornale fu in effetti fondato col titolo significativo La Vedetta d'Italia, da Armando Odenigo (Hodnig), che ne fu anche direttore, e dal Bacci. Il primo numero usciva il 27 ag. 1919: il B. fece parte del consiglio di direzione. Il giornale contribuì grandemente, con gli articoli e le corrispondenze e con l'azione personale di singoli collaboratori, prima a preparare l'impresa di D'Annunzio e a sostenerne poi il governo in Fiume. Il B. in particolare agli inizi di settembre fu all'orígine della pubblicazione sulla Vedetta delle prime notizie sulla sistemazione della questione adriatica, notizie che suscitarono nei locali ambienti filo-annessionisti grande impressione. Il giornale il 3 settembre lanciava in un editoriale un appello all'unione di tutti i Fiumani, dimenticando le contese interne, col programma di Fiume all'Italia, programma fatto proprio dalla Unione nazionale italiana, costituitasi in città in quei giorni e di cui il manifesto - firmato anche dal B. - usciva sulla Vedetta l'11 settembre; nei giorni seguenti creava, con articoli antirinunciatari e pubblicazione di lettere di soldati già di stanza nella città, un clima di vigilia d'armi.

Dopo l'entrata di D'Annunzio, essendo stato inviato a Roma in missione l'Odenigo, la direzione del giornale restò temporaneamente al B. negli ultimi mesi di quell'anno. Il B. contribuì pertanto non poco - e anche in seguito, dopo il ritorno dell'Odenigo - a dare al giornale quel tono nazionalista, di accesa polemica filoitaliana che finiva per sfociare in violenta avversione a Wilson e agli alleati, al governo Nitti e più tardi a quello Giolitti, al socialismo e al parlamento, oltrepassando di gran lunga i termini di un appassionato dibattito per il destino della città. D'Annunzio stesso si servì della Vedetta per alcuni suoi proclami e ad essa fecero capo ben presto esponenti nazionalisti del Regno, di varia gradazione, tanto che nell'elenco dei collaboratori ai primi di gennaio 1920 figuravano fra gli altri Sem Benelli, E. Corradini, F. Coppola, S. D'Amico, L. Federzoni, R. Forges Davanzati, A. Marpicati, G. Preziosi, A. Rocco, L. Tancredi, ecc. E il B. era indicato nel novembre 1919 da Mario M. Martini, che gli dedicava il volume La passione di Fiume (Milano 1919), quale preminente fra gli scrittori della Vedetta; G. Giuríati nelle sue memorie lo ricorda come colui che dalle colonne del giornale interpretava e propagandava il pensiero del Comandante.

Il 26 ottobre il B. veniva eletto nella lista della Unione nazioliale italiana alla rappresentanza municipale e il 28 novembre successivo incluso in due commissioni comunali, quella scolastica e quella disciplinare. Pur essendo deciso fautore di un programma "massimo" per Fiume italiana, fece in occasione del plebiscito, indetto da D'Annunzio per il 18 dicembre circa l'accettazione delle proposte del governo italiano, opera di persuasione per l'accoglimento di esse perché sostanzialmente rispondenti alla causa fiumana e dignitose per D'Annunzio. Come è noto i risultati del plebiscito furono dichiarati nulli dal poeta a causa di irregolarità e il seguito degli avvenimenti prese altra piega.

Con la fine dell'impresa dannunziana il B. riprese e terminò all'università di Macerata gli interrotti studi di giurisprudenza e si avviò quindi all'attività forense nello studio del noto avvocato S. Bellasich. Iscritto all'Associazione nazionalista italiana, rappresentò Fiume nel Comitato centrale e al V congresso nazionalista, tenutosi a Bologna (aprile 1922). Costituitasi la federazione fascista fiumana, il B. ne fece tosto parte: subito dopo la "marcia su Roma", anzi, fu con I. Stiglich delegato di essa per accompagnare a Roma A. Depoli, commissario con pieni poteri dello Stato di Fiume, che si recava da Mussolini per chiarire la situazione. I delegati fascisti pare fossero da Mussolini invitati a tenere calma la turbolenta federazione locale.

Dopo l'annessione di Fiume all'Italia, il B. rappresentò la città alla Camera dei deputati, essendo stato eletto per la XXVIII legislatura il 24 marzo 1929. Dall'ottobre 1930 al dicembre 1931, essendo segretario del partito nazionale fascista G. Giuriati, ricoprì la carica di vicesegretario del partito e, per lo stesso periodo di tempo, ebbe anche la presidenza del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI). Trasferitosi a Roma, continuò a restare in contatto con Fiume anche per la carica di presidente dei Cantieri navali del Carnaro.

Nel 1943, dopo la caduta del fascismo e la successiva liberazione di Mussolini dalla prigionia, non aderì al ricostituito partito fascista e, trovandosi a Fiume, fu sospettato di attività contraria ai Tedeschi e incarcerato; liberato per l'intervento del fratello Icilio senatore del regno, lasciò definitivamente Fiume.

Morì a Roma l'11 gennaio 1954.

Bibl.: E. Savino, La nazione operante. Profili e figure, Milano 1934, p. 379; G. Giuriati, Con D'Annunzio e Millo in difesa dell'Adriatico, Firenze 1954, pp. 11, 52, 114 s.; A. Depoli, Incontri con Facta e Mussolini. Pagine fiumane dai ricordi di un dittatore involontario, in Fiume, Rivista di studi fiumani, IV (1956), pp. 131 s.; S. Cella, Giornalismo e stampa periodica a Fiume (1813-1947), ibid. V(1957), pp. 38, 39, 40, 58; A.Luksich-Jamini, Fiume nella Resist. e nella lotta per la difesa dell'unità ital. (1943-1947), ibid.,V(1957), p. 112 nota 3; P. Alatri, Nitti, D'Annunzio e la questione adriatica, Milano 1959, pp. 154, 194, 282; G. P[roda], I.B., in L'Areneo, suppl. al Bollett. d'informaz. del Centro Studi Adriatici di Roma, XI, n. 426 del 15 giugno 1960, pp. 83-85. Sul fratello Ipparco vedi G. P[rodal, Ipparco B., in L'Arengo, suppl. al Bollett. cit., XII, n. 452 del 15 luglio 1961, pp. 39-40.

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