ITINERARIO DI FEDERICO II

Federiciana (2005)

Itinerario di Federico II

AAndreas Kiesewetter

Gli studi dedicati a quest'argomento si sono generalmente limitati a sommare la frequenza dei soggiorni dell'imperatore nelle varie località, indipendentemente dalla loro durata. Solo Carlrichard Brühl (1994), con un'opzione metodologica innovativa, ha preso in considerazione anche la durata dei soggiorni dell'imperatore svevo nelle singole zone e città nei limiti dell'itinerario italiano degli anni 1220-1250. In realtà il modello seguito da Brühl è stato fin dagli anni Ottanta del secolo scorso il postulato metodologico sotteso alla ricostruzione degli itinerari di Ottone I, Ottone II e Corrado II compiuta da Müller-Mertens e dai suoi allievi (Müller-Mertens, 1980; Müller-Mertens-Huschner, 1992; Alvermann, 1998), i quali avevano rivolto l'attenzione soprattutto alla durata dei soggiorni degli imperatori nei vari luoghi ottenendo importanti risultati: infatti, sulla base dei giorni precisamente databili in una certa località, essi elaborarono un "calendario dell'itinerario" (che superava la tradizionale "carta dell'itinerario" con la frequenza dei passaggi nei singoli luoghi) e poterono identificare le regioni ove la presenza dei singoli sovrani fu regolare ovvero solamente sporadica, riuscendo per tal via a distinguere le regioni politiche centrali da quelle periferiche per il governo degli imperatori.

Anche la presente analisi dell'itinerario di Federico II si fonda sulla proposta metodologica di Müller-Mertens, benché, per diversi motivi, essa sia applicabile soltanto in parte all'itinerario dello Svevo. Infatti, ai fini di una precisa ricostruzione dell'itinerario dell'imperatore si rivela sfavorevole il fatto che la maggioranza dei documenti disponibili (i privilegi solenni) è datata secondo la cosiddetta 'solenne datazione dei mesi' (feierliche Monatsdatierung; Ficker, 1877), ossia con la sola indicazione del mese, senza la menzione del giorno preciso, mentre solamente i privilegi semplici e i mandati sono datati secondo mesi e giorni. Pertanto solo in minima parte è possibile stabilire con puntualità i giorni in cui Federico soggiornò in un certo luogo. Inoltre va rilevato nei diplomi l'uso della cosiddetta 'datazione eterogenea' (uneinheitliche Datierung), in altre parole la distinzione fra 'azione' (Actum) e 'datazione' (Datum), quindi l'eventuale di-scrasia fra il giorno in cui fu emanato l'ordine di scrivere il diploma (azione giuridica) e la data in cui il diploma fu effettivamente redatto e sigillato. Questa considerazione assume un significato particolare poiché, come ha dimostrato Sthamer (1927), nella cancelleria sveva il processo di redazione di un diploma o di un mandato era diviso di regola in alcune fasi e in quasi tutti gli atti originali la data di mese o di mese e giorno fu aggiunta alla data topica solo in un secondo momento. L'importanza di questa 'datazione aggiunta o posteriore' per la ricostruzione dell'itinerario di Federico II è evidente, in quanto luogo e mese (ovvero mese e giorno) indicati nella riga di datazione degli atti non necessariamente corrispondono fra loro, per cui la data associata a un luogo finisce con il rappresentare solo un terminus ante quem. In tale contesto risulta quanto mai ardua l'analisi dell'itinerario dello Svevo.

Esiste inoltre un'ulteriore fonte d'errori: per l'epoca angioina sono pervenuti i cosiddetti libri expensarum, vale a dire i libri delle spese per l'approvvigionamento della corte reale. La rilevanza di tali 'libri delle spese' sta nel fatto che essi forniscono realmente un itinerario preciso del sovrano, perché registrano gli spostamenti dei re anche in diverse ore del giorno. I 'libri delle spese' permettono anche di respingere alcune opinioni della storiografia (per esempio, Sthamer, 1926) secondo cui un 'andirivieni' fra due località in giorni consecutivi sarebbe stato impossibile, salvo spiegarlo con la 'datazione eterogenea' o con la 'datazione posteriore'. Ebbene, i libri expensarum dei sovrani angioini non solo dimostrano che era senz'altro possibile un viaggio di andata e ritorno in giorni consecutivi, ma essi ‒ letti in parallelo agli atti emanati dalla cancelleria, come è stato fatto per il regno di Carlo II d'Angiò (Kiesewetter, 1997) ‒ provano pure che allo spostamento del re non necessariamente corrispondeva quello della cancelleria. I diplomi e i mandati spediti dalla cancelleria, insomma, riflettono gli spostamenti della cancelleria che potevano divergere da quelli del re, sicché anche tale fattore può inficiare l'analisi di un itinerario sovrano, quando esso sia ricostruito esclusivamente sulla base degli atti emanati dalla cancelleria. E se è vero che per Federico II non sono più conservati libri expensarum, possiamo senz'altro congetturare che essi esistessero pure alla sua corte. Pertanto anche per il governo dell'imperatore sarebbe necessario distinguere fra gli spostamenti veri e propri di Federico, ignoti a causa della perdita dei 'libri delle spese', e quelli della cancelleria tramandati dagli atti superstiti di quest'ultima. Comunque il margine di errore è probabilmente insignificante, poiché la cancelleria accompagnò sempre l'imperatore nei viaggi importanti sia nel Regno di Sicilia, sia nel Regnum Italiae, sia in Germania. Soltanto per brevi spostamenti, tali da permettere comunque un tempestivo scambio di notizie fra sovrano e cancelleria, quest'ultima rimase lontana dall'imperatore. In ogni caso Federico e la sua cancelleria restarono sempre nella stessa regione ed è da escludere, ad esempio, un soggiorno della cancelleria in Campania mentre l'imperatore si trovava in Capitanata.

In definitiva ci troviamo di fronte a ben quattro fonti d'errore (datazione soltanto secondo il mese e senza indicazione del giorno preciso, 'datazione eterogenea', 'datazione posteriore' e divergenza fra lo spostamento della cancelleria e quello dell'imperatore) che, messe insieme, rendono necessariamente approssimativa qualsiasi ricostruzione dell'itinerario dello Svevo. Tale limite emerge con chiarezza da un confronto del soggiorno dell'imperatore in Capitanata dal 26 marzo al 10 maggio 1240, secondo gli atti tràditi nel famoso frammento di registro (3 ottobre 1239-13 giugno 1240), con gli altri documenti (altrimenti tramandati) e le notizie riportate dalle fonti narrative per lo stesso periodo: secondo i duecentosettantasette mandati, registrati e tramandati esclusivamente nel frammento di registro, l'imperatore si spostò continuamente fra Foggia e le residenze limitrofe (Apricena, Tressanti, Salpi, Orta [Nuova], Lucera, Celone e Incoronata), mentre se guardassimo soltanto alle altre fonti potremmo individuare una lettera indirizzata al re Enrico III d'Inghilterra da Foggia il 25 aprile 1240, una breve notizia su un privilegio di sospetta autenticità emanato a Foggia nel maggio 1240 e un'affermazione di Riccardo di San Germano in ordine a una curia generalis, celebrata anch'essa a Foggia nell'aprile 1240. Insomma, se non avessimo a disposizione il frammento di registro (come del resto è la regola per quasi tutta l'età federiciana), la conclusione basata sulle altre fonti sarebbe quella, evidentemente errata e fuorviante, di un soggiorno dell'imperatore esclusivamente a Foggia nel periodo dalla fine di marzo agli inizi del maggio 1240! Anche per il periodo compreso tra il 27 settembre e il 9 dicembre 1226, ad esempio, sono tramandati solo dodici privilegi e lettere, tutti emanati a Foggia, ma pure in questo caso si deve presumere che l'imperatore si sia spostato continuamente fra il capoluogo dauno e i castelli e i palazzi limitrofi. La stessa osservazione vale per i soggiorni in Capitanata dall'ottobre 1249 al maggio 1250 e dall'ottobre 1250 fino alla morte (13 dicembre 1250), per i quali conosciamo solo dieci atti, tutti emanati a Foggia, con una grande lacuna fra l'ottobre 1249 e il febbraio 1250. Per quest'ultimo periodo un soggiorno esclusivamente in Capitanata è dunque solo probabile, ma tutt'altro che sicuro, poiché in cinque mesi fu senz'altro possibile un viaggio, ad esempio, in Campania, per non parlare di zone più vicine, come la Basilicata. Inoltre è noto, ma solo per pura coincidenza, giacché l'imperatore vi morì il 13 dicembre 1250, che Federico II visitò Castelfiorentino: un soggiorno che altrimenti sarebbe rimasto senz'altro sconosciuto. Sta di fatto che del regno di Federico II (durato oltre cinquantadue anni) abbiamo una base documentaria sicura (il frammento di registro per l'arco di tempo compreso fra la fine del 1239 e il primo 1240), utile per un'attendibile ricostruzione dell'itinerario dello Svevo, solo per un brevissimo periodo di circa otto mesi e una settimana, pari all'1,3% della totalità del suo regno!

Per l'analisi sistematica dell'itinerario di Federico II vanno anzitutto stabiliti i limiti cronologici del suo governo. Come re di Sicilia gli anni di regno sono computabili sia dal 17 maggio 1198 (giorno dell'incoronazione), sia dal 26 dicembre 1208 (giorno della maggiorità) con terminus ad quem al 13 dicembre 1250, per un totale di cinquantadue anni e sette mesi (diciannovemiladuecentonove giorni), ovvero di quarantuno anni e undici mesi e mezzo (quindicimilatrecentotrentatré giorni). Gli anni di regno di Federico II come re dei Romani sono invece calcolati dalla sua incoronazione (avvenuta a Magonza il 9 novembre 1212) in complessivi trentotto anni (tredicimilaottocentottantaquattro giorni), mentre gli anni che lo videro imperatore decorrono ovviamente dalla incoronazione (22 novembre 1220) e ammontano a trenta anni e ventidue giorni (diecimilanovecentosettantanove giorni). In definitiva, Federico II governò quattordici anni e sette mesi o tre anni e undici mesi e mezzo (sin dalla maggiorità) solo come re di Sicilia, trentotto anni come re di Sicilia e re dei Romani, e circa trenta anni come imperatore, re dei Romani e re di Sicilia. Del governo complessivo di cinquantadue anni e sette mesi sono assegnabili con relativa certezza ai singoli Regni circa cinquantuno anni (98,5%), vale a dire trenta anni e sette mesi e mezzo (58,5%) al Regno di Sicilia, più di otto anni (15,5%) al Regnum Italiae, dieci anni (19%) alla Germania, un anno e undici mesi (3,5%) allo Stato della Chiesa in formazione (all'epoca formato dal Patrimonium Sancti Petri in Tuscia, dalla Campagna Marittima, dal ducato di Spoleto e dalla Marca anconetana, ma in realtà ancora privo della Romagna) e i trecentoquarantotto giorni dal 28 giugno 1228 al 10 giugno 1229 (1,5%) alla crociata. In realtà, queste cifre e percentuali sono parzialmente fuorvianti, perché Federico governò i primi quattordici anni e mezzo esclusivamente come re di Sicilia e non ebbe alcun motivo di lasciare il Regno. Molto più indicativa è invece una simile statistica per il periodo di circa trentotto anni (1212-1250) in cui lo Svevo riunì sul proprio capo numerose corone. Di tale periodo, ben trentasette anni e quattro mesi e mezzo (98,5%) sono assegnabili quasi sicuramente ai singoli Regni: lo Svevo soggiornò per sedici anni e otto mesi e mezzo (44%) nel Regno di Sicilia, per nove anni e nove mesi (26%) in Germania, per più di otto anni (21%) nel Regno d'Italia e per un anno e dieci mesi e mezzo (5%) nello Stato della Chiesa. Se consideriamo poi l'epoca del governo esercitato per trenta anni e mezzo mese in qualità di imperatore, ventinove anni e cinque mesi e mezzo (98%) sono attribuibili ai singoli Regni: egli si trattenne per sedici anni e otto mesi e mezzo (56%) nel Regno di Sicilia, per sette anni e undici mesi (26,5%) nel Regnum Italiae, per due anni (6,5%) in Germania e per un anno e dieci mesi e mezzo (6%) nello Stato della Chiesa. Tuttavia nell'itinerario 'imperiale' una cesura fondamentale fu segnata senz'altro dall'anno 1235, in particolare a far data dal 15 maggio, con l'inizio della seconda permanenza in Germania. Per il periodo precedente (22 novembre 1220-15 maggio 1235), pari complessivamente a quattordici anni e quasi sei mesi (cinquemiladuecentottantotto giorni), di cui circa quattordici anni e quasi tre mesi (98%) attribuibili ai singoli Regna, l'imperatore soggiornò nel Regno di Sicilia per ben undici anni e sette mesi e mezzo (80%), nel Regno d'Italia solo per un anno e un mese (7,5%), nello Stato della Chiesa per quasi sette mesi (4%), mentre trecentoquarantotto giorni (6,5%) furono impegnati nella crociata; invece, in quest'epoca non visitò mai la Germania. Nel secondo periodo (16 maggio 1235-13 dicembre 1250) pari a complessivi quindici anni e sette mesi (cinquemilaseicentonovantuno giorni), di cui circa quindici anni e tre mesi (98%) assegnabili ai diversi Regni, Federico II si trattenne soltanto per cinque anni e un mese e mezzo (33%) nel Regno di Sicilia, per sei anni e nove mesi e mezzo (43,5%) nel Regnum Italiae; questa volta in Germania soggiornò invece per circa due anni (13%) e nello Stato della Chiesa per un anno e quattro mesi (8,5%). Da questo calcolo approssimativo delle percentuali delle durate di permanenza nei singoli Regni risulta che Federico II fu soprattutto re di Sicilia e solo in seconda istanza imperatore, giacché la dimora nel Regno occupò incontestabilmente il primo posto nel totale degli anni di regno dello Svevo, seguita da quelle in Germania e nel Regno d'Italia. Solo nei suoi ultimi quindici anni di vita si può osservare un cambiamento radicale, perché il baricentro dell'itinerario dello Svevo si spostò nel Regnum Italiae soprattutto a causa delle circostanze politiche, collegate alla lotta contro il papato e i comuni nell'Italia settentrionale. Notevole è, comunque, anche il fatto che lo Svevo non visitò mai personalmente il Regno di Arles (Regno di Vienne).

Il soggiorno di Federico per trenta anni e sette mesi e mezzo rispetto alla durata complessiva nel Regno (1198-1250) si divide in quasi diciotto anni (58,5%) trascorsi in Sicilia e dodici anni e sette mesi e mezzo (41,5%) passati sulla terraferma. Anche in questo caso, però, le cifre prese in sé possono fuorviare, visto che fino alla primavera 1212 lo Svevo soggiornò esclusivamente in Sicilia. Limitando lo stesso calcolo alla maggiore età di Federico II (26 dicembre 1208-13 dicembre 1250), il rapporto tra soggiorni in Sicilia e sulla terraferma si capovolge: infatti a fronte di una permanenza totale di circa venti anni, il re-imperatore dimorò solo per sette anni e quattro mesi e mezzo (36,5%) nell'isola e per ben dodici anni e sette mesi e mezzo (63,5%), insomma quasi i due terzi del tempo, nelle province continentali del Regno. La proporzione tra i soggiorni in Sicilia e sulla terraferma si sposta ulteriormente a favore di quest'ultima se consideriamo l'itinerario di Federico dalla sua incoronazione a imperatore fino alla morte (1220-1250): del soggiorno totale nel Regno di Sicilia ben dodici anni e sei mesi e mezzo (75,5%) spettano alla parte continentale e solamente quattro anni e due mesi (24,5%) a quella insulare. Questo palese spostamento del baricentro del governo dello Svevo all'interno del Regno diventa ancora più netto se si considerano i due periodi dal 1220 al 1235 e dal 1235 al 1250. Nel primo l'imperatore trascorse quattro anni e due mesi (35%) in Sicilia e sette anni e cinque mesi e mezzo (65%) sulla terraferma, mentre non mise più piede sull'isola negli anni 1235-1250. Inoltre tre dei soggiorni nell'isola negli anni 1220-1235 (vale a dire quelli del maggio-dicembre 1221, del maggio-ottobre 1222 e del giugno 1223-aprile 1225) furono determinati solamente dalla ribellione dei saraceni nella Val di Mazara e nella Val di Noto, mentre la permanenza dall'aprile 1233 al febbraio 1234 fu senza dubbio una conseguenza della ribellione di Messina e di altre città della Sicilia orientale. Insomma, già durante il regno di Federico l'isola divenne sempre più una regione periferica; una tendenza confermatasi in seguito con i re Manfredi e Carlo I d'Angiò che visitarono la Sicilia solo sporadicamente e per brevi periodi. Un motivo di questa marginalizzazione dell'isola ‒ che alla lunga avrebbe determinato nel 1282 lo scoppio dei Vespri siciliani ‒ fu sicuramente il nuovo indirizzo della politica di Federico II, caratterizzata da un'evidente 'continentalizzazione' e da un crescente interesse per l'Italia settentrionale, ove lo Svevo tentò di imporre il proprio dominio.

Per comprendere compiutamente la dinamica cronologica dell'itinerario e della prassi governativa di Federico II occorre tuttavia, come ha proposto giustamente Brühl (1994), abbandonare l'idea dell'unitarietà dell'itinerario e dividerlo piuttosto in alcune fasi nettamente distinte: la prima, degli anni 1198-1212 coincidenti con la minorità e i primi anni di maggiore età, si configura come l''itinerario normanno', perché il giovane sovrano seguì interamente la prassi degli antenati normanni; la seconda, dal 1212 al 1220, può essere definita come 'itinerario svevo', giacché Federico si mosse e operò quasi esclusivamente sotto il segno della tradizione dei suoi predecessori svevi, mentre la terza fase, corrispondente agli anni imperiali dal 1220 al 1250, è da suddividere nei due periodi, già menzionati, dal 1220 al 1235 e dal 1235 al 1250.

Il primo periodo dell'itinerario di Federico, dal 17 maggio 1198 all'inizio del marzo 1212 (complessivamente tredici anni e dieci mesi), segue infatti la migliore tradizione normanna. Palermo, con una permanenza di circa undici anni e tre mesi, è l'indiscussa residenza del giovane re, seguita a grande distanza dalle 'residenze secondarie' di Messina (con una permanenza di circa un anno) e Catania (con un soggiorno di quattro o cinque mesi). La netta prevalenza di Palermo in questi anni dipese però soprattutto dal fatto che ‒ almeno secondo le poche fonti disponibili ‒ ovviamente Federico II non lasciò mai questa città durante il suo regno più che decennale come minorenne (17 maggio 1198-26 dicembre 1208). Considerando invece l'itinerario del re solo per i tre anni dal 1209 al 1211, possiamo osservare un cambiamento notevole nei suoi spostamenti: Palermo quasi condivide con Messina il ruolo di residenza, e anche Catania comincia a svolgere una funzione importante come residenza reale. La parte orientale dell'isola, trascurata completamente negli anni precedenti, dal 1209 assunse in generale un ruolo più importante nell'itinerario di Federico, come provano i suoi soggiorni, ancorché brevi, a Nicosia, Piazza Armerina, Aidone (a nord-est di Piazza Armerina), Caltagirone e Cefalù negli anni 1209-1210. Una tendenza simile è rilevabile per i cinque soggiorni dell'imperatore nell'isola negli anni 1221-1234: durante il primo soggiorno di circa sette mesi e mezzo, successivo all'incoronazione imperiale, lo Svevo si trattenne per appena due mesi circa a Palermo, e trascorse circa un mese a Messina e ben due mesi a Catania e nella vicina Paternò. Atipico appare invece l'itinerario durante la permanenza di circa cinque mesi (da maggio a fine ottobre 1222) in Sicilia, condizionato dal lungo assedio di tre mesi ai saraceni ribelli di Iato (a sud-ovest di Palermo) e dalla conseguente campagna contro i musulmani nella Val di Mazara e nella Val di Noto. Durante i due soggiorni dal giugno 1223 all'aprile 1225 e nell'ottobre 1225 (per un totale di circa un anno e dieci mesi) è invece evidente la prevalenza della Sicilia citra (a oriente del fiume Salso): la città più visitata fu Catania (con Paternò) con una permanenza complessiva di circa sette mesi, seguita da Palermo con sei-sette mesi e da Siracusa con tre-quattro mesi, mentre questa volta Messina svolse solo un ruolo secondario con un unico soggiorno di circa un mese. Durante la breve permanenza siciliana di cinque mesi nella prima metà del 1227 i soggiorni a Palermo, Messina e Catania furono equivalenti risultando di circa un mese in ciascuna delle tre città. Poco indicativo è invece l'itinerario durante l'ultimo soggiorno sull'isola dall'aprile 1233 al febbraio 1234: il soggiorno messinese dall'aprile al giugno 1233 fu causato dalla repressione di una rivolta scoppiata l'anno precedente nella città peloritana, mentre per gli altri sette mesi si trattò del 'classico' regno itinerante con soggiorni di breve durata a Catania, Siracusa (due volte), Enna (Castrogiovanni), Palermo, Agrigento, Butera e Lentini. In ogni caso possiamo osservare una netta rottura con lo 'stile' palermitano degli antenati normanni: all'opposto, sotto Federico, la parte orientale della Sicilia assunse sempre maggior peso, inaugurando una tendenza che s'impose definitivamente sotto Carlo I d'Angiò, quando Palermo rimase solo la caput Regni 'ideale', mentre Messina divenne il centro commerciale e amministrativo dell'isola (cf. carta 1).

Il lungo soggiorno di otto anni in Germania, dal settembre 1212 al settembre 1220, fu dovuto soprattutto alla prima elezione a re dei Romani (avvenuta nel settembre 1211), alla lotta contro l'imperatore Ottone IV e alla restaurazione del dominio staufico nella Germania meridionale e in particolare nel ducato di Svevia. Almeno nei primi tre anni (1212-1215), l'itinerario di Federico fu quasi esclusivamente determinato dalle azioni belliche e dal conflitto con il suo rivale Ottone IV. In generale, però, per l'intero periodo dal 1212 al 1220 il raggio d'azione dello Svevo si limitò alla Germania meridionale, e precisamente al territorio posto a sud della linea Colonia-Fulda-Eger (Cheb), e registrò una netta prevalenza dei soggiorni nelle regioni occidentali, come l'Alsazia, la Renania e ovviamente il ducato di Svevia. Solo quattro volte (autunno 1213, inizio del 1215, autunno 1217 e giugno-luglio 1219) Federico II superò quel 'confine' per recarsi in Sassonia. La dimora preferita in quest'epoca fu senza dubbio il palazzo imperiale di Hagenau in Alsazia ove ‒ almeno secondo le fonti disponibili ‒ Federico si trattenne complessivamente più di un anno e ben diciannove volte. Il secondo posto appartiene a Norimberga con una permanenza totale documentabile di circa sette mesi (quattordici soggiorni), seguita da Spira (circa cinque mesi e quindici soggiorni), Augusta (circa quattro mesi e mezzo e dieci soggiorni), Ulma (circa tre mesi e mezzo e nove soggiorni), Würzburg (circa due mesi e sei soggiorni), Worms (circa un mese e mezzo e sette soggiorni), Francoforte sul Meno (circa un mese e mezzo e cinque soggiorni), Eger (l'unica città visitata in Boemia, anch'essa con una permanenza di circa un mese e mezzo e cinque soggiorni) e Ratisbona (circa un mese-un mese e mezzo e due soggiorni), mentre Aquisgrana (a parte l'assedio dell'agosto 1214) fu visitata solo una volta alla fine di luglio 1215 in occasione della seconda incoronazione di Federico II a rex Romanorum, avvenuta il 25 luglio 1215. Ma anche città importanti come Colonia e Magonza svolsero un ruolo solo secondario con soggiorni complessivamente inferiori a un mese. Quanto ai primi tre dei quattro soggiorni in Sassonia e in Turingia per complessivi sei mesi, si trattò di campagne militari contro Ottone IV e i suoi seguaci, mentre la quarta permanenza fu imposta dalla sottomissione del fratello di Ottone, Enrico, alla dieta di Goslar (1219). In quest'area l'unica città che assunse un certo ruolo come luogo di soggiorno fu Altenburg, visitata tre volte con una permanenza complessiva di circa un mese e mezzo. Solo nei primi anni di soggiorno dello Svevo in Germania (1212-1216) si colloca la presenza in Lotaringia protrattasi per complessivi cinque mesi, suddivisa in cinque soggiorni a Toul-Vaucouleurs, Metz e Saint-Avold (uno a Toul-Vaucouleurs, due a Metz e due a Saint-Avold), mentre dopo il 1216 soltanto una volta (maggio 1218) Federico visitò nuovamente tale zona in relazione a una campagna militare contro il duca Teobaldo I d'Alta Lotaringia. L'incontro con Luigi VIII, erede al trono francese, fu invece il motivo dei soggiorni dell'ottobre e novembre 1212 a Toul e Vaucouleurs, le due città più occidentali visitate dallo Svevo (cf. carta 2).

Durante i due soggiorni assai più brevi in Germania dal 15 maggio 1235 al 15 agosto 1236 (un anno e tre mesi) e dal 15 dicembre 1236 al 10 settembre 1237 (nove mesi) per un totale di circa due anni, l'itinerario di Federico II dimostra notevoli analogie con quello precedente, essendosi trattato di due permanenze imposte da motivi politici, quali la ribellione del figlio Enrico (VII) e il conflitto con il duca Federico II d'Austria. È comunque degno di nota che l'itinerario rimase ancor più circoscritto alla Germania meridionale: infatti, con un'unica eccezione (la visita a Marburgo all'inizio di maggio del 1236 per l'esumazione delle ossa di s. Elisabetta di Turingia), lo Svevo non si recò mai a nord del fiume Meno. Durante il primo viaggio la dimora preferita rimase Hagenau con una permanenza complessiva di circa quattro mesi e mezzo (suddivisa in quattro soggiorni), mentre questo palazzo imperiale non fu più visitato durante il secondo soggiorno transalpino. Altre importanti dimore furono Spira, con una permanenza complessiva di circa due mesi (quindici giorni fra il 1235 e il 1236 e quaranta giorni nel 1237), e Augusta con una permanenza complessiva di circa due mesi (circa quarantacinque giorni negli anni 1235-1236 e quindici giorni nel 1237). Proprio Augusta assunse un ruolo di particolare rilievo giacché fu scelta come luogo per radunare l'esercito e il seguito in vista del viaggio di ritorno in Italia. Notevole fu anche il lungo soggiorno di due mesi e mezzo a Vienna all'inizio del 1237 in rapporto alla confisca dei due ducati austriaci al duca Federico II di Babenberg e al loro conseguente riordinamento amministrativo. Rimarchevole è per questi anni anche la totale mancanza di soggiorni ad Aquisgrana, a riprova della tendenziale indifferenza verso la città di Carlomagno emersa già durante il primo soggiorno (1212-1220): si trattò di una rottura piuttosto radicale con la tradizione degli imperatori e dei re precedenti, nei cui itinerari Aquisgrana aveva avuto sempre un peso notevole (cf. carta 2).

In ogni caso quello di Federico II in Germania fu sempre un regno itinerante. È difficile, tuttavia, determinare con esattezza i singoli tragitti a causa della mancanza delle fonti e del fatto che durante i viaggi veri e propri la cancelleria emanò ovviamente solo pochi atti. Sembra comunque molto probabile che la maggioranza dei percorsi sia stata attuata per via d'acqua, vale a dire sui grandi fiumi, come il Reno, il Danubio e il Meno, o almeno lungo di essi. Più chiara appare la situazione per i sei valichi delle Alpi, dall'Italia in Germania e viceversa. Per i tre viaggi da nord a sud (agosto-settembre 1220, luglio-agosto 1236 e agosto-settembre 1237) Federico preferì sempre come base di partenza Augusta per seguire il fiume Lech e superare il valico di Scharnitz (vicino Mittenwald), seguendo poi la valle dell'Inn per varcare il passo del Brennero e raggiungere così le valli dell'Isarco e dell'Adige. Per i due tragitti dall'Italia verso nord del maggio 1235 e del novembre-dicembre 1236 Federico, partendo dal Friuli, seguì la Val Canale, varcando le Alpi a Tarvisio e scendendo in Carinzia, per raggiungere quindi la Stiria e l'Austria. Questo tragitto fu imposto sia dalle città di partenza, Cividale e Aquileia, sia dal fatto che quello era il valico alpino più praticabile durante l'inverno. Poco chiaro è invece il passaggio delle Alpi nell'avventuroso viaggio dell'estate 1220: da Verona seguì probabilmente la valle dell'Adige fino a Merano per deviare poi in Val Venosta, quindi da Malles o lungo la Val Müstair o attraverso il passo di Resia discese nell'Engadina e, varcando il passo d'Alvra o il passo di Giulia, raggiunse finalmente nelle vicinanze di Chur la valle del Reno e proseguì per Costanza attraverso S. Gallo.

Il periodo più importante nell'itinerario di Federico II fu senza dubbio quello imperiale dal 22 novembre 1220 fino alla morte (13 dicembre 1250), con una permanenza di oltre ventisette anni in Italia. Come abbiamo già accennato, questo arco di tempo va diviso in due periodi, il primo di quattordici anni e cinque mesi e mezzo dal 22 novembre 1220 al 15 maggio 1235 e il secondo di quindici anni e sette mesi dal 16 maggio 1235 al 13 dicembre 1250. Nel primo periodo lo Svevo impegnò trecentoquarantotto giorni nella crociata e tredici anni e sei mesi (cioè quattromilanovecentoquaranta giorni) in Italia. Poiché abbiamo già discusso le permanenze dell'imperatore in Sicilia in quegli anni, ora è possibile limitarci ad analizzare i suoi soggiorni nelle province continentali del Regno, nel Regno d'Italia e nel Patrimonium Sancti Petri. Considerate le questioni di metodo già menzionate, nonché la scarsità di atti recanti l'indicazione precisa di luogo e giorno di una determinata dimora, è generalmente impossibile definire la durata precisa dei soggiorni nelle varie città. Se, ad esempio, da due atti risulta un soggiorno dell'imperatore sia nell'aprile sia nel maggio 1230 a Foggia, ciò non prova che egli si sia trattenuto per due mesi interi proprio nella città dauna. È semmai verosimile solo un soggiorno in Capitanata con un continuo andirivieni fra diverse località, come abbiamo rilevato per la primavera del 1240 sulla base del frammento di registro. Proprio per questo di seguito rinunceremo a indicare la durata dei soggiorni di Federico II nelle diverse città, perché tali asserzioni sarebbero apodittiche, mentre specificheremo soltanto le regioni ove i soggiorni dell'imperatore siano testimoniati da una più solida base documentaria.

Per la divisione del Regno in regioni abbiamo preso a modello le secretie medievali (che corrispondono all'incirca alle regioni odierne), vale a dire la Campania, l'Abruzzo, la Calabria e la Puglia, quest'ultima però suddivisa in Capitanata, Puglia meridionale (Terra di Bari e Terra d'Otranto) e Basilicata. Nella Capitanata abbiamo anche incluso Barletta e Canosa, sebbene esse formalmente appartenessero alla Terra di Bari, perché durante i suoi soggiorni in Capitanata lo Svevo si spostò continuamente in un territorio delimitato proprio da Apricena, Castelfiorentino, Lucera, Troia, Canosa e Barletta, con il baricentro a Foggia e nelle domus immediatamente limitrofe, vale a dire Celone (diruta, probabilmente tra Foggia e Troia), S. Lorenzo in Carmignano (4 km a sud di Foggia), Incoronata (15 km a sud-est di Foggia), Orta (Nova), Tressanti (22 km a sud-est di Foggia), S. Spirito di Gulfiniano (18 km a sud-est di Foggia sul Cervaro) e Salpi (cf. carta 4). In questo periodo, a fronte di una permanenza complessiva di circa undici anni e sette mesi e mezzo di Federico II sulla terraferma, solo circa otto anni e due mesi (70%) sono assegnabili con certezza alle singole regioni.

Negli anni 1220-1235 il centro di gravità della presenza federiciana nelle province continentali del Regno fu senz'altro la Capitanata con quindici soggiorni (15-28 febbraio 1221, inizio febbraio-marzo 1222, inizio dicembre 1222-metà gennaio 1223, inizio maggio-metà luglio 1225, metà novembre-fine dicembre 1225, metà settembre-metà dicembre 1226, metà giugno-inizio agosto 1227, metà dicembre 1227-metà maggio 1228, inizio luglio-inizio settembre 1229, inizio febbraio-metà maggio 1230, inizio novembre 1230-metà gennaio 1231, inizio aprile-metà maggio 1231, inizio ottobre 1231, metà settembre 1232-inizio febbraio 1233, inizio novembre 1234-inizio aprile 1235) per una permanenza complessiva di circa tre anni (circa 22% del soggiorno in Italia, circa 25,5% del soggiorno complessivo nel Regno e circa 40% del soggiorno nelle province continentali del Regno negli anni 1220-1235), seguita dalla Campania con otto soggiorni (dicembre 1220-inizio febbraio 1221, metà marzo-metà aprile 1222, metà gennaio-metà febbraio 1223, gennaio-metà febbraio 1226, fine ottobre-metà dicembre 1227, inizio settembre-fine dicembre 1229, fine maggio-metà agosto 1230, fine aprile-fine maggio 1234) e una permanenza totale di un anno e due mesi (circa 8,5% del soggiorno in Italia, circa 10% del soggiorno complessivo nel Regno e circa 15,5% del soggiorno nelle province continentali del Regno negli anni 1220-1235). È opportuno sottolineare che la gran parte dei soggiorni campani di questo periodo fu suggerita essenzialmente dalla posizione geografica di questa regione e dai quattro incontri con il papa, avvenuti sempre nel territorio nello Stato della Chiesa, ma in luoghi vicini al confine con la Campania (12-23 aprile 1222 a Veroli, 3-15 marzo 1223 a Ferentino, 24 agosto-4 settembre 1230 a Ceprano e Anagni, giugno-agosto 1234 a Rieti). Le altre regioni continentali del Regno svolsero invece solo un ruolo secondario come dimore dello Svevo. La Basilicata fu visitata quattro volte (gennaio e metà settembre 1230, metà maggio-metà settembre 1231, metà giugno-metà settembre 1232), per complessivi nove mesi (circa 5,5% del soggiorno in Italia, circa 6,5% del soggiorno complessivo nel Regno e circa 10% del soggiorno nelle province continentali del Regno negli anni 1220-1235), e i soggiorni si limitarono pressoché esclusivamente a Melfi, ove nel 1231 l'imperatore emanò le famose Costituzioni per il Regno di Sicilia. In Abruzzo lo Svevo dimorò invece solo un mese nella primavera 1223, in occasione di una campagna militare contro il conte Tommaso di Molise. Soprattutto regioni di transito furono la Puglia meridionale (Terra di Bari e Terra d'Otranto) e la Calabria, che Federico II visitò quasi esclusivamente in rapporto ai suoi viaggi in Sicilia ove, come si è detto, si recò per l'ultima volta nel 1234 (primavera 1221, gennaio-febbraio 1222, maggio 1222, ottobre-novembre 1222, maggio 1223, agosto-settembre 1225, ottobre 1225, dicembre-gennaio 1226, febbraio-marzo 1231 [progettato viaggio], febbraio 1233, febbraio 1234). Solo la Terra d'Otranto ‒ e specialmente Brindisi ‒ prima del 1235 fu due volte la destinazione vera e propria di un viaggio dello Svevo, ma sempre in relazione al progetto della crociata, vale a dire in occasione della fallita partenza per l'Oriente nell'agosto-settembre 1227 e del successivo riuscito imbarco nel maggio e giugno dell'anno seguente (cf. carta 3).

In questo periodo anche il Regnum Italiae fu quasi esclusivamente regione di transito, ad esempio per il viaggio dalla Germania a Roma in occasione dell'incoronazione a imperatore nell'autunno 1220 o per il viaggio in Germania nell'aprile-maggio 1235. Solo due soggiorni ‒ il primo di cinque mesi da metà marzo a metà agosto 1226 e il secondo di sette mesi da fine ottobre-inizio novembre 1231 a fine maggio 1232 ‒ interessarono un periodo più lungo: nel caso del primo soggiorno si trattò anche del primo, benché fallito, tentativo d'imporre l'autorità imperiale nel Regnum Italiae, mentre la seconda permanenza fu dovuta sia al conflitto con i comuni lombardi, sia alle divergenze con il figlio Enrico (VII) sul governo della Germania. Il baricentro di questi due soggiorni dello Svevo nell'Italia settentrionale fu senz'altro la Romagna con una permanenza complessiva di circa sei mesi e mezzo (due, e quattro e mezzo), per ben quattro e mezzo (uno, e tre e mezzo) dei quali si trattenne solo a Ravenna. Altre regioni di un certo rilievo per l'itinerario imperiale furono l'Emilia occidentale, vale a dire la zona Parma-Fidenza-Cremona, con una permanenza di oltre due mesi nel 1226, e il Veneto-Friuli, con un'analoga dimora di due mesi nel 1232 e un breve soggiorno di dieci giorni nella primavera 1235 durante il viaggio per la Germania. In quest'ul-tima regione le città più visitate furono Aquileia e Cividale, ciascuna con tre soggiorni assai brevi. La Toscana, di importanza centrale sotto Federico Barbarossa ed Enrico VI, fu invece visitata solamente di passaggio nell'estate 1226 in occasione del viaggio dall'Emilia verso il Regno di Sicilia, mentre i già ricordati quattro soggiorni nel Patrimonium Sancti Petri per complessivi sei mesi e mezzo (la metà dei quali appartiene all'ultimo soggiorno da giugno a settembre 1234) furono imposti esclusivamente dagli incontri con i papi Onorio III e Gregorio IX (cf. carta 3).

Per il secondo periodo (16 maggio 1235-13 dicembre 1250) dobbiamo prendere in considerazione ancora i soggiorni nel Regno di Sicilia, nel Regno d'Italia e nello Stato della Chiesa, avendo già discusso dei due viaggi in Germania. In questo arco di tempo Federico si trattenne in Italia sicuramente per tredici anni e sette mesi (quattromilanovecentosessantuno giorni), ma la sua presenza nel Regno meridionale si ridusse notevolmente non solo quanto al tempo (a fronte di una permanenza totale di Federico II sulla terraferma pari a quasi cinque anni e un mese, questa volta circa tre anni e dieci mesi o 76% sono assegnabili con certezza alle singole regioni), ma anche quanto allo spazio: infatti, il soggiorno di Federico II nel Regno si limitò solo a tre regioni, vale a dire la Capitanata con otto soggiorni (fine marzo-metà maggio 1240, inizio ottobre 1241-metà marzo 1242, metà ottobre 1242-metà febbraio 1243, inizio luglio-inizio agosto 1243, metà ottobre 1244-metà marzo 1245, fine agosto 1246-fine gennaio 1247, inizio ottobre 1249-fine giugno 1250, metà ottobre-13 dicembre 1250) per una permanenza complessiva di circa due anni e dieci mesi (21% del soggiorno in Italia e 55,5% del soggiorno nel Regno), la Campania con cinque soggiorni (metà maggio-metà giugno 1240, inizio aprile-inizio luglio 1242, metà aprile-metà maggio 1243, metà aprile-metà luglio 1246, fine maggio-fine giugno 1249) per una permanenza complessiva di nove mesi (5,5% del soggiorno in Italia e 15% del soggiorno nel Regno), e la Basilicata con quattro soggiorni (metà agosto-metà settembre 1242, agosto 1243, agosto 1246 e fine giugno-metà ottobre 1250) per una permanenza totale di sette mesi (4,5% del soggiorno in Italia e 10,5% del soggiorno nel Regno). In particolare, anche stavolta i soggiorni lucani interessarono la parte settentrionale della regione, in pratica quasi esclusivamente Melfi, con l'unica eccezione di Lagopesole, dove l'imperatore trascorse alcune settimane nelle estati del 1246 e del 1250. In ogni caso il baricentro dell'itinerario dello Svevo all'interno del Regno si spostò completamente a nord della linea Salerno-Lagopesole-Barletta, mentre non furono mai visitate né la Sicilia, né le province continentali meridionali del Regno (Terra di Bari, Terra d'Otranto, Calabria e la parte meridionale della Basilicata; cf. carta 3).

In questo contesto va letta la questione della possibile 'capitale' del Regno di Sicilia negli anni 1220-1250. Palermo ‒ capitale indiscussa dagli anni Trenta del XII sec. fino a tutta la minorità di Federico II ‒ riuscì a conservare solo un primato ideale come luogo dell'incoronazione e luogo di sepoltura dinastico. Quanto a Foggia, sebbene Federico vi abbia soggiornato spesso, essa può essere definita tutt'al più una residenza e non certo una capitale per la mancanza di stabili istituzioni amministrative. La stessa osservazione vale ancora di più per Napoli che, nonostante la fondazione dello Studio nel 1224, non svolse alcun ruolo come residenza reale sotto Federico II: infatti lo Svevo vi soggiornò solamente cinque o sei volte e sempre per poche settimane (dicembre 1220-gennaio 1221, marzo 1222, maggio 1240, aprile-maggio 1242, luglio 1246 [?], maggio 1249) e nel complesso sia Capua, sia Melfi sopravanzarono nettamente Napoli come residenze reali. Insomma, ancorché il Regno fosse già uno stato con un'amministrazione centrale e periferica salda e chiaramente definita che non rendeva più necessaria la personale presenza del sovrano per la pratica del governo, si trattò pur sempre di un governo itinerante e ‒ contrariamente alla monarchia francese o inglese ‒ di uno stato ancora privo di un'autentica capitale. Così l'itinerario di Federico II nel Regno fu condizionato soprattutto da esigenze personali, come la passione per la caccia, e ovviamente anche da fattori politici, ad esempio gli incontri con il papa. In ogni caso rimarrà probabilmente un mistero se l'imperatore abbia mai visitato Castel del Monte, giacché nessuna fonte menziona esplicitamente un soggiorno di Federico nel suo castello più famoso: un soggiorno che fu soltanto possibile, e forse anche probabile, ma finora assolutamente non documentato.

Le sette permanenze nel Regnum Italiae fra il 1235 e il 1250 (metà agosto-inizio dicembre 1236, 10 settembre 1237-21 gennaio 1240, metà agosto 1240-metà giugno 1241, metà dicembre 1243-fine febbraio 1244, metà luglio-metà agosto 1244, metà maggio 1245-metà marzo 1246 e metà marzo 1247-metà maggio 1249) dimostrano ancora di più il carattere itinerante del regno di Federico: presenze che furono dettate soprattutto da fattori 'esterni', ossia la lotta sia contro la Lega dei comuni lombardi, sia contro il Papato. In sintesi la guerra condizionò non solo la struttura dell'amministrazione e dell'economia del Regno di Sicilia, ma in larga misura anche l'itinerario dell'imperatore. Tale aspetto militare dei vari spostamenti viene rivelato anche dalla circostanza che i due lunghi assedi di Faenza (26 agosto 1240-14 aprile 1241) e di Parma (2 luglio 1247-18 febbraio 1248), ognuno protrattosi per sette mesi e mezzo, occuparono da soli più del 9% di tutto il soggiorno di Federico in Italia fra il 1235 e il 1250 e quasi un quintodella sua permanenza nel Regno d'Italia in questi anni. Contrariamente alle permanenze degli anni 1220-1235 nell'Italia settentrionale il baricentro delle presenze dell'imperatore si spostò adesso nella parte occidentale, vale a dire nella Lombardia e nell'Emilia occidentale. Infatti, anche in questo caso possiamo riconoscere nella 'consuetudine itinerante' dello Svevo otto regioni distinte, vale a dire la Romagna, il Veneto-Friuli, l'Emilia orientale (Modena-Bologna) e quella occidentale, la Lombardia a est (Verona-Mantova-Brescia) e a ovest (Milano-Pavia-Lodi) del fiume Oglio, il Piemonte e la Toscana. In questo periodo l'area più frequentata fu senz'altro l'Emilia occidentale, vale a dire il territorio fra Parma, Fidenza e Cremona, con un soggiorno complessivo di un anno e nove mesi (un mese nel 1236, quattro mesi e mezzo nel 1237, un mese e mezzo dal 1245 al 1246 e quattordici mesi dal 1247 al 1249), il 40% del quale appartiene però al solo assedio di Parma (1247-1248), avendo comunque ben chiaro che quest'area fu scelta anche come base per la preparazione strategica e logistica delle imprese militari contro i comuni lombardi ed ebbe come luoghi di soggiorno preferiti Cremona con ben diciannove soggiorni, Parma (fino al 1247) con sei presenze e Fidenza (Borgo S. Donnino) con quattro o cinque dimore. La seconda zona d'importanza per l'itinerario di Federico in questi anni fu invece la Toscana, finora attraversata di passaggio solo una volta nel 1226, ove la permanenza complessiva dello Svevo ammontò a circa undici mesi e mezzo (dicembre 1239-gennaio 1240, metà dicembre 1243-fine febbraio 1244, metà luglio-metà agosto 1244, maggio 1245, metà dicembre 1245-metà marzo 1246, marzo-aprile 1247, metà marzo-metà maggio 1249). La metà del soggiorno totale in questa regione fu però assorbita dai due lunghi periodi di svernamento per complessivi quasi sei mesi (metà dicembre 1243-fine febbraio 1244, metà dicembre 1245-metà marzo 1246) a Grosseto, un centro fino allora non significativo nell'itinerario di Federico II. L'importanza "difficilmente comprensibile" (Brühl, 1994) di tale città si spiega forse con la sua favorevole posizione strategico-geografica, tale da consentire sia la preparazione di rapidi interventi militari nel Regnum Italiae e nel Patrimonium Sancti Petri, sia la facile comunicazione con il Regno di Sicilia. Accanto a Grosseto anche Pisa svolse un ruolo notevole come dimora imperiale con sei visite, la più lunga delle quali durò da metà luglio a fine agosto 1244. La regione con il terzo soggiorno in ordine di durata fu la Lombardia orientale, cioè il territorio fra Verona, Mantova e Brescia, con una permanenza complessiva dello Svevo di circa dieci mesi (un mese e mezzo nel 1236, circa sette mesi e mezzo negli anni 1237-1240, circa un mese fra il 1245 e il 1246), mentre l'imperatore non vi aveva mai messo piede dal novembre 1222 al maggio 1235. Anche in questo caso il soggiorno fu imposto soprattutto dalle necessità militari, come prova l'assedio di Brescia dal 3 agosto al 9 settembre 1238 e il continuo 'andirivieni' fra diverse località secondo le esigenze militari giornaliere. La città più visitata fu Verona con sei soggiorni, due dei quali (22 maggio-26 giugno 1238 e 2 giugno-8 luglio 1245) superiori a un mese. Come nella Lombardia a est dell'Oglio, anche in Romagna Federico trascorse dieci mesi ma, diversamente dagli altri soggiorni nel Regno d'Italia per gli anni 1235-1250, si trattò di una permanenza esauritasi in un unico periodo, da metà agosto 1240 a metà giugno 1241, e fu quasi completamente assorbita dai due assedi di Ravenna (15-22 agosto 1240) e di Faenza (26 agosto 1240-14 aprile 1241), sicché possiamo ritenere senz'altro atipico questo periodo dell'itinerario con una lunga dimora in un determinato luogo, imposta peraltro da circostanze 'esterne'. Osservazioni analoghe a quelle per i soggiorni nell'Emilia occidentale (a parte il lungo assedio di Parma) e nella Lombardia orientale valgono invece per i soggiorni nella Lombardia occidentale, vale a dire nella regione Milano-Pavia-Lodi, mai visitata prima e adesso presente nell'itinerario dell'imperatore con una permanenza complessiva di circa sei mesi (circa tre mesi e mezzo nell'intervallo fra il settembre 1237 e il gennaio 1240, due mesi nel periodo fra il maggio 1245 e il marzo 1246 e alcuni giorni nel maggio e nel giugno 1247, nel luglio 1248 e nel gennaio 1249). Dopo la famosa vittoria riportata il 27 novembre 1237 contro i comuni lombardi nella battaglia di Cortenuova, fino al 1246 il vero perno dei soggiorni di Federico in questa regione fu Milano, benché l'imperatore non sia mai riuscito a mettere piede nell'odiata città a capo della Lega lombarda, nonostante le due imprese militari contro il capoluogo lombardo nell'ottobre 1239 e nell'autunno 1245. Perciò in quella zona i luoghi di soggiorno preferiti furono i due comuni 'fedeli' di Pavia, con nove soggiorni, e di Lodi, con cinque. Negli anni 1247 e 1248-1249 la Lombardia occidentale si configurò invece solo come un territorio di transito per i viaggi (di andata e ritorno) dello Svevo tra Emilia e Piemonte. In opposizione agli anni 1220-1235 anche il Piemonte svolse ora un ruolo notevole nell'itinerario imperiale con una permanenza totale di circa nove mesi e mezzo (febbraio-aprile 1238, luglio-agosto 1245, giugno 1247, ottobre 1248-gennaio 1249). Almeno due di questi soggiorni (1245 e 1247) si spiegano con la vicinanza di Lione, la città in cui dalla fine del 1244 papa Innocenzo IV aveva trasferito la Curia romana. Il primo soggiorno fu senza dubbio motivato dal famoso primo concilio di Lione, conclusosi con la deposizione dell'imperatore, mentre il secondo dipese dal progetto di un viaggio appunto a Lione, abbandonato in seguito a causa della ribellione di Parma. La dimora preferita da Federico II in Piemonte fu Torino con quattro soggiorni, benché sempre di pochi giorni o poche settimane. Un ruolo notevole svolse anche Vercelli con solo due soggiorni, uno dei quali, però, della notevole durata di quasi tre mesi (ottobre 1248-inizio di gennaio 1249). Di un'importanza assai minore nell'itinerario dello Svevo furono invece il Veneto e il Friuli con una permanenza complessiva di circa sei mesi, vale a dire un breve soggiorno nel novembre 1236 per preparare il secondo viaggio in Germania e un altro da metà gennaio a metà giugno 1239, con dimora prevalentemente a Padova (quattro soggiorni). Infine solo una volta e per un breve periodo di un mese e mezzo (metà giugno-fine luglio 1239) lo Svevo visitò l'Emilia orientale, in pratica il territorio intorno a Modena e Bologna. Anche in questo caso esigenze militari (l'assedio e l'espugnazione di Piumazzo presso Modena da fine giugno all'inizio di luglio 1239) furono il principale motivo di questa breve permanenza. In ogni caso, in questo periodo nessuna città del Regnum Italiae, neanche la frequentemente visitata Cremona, poté vantare lo status di vera e propria residenza imperiale, perché i soggiorni furono sempre di breve durata, al massimo di qualche settimana (cf. carta 3).

Osservazioni analoghe agli spostamenti nel Regno d'Italia valgono anche per i soggiorni nello Stato della Chiesa, ove fra il 1235 e il 1250 lo Svevo si trattenne complessivamente un anno e quattro mesi. Infatti, si trattò di due soggiorni dovuti quasi esclusivamente a ragioni militari: l'impresa contro Terni, Rieti e Tivoli nell'estate 1241, le devastazioni dei dintorni di Roma nell'estate 1242 e nella primavera 1243 e il fallito assedio di Viterbo dall'8 ottobre al 14 novembre 1243. L'unica città in cui lo Svevo trascorse continuativamente un periodo abbastanza lungo fu Terni, con una permanenza di circa due mesi da maggio a luglio 1244, probabilmente a causa della favorevole situazione geografica di questa città in direzione di Roma e di Viterbo. Notevole è comunque il fatto che Roma non ebbe alcun ruolo nell'itinerario di Federico II, non essendo documentata per gli anni 1235-1250 neanche una visita nella 'città eterna', tralasciate ovviamente le devastazioni del suo hinterland nell'agosto 1241, luglio 1242 e maggio-giugno 1243. Gli unici due soggiorni a Roma risalgono invece a metà aprile 1212, in relazione all'incontro con Innocenzo III e al conseguente viaggio in Germania, e al novembre 1220, in occasione dell'incoronazione a imperatore (cf. carta 3).

Se consideriamo i viaggi di Federico II nella parte continentale del Regno di Sicilia, solo due tragitti giocarono un ruolo rilevante: quello dalla Campania verso la Puglia (e viceversa) e quello da Puglia e Basilicata verso la Calabria. Purtroppo la scarsa documentazione nota permette, sulla base delle date topiche, soltanto asserzioni generiche e approssimative riguardo alla puntuale ricostruzione dei viaggi dell'imperatore e al suo uso della rete stradale. Di regola l'imperatore preferì la Via Traiana per il tratto da Benevento alla Capitanata, ma occasionalmente da Benevento percorse anche un tratto della Via Appia per raggiungere attraverso Grottaminarda e Ariano Irpino la Via Traiana prima di Troia. Il tragitto preferito da Benevento per la Campania fu naturalmente la Via Appia, benché siano attestati anche viaggi sulla strada per Avellino (con le varianti da Montoro a Salerno o da Monteforte a Capua) e sulla strada lungo la valle del Volturno attraverso Telese, Alife e Venafro per raggiungere la Via Latina a S. Pietro Infine. Quest'ultimo era il tragitto preferito se meta del viaggio era lo Stato della Chiesa ovvero il confine fra il Patrimonium Sancti Petri e il Regno. Per gli spostamenti da Benevento verso la Basilicata lo Svevo utilizzò ovviamente la Via Appia, benché non sia noto nessun viaggio di Federico che abbia comportato il percorso completo della Via Appia da Benevento a Brindisi. Per gli spostamenti dalla Puglia o dalla Basilicata in Calabria fu invece prevalente l'uso della Via Traiana ionica (Via de Apulia), che da Taranto seguiva il litorale ionico, o della Via Herculia dalla Lucania per raggiungere la Via Traiana ionica a Policoro. Generalmente lo Svevo continuò su quella via i suoi viaggi in direzione sud, per raggiungere finalmente tramite vie interne calabresi la Via Popilia a Cosenza, Nicastro o Mileto. Nessun viaggio è invece documentato nel tratto della Via Popilia fra Cosenza e Salerno e sulla Via Traiana ionica a sud di Catanzaro.

Per gli spostamenti fra il Regno e lo Stato della Chiesa Federico utilizzò preferibilmente la Via Latina, ma due volte percorse anche la Via Salaria e quattro volte un tragitto 'misto', vale a dire due volte la Via Salaria in combinazione con la strada lungo la valle del Liri e la Via Latina e altre due volte la Via Valeria insieme con la via lungo la valle del Liri e la Via Latina. Per i viaggi dal Regno o dallo Stato della Chiesa nel Regnum Italiae l'imperatore utilizzò invece soprattutto la Via Francigena, per raggiungere l'Emilia occidentale dopo il passo della Cisa, ove sono documentati sette viaggi (1226, 1239-1240, due volte 1245, 1247 e 1249). Per tre di tali viaggi, però, lo Svevo percorse solo alcuni tratti della famosa strada di pellegrinaggio: nel 1239-1240 quando da Siena deviò sulla Via Flaminia e la Via Amerina attraverso il ducato di Spoleto e nel 1245 e nel 1249 allorché proseguì via mare lo spostamento da Grosseto e da Pisa verso Salerno e Napoli. Percorse la Via Flaminia con lievi varianti anche in altre due occasioni, cioè nel 1220 (Rimini-Roma) e nell'estate 1241 (Fano-Terni). L'altro tragitto utilizzato da Federico per raggiungere l'Italia settentrionale fu la litoranea adriatica, un percorso conveniente soprattutto per i viaggi dalla Puglia verso la Romagna e il Veneto e facilmente combinabile con spostamenti marittimi. Federico scelse sicuramente questa via per quattro viaggi in Romagna (1226, 1231, 1235 e 1240). Due volte (marzo 1232 e maggio 1235) l'imperatore proseguì poi via mare da Ravenna o da Rimini per Aquileia (passando da Venezia nel 1232), mentre una volta (maggio 1232) fece tutto il viaggio in nave da Aquileia (?) in Puglia. Proprio questa apertura verso il trasporto marittimo, colta nei già menzionati passaggi dalla Toscana al Regno (1245 e 1249), ma emersa fin dal 1212 con il viaggio da Messina a Genova, con soste a Gaeta e a Roma, e dal 1228-1229 in occasione della crociata, rende evidente una netta rottura con la tradizione degli antenati staufici, i quali non si mossero quasi mai per mare.

In conclusione, l'itinerario di Federico II si divide in quattro periodi chiaramente distinti fra loro: l'itinerario 'normanno-siciliano' dal 1198 al 1212 con una presenza esclusivamente in Sicilia, l'itinerario 'svevo-tedesco' dal 1212 al 1220 in Germania, l'itinerario 'imperiale-siciliano' dal 1220 al 1235 con una netta prevalenza dei soggiorni nel Regno di Sicilia e l'itinerario 'imperiale-italiano' dal 1235 al 1250 allorché divenne preponderante la mobilissima presenza dello Svevo soprattutto nel Regnum Italiae. Nell'itinerario imperiale furono fondamentali anche i motivi che determinarono la scelta delle dimore di Federico: nella prima fase la scelta dei soggiorni dipese soprattutto dalle esigenze personali dell'imperatore, mentre nella seconda furono quasi unicamente gli eventi esterni a causare i suoi incessanti spostamenti.

Un posto a sé ha nell'itinerario dell'imperatore la crociata dal 28 giugno 1228 al 10 giugno 1229. Possiamo ricostruire precisamente il viaggio di andata grazie alle notizie tramandate dal Breve Chronicon de rebus Siculis (cf. carta 5). Dopo l'attraversamento del canale di Otranto il convoglio imperiale seguì la sponda orientale del Mar Ionio fino a Citera (Cerigo), solcando poi l'Egeo meridionale per Creta e Rodi e costeggiando per un lungo tratto l'Asia Minore per sbarcare a Limassol a Cipro (21 luglio 1228). Dopo una sosta di quasi un mese e mezzo nell'isola, con spostamenti anche all'interno, Federico II riprese a Famagosta il viaggio per mare (3 settembre 1228) e raggiunse la Terrasanta ad al-Batrūnī (5 settembre 1228), seguendo poi la costa fino ad Acri, dove sbarcò il 7 settembre 1228. Dopo un soggiorno di oltre due mesi nel porto principale del Regno di Gerusalemme, a metà novembre si spostò a Giaffa ove dimorò fino al 23 o al 24 marzo 1229, interrompendo tale permanenza solo per tre giorni a causa della famosa visita a Gerusalemme (17-19 marzo 1229). Il 25 marzo 1229 l'imperatore tornò ad Acri, imbarcandosi finalmente il 1o maggio per fare rotta verso l'Italia meridionale e giungendo a Brindisi il 10 giugno dello stesso anno. Benché per il viaggio di ritorno siano noti soltanto due scali intermedi (Tiro e Limassol) sembra molto probabile che il tragitto abbia ricalcato quello di andata, che a sua volta aveva seguito il 'classico' itinerario per mare da Occidente verso Levante, condizionato anche da esigenze logistiche, quali la limitata portata delle navi che richiedeva sempre una navigazione costiera per il rifornimento di acqua fresca e vitto; un fattore, questo, tanto più determinante nel caso del trasporto di un esercito con un considerevole numero di cavalli, che avevano continuamente bisogno di grandi quantità d'acqua e d'orzo. La durata di trenta giorni del viaggio di andata (in realtà settantadue giorni, cui si devono sottrarre i quarantadue giorni del soggiorno a Cipro) corrisponde più o meno alla durata media di un attraversamento del Mediterraneo da ovest a est nel Duecento. Visto che per un viaggio in senso contrario era invece prevedibile una navigazione quasi doppia a causa dei venti contrari (Pryor, 1988), la durata del viaggio di ritorno da Acri a Brindisi di quarantuno giorni (1o maggio-10 giugno 1229) fu relativamente breve, accelerata forse dalla notizia delle insurrezioni nel Regno contro il dominio svevo. Completamente inattendibile è infine il racconto nell'Itinerario dell'Anonimo pugliese (Delle Donne, 1998, pp. 93-94) che riferisce di uno sbarco in Sicilia o addirittura a Ǧerba nel maggio o giugno 1229 per arruolare ventimila saraceni.

fonti e bibliografia

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