FREY, Jakob

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)

FREY, Jakob (Giovan Giacomo, detto Giacomo il Vecchio)

Maria Barbara Guerrieri Borsoi

Nacque a Hochdorf (Lucerna) il 17 febbr. 1681 da Hans Heinrich, di professione intagliatore in legno. Dopo una modesta educazione artigianale acquisita in famiglia e le prime esperienze come incisore compiute in loco, si trasferì a Roma ove svolse quasi tutta la sua attività, salvo brevi ritorni in patria.

I dati biografici sono stati studiati dal Noack, come risulta dalle schede manoscritte conservate presso la Biblioteca Hertziana di Roma, e sinteticamente pubblicati nel Thieme - Becker (XII, pp. 437 s.); integrazioni importanti sono state fornite dalla Bätschmann che ha rintracciato, tra l'altro, un'autobiografia dell'artista redatta all'inizio degli anni Quaranta (1997, pp. 97-110).

Il F. arrivò a Roma il 4 ott. 1702; nel 1708-09 visse nella parrocchia dei Ss. Apostoli con l'incisore Nicola Oddi; dal 1715 al 1729, in quella di S. Lorenzo in Damaso; quindi, nel 1730, si spostò definitivamente in quella di S. Nicola in Arcione. Nel 1728 sposò Maria Rosa Bonfigli da cui ebbe numerosi figli tra i quali Filippo (1729-93), suo allievo ed erede del suo negozio. Ancora il Noack ricorda due viaggi compiuti in patria nel 1722 e nel 1726. All'inizio del soggiorno romano frequentò per dieci mesi la bottega del celebre A. van Westerhout, abbandonandola perché non soddisfatto dell'insegnamento ricevuto e della considerazione goduta, e cercò di ampliare la sua formazione studiando disegno e copiando Raffaello. Intanto entrò in contatto con Carlo Maratti che gli fece incidere alcune opere (il suo Autoritratto e l'Ercole fanciullo e i serpenti da Annibale Carracci). Secondo il Ricci (1834) sarebbe stato proprio il Maratti a stimolarlo ad associare l'uso dell'acquaforte e del bulino. I contatti con questo atelier furono certamente molto importanti, come afferma lo stesso F. nell'autobiografia, soprattutto per l'acquisizione di un certo modo di disegnare e per i rapporti di amicizia che strinse con molti discepoli del maestro.

La stampa più antica che di lui si conosca è la riproduzione di una Sacra Famiglia di Raffaello, derivata da un'incisione di F. de Poilly, ascrivibile al 1704, seguita dalla Madonna del diadema di Raffaello stampata da D. De Rossi nel 1705, opere alle quali fa riferimento lo stesso incisore nella sua autobiografia (Bätschmann, 1997, pp. 157 s. nn. 76 s.). In questo primo periodo il F. si dedicò soprattutto alla realizzazione di incisioni per l'illustrazione di libri, proseguendo solo sporadicamente questa attività negli anni più maturi. Secondo il catalogo fornito dalla Bätschmann, su un totale di 72 stampe realizzate per libri identificati ben 68 vennero eseguite tra il 1706 e il 1718.

Si tratta di stampe ricavate da prototipi di G. Passeri, di gran lunga il più amato (Graf, 1995), P. de Pietri, C. Maratti, F. Trevisani, P.L. Ghezzi, P. Bianchi, S. Conca, A. Masucci. Si aggiungano la stampa da G.B. Gaulli raffigurante il Martirio di s. Giuliano (in A.M. Bonucci, Istoria del glorioso martire s. Giuliano alessandrino, Roma 1711), l'immagine di S. Francesco d'Assisi su disegno di B. Mancini (in Sancti Francisci Assisiatis… vita per s. Bonaventuram… editio novissima…, Romae 1710); una stampa per un volumetto devozionale del 1716 riproducente l'Altare dei ss. Sebastiano e Rocco nel duomo vecchio di Frascati da un disegno di N. Ricciolini (M.B. Guerrieri Borsoi, Contributi allo studio di Nicolò Ricciolini, in Boll. d'arte, LXXIII [1988], nn. 50-51, p. 161), lavori schedati dalla Bätschmann tra le numerose incisioni per testi non identificati. Tenendo presente che in totale le stampe note del F. assommano a 181, la produzione di illustrazioni per libri ne costituì indubbiamente una parte rilevante.

Sono sempre di questi primi anni di attività, intorno al 1706-07, i ritratti dei cardinali C.A. Fabroni, G. Baduero, L. Pico della Mirandola da disegni di B. Luti, A. David, P. Nelli; un S. Francesco che riceve le stimmate da G.A. Barigioni, del 1712, il cui rame è conservato presso il convento romano delle Stimmate di S. Francesco (Pedrocchi, 1982); la Storia di Noè da D. Parodi, incisa per il cardinal L. Fieschi intorno al 1712, ricordata dal F. nell'autobiografia.

A Roma il F. acquisì sicuramente una certa fama: come ricorda egli stesso, fu scelto come incisore da tutti e dodici i pittori chiamati a decorare la navata centrale di S. Giovanni in Laterano con figure di Profeti (1718), sebbene la realizzazione di tali rami non abbia poi avuto luogo; nel 1722 la Società palatina di Milano, cercando un incisore per il frontespizio dell'opera di L.A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, trattò con il F. e con il Westerhout ritenuti i migliori incisori (Bodart, 1976, p. 13; il lavoro fu infine affidato a G. Frezza, su disegno di A. Masucci, perché meno esoso e impegnato del F.: Bibl. apostolica Vaticana, Capponi 273, c. 411; 274, cc. 299 s.); nel 1724 era considerato dal collezionista P. Crozat il miglior incisore in attività (Bottari, 1757, p. 121); nel 1732 fu chiamato a stimare i rami di Lorenzo Filippo De Rossi che poi furono acquistati dalla Calcografia camerale; si rifiutò, invece, di dare un valore venale alle incisioni di Pietro Santi Bartoli che giudicò straordinarie (Arch. di Stato di Roma, Camerale II, Calcografia nazionale, b. 1).

Pur avendo lavorato per vari editori, come notava l'Orzi Smeriglio (1959), il F. era rimasto un artigiano autonomo; la realizzazione delle incisioni per libri non era stata tuttavia sufficiente a procurargli una grande fama né un reddito adeguato, come il F. stesso ricorda nell'autobiografia. Per tale motivo cominciò a incidere autonomamente alcuni soggetti - i primi dal Maratti e dal Domenichino - terminando di lavorare per altri intorno al 1718, salvo poche eccezioni.

Furono proprio le grandi stampe da pitture e sculture di maestri famosi a costituire la parte più conosciuta e celebrata della sua attività, ricordata costantemente, a differenza della precedente, nei repertori di incisioni. Questa produzione crebbe rapidamente e dopo poco il F. dovette maturare l'idea di trarre guadagno dall'attività di stampatore in proprio tanto che comprò, probabilmente nei primi anni Venti, dalla figlia del Maratti, Faustina, i rami incisi dal padre.

Delle stampe vendute presso il F. furono redatti dei fogli informativi a uso di catalogo (Myers - Lippincott, 1980; Bätschmann, 1997, pp. 62-69); in essi sono elencate sia le stampe realizzate dal F. sia quelle del Maratti coincidenti con i rami già appartenuti alla moglie del pittore Francesca (D.L. Bershad, The newly discovered testament and inventories of Carlo Maratti and his wife Francesca, in Antologia di belle arti, n.s., 1985, nn. 25-26, p. 71).

Le riproduzioni del F. rappresentano innanzi tutto quadri del Maratti, quasi che l'incisore mirasse a creare una sorta di corpus del pittore, integrando i suoi rami con quelli che il Maratti stesso aveva realizzato. Accanto a questi figurano le opere di tutti i grandi artisti seicenteschi, come F. Albani, G. Brandi, A. Carracci, Pietro da Cortona, Domenichino, Guercino, N. Poussin, G. Reni, A. Sacchi, ma anche altre di artisti settecenteschi, prevalentemente attivi a Roma, quali A. Balestra, P. Batoni, C. Cignani, S. Conca, B. Lamberti, A. Masucci, G. Passeri. Non mancano inoltre alcune riproduzioni di sculture, tra le quali va annoverata una Venere falsamente attribuita a Michelangelo (Parronchi, 1984-85), nonché soggetti di autori moderni come A. Montauti e G. Rusconi.

I soggetti prediletti dal F. furono le riproduzioni di opere d'arte conservate nelle chiese e, in misura minore, nei palazzi romani (circa un terzo del totale). In questo modo egli mirava ad assicurarsi un'importante fascia del mercato contemporaneo distinguendosi nel contempo dalla stamperia del De Rossi e, successivamente, dalla Calcografia camerale. Non si dedicò infatti né alla veduta, in rapido incremento in questi decenni, né alle riproduzioni di antichità e di edifici, generi assai importanti per la concorrenza. Il F. sembra inoltre prediligere le opere di maggior fama degli artisti selezionati, senza operare una scelta precisa nei confronti di una specifica corrente stilistica. Alcune incisioni, d'altro canto, più legate alla storia contemporanea, come le effigi papali o il ritratto della regina Maria Clementina Sobieski, non figurano nei citati fogli di catalogo a stampa. Tutte le incisioni del F. sono caratterizzate da una grande bravura tecnica, grazie alla quale fu capace di ottenere mezzi toni e sfumature veramente pittorici.

Tra le sue incisioni più note si ricordano: da C. Albani la Carità e il Ratto d'Europa (da quadri già nella collezione del conte F. Bolognetti a Roma, entrambi i soggetti incisi nel 1732); da Annibale Carracci l'Incoronazione di Maria già nella collezione Pamphili (1741), e il S. Gregorio orante in S. Gregorio al Celio (1733); da Pietro da Cortona il S. Paolo e Anania in S. Maria della Concezione (1740) e la Processione di s. Carlo nella chiesa di S. Carlo ai Catinari (1744); da Domenichino le quattro Virtù (1725) dipinte nei pennacchi di S. Carlo ai Catinari, i tondi della cappella Bandini in S. Silvestro al Quirinale, la Comunione di s. Girolamo eseguita per S. Girolamo della Carità (1729) e il Martirio di s. Sebastiano destinato alla chiesa di S. Pietro (1737); da Guercino il Seppellimento di s. Petronilla, un tempo conservato nella basilica vaticana (1731); da Maratti il Trionfo della Clemenza (1719) in palazzo Altieri, Augusto chiude le porte del tempio di Giano appartenente alla collezione Colonna (1738), il Martirio di s. Andrea e la Fuga in Egitto (1735), entrambi già del cardinal R. Imperiali; da G. Reni l'Aurora (1722) del casino Pallavicini, Salomè con la testa del Battista della collezione Colonna (1745), Bacco e Arianna, realizzato basandosi su una precedente incisione e copie del prototipo eseguito per la regina d'Inghilterra (1727); da A. Sacchi la Visione di s. Romualdo, già nella chiesa di S. Antonio dei Camaldolesi, e la Morte di s. Anna per S. Carlo ai Catinari (1726).

Il F. realizzò anche alcune stampe da prototipi personali tra le quali si ricordano il Ratto di Proserpina e la Liberazione di Euridice, nonché quattro storie ispirate a T. Tasso. Alcuni disegni, infine, sono stati rintracciati e pubblicati dalla Bätschmann (1997).

Il F. morì a Roma l'11 genn. 1752.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. storico dell'Accademia di S. Luca, vol. 166, c. 11; Arch. di Stato di Roma, Camerale II, Calcografia camerale, b. 1, Stima di Giacomo Frey 1732; Bibl. apostolica Vaticana, Capponi 273, c. 411; 274, cc. 299-300; P.A. Orlandi, Abcedario pittorico…, Napoli 1734, p. 453; Cracas, Diario ordinario, 15 genn. 1752; G. Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura, II, Roma 1757, pp. 121, 147, 256; IV, ibid. 1764, pp. 342 s.; J.K. Füssli, Geschichte der besten Künstler in der Schweitz, III, Zürich 1770, pp. 28-58; G. Gori Gandellini, Notizie istoriche degli intagliatori, II, Siena 1808, pp. 38-43; L. De Angelis, Notizie degli intagliatori… aggiunte a G. Gori Gandellini, X, Siena 1812, pp. 74-78; A. Ricci, Memorie storiche… della Marca di Ancona, II, Macerata 1834, pp. 311, 336 s., 344 s., 347; F. Noack, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, Leipzig 1916, pp. 437 s.; C.A. Petrucci, Catal. generale delle stampe tratte da rami incisi posseduti dalla Calcografia, Roma 1953, pp. 64, 171; Il libro romano del Settecento (catal.), a cura di P. Orzi Smeriglio, Roma 1959, pp. 28, 30, 79, 82, 84, 86, 132; P. Bellini, Stampatori e mercanti di stampe in Italia nei secoli XVI e XVII, in I quaderni del conoscitore di stampe, 1975, n. 26, p. 33; D. Bodart, L'oeuvre du graveur A. van Westerhout (1651-1725), in Mémoires de l'Académie royale de Belgique. Classe des beaux-arts, XIV (1976), ad Indicem; P. Bellini, L'opera incisa di C. Maratti, con appendice di L. Erba, Pavia 1977, p. 100; M.L. Myers - L.W. Lippincott, in A scholar collects. Selections from the Anthony Morris Clark Bequest (catal.), a cura di U.W. Hiesinger - A. Percy, Philadelphia 1980, pp. 113 s.; P. Petraroia, Contributi al giovane Benefial, in Storia dell'arte, 1980, nn. 38-40, p. 378 fig. 11; A.M. Pedrocchi, in Chiesa delle Ss. Stimmate di Francesco d'Assisi in Roma. Guida storico-artistica, Roma 1982, pp. 101 s.; S. Pepper, Guido Reni, Oxford 1984, pp. 228, 250 s., 272, 278, 286; A. Parronchi, Su tre incisioni di "invenzione" michelangiolesca, in Copyright, 1984-85, pp. 37-44; D. Graf, Die Handzeichnungen des Giuseppe Passeri, Düsseldorf 1995, pp. 276-278; M.T. Bätschmann, J. F. (1681-1752) Kupferstecher und Verleger in Rom, Bern 1997 (con ulteriore bibl.).

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