DEAN, James

Enciclopedia del Cinema (2003)

Dean, James (propr. James Byron)

Luigi Guarnieri

Attore cinematografico statunitense, nato a Marion (Indiana) l'8 febbraio 1931 e morto a Paso Robles (California) il 30 settembre 1955. Uno dei miti più duraturi e radicati del cinema americano: con il suo volto di bel ragazzo introverso e sensibile, dallo sguardo sornione, misto di violenza repressa e affettata timidezza, di rabbia e compassione, diventò l'emblema del ribellismo velleitario che agitava una gioventù inquieta, in conflitto con i valori dei padri. La scomparsa prematura lo proiettò nella leggenda fissando, in maniera indelebile, l'immagine di grande effetto con cui D. era apparso in Rebel without a cause (1955; Gioventù bruciata) di Nicholas Ray: in maglietta bianca, giubbotto rosso e sigaretta tra le labbra.

Figlio di un odontotecnico, da bambino si trasferì con la famiglia a Los Angeles ma, dopo la morte della madre, fu allevato dagli zii in una fattoria dello Iowa. Tornò quindi in California per iscriversi al Santa Monica Junior College. Entrato in un piccolo gruppo teatrale formato da J. Whitmore, apparve in qualche spot pubblicitario, fra cui quello della Pepsi Cola, e collezionò piccoli ruoli in produzioni cinematografiche. Fu un marine che si allena alla boxe in una delle commedie centrate sulla coppia Dean Martin-Jerry Lewis, Sailor beware (1951; Attente ai marinai!) di Hal Walker, e un soldato della guerra di Corea nel crudo dramma bellico Fixed bayonets (1951; I figli della gloria) di Samuel Fuller. Apparve anche come cliente della gelateria nella commedia Has anybody seen my gal? (1952; Il capitalista) di Douglas Sirk. Insoddisfatto, si trasferì a New York e ottenne un ruolo in uno spettacolo a Broadway, See the jag-uar (1953) di N.R. Nash, in cui impersonava un adolescente ossessionato da una madre possessiva. Cominciò quindi a frequentare l'Actors Studio, ed ebbe diversi ruoli da giovane sbandato in produzioni televisive prima di tornare a recitare a Broadway, nel ruolo di un ragazzo arabo, Bachir, con The immoralist (1954) di R. e A. Goetz, adattamento del testo di A. Gide. La performance gli fruttò il Bloom Award e il Theatre World Award come miglior debuttante della stagione e l'offerta di Elia Kazan per la parte di un ragazzo tormentato, fragile e nevrotico, Cal Trask, nel melodramma psicologico East of Eden (1955; La valle dell'Eden), complessa saga familiare tratta dal romanzo di J. Steinbeck. La problematica figura del figlio ribelle che, abbandonato dalla madre, cerca l'affetto e la comprensione del padre (il quale gli preferisce il fratello), finendo per provocare uno scontro generazionale, suscitò un vasto moto di identificazione nel pubblico giovanile. Per questa ammirevole interpretazione di un personaggio ambivalente e conflittuale, esempio perfetto del metodo stanislavskiano elaborato dall'Actors Studio, D. ottenne la prima nomin-ation all'Oscar e un contratto a lunga scadenza con la Warner Bros. Un successo che segnò l'inizio di una carriera folgorante, concentrata addirittura in un solo anno (quindici mesi, per l'esattezza) e nel breve spazio di tre film. Rebel without a cause sancì la trasformazione definitiva di D. in mito di una generazione, assegnandogli uno spazio smisurato nell'immaginario collettivo, inversamente proporzionale alla durata effimera del suo lavoro di attore. Il personaggio di Jim Stark, rampollo di buona famiglia, che per sete di autenticità e di purezza si scaglia contro il mondo degli adulti, è l'eroe disperato in cui si riconobbero i giovani del periodo, alla ricerca di un'identità e in preda a confuse aspirazioni. Nel suo terzo e ultimo film, Giant (1956; Il gigante) di George Stevens, D. si concesse un ruolo negativo (per il quale avrebbe ricevuto la seconda nomination all'Oscar), quello di Jett Rink, l'allevatore texano che scopre il petrolio nel suo terreno, ma che verrà rovinato dal successo. Senonché, quando le riprese non erano ancora terminate, a soli ventiquattro anni D. morì in un incidente stradale, mentre si recava con la sua Porsche Spyder a una gara automobilistica nel Sud della California. La morte improvvisa portò la fama di D. a proporzioni mitiche. I funerali si trasformarono in un evento, e molti fans dell'attore non vollero neppure accettare l'idea della morte del loro eroe. D. divenne oggetto di un culto di massa. La sua tomba di Fairmount, nell'Indiana, fu eletta a luogo di pellegrinaggio da innumerevoli ammiratori. Cominciarono a circolare numerose biografie postume. Nel documentario The James Dean story (1957), Robert Altman intervistò amici e parenti dell'attore, alternando le testimonianze con materiali d'archivio, come i provini per East of Eden. Lo stesso Altman è tornato a occuparsi del mito di D. in Come back to the 5 & dime, Jimmy Dean, Jimmy Dean (1982; Jimmy Dean, Jimmy Dean), rievocando in filigrana la sua figura grazie a un delicato testo teatrale scritto da Ed Graczyk (che fu autore anche della sceneggiatura) e all'espediente del fan club di ragazze texane che, vent'anni dopo le riprese di Giant, si ritrovano nel loro locale preferito per ricordare i bei tempi, lasciarsi andare a sfoghi e bilanci personali e perpetuare il mistero del fascino immortale dell'attore che meglio di ogni altro, e senza averne alcuna consapevolezza, ha saputo personificare la fine dell'innocenza del cinema americano.

Bibliografia

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J. Gilmore, Live fast, die young: remembering the short life of James Dean, New York 1997.

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