ARTHUR, Jean

Enciclopedia del Cinema (2003)

Arthur, Jean

Francesco Costa

Nome d'arte di Gladys Georgianna Greene, attrice teatrale e cinematografica statunitense, nata a Plattsburgh (New York) il 17 ottobre 1905 e morta a Carmel (California) il 19 giugno 1991. Dotata di grazia e di una bellezza non appariscente, ma non priva di vivacità, seppe modulare la sua recitazione riuscendo a essere grintosa e romantica, e si affermò delineando un modello femminile consono al tono e allo stile delle commedie degli anni Trenta dirette da Frank Capra che la videro protagonista. Fu in primo luogo quest'ultimo a consentirle di raggiungere il successo dando spessore al suo personaggio più riuscito (poi ripreso in altri film di grandi registi del periodo), quello della ragazza emancipata, determinata, spesso impulsiva, ma in grado di offrire, con discrezione e dolcezza, a volte in modo deciso, e con sostanziale equilibrio, un sostegno fondamentale all'eroe maschile. Figlia di un pubblicitario, abbandonò molto presto gli studi per affermarsi giovanissima come fotomodella. Notata nel 1920 da un agente della Fox, fu posta sotto contratto dalla major. Il suo debutto avvenne in Cameo Kirby diretto nel 1923 da John Ford, ma passò totalmente inosservato e nei numerosi film interpretati negli anni successivi non riuscì a liberarsi dallo stereotipo dell'ingenua, al quale risultava ormai legata proprio a partire da quella prima interpretazione. Stanca e delusa di Hollywood, decise quindi di dedicarsi al teatro, ma dopo aver recitato in alcuni spettacoli a Broadway (1934-1936) fu ancora Ford a offrirle l'occasione giusta scritturandola per la parte di protagonista in The whole town's talking (1935; Tutta la città ne parla) che ne rivelò l'innato talento per la commedia, consentendole di affiancare con efficace brio Edward G. Robinson, in questa divertente variazione sul tema del doppio. Raggiunse così, il successo e si aprì per lei la grande stagione delle commedie di Capra, in cui fu perfetta nella parte di giovane donna sicura e intraprendente, inserita nel mondo del lavoro e con una ben delineata personalità, in grado di farle sostenere alla pari il confronto (e anche lo scontro) con il partner maschile. Così accade in Mr. Deeds goes to town (1936; È arrivata la felicità) in cui, giornalista determinata, prima cerca di usare e poi sostiene incondizionatamente il timido Mr. Deeds (Gary Cooper). O in Mr. Smith goes to Washington (1939; Mister Smith va a Washington) ove, giudiziosa segretaria, si rivela la vera anima della vicenda, quasi alter ego del regista nel guidare le azioni di Mr. Smith (James Stewart). Mentre nel precedente You can't take it with you (1938; L'eterna illusione), ancora al fianco di James Stewart, è più convenzionalmente la dolce Alice divisa tra un amore ostacolato e la stravagante famiglia. Nel frattempo, in un contesto completamente diverso, aveva dato vita a una scatenata Calamity Jane, personaggio lontano dai suoi più tipici, ma animato dagli stessi tratti di romantica indipendenza, nel western The plainsman (1937; La conquista del West) diretto da Cecil B. DeMille, con Gary Cooper. Fu quindi per due volte accanto a Cary Grant: dapprima in Only angels have wings (1939; Avventurieri dell'aria) di Howard Hawks, riuscita combinazione di temi quali l'amicizia virile, il sacrificio, l'incombente presenza della morte in un sottile equilibrio messo in crisi proprio dall'improvvisa presenza femminile (l'affascinante attrice interpretata dalla A.); quindi in The talk of the town (1942; Un evaso ha bussato alla porta), in cui è una coraggiosa maestrina diretta da George Stevens. Quest'ultimo le avrebbe offerto l'anno successivo uno dei suoi ruoli migliori, per il quale ottenne una nomination all'Oscar nel 1944, in The more the merrier (Molta brigata vita beata). Nel film risultano esaltate le doti di brillante interprete della screwball comedy della A. e grazie agli effervescenti dialoghi che lo percorrono fu in grado di far sorridere partendo dal reale problema della crisi degli alloggi a Washington in tempo di guerra. Mentre Billy Wilder, nella Berlino devastata e sconfitta di A foreign affair (1948; Scandalo internazionale), la volle contrapporre, imponendole una comica rigidezza di funzionario USA e di scialba zitella, a Marlene Dietrich, conturbante quintessenza del fascino, giocando con ironia sull'enormità del contrasto che gli consentì di porre al centro della sua satira proprio i vincitori. Il suo ultimo ruolo fu in un film diretto ancora da Stevens, Shane (1953; Il cavaliere della valle solitaria), e risultò avvolto da una sobria e malinconica dolcezza che in precedenza era emersa soltanto a tratti, e che qui invece si rivelò essenziale nel consentirle di delineare il suo personaggio di moglie fedele, ma segretamente attratta dall'affascinante e misterioso avventuriero interpretato da Alan Ladd. Terminò la sua carriera con saltuarie apparizioni in diversi programmi televisivi.

Bibliografia

J. Vermilye, Jean Arthur, in "Films in review", June-July 1966; A. Pierce, Jean Arthur, a bio-bibliography, New York 1990; J. Oller, Jean Arthur: the actress nobody knews, New York 1997.

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