DRÉVILLE, Jean

Enciclopedia del Cinema (2003)

Dréville, Jean

Dario Minutolo

Regista cinematografico francese, nato a Vitry-sur-Seine (Parigi) il 20 settembre 1906 e morto a Vallangoujard (Parigi) il 5 marzo 1997. Fu fotografo raffinato, fondatore e direttore di riviste in difesa dell'arte cinematografica, efficace disegnatore di manifesti per film, documentarista incisivo, con un'intensità vicina a quella di Joris Ivens; ma anche autore di grande forza narrativa ed essenziale al tempo stesso, dallo stile asciutto, sobrio ma sempre personale e denso, in cui convivono una vocazione spettacolare e un gusto classico nella costruzione di inquadrature e sequenze, calibrato sulla lezione delle grandi avanguardie; nonché restauratore appassionato e filologico, infaticabile animatore di cineclub, ambasciatore del cinema di qualità. Nelle sue opere seppe coniugare l'abile direzione degli attori con un montaggio sapiente, rivelando una concezione tutta personale del controcampo con i campi lunghi e le riprese dall'alto. Ne emerge una visione, del cinema e del mondo, che conferisce a tutti i suoi film il segno tangibile della presenza dell'autore.

L'approdo alla regia fu significativo: il documentario Autour de 'L'argent' (1928) è uno dei più intensi lavori sul cinema del periodo muto, molto ricco sul piano estetico, che con occhio partecipe ma autonomo segue le riprese di L'argent, girato nello stesso anno da Marcel L'Herbier e uscito nel 1929. Lontano dai filmati promozionali, consueti già in quell'epoca, D. procedette a rivelare i meccanismi cinematografici non per svelare trucchi stupefacenti ma per metterne in scena le strategie narrative e la costruzione del linguaggio. Seguì un periodo di attività febbrile: collaborazioni alla fotografia, al montaggio e alla regia (tra cui quelle con l'amico L'Herbier che si sarebbero protratte fino agli anni Quaranta), regie di apprezzati documentari (come Créosotte del 1931 e Midi del 1933, prodotti da Ivens e da L'Herbier) e due chansons filmées, corrispettivo degli odierni videoclip, si alternarono alla regia di lungometraggi, realizzando trentasei film in trent'anni, da Pomme d'Amour (1932) a La Fayette (1962; La Fayette, una spada per due bandiere). L'attività documentaristica gli permise di proseguire il lavoro di ricerca formale avviato come fotografo, innestandovi una rinnovata attenzione al reale, non meramente riproduttiva. Ne nacque uno stile, meglio una visione che tornerà nei suoi film migliori, quali La ferme du pendu (1945) e Le visiteur (1946), ma anche in quelli più spettacolari come La bataille de l'eau lourde (1948; La battaglia per la bomba atomica), Le grand rendez-vous (1950), Normandie-Niemen (1960); in quelli ordinari (Les cadets de l'Océan, 1945; Horizons sans fin, 1953; Escale à Orly, 1955, Scalo a Orly), e persino in quelli meno riusciti (per tutti Maman Colibri, 1937, che si riscatta nelle sequenze africane). La costante frequentazione del set consentì al giovane D. di affinare la tecnica e di saper gestire i delicati rapporti con la produzione e con le necessità materiali ed economiche di un film, forgiando la sua capacità di gestire tempi ridotti e disponibilità limitate quanto grossi budget e cast internazionali, ma anche quella di sviluppare una sensibilità equilibrata nei non meno impervi rapporti con gli attori. D. seppe infatti guidare ogni tipo di interprete: dai ragazzi (del coro) del delicato La cage aux rossignols (1945; La gabbia degli usignoli) al prorompente Louis Jouvet nel funambolico Copie conforme (1947; Il signor Alibi), al magistrale Conrad Veidt di Le joueur d'échecs (1938; Scacco alla regina), passando per i cammei di Orson Welles e Vittorio De Sica in La Fayette; dall'eterno ragazzo Jean-Pierre Aumont, alle prime armi nel lacrimoso Maman Colibri, a Jeanne Moreau, nel suo primo ruolo da protagonista in La reine Margot (1954; La regina Margot), affiancata dall'intramontabile Françoise Rosay; senza dimenticare Pierre Fresnay nell'intenso Le visiteur, un film cupo, dai toni noir, in cui i ragazzi già interpreti di La cage aux rossignols ben si adeguano al cambio radicale di atmosfera, o Serge Reggiani di Le retour de Louis, uno dei due episodi che il regista firmò per il collettivo Retour à la vie (1949; Ritorna la vita), ben accolto al Festival di Cannes. La reciproca soddisfazione di questo rapporto tra attori e regista è testimoniata dalla ripetuta collaborazione con Charles Vanel, che in cinque film ebbe la possibilità di mostrare tutta la sua versatilità: dalla vena umoristica del glaciale Les affaires sont les affaires (1942) all'impegno di Les suspects (1957), uno dei rari film sui servizi francesi all'opera durante il conflitto con l'Algeria, alla prova memorabile in La ferme du pendu, dramma familiare e rurale a tinte forti ambientato in Vandea, tra i migliori film francesi del decennio, intriso di una visione che richiama la pittura di G. Courbet e il naturalismo di E. Zola non meno della lezione sovietica di Vsevolod I. Pudovkin. Altrettanto prolifico fu il sodalizio con l'attore Noël-Noël, anche sceneggiatore, che diede luogo a cinque film, tra cui Les casse-pieds (1948; Gli scocciatori, che ottenne il Premio Louis Delluc nello stesso anno), e Le retour de René, l'altro episodio firmato da D. di Retour à la vie. Lo stesso D. attribuì a questo incontro una funzione chiave per lo sviluppo della sua opera, giudizio che sembra risentire dell'amicizia sincera che legò i due. Intense furono anche le relazioni che D. sviluppò con i suoi collaboratori più vicini, dagli operatori Léonce-Henry Burel e André Thomas all'assistente Robert-Paul Dagan, dal commediografo Roger-Ferdinand agli sceneggiatori Henri André Legrand e Charles Spaak. Gli anni Sessanta videro D. alternare le ultime due regie per il grande schermo (La nuit des adieux e La sentinelle endormie, entrambe del 1966) con alcune produzioni televisive, che si conclusero con la serie Le voyager des siècles, girata nel 1969-70 e andata in onda nel 1971. D. tornò ancora una volta dietro la macchina da presa nel 1986 per il video Hommage à mon ami L'Herbier, in cui si racconta la realizzazione del restauro di L'inhumaine (1924; Futurismo) di L'Herbier.

Bibliografia

Jean Dréville: propos du cinéaste, filmographie, documents, présentés et coordonnés par C. Guiguet, E. Papillon, Paris 1987, nouvelle éd. revue et augmentée.

Omaggio a Jean Dréville, a cura di D. Minutolo, F. Rondinella, Napoli 1992.

S. Minutolo, Jean Dréville, un regista da riscoprire, in "Cinemasessanta", marzo-giugno 1993, 2-3, pp. 46-48.

D. Minutolo, Giustizia per Dréville, in "Cinemasessanta", luglio-agosto, 1996, 4, pp. 30-32.

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