Piaget, Jean

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Psicologo svizzero (Neuchâtel 1896 - Ginevra 1980), creatore della psicologia e dell'epistemologia «genetiche». Uno dei più importanti studiosi della psicologia infantile, P. elaborò una teoria sistematica dello sviluppo dell'intelligenza in cui l'evolversi del pensiero del bambino è spiegato alla luce dell'esigenza dell'organismo di adattarsi all'ambiente circostante.

Vita. Dopo essersi laureato in scienze naturali, P. si avvicinò allo studio della psicologia e alla psichiatria, prima a Zurigo e Parigi, poi a Ginevra. Frequentò la clinica psichiatrica di E. Bleuler, e i laboratori psicologici di G. F. Lipps e A. Binet. La collaborazione alle Archives de psychologie di E. Claparède lo avvicinò all'Istituto J.-J. Rousseau di Ginevra, dove entrò nel 1921 come direttore di ricerca, mentre approfondiva la conoscenza della «psicologia della forma» e ne assimilava il concetto del «campo» psichico. Nel 1923 iniziò un insegnamento di filosofia a Neuchâtel, donde nel 1929 passò a insegnare storia della scienza nell'università di Ginevra. È stato, dal 1952, prof. di psicologia genetica alla Sorbona e, in questa stessa università, dal 1955, docente di psicologia infantile; direttore del Centro internazionale di epistemologia genetica, primo presidente della Società svizzera di psicologia e condirettore del suo periodico, la Revue suisse de psychologie, dagli anni Quaranta. Dal 1951 socio straniero dei Lincei.

Opere e pensiero

Attraverso Bergson giunse a intuire la possibilità di un nuovo rapporto tra biologia e psicologia, in termini di «sviluppo». Alcune monografie (Le langage et la pensée chez l'enfant, 1923; Le jugement et le raisonnement chez l'enfant, 1924; La représentation du monde chez l'enfant, 1926; La causalité physique chez l'enfant, 1927; Le jugement moral chez l'enfant, 1932) avevano esposto i primi risultati delle ricerche di P. sulla psiche infantile: l'esistenza, nel bambino, di due linguaggi, «egocentrico» e «socializzato»; l'originario valore «giustappositivo» della congiunzione causale; l'indistinzione di io e mondo; il passaggio da una moralità «costrittiva» a una «cooperativa». La nomina a direttore del Bureau international de l'éducation (1929) lo indusse a interessarsi delle conseguenze pedagogiche delle sue teorie, mentre nuove ricerche, eseguite fra il 1935 e il 1941 con B. Inhelder e A. Szeminska, investirono altri aspetti dello sviluppo cognitivo della media infanzia (Le développement des quantités chez l'enfant, 1941; La genèse du nombre chez l'enfant, 1941), e da esse prendeva corpo l'ipotesi di strutture, insite nell'attività cognitiva. La prima struttura analizzata da P. è stata il «gruppo» (1937), ma l'orientamento e l'interesse strutturalistici hanno dominato tutta la fase successiva del suo lavoro, determinandone intime correlazioni con la logica formale e la gnoseologia. Cominciava intanto a delinearsi il concetto di «epistemologia genetica» (Introduction à l'épistémologie génétique, 3 voll., 1950) quale «studio dei meccanismi attraverso cui si forma la conoscenza», con una duplice applicazione: all'ontogenesi del soggetto umano e alla storia del pensiero scientifico (Psychologie et épistémologie, 1970). Momento intermedio fra analisi della struttura cognitiva ed epistemologia era stata la determinazione dello sviluppo psichico in Psychologie de l'intelligence (1947). Lo sviluppo della psiche umana passa, secondo P., attraverso i seguenti «stadi»: intelligenza sensorio-motrice, prima dei diciotto mesi; periodo della rappresentazione preoperativa, fino ai sette-otto anni; periodo delle operazioni concrete, fra i sette e i dodici anni; periodo delle operazioni proposizionali o formali. In tale successione l'ordine è fisso, mentre la cronologia varia per fattori individuali o ambientali. L'asse evolutivo andrebbe dalle operazioni concrete alle simboliche, mediate queste ultime dal linguaggio. Nozione centrale della teoria piagettiana dello sviluppo psichico è lo «sfasamento» (décalage), per cui in dati soggetti può mancare la piena sincronia evolutiva. Tale variabilità soggettiva dello sviluppo, e l'esservi strutture cognitive agenti nel soggetto prima che egli ne sia consapevole, ha anche portato P. ad affiancare un «inconscio cognitivo» all'«inconscio affettivo» della psicanalisi. P. è stato anche attivo sul terreno della ricerca psicofisiologica con lavori sui meccanismi percettivi (Les notions de mouvement et de vitesse chez l'enfant e Le développement de la notion chez l'enfant, 1946; La géométrie spontanée chez l'enfant, con B. Inhelder e A. Szeminska, 1960; Les mécanismes perceptifs: modèles probabilistes, analyse génétique, relations avec l'intelligence, 1961), che hanno dato occasione, in particolare, a stimolanti confronti con l'assiomatica della relatività einsteniana, e a vivaci polemiche contro la psicofisica e il positivismo logico. È stato autore ed editore, con P. Fraisse, del vasto Traité de psychologie expérimentale (1963-65; trad. it. 1972-79), in 9 voll., opera fondamentale che riunisce i saggi dei più eminenti studiosi francesi.

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