BACH, Johann Christian

Enciclopedia Italiana (1930)

BACH, Johann Christian (detto il Milanese o l'Inglese o il Bach di Londra)

Fausto Torrefranca

Nato a Lipsia nel settembre 1735, morto a Londra il 1° gennaio 1782, era l'ultimo dei figli maschi di Giovanni Sebastiano, nato dalla seconda moglie Anna Magdalena Wülken, e però fratellastro di Philipp Emanuel e di Wilhelm Friedemann. Nei manoscritti italiani si trova la forma italianizzata Giovanni Bach e talvolta Giovanni Battista invece di Giovanni Cristiano.

Innamoratosi d'una cantante italiana, la seguì in Italia sottraendosi alla tutela e all'insegnamento di Filippo Emanuele. Divenuto maestro di cappella privato del conte Agostino Litta (1754) da lui ebbe i mezzi per recarsi a Bologna a studiare con il padre Martini. Ritornato a Milano e convertitosi al cattolicesimo, ebbe nel 1760 il posto di organista del duomo di Milano. Consacrato quale operista a Milano e a Napoli, con le opere Catone in Utica (1758) e Alessandro nelle Indie (1762), e anche quale autore di musica sacra, andò a Londra quale compositore dell'Opera italiana, e vi presentò l'Orione (1763). Fondò, insieme con Carlo Federico Abel, allievo di G. Sebastiano Bach, i famosi concerti in abbonamento detti Bach-Abel-Concerts (1764) e divenne più tardi (dopo il 1768?) maestro di musica della regina Sofia Carlotta, d'origine tedesca. Suo rivale fu il napoletano Mattia Vento (v.), operista e cembalista di vivace talento, giunto a Londra poco dopo Gian Cristiano ma morto cinque anni prima di lui. Gian Cristiano è, come Mattia Vento, più che operista, compositore strumentale.

Quantunque rimproverato dal fratello Filippo Emanuele perché non scriveva musica seria, e accusato di scrivere pezzi secondo la moda soltanto allo scopo di far danaro, non abbandonò lo stile nuovo - leggiero e galante - che egli aveva assimilato in Italia e che talvolta praticò sino alla sciatteria. Egli è stato variamente giudicato e quasi sempre in ragione inversa del fratello. Oggi che al Bach di Amburgo (cioè Filippo Emanuele) non si attribuisce più la parte del novatore, si tende a mettere in valore l'opera del Bach di Londra, sia facendola dipendere da quella dello Stamitz (v. mannheim), sia mettendola in relazione (Torrefranca) con quella degl'Italiani da pochi anni studiati: Sanmartini, Martini, Rutini, M. Vento, Boccherini, Rauzzini, Sacchini, Clementi, Borghi, ecc., sia attribuendole innovazioni o riforme di non provata autenticità o che risalgono ad altri autori. Gian Cristiano è, ad ogni modo, nei suoi stessi difetti, uno degli autori più vivi del periodo 1760-1780 (sebbene in una piccola parte dei suoi lavori), ma uno studio completo sull'opera sua non esiste ancora, sia perché è difficile orientarsi nel labirinto delle ristampe, dei numeri doppî delle opere, delle false attribuzioni, e attraverso il grande numero di stampe e di manoscritti conservati nelle biblioteche d'Europa e d'America, sia perché questo studio non può essere fatto senza una perfetta conoscenza degl'italiani suoi contemporanei.

L'op. 5 Sei sonate per cembalo o pianoforte, che contiene alcune tra le sue migliori sonate, è, in realtà, un'antologia di stili diversi relativi agli anni 1730-1768, e deve considerarsi - alla stessa stregua dei sei trii op. 4 - quale frutto immediato degli studî fatti presso il padre Martini e delle musiche italiane ascoltate in Italia e a Londra. L'alternativa del titolo "per cembalo o pianoforte" è adoperata a Londra, prima che dal Bach, da Mattia Vento ed è elemento nuovo e importante per la storia del nuovo strumento.

L'op. 10 è, invece, nello stile galante, ma è nettamente inferiore ai lavori degl'Italiani. I concerti dell'op. 11 sono anch'essi di scarso significato storico ed estetico. Più interessanti e soprattutto più fluidi i quartetti dell'op. 8 e i concerti per cembalo dell'op. 7. Ma la tendenza generale è l'omofonia diatonica con volute melodiche meno ampie - e anzi, di frequente, spezzettate - e con spunti ritmici di fiato assai più corto e con bassi meno solidi e spiritosi di quelli degl'Italiani. Le trovate geniali non sono infrequenti, ma raramente riescono a tenere desta l'attenzione dell'ascoltatore durante un intero pezzo. Largamente adoperato è il basso albertino (v. alberti domenico), accompagnamento ormai d'uso anche troppo comune.

Lo si è voluto autore d'innovazioni: l'una, cioè, di esporre, nella sonata e nel concerto, un secondo tema in contrasto col primo, per lo più melodico e sentimentale, e l'altra di elaborare la seconda strofa, quella detta di svolgimento, nella sonata (v.). Ma gli Italiani conoscevano queste cose da gran tempo. Così pure l'impianto nuovo del concerto - tema iniziale sonato da tutti gli strumenti; secondo tema cantabile proposto dal primo assolo (v.) e alla dominante del tono d'impianto; preponderanza dell'assolo sul tutti - lo ritroviamo nella scuola piemontese (Pugnani e Borghi; donde discende direttamente un altro grande autore di concerti per violino, precedente il Beethoven, cioè il Viotti). Gian Cristiano si può, forse, distinguere dagl'Italiani soltanto per un giro più ampio di modulazioni, poiché egli fa rientrare i due temi (l'uno o l'altro o tutt'e due) con coloriti armonici, in senso lato, il più possibile variati.

Caratteristiche di Gian Cristiano, come degl'Italiani del 1760-75, la tendenza a scrivere facile, talvolta anche troppo, per dilettanti, e la tendenza alla sentimentalità sospirosa ma luminosa e quasi idilliaca. Forse il miglior vanto di Gian Cristiano è di aver dato amorosamente lezione al piccolo Mozart (1764), d'avergli inspirato simpatia per l'arte italiana e di averlo così preparato a comprendere l'ambiente musicale italiano (1769-71 e 1772-73) e ad assimilarne lo spirito nuovo, tanto nel campo dell'opera quanto in quello della musica strumentale.

Bibl.: K. H. Bitter, K. Ph. E. und W. Friedemann Bach, u. deren Brüder, Berlino 1868; M. Schwarz, J. Chr. Bach, in Sammelbände der Internationalen Musikgesellschaft, II (1902); H. Abert, J. Chr. Bachs italienische Opern u. ihr Einfluss auf Mozart, in Zeitschrift für Musikwissenschaft, I (1919); F. Torrefranca, Le origini dello stile mozartiano, in Rivista musicale italiana, 1927.

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