HUYSMANS, Joris-Karl

Enciclopedia Italiana (1933)

HUYSMANS, Joris-Karl

Pietro Paolo Trompeo

Scrittore francese, nato il 5 febbraio 1848 a Parigi, dove morì il 12 maggio 1907. La sua famiglia era d'origine olandese. Dal 1866 al 1898 fu impiegato al Ministero degl'interni e visse una vita laboriosa e monotona. Ritiratosi con una modesta pensione prima di raggiungere i limiti d'età, si recò a vivere nell'abbazia benedettina di Ligugé (Vienne), dove era spinto dal suo fervore religioso e dove fece professione d'oblato. Quivi nel 1900 lo raggiunse la nomina a membro dell'Académie Goncourt, in seguito al testamento di Edmond de Goncourt, che aveva voluto H. fra i primi otto membri della società letteraria da istituire. Espulsi dalla Francia gli ordini religiosi, H. ritornò a Parigi. Morì d'un cancro alla gola, dopo atroci sofferenze sopportate con animo fortemente cristiano. Era il visibile e solenne suggello della sua conversione, di cui più d'un correligionario aveva messo in dubbio la sincerità. Gli è che in H. esperienza religiosa ed esperienza artistica si confondono, come in altri convertiti della sua generazione, e non si può intender l'una senza comprender l'altra, trattandosi, in ultima analisi, d'una stessa e unica esperienza.

Iniziata la sua carriera letteraria con una raccolta di poemetti in prosa, Le drageoir aux épices (1874), in cui è palese l'influenza di quelli di Baudelaire, H. si diede subito dopo al romanzo e pubblicò Marthe (1876), storia di una ragazza perduta, e Les sœurs Vatard (1879), storia di due giovani operaie. In questi libri, in cui l'ambiente è reso con visibile compiacenza per la cruda documentazione, H. segue le vie aperte dai Goncourt e da Zola. Con quest'ultimo, e con Maupassant, P. Alexis, H. Céard e L. Hennique, collaborò alla raccolta naturalista Les soirées de Médan (1880), nella quale pubblicò una novella, Sac au dos, che già rivela quell'algofilia così caratteristica di tutta la sua opera. H., infatti, soffriva crudelmente ("commne un écorché vif", ha detto Léon Daudet) di quanto nella società moderna gli appariva meccanico, materialistico, grossolano, banale, antiestetico; ma provava un'amara voluttà nell'analizzare e rappresentare tutto ciò che per lui era oggetto di disgusto o d'orrore: l'abbrutimento del popolo, la meschinità della vita piccolo-borghese, il regresso della vita spirituale combattuta da un piatto illuminismo, la brutalità dell'industrialismo e della plutocrazia, la mancanza di senso estetico nelle classi dirigenti, ecc. ecc. Si può ben dire che l'iniziazione alla scuola naturalista non abbia fatto altro che esasperare quello che in H. era un istinto. Interessante, a questo proposito, il romanzo En ménage (1881), caricaturale e desolata pittura di unioni legali ed extralegali in un ambiente d'artisti. Più interessante ancora, in quanto rappresenta l'estremo limite della disperata acquiescenza di H. al fatale andare della civiltà moderna, è la novella À vau l'eau (1882), che ci mostra un piccolo impiegato, Folantin, vittima passiva dei cibi più o meno fatturati che gli ammanniscono le piccole trattorie di Parigi. À rebours (1884) segna il superamento non già del naturalismo (H., in sostanza, rimase naturalista fino all'ultimo), ma l'applicazione di esso a casi d'eccezione. Il protagonista di Å rebours, il ricco patrizio Des Esseintes, è un raffinatissimo esteta che per sfuggire alla volgarità ambiente si crea nella solitudine una vita artificiale, ben presto riconosciuta impossibile. Fu allora che Barbey D'Aurevilly propose a H. il dilemma che aveva già proposto a Baudelaire dopo Les Fleurs du Mal: "Dopo un simile libro, all'autore non resta che scegliere fra un colpo di rivoltella e la Croce". H. scelse la Croce, ma non subito. Tuttavia il suo estetismo si orientò sempre più verso il misticismo, che segnatamente nelle forme liturgiche più remote dalla modernità gli appariva la sola regione interessante da esplorare. Se En rade (1887) è ancora in parte un romanzo che ritrae la desolazione della vita borghese, in -bas (1891) s'intrecciano scene di satanismo, evocazioni della vita di Gilles de Rais (l'originale del favoloso Barbe-Bleu) e curiosi sondaggi della mistica cattolica. Il protagonista di -bas, Durtal, è un'evidente personificazione dell'autore e si ritrova nei romanzi successivi: En route (1895), in cui H. racconta la sua conversione e che è uno dei suoi libri più belli; La cathédrale (1898), descrizione e interpretazione della cattedrale di Chartres; L'oblat (1903) dove è adombrata la sua vita di penitente presso i benedettini. Di H., oltre ai romanzi, vanno ricordati alcuni libri di critica d'arte, d'impressioni di viaggio e di evocazioni parigine: L'art moderne (1883) e Certains (1889), in difesa della pittura impressionista; Les vieux quartiers de Paris (1890); La Bièvre et Saint-Séverin (1898); De tout (1901); Trois églises et trois primitifs (1905). Particolarmente significativi della sua ardente pietà e del suo pertinace naturalismo stilistico sono Sainte Lydwine de Schiedam (1901) e Les foules de Lourdes (1906). La lingua di H. è interessante e gustosa, ricca di vocaboli peregrini e di espressioni popolaresche, d'imprevedute metafore, di brutalità sintattiche. Le sue opere sono tutte edite a Parigi.

Bibl.: L. Deffoux, e E. Zavie, Le groupe de Médan, Parigi 1920; F. Belleville, La conversion de H., Bourges 1898; J. Joergensen, J.-K. H., Magonza 1908; H. Bremond, L'inquiétude religieuse, s. 2a, Parigi 1909; G. Boucher, De Là-bas à l'Oblat, souvenirs intimes sur J.-K. H., Parigi 1910; Dom. A. Du Bourg O. S. B., H. intime, Parigi 1908; G. Coquiot, Le vrai J.-K. H., Parigi 1912; H. Blandin, H., l'homme, l'écrivain, l'apologiste, Parigi 1913; A. Thérive, J.-K. H., Parigi 1924; G. Aubault de la Haulte-Chambre, J.-K.-H., souvenirs, Parigi 1924; H. Bachelin, J.-K. H., du naturalisme littéraire au naturalisme mystique, Parigi 1926; E. Seillière, J.-K. H., Parigi 1931; F. Lefèvre, Entretiens sur J.-K. H., Parigi 1932.

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