PILSUDSKI, Józef

Enciclopedia Italiana (1935)

PILSUDSKI, Józef

Francesco TOMMASINI
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Uomo politico e generale polacco, nato a Zułowo (granducato di Lituania) il 5 dicembre 1867, morto a Varsavia il 12 maggio 1935. Discendente da una famiglia di piccola nobiltà, crebbe nel periodo angoscioso che seguì la fallita insurrezione del 1863 e fu, sino dalla prima giovinezza, dominato dal più vivo fervore patriottico. Le condizioni della Russia d'allora, le quali escludevano qualsiasi possibilità di rivendicazioni nazionali polacche sul terreno legale, lo spinsero all'attività sovversiva con etichetta socialista. Nel 1887 fu deportato in Siberia, dove rimase cinque anni. Tornato nel suo paese natale, cominciò nel 1894 a pubblicare un giornale clandestino intitolato Robotnik (L'operaio). Il 21 febbraio 1900 fu arrestato a Łódź e trasportato a Pietroburgo, da dove riuscì a fuggire nel maggio 1901. All'inizio della guerra fra la Russia e il Giappone si recò in quest'ultimo paese a chiedere i mezzi per provocare una nuova insurrezione della Polonia; ma non trovò ascolto. Nel 1905 tornò in Russia e prese parte attivissima al moto rivoluzionario. Domato questo, concentrò la sua attività in Galizia con la tolleranza delle autorità austriache: formò nel 1908 una lega militare segreta, trasformatasi nel 1910 in un'associazione legale, chiamata Unione delle società di tiro. Nel 1912 costituì la Commissione provvisoria dei partiti indipendentisti federati, che doveva coordinare l'azione dei partiti di sinistra della Galizia e delle organizzazioni segrete democratiche della Polonia russa. Durante la guerra mondiale P., unico forse fra tutti i suoi connazionali, ebbe della questione nazionale una concezione che, nelle sue ultime finalità, non fosse legata a nessuna delle tre potenze che si erano spartito il territorio polacco. Il 6 agosto 1914 entrò nella Polonia russa a capo di un corpo di volontarî, che fece poi parte delle legioni polacche organizzate dal comando supremo austro-ungarico; ma, dopo che gl'imperi centrali ebbero occupato la Polonia, si volse a poco a poco contro di loro. Il 25 luglio 1916 lasciò il comando della 1ª brigata delle legioni: un anno dopo fu arrestato dai Tedeschi e internato a Magdeburgo. Il 9 novembre 1918, al momento del crollo della potenza militare germanica, fu liberato: andò a Varsavia, dove il Consiglio di Reggenza, creato dagl'imperi centrali, gli rimise il potere.

Il 20 febbraio 1919 la costituente, riunita a Varsavia, gli affidò le funzioni di capo dello stato, che esercitò sino al dicembre 1922. Durante questo periodo avvenne la guerra con la Russia soviettista. P. il quale il 19 marzo 1920, su domanda dei capi militari, aveva assunto il grado di maresciallo, prese il comando dell'esercito e sconfisse i bolscevichi. Alla fine del 1922, dopo l'entrata in vigore della costituzione, rifiutò di porre la sua candidatura alla presidenza della repubblica, perché riteneva che i poteri attribuiti al presidente fossero insufficienti, mentre sapeva che i suoi implacabili avversarî della destra, e specialmente del partito nazionaledemocratico, si apprestavano a combatterlo. Dopo l'assassinio del presidente Narutowicz (16 dicembre 1922), pur declinando di assumere il governo, prestò il suo appoggio al gabinetto Sikorski e fu nominato capo di Stato maggiore dell'esercito. Nella primavera seguente i suoi avversarî, alleatisi col partito dei contadini, giunsero al potere (ministero Witos). Egli si dimise da ogni ufficio e si ritirò in campagna nelle vicinanze di Varsavia; ma non rinunciò alla lotta. Tre anni dopo (12 maggio 1926) si presentò con alcuni reggimenti davanti alla capitale, di cui s'impadronì dopo alcuni giorni di lotta sanguinosa. Da allora egli fu l'arbitro della politica polacca e rafforzò l'autorità del governo spezzando con estrema energia le resistenze faziose dei gruppi parlamentari. Dopo il colpo di stato, rifiutò però di nuovo l'elezione alla presidenza della repubblica e, salvo un breve periodo in cui fu a capo del governo (ottobre 1927-giugno 1928), si limitò ufficialmente ad esercitare le funzioni di ministro della Guerra.

Ricco d'intuizione penetrante e straordinariamente esperto nella scelta del tempo, P. ha sempre accoppiato a queste sue qualità fondamentali una vigorosa tenacia e sistematicità nell'esecuzione dei progetti concepiti. Fu combattuto da partiti di destra e di sinistra, anche per la sua stessa avversione al predominare, nella vita politica dello stato ricostituito, di partiti dottrinarî, e rimase incompreso da parte di chi pretendeva da lui un programma particolareggiato. Ma ha saputo avvincere a sé con vincoli di profonda dedizione e devozione non solo l'esercito, che ha avuto in lui il suo geniale creatore e organizzatore, ma anche vaste masse del popolo polacco dominato dalla sua robusta personalità: tutta abnegazione, coraggio civile e militare, sacrificio costante di sé stesso.

Bibl.: S. Hincza, Pierwszy żolnierz odrodzonej Polski, Łódź 1928; I. de Carency, J. P., Parigi 1929; F. Tommasini, La risurrezione della Polonia, Milano 1925; id., La marcia su Varsavia, in Nuova Antologia del 16 giugno 1926; L. Kociemski, Piłsudski, Roma 1932.