MELÉNDEZ VALDÉS, Juan

Enciclopedia Italiana (1934)

MELÉNDEZ VALDÉS, Juan

Salvatore Battaglia

Poeta spagnolo, nato a Ribera del Fresno (Badajoz) l'11 maggio 1754, morto a Montpellier il 24 maggio 1817. A Salamanca, dove dal 1772 seguiva gli studî giuridici (si laureò nel 1783), fu decisiva per la formazione della sua cultura poetica l'amicizia di José Cadalso, spirito educatosi a un cosmopolitismo letterario e pervaso di chiari presentimenti romantici. In questo periodo, il M. V., "appassionato di cose moderne" imparò a conoscere attraverso le versioni francesi la poesia di Gessner, di Thompson, di Young, che scaltrirono di malinconica dolcezza e di eleganza pittorica il suo temperamento sensuale e arcadico. Ma dal chiuso ambiente di Salamanca, dove ristagnava in un provinciale sentimentalismo, lo richiamava il premio conferitogli dalla Academia española per una sua egloga di squisita fattura, elogio della vita dei campi (Batilo, 1780; edita nel 1784). E nel 1781 fece un viaggio a Madrid, invitato da un altro grande amico. G. M. de Jovellanos, a cui era legato per le comuni amicizie del cenacolo di Salamanca e per una calda corrispondenza epistolare. Sotto la sua vigorosa esortazione M. V. si orientò verso la cultura filosofica - leggeva Locke, Montesquieu, Rousseau, Marmontel - e alla sua ispirazione arcadica cominciò a sostituire, con antinomia spirituale che non riuscì mai a superare del tutto, una lirica ideologica, elevata, fatta di entusiasmi umanitari e progressisti. Primo frutto ne fu l'Oda a la gloria de las Artes (1783), in cui il suo gusto classico, formatosi con diretta e sicura comprensione delle fonti, si atteggiava secondo l'insegnamento del Winckelmann. Dopo un occasionale tentativo drammatico (Las bodas de Camacho, 1784), ch'ebbe il premio in un concorso, ma il più scoraggiante insuccesso sulle scene, il M. V. si decideva a pubblicare le sue Poesías (Madrid 1785). Scontento della sua vita pratica, più che di sé e della sua arte, abbandonò Salamanca e l'insegnamento (tenne la cattedra di "umanità" dal 1778 al 1789): l'una e l'altro ricordati poi con nostalgia, quando la carriera della magistratura e le avventure politiche delusero la sua ambiziosa volubilità e inaridirono la freschezza del suo spirito. Sollecitò il posto di "alcalde del crimen" (Saragozza 1789), passò poi "uditore" a Valladolid (1791) e quindi "fiscale" nella corte (1797): funzionario intelligente, oratore abile e colto, ma incapace di accettare quella vita difforme dal suo temperamento. Tra queste irrequietezze morali apparve la seconda edizione delle poesie (Valladolid 1797, 3 voll.), arricchita da nuove composizioni e sottoposta a un'accurata revisione stilistica. Ma l'anno seguente, in seguito alla caduta dei suoi amici politici, il M. V. fu confinato con un larvato esilio a Medina del Campo (1798) e di lì a Zamora (1800), finché gli riuscì di ritirarsi a Salamanca (1802), illuso di poter ritrovare il raccoglimento e la fede di una volta. Ma ripreso dagli avvenimenti favorevoli, privo com'era di carattere e di sensibilità pratica si smarrì in una serie di voltafaccia politici, dovuti piuttosto a debolezza che a basso tornaconto: inneggiò ai governi al potere, tanto liberali quanto reazionarî, e aggiogatosi al carro di Giuseppe Bonaparte dovette abbandonare la patria insieme ai Francesi, riducendosi, malinconico e povero, a Nîmes, a Tolosa, a Montpellier, dove morì di paralisi, tra gli stenti e l'abbandono. Nel 1886 i suoi resti furono trasportati a Madrid.

In Francia egli preparò la terza edizione delle sue poesie (e ne scrisse il prologo nel 1815 a Nîmes), che apparve invece per le cure del discepolo M. J. Quintana (Madrid 1820, voll. 4) con carattere definitivo. Nonostante la varietà tematica e il duplice ordine d'interessi umani, dapprima soltanto lirici e formali, poi orientati verso un contenuto filosofico ed etico, la sensibilità del poeta si mantenne in prevalenza sentimentale, femminea, idillicamente sensuale. Nella perfetta fattura dell'ode anacreontica e con la piena adesione ai motivi che essa comportava - finzione bucolica e idealizzamento della vita assorbita nei sentimenti più elementari, ma intesi con estetica raffinatezza - il M. V. interpretava e svelava la preromantica "sensiblerie" del secolo: un prevalere delle impressioni sensoriali che si traducono in frammenti di colori e di paesaggio; un'emotività immediata che trova nell'agile brevità strofica sfumature musicali; una levità spirituale che ingraziosisce tutto ciò che tocca, avvolgendo affetti e concetti in un'atmosfera tenera e malinconica, letterariamente elegante e composta. Uscire dall'oziosità implicita in questa ispirazione da salotto e da miniatura e sostituire all'aridità etica un'ansia umanitaria e scientifica, dovette sembrare al M. V. radicale rinnovamento della sua vita spirituale e artistica; ma fu conversione apparente e libresca, poiché al sentimentalismo anacreontico successe un'arcadia dell'ideologia umanitaria, con un'idillica e altrettanto astratta aspirazione progressista e con quel pessimismo all'acqua di rose che costituì sempre la sua dolce e tenera malinconia. Se prima lodava la vita dei campi come rifugio dalle lotte dell'animo (e la sua ispirazione andava da Teocrito a Garcilaso), ora inneggiava alla vita della natura con una sentimentalità rousseauiana, che in lui si faceva subito idillica e declamatoria. Al M. V. fece difetto una concezione unitaria della vita, incapace com'egli era di sentirne veramente gli aspetti sociali e intellettuali; ed egli rimase, anche nel secondo periodo- che peraltro ha valore di documento psicologico e culturale, più che di sviluppo artistico - il poeta della "piccola maniera" fine, sensitiva, di breve respiro.

Ediz.: L'ed. del 1820 fu arricchita da qualche altra lirica nella ristampa della Bibl. de aut. esp., LXIII, a cura del marchese di Valmar; altre Poesías inéditas, a cura di R. Foulché-Delbosc, in Revue hisp., I (1894), pp. 166-195; Poesías y cartas inéditas, ed. M. Serrano y Sanz, ibid., IV (1897), pp. 266-313. Una buona antologia a cura di P. Salinas, in Clásicos cast., Madrid 1925.

Bibl.: Cfr. l'intr. del Quintana alla sua edizione del 1820; E. Merimée, Études sur la littér. esp. au XVIIIe siècle: M. V., in Revue hisp., I (1894), pp. 166-195; e cfr. l'introd. del Salinas nell'ediz. cit. (1925).

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