AHO, Juhani

Enciclopedia Italiana (1929)

AHO, Juhani (Giovanni)

Paolo Emilio Pavolini

Nacque a Lapinlahti, tra Kuopio e Iisalmi, l'11 settembre 1861; figlio maggiore del vice-rettore Brofeldt, al cui cognome svedese, secondo l'uso di molti scrittori finni, sostituì lo pseudonimo, o meglio la traduzione del nome stesso. Sin dalla prima fanciullezza l'ambiente pietista della parrocchia dette ai suoi sentimenti quell'indirizzo riflessivo e moraleggiante, che doveva germogliare in tanti suoi scritti e in tante forme. E là, nel cuore della Savolaxia, dove si parla il finnico più puro, apprese a servirsi della lingua ricca e pittoresca che da lui nobilitata e raffinata riveste le più belle creazioni della prosa finnica moderna. Dalle prime impressioni degli immensi boschi solitarî, delle cascate muggenti, della vita avventurosa di cacciatori e pescatori, attinse la profonda simpatia per la natura che è elemento cospicuo nell'opera sua. Dalla madre, della famiglia del grande Snellman (v.), era richiamato ai ricordi di un'età di lotte e di conquiste in pro' della lingua e della cultura nazionale; mentre i primi anni di scuola, a Kuopio (1872), lo misero in entusiastico contatto col mondo poetico e fantastico del Kalevala e della Kanteletar.

Nel 1880 è studente universitario a Helsinki, di storia e filologia. Legge molto e di molti: di Ibsen e Björnson, di Mill e Spencer, dei russi, di Zola; simpatizza con Minna Canth, dalla quale poi lo allontana una vivace polemica circa il movimento femminile e l'emancipazione della donna. Nel 1880 ottiene dal senato un sussidio per un viaggio in Francia e in Germania. Altri avvenimenti importanti non offre la sua vita: nel 1901 sposò la pittrice Venny Soldan. Morì l'8 agosto 1921.

Scarsa importanza hanno alcune poesie del periodo giovanile (1880-85): tentativi presto abbandonati e mai più ripresi; Aho fu poeta, e dei più grandi, ma solo in prosa. E a pubblicare racconti e novelle cominciò sin dal 1880; nel 1883 usciva il suo primo piccolo capolavoro (premiato dallo stato) Siihen aikaan kun isä lampun osti (Nel tempo in cui il babbo comprò la lampada), svolgente un motivo più volte ripreso, anche nelle opere maggiori: il contrasto fra il buon tempo antico e le innovazioni della vita moderna, tra la semplicità dei costumi e degli animi e le raffinatezze materiali e psichiche: così in Rautatie (La ferrovia, 1884), in Kun Matti pani tupakan (Quando Matteo si accende la pipa, 1896) e più grandiosamente nel romanzo Panu.

Del 1885 è il suo primo romanzo Papin tytär (La figlia del parroco), in cui è affrontato un problema psicologico, di tipo ibseniano: una fanciulla che aspira a più largo orizzonte e a più nobili ideali in contrasto con le corte vedute del padre - il parroco - e poi con la grettezza e la fatuità di uno studente, che delude l'aspettazione della povera Elli, costretta così a sposare, ripugnante, il vice-parroco. Fu il primo trionfo dello scrittore, come prosatore e come psicologo. A distanza di otto anni apparve, come continuazione, Papin rouva (La moglie del parroco, 1893). Elli, infelice e solitaria a fianco di un marito bonario ma intellettualmente nullo, è ricondotta alle visioni di fanciulla il giorno che lo studente ritorna, ospite inaspettato; ma dell'amore di lei non è degno, e nemmeno lo comprende, quel carattere debole, indeciso, meschino. Timoroso di complicazioni, d'un tratto si allontana, lasciandola senza conforto e senza speranza. I sentimenti dei personaggi sono acutamente analizzati, di giorno in giorno e d'ora in ora; il romanzo, pur nella sua originalità, risente dell'influenza del Bourget, forse anche della Hedda Gabler ibseniana (pubblicata nel 1890), per quanto Elli sia una natura semplice e retta, profondamente umana. G. Castrén lo giudica "una delle migliori opere in prosa della nostra letteratura". Difatti segna un notevole progresso, per l'introspezione psicologica e la pittura del sentimento amoroso, sul romanzo precedente, Yksin (Solo! 1890), in cui pure non mancano pagine mirabili di accorata nostalgia (fu pensato e scritto durante il soggiorno parigino), finezza di analisi, vivezza di descrizioni. L'uno e l'altro, per quelle che parvero, in ambienti timorati e puritani, idee audaci e sovvertitrici, suscitarono vive discussioni di critici.

Durante e dopo un periodo di attività giornalistica, Aho iniziò la serie dei Lastuja (Trucioli), racconti generalmente brevi, di vario argomento, che riempiono otto volumi, pubblicati durante un trentennio, dal 1891 al 1921, l'anno della sua morte. Sono in gran parte poemetti in prosa, novelle e bozzetti, analoghi, per la forma e talvolta per la sostanza, alle celebri raccolte di Baudelaire, Daudet, Maupassant, Roumaniho; di Turgenev, di Kielland, di Tavaststjerna. Ma sono, nello stesso tempo, originali e caratteristici per i numerosi frammenti autobiografici, per il contenuto nazionale e patriottico, per le vivaci descrizioni della natura, del paesaggio, delle costumanze finniche, della vita degli animali. In due di questi volumi, dal titolo speciale Katajainen kansani (Il mio popolo di ginepro: il popolo che si piega ma non si spezza, che si rialza e si rinvigorisce ad ogni passar di bufera), adopra efficacemente l'apologo e l'allegoria per adombrare la tenace e invitta resistenza della razza finna all'oppressione del governo russo.

Ecco Härkä ja muurahaisei (Il bue e le formiche), le formiche che si costruiscono a forza di lavoro e pazienza il loro formicaio, ivi raccolgono i frutti dell'attività passata, le provviste per il futuro. Ma un bue, senz'alcuna ragione, s'infuria contro il monticello di terra e di paglia, lo demolisce, lo disperde. Invano: passato il primo sgomento, le formiche tornano all'opera e la loro casa è a poco a poco ricostruita e resa più salda e più bella di prima.

Ecco Sammuta sinä! Minä sytytän (Spegni tu! Io riaccendo!), la lotta fra il demone delle tenebre e lo spirito della luce: spenge quegli le lampade, le torce, le schegge di legno, ma non riesce ad estinguere la viva fiamma del focolare.

Ecco, infine, Lehdet (Le foglie), il crudo turbine autunnale, il carnefice che taglia il collo alle foglie tremanti e pieganti, a schiere intere, e pensa di averle distrutte per sempre, seppellite sotto il manto della neve. Ma al tornare della primavera "le condannate a morte si svegliano a nuova vita... non hanno cambiato di colore, non hanno mutato di forma; non sono diminuite, sono quante prima, sono più di prima...".

Un gruppo speciale di racconti, Heränneitä (Risvegliati, 1894), ritrae scene e sentimenti del pietismo, di quel movimento religioso e morale che, pur attraverso esagerazioni e intolleranze, esercitò benefica influenza sulla vita sociale e familiare, rafforzò la santità del dovere e del dolore, mitigò la piaga dell'ubbriachezza. Dello stesso anno è uno dei migliori racconti, dei più tragici e più tipicamente finnici: Maailman murjoma (Calpestato dal mondo, cioè, come è reso nella traduzione svedese, Il proscritto); nella figura del protagonista sembrano rivivere alcuni tratti di Kullervo infelice e maledetto (Kalevala, XXXI-XXXVI).

Ed eccoci all'opera più vasta e complessa, al grande romarizo Panu (1897), d'ispirazione kalevaliana. Erano gli anni in cui dal poema nazionale attingevano scene e motivi il sommo pittore Gallén-Kallela (v.) e il sommo musicista Jean Sibelius (v.). Aho vi si preparò con un viaggio nella Carelia russa (estate del 1892), con lo studio delle opere del Lönnrot e di Julius Krohn, con indagini sulla tecnica del romanzo storico, sin allora nuovo, o quasi, nella letteratura finnica. Nello sfondo pittoresco del paesaggio nordico, tra le foreste nevose e i laghi gelati, fin nelle estreme lande della Lapponia, fra usanze strane e passioni violente, in contrasti di luce e di tenebre, si muovono, insieme con altre secondarie ma tutte potentemente scolpite, le figure di Martin Olai, il benefico pastore di anime, l'apostolo del cristianesimo sorgente, e quella dello stregone Panu, il genio malefico che attraversa con tutti i mezzi e con tutti i delitti l'opera generosa e santa del suo irresistibile rivale: la lotta fra la magia morente e la fede cristiana nascente.

Romanzo storico-culturale è pure il seguente, diviso in due parti: Kevät ja Takatalvi (Primavera e Notti di gelo, 1906). Composto durante gli anni peggiori che furon detti gli anni del gelo (routan vuodet), della invano tentata russificazione e dell'opprimente regime del governatore Bobrikov, sembrò voce di patriottico conforto e di ammonitrice speranza: ché richiamava ai tempi (circa il 1840) del pietismo e del movimento finnico, e rappresentava al vivo i massimi artefici della rinascita nazionale: Snellman, Lönnrot, Paavo Ruotsalainen. Ma il successo fu relativamente scarso; né ebbe sorte migliore il dramma Tuomio (Giudizio, 1907), di tendenza patriottica e rappresentato, per il veto della polizia, solo nella primavera del 1917. Anche il tentativo anteriore (1903) di ridurre a dramma il romanzo Panu, non ebbe fortuna.

Dal 1907 al 1911 ristagna l'attività dello scrittore, tutto preso da due occupazioni di ben diversa natura: eletto a far parte del Comitato per la nuova traduzione finnica della Bibbia, come revisore per la parte linguistica, attese al suo nuovo ufficio con scrupolosa accuratezza; e si occupò nello stesso tempo della traduzione delle opere principali della letteratura finnica in svedese, sostenendo, contro chi opinava doversi tradurre direttamente dall'originale, che l'unica e più rapida via per far giungere alle altre nazioni civili i prodotti letterarî finni era quella dell'una o dell'altra lingua nordica e in primo luogo della svedese. Maggior successo ottennero i suoi sforzi per buone traduzioni finniche di insigni opere straniere; e da queste sue iniziative sorse poi la tanto benemerita istituzione Suomalaisen kirjallisuuden edistämisrahasto (Fondo per l'incremento della letteratura finnica), che unisce l'uno all'altro scopo.

L'altra occupazione, per niente letteraria, gli fornì materiali di pensiero e di descrizioni per bellissime pagine tra le ultime che scrisse: la pesca delle trote, presso la remota cascata di Huopana. Tanto vi si appassionò, da apprendere l'inglese per leggere i manuali tecnici sull'argomento; e da asserire di sé stesso: "nel fondo dell'animo mio, certo io sono piuttosto un pescatore che uno scrittore". In questo periodo di solitudine e di raccoglimento provvide anche a riunire in volumi una quantità di vecchi suoi saggi e articoli, dispersi in riviste e giornali: Minkä mitäkin Italiasta (Cose varie sull'Italia, 1906); Minkä mitäkin Tyrolista (Cose varie sul Tirolo, 1908); Sanomalehtimiesajoiltani (Di quando ero giornalista, 1911); Muistelmia ja matkakuvia (Ricordi e figure di viaggio, 1912).

Nel 1911, con juha (Gianni), ritorna dal romanzo storico al quadro puramente psicologico, nella cornice delle bellezze naturali (ricordi della prediletta cascata di Huopana). Per la mirabile analisi dei tre principali caratteri (il dongiovannesco seduttore Shemeikka, Marja felice e infelice e delusa nel suo amore, e il marito Juha, eroico fino alla morte nel suo incrollabile affetto), per la commovente umanità di passioni e gioie e dolori, di taciti sacrifizî e d'ignobili egoismi, ed anche per la perfezione dello stile, in gran parte dialogico, juha è, a giudizio di molti, il capolavoro di Aho.

Egli amava la Francia e di alcuni scrittori francesi aveva subìto l'influsso; mentre per la cultura tedesca non sentì mai simpatia. Accolse, pertanto, con gioia la notizia della vittoria della Marna; ma col prolungarsi e inasprirsi del conflitto mondiale venne a sentire antipatia per l'una e l'altra parte, per la guerra e il militarismo in genere. Espressione del suo stato d'animo è il racconto Rauhan erakko (L'eremita della pace, 1915), l'opera sua più debole, magra di pensiero, fiacca di ragionamento, superficiale di analisi; interessante solo come prova del dualismo per cui il poeta tendeva al sogno e il cittadino poggiava sulla realtà.

Muistatko? (Ti ricordi? 1920) è l'ultimo suo libro; non avendo più nulla da attendere dall'avvenire (il sogno dell'indipendenza finlandese si era fatto realtà), rievoca i ricordi del passato, specialmente della fanciullezza, in una serie di pagine autobiografiche, notevoli anche dal lato artistico.

E pensava a continuarle, quando, l'8 agosto del 1921, una lunga insidiosa malattia spezzò la robusta fibra del nobile e operoso scrittore, del maestro della prosa finnica moderna; mentre la patria si apprestava a celebrarne con solennità il sessantesimo genetliaco.

Edizioni: Alcune opere sono pubblicate dalla casa editrice Otava di Helsinki (Helsingfors), altre dalla casa Werner Söderström di Porvoo (Borgå). Traduzione completa in svedese. Traduzione tedesca di alcuni romanzi: Ellis Jugend, Ellis Ehe, Einsam, Panu, Schweres Blut (Juha), e racconti: Novellen von J. Aho, nella Universal Bibliothek, n. 3758. Traduzioni isolate in danese, inglese, francese, catalano, boemo ed estone. Due dei Lastuja (I, pp. 138-157 e pp. 175-85) trad. in italiano da P. Lefons: Fedele, 1906, e Viaggio di nozze, 1904.

Bibl.: Oltre ai capitoli relativi ad Aho nelle più importanti storie della letteratura finnica (e particolarmente in J. J. Meyer, Vom Lande der tausen Seen, 1910, pp. 118-130; in O. A. Kallio, Uudempi Suomalainen kirjallisuus (letteratura finnica moderna), 1911, II, pp. 52-77) e a saggi sparsi di Helmi Setälä, E. Lampén, Aino Kallas (nella rivista Valvoja), v. l'opera fondamentale di Gunnar Castrén, Juhani Aho, nell'originale in svedese, Stoccolma 1921, e nella traduzione in finnico di J. Lehtonen, 2 volumi, Helsingfors 1922.

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