ANDREWS, Julie

Enciclopedia del Cinema (2003)

Andrews, Julie

Francesco Costa

Nome d'arte di Julia Elizabeth Wells, attrice teatrale e cinematografica inglese, nata a Walton-on-Thames (Surrey) il 1° ottobre 1935. Ricca di una vivacità travolgente e vitale e dotata di una piacevole autoironia, grazie in particolare alla sua splendida voce è una delle poche interpreti inglesi che sia riuscita a trionfare per anni sulle scene di Broadway in vari musical di successo. Vincitrice nel 1965 del premio Oscar con la sua prima interpretazione cinematografica, Mary Poppins (1964) di Robert Stevenson, inaugurò con questo ruolo una lunga galleria di personaggi leali, comprensivi, un po' asessuati in cui si è trovata a lungo imprigionata, fino all'importante incontro con il regista Blake Edwards, il quale l'ha aiutata, con finissimo senso dello spettacolo, a rovesciare dall'interno i suoi ruoli abituali, consentendole di rivelare un notevole sex appeal, un gioco recitativo raffinato e maturo, ma anche una segreta sofferenza. Lo sforzo di lasciar affiorare un'intensità più complessa e una personalità di attrice dalle insospettate sfumature è culminato nel successo del film meno facile e più riuscito realizzato dalla coppia, Victor/Victoria (1982; Victor Victoria), per il quale nel 1983 la A. ha ottenuto anche una nomination all'Oscar. Figlia d'arte (la madre si esibiva in un music hall), debuttò in teatro a soli dodici anni in Starlight roof, rivelandosi presto un'ottima cantante. Nel 1953 interpretò Cinderella al Palladium di Londra, e l'anno successivo giunse negli Stati Uniti per recitare a Broadway nel musical The boy friend. Apparve nel 1956 in My fair lady, che venne replicato per ben tre stagioni teatrali, e quindi in Camelot, ottenendo lusinghiere affermazioni. Proprio l'anno in cui George Cukor allestì la versione cinematografica di My fair lady preferendole Audrey Hepburn per il ruolo della fioraia Eliza Doolittle, Walt Disney la scritturò per quello della 'magica', positiva ed effervescente istitutrice Mary Poppins che la impose sugli schermi facendole ottenere un enorme successo a livello internazionale. La definitiva consacrazione della sua popolarità arrivò con un'altra commedia musicale, The sound of music (1965; Tutti insieme appassionatamente) di Robert Wise, e ancora con il personaggio di una governante, questa volta inesperto e venato di romanticismo, alle prese con i tormenti dell'amore e in definitiva lontano dalla stravagante sicurezza della protagonista del film di Stevenson. In precedenza era stata al fianco di James Garner in The americanization of Emily (1964; Tempo di guerra, tempo d'amore) di Arthur Hiller, nella parte drammatica e commovente di un'inglese perdutamente innamorata di un militare americano. Era ormai circondata dal grande affetto del pubblico che ne amava l'impertinenza, lo spirito di autonomia ma anche la dolcezza che mostrava nelle sue interpretazioni, accompagnati a una naturale eleganza che però, in alcuni dei ruoli successivi, non sempre a lei congeniali, sembrò a tratti cristallizzarsi nella mancanza di calore. Per un compenso assai elevato recitò infatti in una megaproduzione, Hawaii (1966) di George Roy Hill, mentre non fu fortunato neanche il suo incontro con Alfred Hitchcock che le offrì la parte, poco incisiva e lontana dalla sua consueta vivacità, della fidanzata di uno scienziato, interpretato da Paul Newman, in Torn curtain (1966; Il sipario strappato), una spy story ambientata nella Germania comunista, che non ottenne i consensi sperati. Interpretò poi, quasi in ricordo dei suoi antichi trionfi teatrali, Gertrude Lawrence, la celebre diva di Broadway, in Star! (1968; Un giorno… di prima mattina) diretta nuovamente da Wise, ma il film fu un costosissimo insuccesso. Accettò quindi ancora la parte di una cantante che maschera con i suoi spettacoli un'attività di spia in Darling Lili (1970; Operazione Crêpes Suzette) di Edwards, con il quale si sposò durante le riprese. Malgrado il nuovo insuccesso di pubblico, l'incontro fu in realtà fortunato anche sul piano professionale perché il regista riuscì a far emergere, nei film in cui l'avrebbe diretta in seguito, i tratti ironici, graffianti e maliziosi della sua sensibilità, ma anche una certa tristezza nonché una conturbante sensualità, tutti aspetti rimasti sino a quel momento soffocati dall'amabilità convenzionale e un poco stereotipata dei suoi ruoli più famosi. Il pubblico accolse ancora con freddezza The tamarind seed (1974; Il seme del tamarindo), una storia d'amore e spionaggio con Omar Sharif, ma decretò il trionfo della commedia 10 (1979) in cui la A., moglie dinamica e intelligente di Dudley Moore, viene da Edwards contrapposta alla giovane Bo Derek. In S.O.B. (1981), atto d'accusa al vetriolo dello stesso Edwards nei confronti dell'ipocrisia di Hollywood, l'attrice disegnò un'esplicita dissacrazione della sua carriera, interpretando con ironia e una punta di volgarità la figura di Sally, diva legata a ruoli edificanti, costretta, per rinnovarsi, a recitare a seno nudo. Fu quindi nel successivo Victor/Victoria, in cui i temi del travestitismo e della finzione nello spettacolo diventano occasione per una pungente riflessione, ricca di sarcasmo, sulla labilità degli schemi prefissati e di ogni identità sessuale, che la A. (vero fulcro del film) ebbe modo di mostrare l'ambiguità del suo fascino e di giocare con il suo talento di attrice votata a funamboliche trasformazioni, interpretando il ruolo di un'artista disoccupata che, per poter lavorare, deve fingere di essere un conte gay polacco che si esibisce in abiti femminili. Diretta ancora da Edwards, ha recitato dapprima in The man who loved women (1983; I miei problemi con le donne) in cui è la psicoanalista Marianna che tenta di guarire Burt Reynolds dalla mania d'innamorarsi di tutte le donne, e in That's life! (1986; Così è la vita), in cui interpreta la parte di Gillian, una cantante sposata a un regista ipocondriaco (Jack Lemmon) e angosciata dal sospetto di essere seriamente ammalata. Il film, girato tra le pareti della casa dell'attrice, è strettamente autobiografico e risulta soffuso di un'intensa malinconia. Dopo aver trionfato ancora a Broadway nel 1995 con la versione musicale di Victor/Victoria, la A. è stata costretta a diradare la sua attività per un intervento non riuscito alle corde vocali. Ha continuato comunque a lavorare intensamente per la televisione (il suo programma del 1972-73, The Julie Andrews hour aveva vinto ben otto Emmy Awards), e a scrivere libri per l'infanzia, a conferma di una sua attenzione al mondo delle favole e della narrativa infantile che il suo primo ruolo cinematografico aveva opportunamente individuato. Nel 2001 è apparsa nuovamente sul grande schermo ottenendo, ancora una volta, un notevole successo di pubblico con Pretty princess di Garry Marshall, nel ruolo della regina Clarisse.

Bibliografia

J. Cottrell, Julie Andrews, London 1969; L. Spindle, Julie Andrews: a bio-bibliography, New York 1989; J. Arntz, Julie Andrews, Chicago 1995.

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