KENYA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)

KENYA

Guido Barbina
Giampaolo Calchi Novati
Maria Luisa Zaccheo

(XX, p. 163; App. II, II, p. 137; III, I, p. 949; IV, II, p. 286)

Il K. ha una popolazione stimata (nel 1990) di 24,03 milioni di ab. (era di 15.327.061 ab. al censimento del 1979). Il gruppo etnico più importante e dominante sulla vita economica e politica del paese è quello degli Kikuyu, seguito da altri gruppi del ceppo bantu. Buona parte della popolazione si addensa nell'area degli altopiani centrali, che offrono il clima migliore e le superfici meglio coltivabili, ma che rappresentano solamente una parte molto piccola (meno del 5%) della superficie totale del paese. La città più popolosa è la capitale Nairobi (1.429.000 ab., stima 1989) dove affluisce gran parte della popolazione che lascia i villaggi o le aree del pascolo nomade. Gli immigrati s'insediano nei quartieri sorti nei dintorni e costituiti da ammassi di abitazioni precarie che contribuiscono in modo decisivo all'aggravamento della situazione urbanistica, sociale ed economica della capitale. L'altissimo tasso d'incremento della popolazione (il tasso di natalità supera il 47ı, mentre quello di mortalità oscilla sull'11ı) crea gravi problemi essendo ormai le aree coltivabili sovraffollate e troppo intensamente sfruttate. La riforma agraria iniziata nel 1961, più volte corretta e ridimensionata e terminata nel 1988, ha assegnato tutte le superfici fertili degli altopiani centrali (già appartenenti ai coloni britannici, che di queste alte terre avevano fatto un'area esclusiva per i bianchi: i White Highlands) ai contadini locali, riducendo progressivamente la superficie assegnata a ciascuna famiglia fino a raggiungere negli ultimi anni una dimensione aziendale inferiore a un acro, assolutamente antieconomica e impossibile da gestire utilmente.

Le vaste superfici degli altopiani centrali sono state parcellate in una trama fittissima di piccole aziende che, troppo intensamente coltivate, non hanno quasi mai raggiunto livelli di produttività sufficienti al mantenimento delle famiglie. La riforma agraria non è così riuscita a contenere entro le zone rurali l'incremento della popolazione. Di conseguenza si è avuta una corsa verso la capitale e verso Mombasa con effetti assai negativi sull'organizzazione urbana di questi due centri. L'intensificazione delle colture ha provocato un rapido degrado delle aree forestali (distrutte anche per produrre carbonella vegetale, che costituisce la principale fonte di energia termica per le famiglie) e, assieme al pascolo vagante, una forte erosione delle superfici in pendio, che oggi presentano forme di dilavamento e di franosità estremamente avanzate.

Anche le aree del pascolo nomade presentano gravi sintomi di crisi in quanto la sempre più ridotta possibilità di spostamento dei nomadi Maasai, Samburu, Rendille, Turkana, Gabbra e di altri gruppi minori costringe queste popolazioni a intensificare l'allevamento in superfici sempre più ridotte con un progressivo impoverimento del rado manto vegetale delle aree steppiche. I nomadi tendono oggi a gravitare maggiormente verso le aree umide, dove peraltro i progetti d'irrigazione mirano a ricavare nuove superfici per gli agricoltori.

L'agricoltura e l'allevamento rappresentano ancora la fonte primaria dell'occupazione, ma solamente le colture commerciali come il caffè e il tè danno buoni risultati economici.

Il caffè (Nyeri) è il prodotto più importante (nel 1990 la produzione è stata di 90.000 t, per 155.000 ha coltivati): il caffè viene coltivato in aziende di piccola e media dimensione ed è controllato da un apposito ente governativo, che cerca di ridurre gli effetti dell'oscillazione di prezzo del mercato internazionale sull'economia del Kenya. Il secondo prodotto per importanza è il tè, che ha avuto un rapido incremento dopo il 1970: attualmente 55.000 ha sono coltivati da 145.000 piccoli proprietari, mentre 23.000 ha appartengono a grandi aziende; il tè del K. è di qualità ottima e ottiene sempre buoni prezzi sui mercati internazionali. In fase di contrazione è la coltura dell'agave sisalana, mentre il piretro, coltivato in piccole aziende familiari, sembra oggi avere poche prospettive.

L'attività industriale, concentrata nelle aree di Nairobi e Mombasa, si avvale della produzione di energia idroelettrica dei nuovi grandi bacini artificiali del fiume Tana, ma non ha mai raggiunto una grande rilevanza nell'economia nazionale. Il turismo invece sembra destinato a un'ulteriore espansione, e il numero di persone che annualmente visitano il K. è superiore al milione. L'area turistica preferenziale è quella costiera (Mombasa, Malindi, Watamu), seguita da quelle di Nairobi e di Nyeri. La presenza sempre più numerosa di turisti nei parchi nazionali e nelle riserve naturali sta però provocando, assieme al bracconaggio, una rapida distruzione del patrimonio naturalistico del K., assottigliando in maniera preoccupante una delle risorse economiche più importanti.

Bibl.: S.H. Ominde, Land and population movements in Kenya, Nairobi 1968; J.W. Harbeson, Nation-Building in Kenya. The role of land reform, Evanston 1973; AA.VV., Kenia, Tubinga 1977; G. Arnold, Modern Kenya, Londra 1981; Kenya economic survey, Nairobi 1988; G. Barbina, I problemi della difesa dell'ambiente e del patrimonio faunistico in un paese in trasformazione. Il caso del Kenya, in Rivista geografica italiana, 97 (1990), n. 1, pp. 1-12.

Storia. - Nonostante la grande e invadente personalità di J. Kenyatta, primo capo del governo e primo presidente dopo l'indipendenza, morto nel 1978 dopo alcuni anni nei quali al suo declino fisico corrispose un clima di crescente autoritarismo e di macchinazioni a livello di famiglia e di clan, il K. superò con successo il momento tanto temuto della successione. Nuovo presidente fu proclamato il vice-presidente D.A. Moi, membro della piccola etnia dei Kalenjin. Sembrava acquisito il principio di un'alleanza informale, e di una specie di compensazione, fra Moi e l'élite dei Kikuyu (l'etnia dominante sia numericamente che dal punto di vista economico e culturale); tuttavia, pur prestando formalmente una profonda devozione alla memoria di Kenyatta − secondo lo slogan ufficiale del Nyayo, che significa appunto "seguire le orme" (di Kenyatta) − Moi è riuscito a costituire una propria base di potere rafforzando contemporaneamente il peso dei Kalenjin nella pubblica amministrazione. Il partito è stato potenziato e nel 1982 la KANU (Kenya African National Union) divenne a tutti gli effetti, anche di legge, il partito unico.

Il regime corse un grave pericolo per il colpo di stato militare del 1° agosto 1982, represso a fatica dalle forze armate lealiste, con un'alta perdita di vite umane. Altro segno di crisi fu l'''affare Njojo'', scoppiato clamorosamente nel maggio 1983, quando il nome dell'influentissimo ministro venne fatto in concomitanza con le voci di un complotto per sostituire Moi alla presidenza: C. Njojo fu rimosso da tutte le cariche, nel governo e nel partito unico, e si dimise da parlamentare. Ma l'inchiesta finì senza accertare responsabilità precise, e Njojo fu scagionato, anche se non riabilitato. Altra causa di turbolenza è stata a lungo la protesta degli studenti: l'università di Nairobi è stata chiusa per lunghi periodi per facilitare la ''normalizzazione''. Da alcuni anni opera un'organizzazione clandestina nota come Mwakenya, che nel 1991 costituì un cartello di oppositori detto FORD (Forum for the Restauration of Democracy).

Elezioni per l'Assemblea si tennero nel marzo 1988 secondo un nuovo sistema di voto ''all'aperto'', causa di molte controversie: dietro ai candidati, che erano stati selezionati dalla KANU, gli elettori si dovevano ''mettere in fila'', a seconda della propria preferenza. Sempre nel 1988 Moi fu rieletto per la terza volta presidente senza oppositori. Critiche sui metodi di governo e sulla tutela dei diritti umani erano mosse spesso da ambienti collegati alla Chiesa, trovando qualche riscontro in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Emendamenti costituzionali, nel 1986 e nel 1988, aumentavano tuttavia i poteri del presidente rispetto al Parlamento e alla magistratura. Una crisi gravissima seguì l'assassinio in circostanze non chiarite del ministro degli Esteri R. Ouko nel febbraio 1990. Le pressioni interne e internazionali hanno portato alla legalizzazione del multipartitismo (dicembre 1991) e alla convocazione di libere elezioni, che hanno visto un nuovo successo di Moi e del suo partito (dicembre 1992).

Il K. ha intensificato i rapporti di collaborazione, anche militare, con i paesi occidentali. Nel 1980 ha accordato l'uso dei propri aeroporti e porti per il dispositivo strategico degli Stati Uniti nella zona Oceano Indiano-Golfo Arabico. Sul piano regionale il K. ha cercato di svolgere un ruolo di mediazione e di egemonia, con riguardo in particolare alla lunga guerriglia in Uganda.

Bibl.: Independent Kenya, Londra 1982; Ch. Leo, Land and class in Kenya, Toronto 1984; N.N. Miller, Kenya: The quest for prosperity, Westview-Gower 1984; D.T. A. Moi, Kenya African nationalism: Nyayo philosophy and principles, Londra 1986; Kenya, An AED Special Report, ivi 1986; D.W. Throup, Economic and social origins of Mau Mau, 1945-53, ivi 1987; D. Bourmand, Histoire politique du Kenya: Etat et pouvoir local, Parigi 1988; J.A. Widner, Kenya's slow progress toward multiparty politics, in Current history, 1992, pp. 214-18.

Architettura. - Il K. rimase colonia britannica fino al 1963; tuttavia gli Inglesi, quando abbandonarono il potere, si lasciarono dietro una forte tradizione sia culturale sia politico-amministrativa; questa influenza, dopo trent'anni d'indipendenza, è ancora viva. Già dal 1910 infatti gli amministratori della British East Africa Province of Kenya furono incaricati di costruire città "pianificate secondo concetti che potessero facilitare futuri ampliamenti, specificando le aree necessarie per le attività governative, mercantili, ospedaliere, religiose e residenziali, in modo da differenziare quartieri per gli Europei, per gli Indiani e per gli Indigeni". Nel 1929 sir H. Baker costruì a Nairobi le Law Courts e i Railway Headquarters e, nel 1934-35, la Government House in uno stile di derivazione wreniana di alta qualità sia di esecuzione che di dettaglio.

A Nairobi il frutto dell'accurata pianificazione degli anni Venti è visibile nella separazione della downtown area dall'hinterland con viali alberati e parchi che fanno da filtro e da confine verde fra le due zone. Dall'indipendenza Nairobi si è espansa in ogni direzione.

Sede dell'UNDP (United Nations Development Program) e della sua rivista Habitat, Nairobi è punto di attrazione per urbanisti, architetti e studiosi dell'ambiente, ed è spesso utilizzata da organizzazioni internazionali per convegni, congressi mondiali e panafricani, al punto da rendere necessaria la costruzione del grande Kenyatta Conference Centre, realizzato agli inizi degli anni Settanta dall'architetto tedesco K.E. Nostvich. Il centro commerciale vanta un elevato livello architettonico, mantenutosi attraverso gli anni e dovuto anche alla presenza durante gli anni Trenta di noti esponenti del movimento moderno, come il tedesco E. May e l'inglese A. Connell, la cui opera ha influito sulla qualità delle costruzioni anche dei periodi successivi. Connell realizzò molto, fino alla fine degli anni Quaranta: tra le sue opere vanno ricordati gli uffici per il Parlamento, in collaborazione con T. Dyer, e il Diamond Jubilee Hospital per l'Aga Khan. Tra i suoi collaboratori vi fu R. Marshall, che lavorò per i Crown Court Offices e per il Diamond Jubilee Hospital.

Nel 1965 Marshall fondò lo studio Dalgliesh Marshall Johnson, da allora impegnato in numerosi progetti in Africa centrale e orientale. Tra le loro opere degli anni Sessanta si ricordano l'ETCO House, per una dittà esportatrice di caffè, la Bruce House, sede dell'ambasciata britannica, e la International House. Verso la fine degli anni Sessanta lo studio progettò l'arena del Bomas of Kenya a Lan'gata presso Nairobi, per la Kenya Tourist Development Corporation, e la Safari Lodge a Voi, ambedue di forma circolare e coperte a cono. Sempre degli stessi autori sono il monastero benedettino e il centro culturale francese a Nairobi, nonché i prestigiosi Baobab e Nyali Beach Hotel a Mombasa (1987) e la contemporanea ristrutturazione del Norfolk Hotel a Nairobi.

L'architettura alberghiera, dato lo sviluppo sempre crescente del turismo, ha assunto particolare importanza sia sulla costa sia nell'interno del paese (safari lodges Masai Mara e Tree Tops). Tra le opere attuali dev'essere menzionata la nuova sede dell'ambasciata del Regno Unito, la cui costruzione è stata affidata, a seguito di un concorso bandito nel 1989, allo studio Cullum and Nightingale.

Bibl.: Jomo Kenyatta Conference Centre, in Illustrated Lighting Review, 29 (1978), 3, pp. 80-83; A. Mazrui, The Africans. A triple heritage, Londra 1986; B. Fletcher, A history of architecture, ivi 198719; Royal Institute of British Architets Journal, agosto 1989, pp. 30-34; Diplomatic Niceties, in Building Design, 8 (1989).

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