KEPHISODOTOS. - 2

Enciclopedia dell' Arte Antica (1961)

KEPHISODOTOS (Κηϕισόδοτος, Cephisodotus)

D. Mustilli

2°. - K. il giovane fu figlio e discepolo di Prassitele, e la sua attività si svolse dal 345 al 280 a. C.; Plinio (Nat. hist., xxxvi, 10), infatti, ne pone l'acmè nell'Olimpiade cxxi (296-293 a. C.). Scultore fecondo di opere, come provano la tradizione letteraria e le numerose basi di statue pervenuteci, K. eseguì statue in bronzo ed in marmo, sovente in collaborazione col fratello Timarchos. Con costui scolpì ad Atene la statua di Enyo, la dea della guerra, per il tempio di Ares che era sull'Agorà (Paus., i, 8, 4); a Tebe la decorazione bronzea di un altare oppure una statua di Dioniso (Paus., ix, 12, 4: la lezione dei codici è corrotta). I due fratelli scolpirono anche, a Coo, le statue che Eutia dedicò nel santuario di Asklepios (Herond., iv, 21 ss.) e che probabilmente ornavano il colonnato del grande altare dinanzi al tempio; ad Atene, i ritratti in legno di Licurgo e dei suoi tre figliuoli (Ps. Plut., Vita X or., Lyk., 38), la statua di una sacerdotessa di Atena Poliàs e la statua di Menandro, seduto, che era nel teatro di Dioniso (Paus., i, 21, 1), della quale è stata trovata la base; infine, eseguirono per Megara le statue di Dione e di Diokleia. Altre statue furono opera solo di K. e di esse sono state trovate due basi ad Atene, una ad Eleusi, una a Delfi, una a Trezene. Dalla tradizione letteraria sono attribuite a K., oltre alle statue di Megalopoli ed a quelle del secondo gruppo di Muse del recinto dell'Elicona, delle quali si tratta a proposito di K. il vecchio (v. K., 10), statue di filosofi, i ritratti delle poetesse Miro (Mero di Bisanzio) e Asite di Tegea (Tatian., Ad Graec., p. 31, 13 ss.; Schwartz), la statua di Latona che fu portata a Roma nel tempio di Apollo Palatino, un'Afrodite, che fece parte della collezione di Asinio Pollione, una statua di Artemide ed una di Asklepios, conservate nel tempio di Giunone del portico di Ottavia (Plin., Nat. hist., xxxv, 24), che taluni vorrebbero identificare, ma a torto, con le statue che K. scolpì per Coo insieme al fratello. Di queste ultime si crede di aver recuperato alcuni frammenti e, se l'ipotesi è, come sembra, esatta, i due scultori appaiono continuatori dell'arte paterna, dalla quale ereditano le ricerche coloristiche, accentuandone gli effetti dello sfumato e introducendo, però, una ricerca di accenti realistici di evidente derivazione lisippea. Per tal motivo, si sarebbe indotti a ritenere derivato dalla statua di Atene rappresentante Menandro (v.) un ritratto (noto finora in più di quaranta copie) che altri critici ritengono invece opera del tardo ellenismo e ritratto di Virgilio. Parimenti non sembra da escludere il riferimento a K. di un gruppo rappresentante un satiro ed un ermafrodito, noto in più copie, che deriverebbe dal suo famoso symplegma, conservato a Pergamo (Plin., loc. cit.).

Bibl.: J. Overbeck, Schriftquellen, Lipsia 1868, nn. 1137-1143; 1331-1341; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, XI, 1922, c. 231 ss., s. v.; M. Bieber, in Thieme-Becker, XX, p. 163 ss., s. v.; id., Mirone, in Rev. Arch., 1922, p. 291 ss.; G. Lippold, in Handb. d. Archäologie, III, i, Monaco 1950, p. 223. Per il K. il vecchio vedi anche: W. Amelung, in Röm. Mitt., XXXVIII-XXXIX, 1923-24, p. 41 ss.; L. Curtius, in Jahrbuch, XLIII, 1928, p. 281 ss.; G. E. Rizzo, Prassitele, Milano 1932, pp. 4 ss., 112 ss.; Ch. Picard, Manuel, La Sculpture, III, Parigi 1948, p. 77 ss. Per la riproduzione della Eirene su anfore panatenaiche: K. Schefold, in Jahrbuch, LII, 1939, p. 37 ss. Per la Latona di Delo: G. Lippold, op. cit., XL, 1925, p. 270, n. i; id., in Einzelaufnahme, n. 4855. Per le statue di Megalopoli: Ch. Picard, in Rev. Arch., 1939, II, p. 76 ss.; id., in Comptes Rendus de l'Académie d. Inscript., 1941, p. 203 ss. Per K. il giovane: M. Bieber, in Jahrbuch, XXXVIII-XXXIX, 1923-1924, p. 243 ss.; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, VI A, 1936, c. 1938 ss., s. v.; id., Handb., cit., p. 299. Per il ritratto di Menandro: R. Herbig, in Röm. Mitt., LIX, 1944, 1948, p. 77 ss. Per il symplegma: B. M. Felletti Maj, in Not. Scavi, 1947, p. 76 ss.

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