Knowledge society

Lessico del XXI Secolo (2012)

knowledge society


<nòliǧ sësàiëti> locuz. sost. ingl., usata in it. al femm. – Società nella quale il ruolo della conoscenza assume, dal punto di vista economico, sociale e politico, una centralità fondamentale nei processi di vita, e che fonda quindi la propria crescita e competitività sul sapere, la ricerca e l’innovazione. La locuzione ha assunto importanza in occasione del Consiglio europeo svoltosi a Lisbona nel marzo 2000, che ha conferito all’Unione Europea l’obiettivo strategico di sviluppare un’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica, in grado di realizzare una crescita sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. Lo sviluppo delle necessità di relazione tra gli individui, amplificata, per tutto il Novecento, dalle potenzialità della comunicazione telefonica e cellulare, dall’aumento della conoscenza introdotta nei processi economici a seguito dello sviluppo delle tecnologie digitali e dall’aumento del ruolo dei mass media, prima, e di Internet poi, ha modificato profondamente le forme della vita sociale. L’idea di una società fondata sulla conoscenza, basata sulla gestione dell’informazione, segna il superamento dell’era industriale, fondata sui dispositivi meccanici, che a sua volta aveva sostituito le società agricole fondate sulla domesticazione di piante e animali. Conoscenza, sapere, competenze, capacità di apprendimento e abilità, nell’analisi dei nuovi conseguenti processi di produzione, risultano risorse sociali fondamentali. Più che in passato, possederle significa avere maggiori opportunità di trovare e mantenere un lavoro qualificato e sicuro, ma anche essere inseriti nei processi sociali e accedere alle opportunità che tale nuova struttura sociale mette a disposizione. La stessa misura della competitività si poggia non soltanto su quelli che sono definiti come i capitali finanziari, tecnologici e naturali, ma sulle conoscenze qualificate, su reti di comunicazione efficienti, sulla dimensione globale dei processi. Il principio ispiratore è quello della coniugazione di tutti i processi innovativi, come quelli relativi alla formazione continua dei lavoratori e dei cittadini, quelli legati al valore dell’innovazione dei processi di organizzazione sociali e decisionali, del ruolo fondamentale svolto dall’innovazione tecnologica relativa all’avvento di Internet. Altre proposte di analisi mettono l’accento sulla centralità dei processi di innovazione tecnologica. In questa visione, la società della conoscenza è basata sull’uso diffusivo delle tecnologie, legate alla gestione dell’informazione attraverso la costruzione di enormi banche dati, la rete di computer interconnessi e la telefonia cellulare. Proprio questo sviluppo consentirebbe il cammino verso un’organizzazione sociale ed economica basata sulla conoscenza. Il ritardo nel comprendere tale cambiamento a livello generale, definito come un vero e proprio passaggio di paradigma, rappresenta il vero stato attuale della società tutta, proiettata verso un modello ancora in via di definizione. A tale prospettiva corrisponderebbe un aprirsi di nuovi orizzonti economici, sociali, politici e culturali dell’intero pianeta. D’altro canto, esistono critici di questa interpretazione, secondo i quali i fattori relativi alla centralità del ruolo della conoscenza non sono una novità, ma avrebbero sempre rappresentato un elemento centrale dello sviluppo umano. Il livello delle conoscenze disponibili avrebbe sempre connotato il modello sociale del tempo e caratterizzato la forma dell’economia e della società. L’accelerazione introdotta dalle tecnologie non rappresenterebbe una differenza qualitativa ma solo quantitativa, e l’avvento di una fase di transizione si avrebbe più che dalla società industriale alla società della conoscenza, verso una sorta di comunità-rete, una struttura sociale condizionata da forme di protagonismo e spettacolarizzazione. Inoltre, il panorama della k. s., accanto a una promettente evoluzione verso una forma di società più aperta e democratica, mostra tuttavia i tratti inquietanti del digital divide – la distanza tra i paesi più ricchi e i paesi in via di sviluppo –, un solco che rischia di aggravarsi nel tempo. Una causa molto evocata di questo problema è la carenza di infrastrutture digitali, tuttavia i parametri di discriminazione sono molti altri, tali da configurare un knowledge divide che impatta tutta la sfera dell’individuo. Altre interpretazioni ipotizzano il ruolo della conoscenza come quello di un bene comune dal quale ripartire per assicurare nuove forme di garanzie sociali e nuovi diritti. La dimensione della conoscenza come bene comune riapre il tema della proprietà intellettuale che, questa volta, non è riferibile esclusivamente al tema dei prodotti culturali ma, più in generale, al ruolo della conoscenza nella produzione delle merci.

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