L'archeologia del Sud-Est asiatico. Malaysia

Il Mondo dell'Archeologia (2005)

L'archeologia del Sud-Est asiatico. Malaysia

Peter Bellwood
Fiorella Rispoli
Adi Haji Taha
Wilhelm G. Solheim II
Zuraina Majid

Malaysia

di Peter Bellwood

La Malaysia costituisce l'estremità sud-orientale del continente asiatico e separa il Mar Cinese Meridionale dall'Oceano Indiano. La varietà linguistica e biologica della regione è superiore a quella di ogni altro territorio di uguali dimensioni del Sud-Est asiatico; ciò rispecchia la sua conformazione geografica di estremo promontorio, lungo e stretto (largh. mass. 300 km), dell'Asia continentale, aspro e montuoso all'interno e ricoperto da un manto di foresta pluviale equatoriale. Lo studio della sua preistoria riveste pertanto particolare interesse.

Si ritiene che il più antico sito della Penisola Malese sia Kota Tampan (Perak), un'officina litica sepolta sotto uno strato di ceneri depositate dall'eruzione del vulcano Toba (Sumatra, Indonesia) circa 75.000 anni fa. Non si conoscono siti databili all'apice dell'Ultimo Glaciale, forse perché in quel periodo la linea di costa era molto più avanzata rispetto a quella odierna. La sequenza archeologica della Malaysia ebbe inizio al termine del Pleistocene, successivamente ai 14.000 anni fa. Sono state distinte tre fasi anteriori alla diffusione delle religioni indiane nel I millennio d.C.: Hoabinhiano (fine Pleistocene - Olocene medio), Neolitico (dopo il 2000 a.C.) ed età del Ferro (dopo il 200 a.C.). Il complesso litico noto come Hoabinhiano, contraddistinto da una larga predominanza di industria su ciottolo, è attestato in alcuni chiocciolai costieri dell'Olocene medio, ma soprattutto nelle grotte e nei ripari che si aprono nei rilievi carsici di gran parte della penisola, e in particolar modo nell'interno. Gli indizi recentemente emersi durante gli scavi di Adi Haji Taha nei ripari sotto roccia di Gua Cha, Gua Chawas e Gua Peraling (Kelantan) lasciano ipotizzare che la piena diffusione dell'Hoabinhiano nell'interno dell'attuale Malaysia si sia verificata con la stabilizzazione, intorno ai 6000-8000 anni fa, delle linee di costa ai livelli attuali. Ciò avvenne per effetto delle trasgressioni postglaciali, in un'epoca in cui la costa potrebbe essersi trovata leggermente più all'interno rispetto alla posizione odierna, e prima che lo sviluppo delle attività agricole determinasse un aumento dei fenomeni alluvionali. La stabilità della linea di costa favorì un maggior equilibrio dei sistemi produttivi dei cacciatori-raccoglitori hoabinhiani, accompagnato da una crescita demografica e dal popolamento dei reticoli di grotte che si aprono nell'entroterra della penisola. La ricchezza dei complessi hoabinhiani successivi a 8000 anni fa è impressionante; sono stati scoperti numerosi siti in grotta con profondi depositi contenenti strumenti su ciottolo mono- e bifacciali, nuclei e schegge, ossa animali, conchiglie e frequenti sepolture umane. Tali evidenze suggeriscono che la colonizzazione delle foreste pluviali della Malaysia postglaciale da parte dei cacciatori-raccoglitori sia stata un processo rapido; tali gruppi potrebbero avere praticato forme di manipolazione dei vegetali (raccolta differenziata, orticoltura), che pure non si evolsero mai in una piena affermazione dell'agricoltura. Nella foresta pluviale erano cacciate numerose specie di Mammiferi, come maiali barbuti, scimmie, gibboni, Cervidi, rinoceronti e bovini.

In questi ambienti della Penisola Malese intorno a 4000 anni fa penetrarono le prime popolazioni neolitiche, giunte ‒ come attestano i dati archeologici e linguistici ‒ dalle regioni settentrionali del Sud-Est asiatico continentale, e in possesso di un complesso culturale che trova confronti diretti con i siti neolitici della Thailandia centrale, in particolar modo con la necropoli di Ban Kao nella Provincia di Kanchanaburi (inizi II millennio a.C.). L'espansione dei gruppi neolitici fu accompagnata dall'introduzione di peculiari repertori vascolari, di manufatti litici levigati, dalla diffusione delle lingue Aslian della famiglia austroasiatica e, con ogni probabilità, dall'arrivo dei progenitori degli agricoltori Aslian noti come Senoi. È certo che alcuni gruppi hoabinhiani adottarono le lingue Aslian e forse alcune forme di raccolta differenziata dei vegetali, ma in generale non è pensabile che le popolazioni agricole Aslian (Senoi) e le culture neolitiche della penisola discendano unicamente dai gruppi locali di tradizione hoabinhiana. Per il momento non vi sono informazioni sull'economia neolitica della Penisola Malese, ma è certo che le popolazioni collegate con questi gruppi del Sud e del Centro della Thailandia praticavano la risicoltura e l'allevamento di suini e cani. A partire da 3000 anni fa, nella Penisola Malese coesistevano probabilmente gruppi di cacciatori-raccoglitori e comunità agricole di lingua Aslian. Gli antichi agricoltori delle regioni costiere, i cui resti scheletrici non sono stati ancora scoperti, avevano presumibilmente legami biologici piuttosto forti con le coeve popolazioni neolitiche della Thailandia. A causa del loro isolamento, i gruppi dell'interno della penisola potrebbero avere preservato il genotipo originario hoabinhiano più delle popolazioni stanziate sulle pianure costiere, come testimonierebbero gli scheletri neolitici rinvenuti in posizione distesa nella grotta di Gua Cha (Kelantan) e datati al 1000 a.C. circa.

In questo contesto caratterizzato dalla stratificazione di diverse culture e lingue Aslian, in una fase ancora non determinata, ma presumibilmente prima del 500 a.C., giunsero i progenitori di una parte dei gruppi austronesiani della Penisola Malese. Oggi la lingua nazionale della Malaysia è il Malay, introdotto circa 2000 anni fa dal Borneo occidentale. Le evidenze più attendibili della presenza austronesiana nella penisola potrebbero essere costituite dalle tombe megalitiche di Selangor e Perak, datate al I millennio d.C., in cui è stata rinvenuta una peculiare industria del ferro caratterizzata da utensili provvisti di occhielli laterali per l'immanicatura. Nonostante le differenze negli stili vascolari e nella tipologia degli strumenti metallici, le forme e i corredi di queste tombe malesi, costruite con enormi lastre di pietra, sono comparabili con quelli delle sepolture megalitiche dell'età del Ferro rinvenute nel Sud di Sumatra e in diverse zone di Giava in Indonesia. La rete di commerci austronesiana fu forse anche responsabile della comparsa di tamburi di bronzo Dong Son (Vietnam) nei territori costieri della Penisola Malese intorno a 2000 anni fa. Infatti, sembra probabile che la tipologia degli strumenti metallici con occhielli per l'immanicatura e le perle di vetro rinvenute nella Penisola Malese costituiscano il prodotto degli scambi delle comunità austronesiane con il Vietnam e l'India intercorsi dal 200 a.C. circa.

Per quanto riguarda possibili connessioni tra l'India e la Malaysia, va segnalata la contemporaneità tra gli strumenti di ferro, le tombe megalitiche e un sito costiero piuttosto enigmatico, Kuala Selingsing (Perak), occupato tra il 200 a.C. e il 1000 d.C. Tra i materiali rinvenuti negli anni Venti del Novecento durante i primi scavi vi sono ceramiche tornite con incisioni simili a quelle recuperate a Oc Eo (Vietnam), datate tra gli inizi e la metà del I millennio d.C., un sigillo di corniola con un'iscrizione in caratteri Pallava dell'India meridionale, evidenze della lavorazione locale di vetro blu e di perle di agata, bracciali di vetro e scorie di piombo. Molto probabilmente tale complesso apparteneva a un insediamento d'estuario in cui sono state anche individuate sepolture umane in bare lignee a forma di piroga. Scavi più recenti a Kuala Selingsing hanno riportato alla luce ceramiche importate dal Medio Oriente databili tra il VI e il X sec. d.C., vasellame di produzione locale decorato con incisioni e impressioni realizzate tramite spatola, bracciali di conchiglia, orecchini di stagno e inumazioni distese ricoperte da uno strato di frammenti vascolari. Sepolture di questo tipo, segnalate in molti siti delle regioni centrali e nord-orientali della Thailandia, potrebbero rappresentare indizi di affinità linguistiche austroasiatiche, in quanto la lingua Mon si sarebbe estesamente diffusa nel Nord della Penisola Malese prima dell'affermazione delle lingue Malay durante il periodo Shrivijaya, dopo il 650 d.C. Kuala Selingsing ha restituito anche numerosi e preziosi dati di carattere economico, quali resti ossei di Sus, Canis e Gallus, residui di noci della palma da cocco, di zucche, bambù, noci di areca, stuoie di pandano e bambù, chicchi di riso e parte di una piroga monossile. Tali ritrovamenti attestano l'esistenza di una comunità locale coinvolta nei circuiti commerciali che, fin dal 200 a.C., collegavano l'India e la Cina attraverso lo Stretto di Malacca.

I contatti con l'India aumentarono di intensità nel corso del I millennio d.C. Non si registrarono comunque dall'India fenomeni migratori o conquiste militari; gran parte delle influenze culturali appare legata, infatti, al commercio e alle pratiche religiose. Tuttavia, iscrizioni in sanscrito e più tardi in Mon e Malay antico iniziano a comparire nelle regioni costiere dal 500 d.C. circa. Dalla fine del I millennio d.C. una società induizzata, come testimonia la costruzione di numerosi sacelli e templi in laterite nello stile dell'India meridionale, si stava sviluppando nel Sud del Kedah, mentre vasellame cinese d'esportazione penetrava in Malaysia in quantità sempre maggiori. Infine, l'arrivo dell'Islam nel XIV secolo segnò per la Penisola Malese l'inizio dell'età moderna.

Bibliografia

Adi Haji Taha, The Re-Excavation of the Rockshelter of Gua Cha, Ulu Kelantan, West Malaysia, Kuala Lumpur 1985; P. Bellwood, Prehistory of the Indo-Malaysian Archipelago, Honolulu 19972; Nik Hassan Shuhaimi - Nik Abdul Rahman (edd.), The Encyclopaedia of Malaysia, IV. Early History, Singapore 1998; D. Bulbeck, Hunter-Gatherer Occupation of the Malay Peninsula from the Ice Age to the Iron Age, in J. Mercader (ed.), Under the Canopy. The Archaeology of Tropical Rainforests, New Brunswick 2003, pp. 119-60.

Bukit tengku lembu

di Fiorella Rispoli

Grotta con deposito funerario preistorico, situata nello Stato di Perlis (Malaysia settentrionale).

Il sito, investigato negli anni Sessanta del Novecento da G. de G. Sieveking, ha restituito importanti dati sulla cultura materiale della Malaysia di età neolitica, in particolare per quanto riguarda la produzione ceramica. La ceramica di B.T.L. si caratterizza per l'impasto grossolano e per la particolare manifattura, entrambe caratteristiche confrontabili con la coeva ceramica proveniente dal sito di Gua Cha, nello Stato di Kelantan (Malaysia nord-orientale) e con il sito di Ban Kao (Thailandia centro-occidentale). Purtroppo il sito non è datato al radiocarbonio e solo la forte comunanza culturale che lo lega a Gua Cha fornirebbe una cronologia relativa del deposito a una data imprecisata intorno al I millennio a.C. Alcune forme ceramiche presenti a B.T.L. sembrano però essere peculiari dell'area settentrionale della Penisola Malese, in particolare le giare con bocca cosiddetta "a campana" e base piatta. Tali elementi hanno indotto alcuni autori a riconoscere in essi una facies regionale con caratteristiche simili a quelle rinvenute nel sito di Ban Kao, altri a interpretarli come una manifestazione culturale locale e indipendente. La presenza umana a B.T.L. è attestata fino al periodo protostorico: ne sono prova alcuni frammenti vascolari di presunta fabbricazione indiana, probabilmente riconducibili alla cosiddetta Northern Black Polished Ware, e forme provenienti dalle regioni meridionali dell'India, associate alla cosiddetta Rouletted Ware, che daterebbero questa fase più tarda del deposito archeologico di B.T.L. tra il 600 a.C. e il 200 d.C. Nonostante il sicuro rinvenimento di tali frammenti, con ogni probabilità d'importazione, la loro esatta definizione e attribuzione alle due categorie ceramiche indiane sopra menzionate rimane incerta.

Bibliografia

G. de G. Sieveking, The Prehistoric Cemetery at Bukit Tengku Lembu, Perlis, in Federal Museum Journal, 7 (1962), pp. 25-54; B.A.V. Peacock, The Kodiang Pottery Cones, ibid., 9 (1964), pp. 4-18; P. Bellwood, Man's Conquest of the Pacific, New York 1979, p. 168; B. Bronson, The Late Prehistory and Early History of Central Thailand with Special Reference to Chansen, in R.B. Smith - W. Watson (edd.), Early South East Asia. Essays in Archaeology, History and Historical Geography, Oxford - New York 1979, pp. 315-36; P. Bellwood, Prehistory of Indo Malaysian Archipelago, New York 19972.

Gua cha

di Adi Haji Taha

Vasto riparo sotto roccia situato all'interno della foresta equatoriale, sulla riva occidentale del fiume Nenggiri, nel settore centro-orientale dello Stato del Kelantan (Malaysia nord-orientale).

Il riparo copre un'area di 120 × 20 m sotto una parete di roccia inclinata alta 14 m. Le prime ricerche furono condotte da H.D. Noone nel 1939 e da allora il riparo è stato oggetto di diversi studi. Nel 1954 G. de G. Sieveking condusse una campagna di scavi su un'area di 100 m2, scavando più di 2 m di deposito sino a raggiungere il livello basale sterile. Sieveking studiò i due principali livelli abitativi, quello hoabinhiano e quello neolitico, mettendo inoltre in evidenza tracce di attività più recenti negli strati superiori. Sieveking si basò sulla stratigrafia naturale del sito per interpretare la sequenza delle culture, ma ciò condusse ad alcune inesattezze circa la fase di transizione dal periodo hoabinhiano a quello neolitico. Più di venti anni dopo (1979) Adi Haji Taha svolse nuovi scavi sul sito, e le sue ricerche produssero le prime datazioni al 14C: gli strati relativi all'Hoabinhiano medio sono stati datati al 4000 a.C., ma è probabile che la prima occupazione del sito risalga a circa 10.000 anni fa, mentre le sepolture neolitiche sono state datate al 1000 a.C. circa. Nel complesso, il deposito archeologico di G.Ch. è estremamente ricco di manufatti. Sieveking rinvenne un complesso litico attribuibile all'Hoabinhiano, composto da utensili realizzati da ciottoli di fiume e lavorati su entrambe le facce e lungo i margini, molto simili alle coeve industrie della Penisola Malese e della Thailandia meridionale. L'economia hoabinhiana era prevalentemente basata sulla caccia e la raccolta nelle valli all'interno della penisola, ma è possibile che si stesse sviluppando un'attività di raccolta intensiva di prodotti arborei. Negli strati hoabinhiani venne inoltre ritrovata una considerevole quantità di ossa animali, soprattutto maiali ma anche molti Mammiferi di piccola taglia (pecore selvatiche e primati arboricoli), oltre a 25 cumuli di ossa di giovani maiali dai quali è stata ipotizzata la caccia selettiva a questo animale.

Il periodo hoabinhiano fu seguito da due fasi risalenti al Neolitico, che Sieveking chiamò Tradizione Primitiva e Tradizione Avanzata, rappresentate rispettivamente da ceramiche a impasto grossolano e da ceramiche a impasto depurato. La scarsità di manufatti nei depositi abitativi (contrariamente a quanto evidenziato nel contemporaneo deposito funerario) potrebbe suggerire comunque che durante il Neolitico il riparo non sia stato permanentemente abitato e che esso fosse utilizzato soprattutto come area di sepoltura. Le sepolture neolitiche di G.Ch. sono le più numerose tra quelle note della Penisola Malese. Il sito ha rivelato la presenza di sepolture sia del periodo hoabinhiano che del Neolitico. Nel 1954 Sieveking scavò 37 sepolture, di cui 23 databili al Neolitico e 14 all'Hoabinhiano, mentre Noone ne aveva scoperte almeno 4 e Adi altre 4 nel 1979. Le tombe neolitiche, piuttosto grandi, contenevano un corredo funerario composto da vasellame, bracciali di pietra, ornamenti di conchiglia, battitori per la concia delle fibre vegetali, asce e perle di vario tipo. Le sepolture attribuibili all'Hoabinhiano non presentavano oggetti di corredo e il corpo dell'inumato era deposto in posizione flessa. Gli unici indizi significativi di un rituale di sepoltura hoabinhiano sono l'occasionale presenza di una pietra sotto la testa dell'inumato e la copertura dei defunti con lastre di pietra o con uno strato di frammenti tufacei. G.Ch. è noto anche per il particolare repertorio vascolare rinvenuto nei contesti funerari neolitici. La ceramica evidenzia infatti grande diversità di forme, dalle semplici ciotole a base rotonda a oggetti molto più elaborati, con piedistalli e carenature. Esistono alcune affinità fra questa ceramica e quella delle culture neolitiche di Ban Kao e di Khok Phanom Di (Thailandia centrale) e con il sito malese di Bukit Tengku Lembu (Perlis), ma il complesso di G.Ch. possiede anche alcune catteristiche specificamente locali.

Ricerche sulle affinità biologiche fra le popolazioni di G.Ch. non hanno rilevato significative differenze tra i tratti fisici dei gruppi hoabinhiani e quelli dei gruppi neolitici; tuttavia non vi sono evidenze certe che nella regione una popolazione abbia preso il posto della precedente, sebbene il passaggio dall'Hoabinhiano al Neolitico sia di grande importanza dal punto di vista archeologico. Si ritiene che gli scheletri appartengano ai progenitori degli Orang Asli attualmente insediati nella regione. Negli strati superiori di G.Ch. è stata rinvenuta una notevole quantità di riso carbonizzato, datato al 900 d.C. circa, ma non è certo se esso fosse realmente coltivato nelle vicinanze di G.Ch. o invece vi venisse portato da insediamenti localizzati in pianura (ad es., il vicino sito di Gua Chawas). Attualmente sono in corso ulteriori ricerche relative a questo periodo nei vicini ripari rocciosi di Gua Chawas e Gua Peraling (Kelantan).

Bibliografia

H.D. Collings, Report on Archaeological Excavation in Kedah, in Bulletin of the Raffles Museum, 1 (1936), pp. 5-16; H.D. Noone, Report on a New Neolithic Site in Ulu Kelantan, in Journal of the Federated Malay States Museums, 15 (1939), pp. 170-74; G. de G. Sieveking, Excavations at Gua Cha, Kelantan, Part 1, in FederationMusJ, 1-2 (1954-55), pp. 75-138; F.D. Bulbeck, A Re-Evaluation of Possible Evolutionary Process in Southeast Asia since the Late Pleistocene, in BIndoPacPrehistAss, 3 (1982), pp. 1-21; Adi Haji Taha, The Re-excavation of the Gua Cha Rockshelter of Gua Cha, Ulu Kelantan, West Malaysia, in FederationMusJ, 30 (1985), pp. 1-134; P. Bellwood, Prehistory of the Indo-Malaysian Archipelago, Honolulu 19972; Ch.F.W. Higham, Early Cultures of Mainland Southeast Asia, Bangkok 2002.

Gua kechil

di Wilhelm G. Solheim II

Sito in grotta ubicato nel Pahang (Malaysia nord-occidentale).

La grotta è ubicata in ciò che resta di una formazione calcarea dai versanti scoscesi (135 m s.l.m.), la cui sommità è a circa 240 m dalla base. Gran parte dei depositi archeologici è andata distrutta negli ultimi trent'anni a causa degli scavi effettuati dagli abitanti dei vicini villaggi per l'estrazione del guano di pipistrello ed è stato quindi possibile scavare solo piccole zone periferiche della grotta. L'indagine più importante, diretta da F.L. Dunn (1963), venne condotta in una piccola rientranza della grotta principale. Qui furono aperti tre quadrati di scavo su un'area completamente intatta, che presentava un sottile strato superficiale (spess. 5 cm ca.) contenente depositi recenti e lo strato di terreno sterile a circa 85 cm dalla superficie. Nei depositi culturali di età preistorica vennero portati alla luce 7978 manufatti, fra cui 3461 frammenti fittili, 2565 conchiglie o frammenti di conchiglia di medie dimensioni, 1546 frammenti faunistici (ossa e denti) e 102 manufatti litici. Sulla base della tipologia ceramica Dunn suddivise il deposito in quattro livelli culturali. Il secondo livello (G.K. I), situato fra 81 e 61 cm circa dalla superficie, ha restituito molti strumenti di tipo hoabinhiano associati a schegge di selce e a spessi frammenti ceramici con impressioni di corda, mentre i resti faunistici (ossa e conchiglie) aumentavano risalendo verso lo strato successivo. Il terzo livello (G.K. II), situato tra 61 e 30,5 cm circa, era caratterizzato da una maggiore quantità di ceramica cordata insieme a ceramica lustrata; inoltre vi erano ancora strumenti litici di tipo hoabinhiano insieme a schegge di selce, ma anche un frammento di uno strumento litico levigato. Venne inoltre rilevato un sensibile aumento dei resti faunistici. Il quarto livello (G.K. III), situato fra 30 e 5 cm circa dalla superficie, è contraddistinto dalla comparsa di vasellame di argilla rossa e da un notevole aumento della ceramica con impressioni di corda. Il vasellame è più sottile che negli strati precedenti, mentre le forme degli orli sono più complesse e presentano spesso dentellature impresse o intagli. In questo livello gli strumenti di pietra levigata sostituiscono completamente lo strumentario di tipo hoabinhiano. Il quantitativo di resti faunistici raggiunge il suo apice alla base di questo livello, per poi decrescere progressivamente verso la superficie. Una datazione radiocarbonica, ottenuta dalla base del livello contenente i primi materiali neolitici e gli ultimi strumenti litici di tipo hoabinhiano, rimonta a 4800±800 anni fa (GX-0418).

G.K. è senza dubbio tra i siti malesi quello che potrebbe dimostrare l'ipotesi, tutt'oggi al centro di un ampio dibattito, secondo cui la produzione ceramica risalirebbe al periodo hoabinhiano.

Bibliografia

F.L. Dunn, Excavations at Gua Kechil, Pahang, in Journal of the Malaysian Branch of the Royal Asiatic Society, 37, 2 (1964), pp. 87-124; Id., Radiocarbon Dating of the Malayan Neolithic, in ProcPrehistSoc, 32 (1966), pp. 352-53.

Jenderam hilir

di Wilhelm G. Solheim II

Area archeologica segnalata per la prima volta da B.C. Batchelor nel 1977 sulla base di una serie di manufatti scoperti durante i lavori di scavo in una miniera di stagno a cielo aperto nella pianura alluvionale fra il Langat e Kampong Jenderam Hilir, nel Selangor.

Tra i manufatti recuperati dalla ghiaia di un fiume ricco di stagno a una profondità tra 5 e 9 m, vi erano principalmente asce scheggiate o levigate di varie forme, altri utensili litici, frammenti fittili con impressioni di corda, pagaie di legno, una ciotola di bronzo, monete cinesi di stagno "a lingotto" o forate e gres cinese. A causa delle intensive attività di estrazione dello stagno, a oggi nella località non sono stati rinvenuti siti non disturbati, ma il buono stato e la stretta associazione di alcuni gruppi di manufatti inducono a ipotizzare che essi fossero originariamente ubicati nelle vicinanze, probabilmente lungo la sponda del fiume Langat. L'area fu abitata per un lungo periodo: i rinvenimenti più antichi risalgono infatti almeno al Neolitico, mentre tra i reperti di epoche successive vi sono un piatto céladon dalle fornaci cinesi di Lung-ch'uan (XII-XIII sec.) e pagaie lignee di canoa datate al radiocarbonio a 1700±95 anni fa (ANTW 282). Di particolare interesse è inoltre un'ascia pediforme del tipo conosciuto come Tembeling knife, di forma simile a quella degli strumenti rinvenuti in una vasta area dal Vietnam a Taiwan, ma presenti in modo alquanto sporadico anche presso i siti costieri di Cina, Corea e Giappone.

Tra i manufatti fittili la forma più interessante è una larga e bassa ciotola con base tripodata di forma conica. I tripodi di sostegno erano applicati alla base delle ciotole e presentavano un foro lungo un lato del piede nei pressi del punto in cui quest'ultimo era collegato alla ciotola: in tal modo si assicurava il passaggio dell'aria durante la cottura e l'utilizzo del contenitore. Forme simili sono state rinvenute in numerosi siti in grotta malesi, oltre che in siti thailandesi situati nella penisola. La datazione di questo vasellame con impressioni di corda è stata oggetto di dibattito. Batchelor ha infatti ipotizzato che esso risalirebbe a circa 6000 anni fa, ma gran parte degli archeologi ritiene tale data troppo antica; più di recente Sau Heng Leong ha sostenuto, con argomentazioni piuttosto convincenti, che il vasellame possa risalire a circa 3500 anni fa. Inoltre, da un campione di carbone associato a questo vasellame è stata ottenuta una datazione radiocarbonica a 3650±60 anni fa (SUA-2401), che ascriverebbe tale materiale al Neolitico. Più recentemente, infine, la datazione di un frammento di gamba di un tripode ottenuta mediante spettrometria con acceleratore di massa (AMS) ha restituito una data compatibile con le precedenti a 3660±80 anni fa (OXA-1932). Sebbene non sia stato possibile localizzare alcun sito primario, i manufatti raccolti provenivano certamente da siti all'aperto della zona. Gran parte dei siti della Malaysia è in ripari o grotte e proprio per questo i materiali provenienti da siti all'aperto assumono fondamentale importanza. Infine la datazione AMS di due frammenti ceramici con impressioni di corda non appartenenti alla tipologia dei tripodi ha fornito due date (3090±60 e 3010±70 B.P.) che consentono di ipotizzare un'occupazione della zona anche nella successiva età dei Metalli.

Bibliografia

Leong Sau Heng, Ancient Finds from Kampong Jenderam Hilir, in Malaysia in History, 20, 2 (1977), pp. 38-47; Id., Jenderam Hilir and the Mid-Holocene Prehistory of the West Coast Plain of Peninsular Malaysia, in P. Bellwood (ed.), Indo-Pacific Prehistory 1990, in BIndoPacPrehistAss, 10 (1991), pp. 150-60; B.C. Batchelor, Post "Hoabinian" Coastal Settlement Indicated by Finds in Staniferous Langat River Alluvium near Dengkil, Selangor, Peninsular Malaysia, in FederationMusJ, 22 (1997), pp. 1-55.

Johore lama

di Wilhelm G. Solheim II

Nell'agosto del 1511 Alfonso de Albuquerque attaccò e conquistò la capitale malese, Malacca. Il sultano di Malacca, Mahmud, fuggì e nel 1512, secondo alcuni resoconti dell'epoca, creò una nuova capitale a J.L.

In merito le fonti sono molto discrepanti; si ritiene infatti che nei trent'anni successivi alla conquista di de Albuquerque i sultani si diressero in molte località diverse e forse, per un breve periodo, anche a J.L. Solo intorno all'inizio del 1540 la capitale venne certamente fissata a J.L. dal sultano Alladin Shah e venne costruita una città fortificata. J.L. si trova vicino alla foce e lungo la riva orientale del fiume Johore, a nord di Singapore. Quando venne occupata per la prima volta dal sultano malese, all'inizio del XVI secolo, probabilmente essa era un piccolo villaggio di pescatori. La zona circostante è paludosa e l'attuale villaggio di J.L. sorge esattamente a nord-est dell'area fortificata. Nei pressi dell'angolo sud-occidentale del muro di cinta vi è un caposaldo fortificato, ubicato sulla cima di una collinetta (alt. ca. 20 m).

Le ricerche a J.L. si protrassero per circa cinquanta anni del Novecento, nel corso dei quali si susseguirono rinvenimenti casuali e scavi che chiarirono il ruolo della città fortificata tra il XV e il XVI secolo. Tra il 1932 e il 1935 G.B. Gardner visitò J.L., raccogliendo in superficie perle di collana e frammenti di ceramica. Alcune perle furono esaminate da H.C. Beck, che identificò tra esse numerose importazioni di origine romana databili al II-III sec. d.C. e una perla di origine vicino-orientale (hittita) databile al 700 a.C. circa. Nel 1938 H.G. Quaritch-Wales realizzò uno scavo a nord dell'area fortificata, dove si trova il villaggio odierno. Nel deposito, profondo appena 45 cm, oltre a vasellame locale vennero recuperate porcellane Bianco e Blu di epoca Ming (ca. XVI sec.). Altre raccolte, realizzate fra il 1948 e il 1954, portarono all'identificazione di una varietà simile di manufatti. Nel dicembre del 1954 venne alla luce un ripostiglio in cui erano state sepolte porcellane Ming Bianco e Blu oltre a ciotole, piatti e supporti di bronzo. Le porcellane erano integre e di alta qualità, la tipologia suggeriva una datazione all'ultima parte del XVI secolo: forse il tesoretto era stato sepolto là nel 1587 per metterlo in salvo in occasione dell'attacco sferrato dai Portoghesi. Secondo l'ipotesi di G. de G. Sieveking i bronzi provenivano dalla regione del Gujarat nell'India nord-occidentale. Nell'agosto 1953 Sieveking diresse uno scavo nel forte che sovrastava il fiume, aprendo una trincea (largh. ca. 3,6 m, prof. 61 cm) in un avvallamento presso il bastione del muro nord. Vennero alla luce legname carbonizzato e pietre, interpretati come resti di una piattaforma crollata su cui era collocato un cannone. Gli scavi presso l'angolo nord-est del forte giunsero sino a una profondità di 76 cm circa, portando alla luce un muro realizzato con grandi blocchi di antico materiale alluvionale. Purtroppo non furono rinvenuti muri o manufatti, né durante lo scavo presso la piattaforma del cannone, né lungo la feritoia da cui con ogni probabilità doveva uscire la canna dell'arma; il rapporto finale dello scavo non venne mai pubblicato.

Un ulteriore scavo del forte fu realizzato nel 1960 da W.G. Solheim II e J. Matthews, allo scopo di gettare luce sulla sua distruzione ‒ evento poco chiaro nelle fonti documentarie ‒ e di recuperare informazioni sulla sua originaria struttura. Il precedente scavo presso l'angolo nord-ovest del forte venne ampliato aprendo una trincea lungo il muro occidentale, mentre un'ulteriore trincea di scavo seguiva il muro settentrionale e una terza trincea passava attraverso il muro penetrando all'interno del forte. Gli scavi nell'area esterna portarono alla luce le tracce di due successive distruzioni del forte, poiché erano presenti strati di carbone che andavano dal muro verso il pendio all'esterno. Le datazioni radiocarboniche ottenute dai due strati di carbone erano simili e confermavano la data generalmente accolta per la distruzione del forte a opera dei Portoghesi (1587); gli scavi mostrarono inoltre che all'epoca della prima distruzione il livello del suolo all'esterno giungeva sino al basamento formato dai blocchi di antico materiale alluvionale e che esisteva un ulteriore basamento sottostante in blocchi di pietra grezzi. Nel ricostruire il forte, inoltre, il livello del suolo creatosi in seguito al crollo di materiale durante la prima distruzione non venne rimosso. La trincea aperta all'interno del muro del forte mise in luce un canale di scolo che presentava una pietra rotonda e piatta ubicata nell'angolo; essa, e un'altra simile rinvenuta all'esterno del muro, potrebbero essere l'evidenza di basi di pali destinati a sostenere una sovrastruttura di legno. Una quarta trincea venne quindi scavata al centro del muro ovest dove, all'esterno, erano presenti due pali di sostegno; la base di uno di essi era stata conficcata direttamente nel teschio di un individuo sepolto sul fianco destro e con la testa rivolta a occidente. Tale rinvenimento fece ipotizzare che vi fosse l'uso di collocare, sotto le fondamenta degli edifici più importanti, i corpi di vittime sacrificali; la sepoltura è inoltre tipicamente islamica, con il corpo disposto su un lato e rivolto verso la Mecca. Circa 400 m a nord-est del forte venne identificata una collinetta artificiale, ubicata proprio nei pressi del luogo in cui si riteneva sorgesse il palazzo. Gli scavi portarono alla luce un "cumulo" di detriti senza alcuna percettibile stratigrafia, composto quasi interamente da frammenti di porcellana cinese e di vasi fittili locali databili tra il 1545 e il 1587. Rispetto all'epoca in cui vennero stilati i rapporti sul sito, oggi si dispone di molti più dati, soprattutto riguardo alle perle rinvenute da Gardner e studiate da Beck; recentemente P. Francis Jr. ha nuovamente analizzato tale materiale concludendo che nessuna delle perle identificate come romane proveniva da Roma o era databile a un'epoca così antica; quanto alla perla di presunta origine hittita, essa non era di vetro ma di steatite, forse un'importazione dell'India. Oggi l'area di J.L., completamente restaurata e attrezzata, è un parco storico fruibile al pubblico e raggiungibile con facilità dai centri di Singapore o di Johore.

Bibliografia

C.A. Gibson-Hill, Johore Lama and Other Ancient Sites on the Johore River, in Journal of the Malaysian Branch of the Royal Asiatic Society, 28, 2 (1955), pp. 126-97; E.A. MacGregor, Johore Lama in the Sixteenth Century, ibid., pp. 48-125; E.A. MacGregor - C.A. Gibson-Hill - G. de G. Sieveking (edd.), Papers on Johore Lama and the Portuguese in Malaya (1511-1641), ibid., pp. 3-199; J. Matthews, Results of Excavation in Malaya, in AsPersp, 5, 2 (1961), pp. 237-42; W.G. Solheim II - E. Green, Johore Lama Excavations, 1960, in FederationMusJ, 10 (1965), pp. 1-78; P. Francis Jr., Glass Beads in Asia, I. Introduction, ibid., 28, 1 (1988-89), pp. 1-21.

Kedah

di Adi Haji Taha

Stato localizzato nella zona nord-orientale della Penisola Malese, il cui territorio è caratterizzato da ampie pianure costiere solcate dal fiume Kedah a nord e dai fiumi Merbok e Muda a sud; tali fiumi, che creano un comune bacino idrografico ai lati settentrionali e orientali del Main Range (la principale catena montuosa della regione), ebbero un ruolo essenziale nello sviluppo dell'area, in quanto furono utilizzati sin dall'antichità come vie di comunicazione commerciali verso l'interno del Paese.

Le ricerche hanno rivelato una lunga sequenza di occupazioni, che dalla preistoria (periodo hoabinhiano e neolitico) giunge sino al primo periodo storico. Quasi tutti gli studi si sono concentrati sui primi insediamenti storici ubicati nelle pianure costiere del K. meridionale; tuttavia sono stati oggetto di ricerche anche molti importanti siti preistorici in grotta. A Kodiang B.A.V. Peacock rinvenne le evidenze di una tradizione neolitica caratterizzata da vasellame tripodato, denominata "ceramica Kodiang", che oggi sappiamo essersi diffusa dal sito di Bao Kao nella Thailandia centrale verso sud, sino alla costa occidentale della Penisola Malese. A Baling H.D. Collings effettuò scavi in numerose grotte, portando alla luce manufatti di epoca hoabinhiana che si sovrapponevano a strati contenenti vasellame neolitico.

L'antica città-stato di K. era ubicata nella pianura costiera meridionale, presso il Monte Gunung Jerai (1300 m). L'area è nota agli archeologi con il nome di "valle del Bujang", dal fiume nei cui pressi è stata individuata la maggior parte dei siti. Le principali fonti scritte su questa entità politica sono le antiche cronache cinesi, i trattati dei geografi arabi e infine i testi letterari malesi e indiani. Gli storici ritengono che il toponimo Chieh-ch'a, menzionato dal monaco cinese Yi Qing (I-tsing) nel 671 d.C. e da Wu Jing (Wu-Ching) nel 685, vada riferito proprio a K., allo stesso modo dei toponimi indiani Kataha, Kadaram e Kidaram menzionati nei Purana e dell'arabo Quedah. Infine anche lo Hikayat Merong Mahawangsa, una serie di racconti popolari malesi relativi a un Raja Bersiong ("Re con le Zanne"), è connesso alla città. Sono state identificate molte testimonianze dello sviluppo di K. come porto franco e insediamento commerciale. Nelle strutture architettoniche rinvenute, soprattutto fondamenta di edifici, sono stati recuperati numerosi manufatti d'importazione e oggetti religiosi. Le strutture messe in luce nella valle del Bujang presentano una grande varietà e peculiarità architettonica, sebbene siano di piccole dimensioni se confrontate con quelle della città-stato. Le fondamenta degli edifici hanno pianta rettangolare, ottagonale o a 12 punte; si tratta di edifici religiosi o caṇḍi, che appartengono a due diverse categorie: quella degli stūpa, associati al buddhismo Mahayana, e quella dei vimāna-maṇḍapa dedicati al culto induista di Shiva. Gli edifici, ubicati presso le rive fluviali, si caratterizzano per le piattaforme che fungevano da fondamenta, in cui vennero impiegati almeno quattro diversi tipi di materiale: blocchi di granito, ciottoli di fiume, mattoni di argilla e blocchi di laterite. Le strutture verticali poggianti su questi possenti basamenti erano molto probabilmente realizzate con legno e foglie di palma.

I manufatti rinvenuti nella valle del Bujang sono essenzialmente rappresentati da sculture, iscrizioni, ceramica (tra cui molte importazioni) ed elementi di collana. Le iscrizioni costituiscono la testimonianza più importante, soprattutto per l'inquadramento cronologico dei rinvenimenti. La scoperta di un testo in scrittura Pallava a Cherok Tokun, di iscrizioni in sanscrito dedicate a un commerciante indiano di nome Buddhagupta a Bukit Meriam e Slungai Emas e di iscrizioni in miniatura provenienti dalle fondamenta del tempio di Bukit Choras testimoniano l'esistenza di un "regno" legato alla talassocrazia Shrivijaya, risalente a un periodo tra il IV e il V sec. d.C. Le grandi quantità di ceramica cinese importata e databile alle dinastie Tang, Yuan e Song attestano l'importante ruolo commerciale di K. Migliaia di perle di vetro, monocrome e policrome, sono state rinvenute durante gli scavi; sebbene alcune possano ritenersi importazioni dall'India, la maggior parte era stata prodotta localmente. In alcuni siti sono stati infine ritrovati oggetti di vetro provenienti dal Medio Oriente.

Nella valle del Bujang sono documentati due distinti nuclei di insediamento: la valle del Bujang nei pressi di Merbok e la valle del Mas nella zona di Kuala Muda. In un periodo in cui la navigazione oceanica dipendeva essenzialmente dai monsoni, i commercianti erano costretti a fermarsi nella Penisola Malese per attendere i venti favorevoli e inoltre l'alta cima del Gunug Jerai, nei pressi della costa, fungeva da punto di riferimento per le imbarcazioni, mentre la valle del Bujang era provvista di strade che la collegavano con i porti situati lungo la costa della penisola. Molti furono i fattori che condussero al declino del centro commerciale di K. Un ingente saccheggio compiuto nel XIV sec. d.C. da un re della dinastia Chola (India meridionale) e la conversione all'Islam dei sovrani di K. avvenuta nello stesso periodo esercitarono un profondo influsso sulle attività commerciali della zona; tuttavia molti studiosi ritengono che il declino di K. come centro commerciale sia stato dovuto al progressivo e massiccio insabbiamento dei letti dei fiumi Muda e Merbok, che finì col rendere estremamente ardua la navigazione interna.

Bibliografia

I.H.N. Evans, Papers on the Ethnology and Archaeology of the Malay Peninsula, Cambridge 1927; H.D. Collings, Report on an Archaeological Excavation in Kedah, Malay Peninsula, in Bulletin of the Raffles Museum, 1 (1936), pp. 5-36; H.G. Quaritch-Wales, Archaeological Researches on Ancient Indian Colonisation in Malaya, in Journal of the Malaysian Branch of the Royal Asiatic Society, 18, 1 (1940), pp. 1-85; R. Braddle, Notes on Ancient Times in Malaya, Part 6, ibid., 23, 1 (1950), pp. 1-36; P. Wheatley, The Golden Khersonese, Kuala Lumpur 1961; B.A.V. Peacock, The Kodiang Pottery Cone, in FederationMusJ, 9 (1964), pp. 4-18; Nik Hassan Shuhaimi - Othnan Yatim, Antiquities of Bujang Valley, Kuala Lumpur 1990.

Kota tampan

di Zuraina Majid

Località situata lungo le rive di un paleolago nello Stato settentrionale di Perak in cui è stato rinvenuto un complesso litico databile alle fasi finali del Pleistocene (ca. 34.000-30.000 anni fa). Il sito rappresenta una delle officine litiche più antiche e meglio conservate dell'intero Sud-Est asiatico.

Le prime ricerche vi furono condotte da H.D. Collings nel 1938 e da G. de G. Sieveking nel 1954. Successivamente, dopo un riesame critico delle basi geologiche e archeologiche delle loro interpretazioni, i dati forniti dai due studiosi vennero contestati. Gli scavi realizzati tra il 1987 e il 1991 da Z. Majid portarono a una datazione esatta e all'individuazione di nuovi dati sia sulla tecnologia paleolitica di lavorazione della pietra sia sul paleoambiente. K.T. ha restituito più di 50.000 tra utensili litici e scarti di lavorazione, oltre ad alcuni focolari e a una limitata quantità di ossa animali. Il denso accumulo e la disposizione spaziale di strumenti litici di quarzite, nuclei, incudini, scarti di lavorazione e percussori di quarzo, nonché di nuclei e schegge di pietra che potevano essere ricomposti, hanno consentito di ipotizzare che il sito non sia stato disturbato. Sulla base dei dati di scavo e di analisi sperimentali, sono state ricostruite le tecniche di lavorazione degli strumenti: 1) metodo diretto (un nucleo scagliato con violenza su un'incudine, o un percussore di pietra utilizzato per colpire un grosso nucleo); 2) metodo indiretto (un piccolo percussore di pietra colpisce un nucleo poggiato su un'incudine); 3) metodo di rifinitura (un piccolo percussore di pietra colpisce un frammento di nucleo o una scheggia poggiati su una incudine). Lo studio della tecnologia litica ha consentito inoltre di individuare alcuni tra i principali criteri di analisi dell'industria paleolitica di quest'area (la morfologia che determina la scelta del ciottolo da lavorare, il tipo di frattura che determina la forma dell'utensile, l'assenza di modifiche dopo la lavorazione primaria). La maggior parte di queste caratteristiche è dovuta alle proprietà della quarzite, la materia prima utilizzata: impiegando questo tipo di roccia molto dura si riuscivano infatti a ottenere margini più taglienti riducendo la lavorazione al minimo. Tenendo conto della scelta della materia prima e del processo di riduzione, l'industria litica di K.T. riflette dunque un uso efficiente dell'energia, anche se di contro non attesta un uso economico della materia prima, dal momento che sono stati ritrovati molti nuclei "di prova" scartati a causa delle linee di frattura non soddisfacenti. In base alla presenza delle ceneri vulcaniche del Toba (messa in luce dall'analisi petrografica del suolo) è stato infine possibile ipotizzare le ragioni dell'abbandono del sito: la presenza di una grande quantità di strumenti non finiti e di aree non utilizzate è un probabile indizio che il sito fu abbandonato a causa dell'eruzione vulcanica avvenuta a Sumatra.

Bibliografia

D. Walker - G. de G. Sieveking, The Palaeolithic Industry of Kota Tampan, Perak, Malaysia, in ProcPrehistSoc, 6 (1962), pp. 103-39; H.T. Verstappen, On Palaeo Climates and Landform Development in Malaysia, in G.J. Barstra - W.A. Casparie (edd.), Modern Quaternary Research in Southeast Asia, IX, Rotterdam 1975, pp. 3-36; Z. Majid - H.D. Tjia, Kota Tampan, Perak: the Geological and Archaeological Evidence for a Late Pleistocene Site, in Journal of the Malaysian Branch of the Royal Asiatic Society, 61, 2 (1988), pp. 123-34; Z. Majid, The Tampanian Problem Resolved. Archaeological Evidence of a Late Pleistocene Lithic Workshop, in G.J. Barstra - W.A. Casparie (edd.), Modern Quaternary Research in Southeast Asia, XI, Rotterdam 1989, pp. 71-96; P. Bellwood, Prehistory of the Indo-Malaysian Archipelago, Honolulu 19972.

Kuala selingsing (pulau kelumpang)

di Wilhelm G. Solheim II

Area ubicata presso la foce del fiume Selingsing, nello Stato di Perak (Malaysia nord-occidentale); conosciuta oggi con il nome di Pulau Kelumpang, essa presenta sette mounds, contenenti evidenze archeologiche, che si ergono sul fango di una palude di mangrovie.

Citata per la prima volta da I.H.N. Evans (1924), che la visitò solo nel 1927, l'area fu oggetto negli anni successivi di ricognizioni, nel corso delle quali lo studioso recuperò un gran numero e varietà di perle di pietra, conchiglia e vetro, frammenti di ossa umane, vasellame e pochi utensili di pietra, osso e metallo. Gli scavi (1932) interessarono un'area complessiva di circa 170 m2. I due livelli superiori contenevano la maggior parte dei manufatti, in particolare moltissime perle; ma anche il terzo, più profondo livello era ricco di reperti. Oltre ai rinvenimenti effettuati in superficie, i livelli superiori restituirono perle e anelli d'oro, frammenti di vetro e pietra lavorati e grezzi, gemme decorate, manufatti di bronzo, ferro e stagno, braccialetti di conchiglia e vetro, frammenti di stuoia, una grande varietà di manufatti di ceramica, corno, osso e avorio, le fondamenta dei pali di sostegno di un'abitazione e alcune sepolture. Vennero inoltre recuperati numerosi frammenti ceramici per i quali all'epoca non era noto alcun materiale di confronto. Nel 1955, a seguito delle scoperte di Evans, G. de G. Sieveking realizzò uno scavo limitato per verificare l'attendibilità della stratigrafia. Ulteriori scavi nei numerosi mounds ebbero luogo tra il 1988 e il 1989. Nel corso degli ultimi scavi si è provveduto a verificare la stratigrafia di tutti i mounds, modificando sostanzialmente alcune delle conclusioni raggiunte da Evans; egli aveva infatti sostenuto che l'area fosse stata abbandonata improvvisamente, ma in nessuno dei mounds vi sono indizi che confermino tale ricostruzione. Evans aveva inoltre ipotizzato che gli occupanti fossero di religione Hindu, ma i nuovi dati a disposizione confermano che i livelli più antichi documentano la presenza di una popolazione a vocazione marittima, appartenente a una cultura pre-Hindu. Dai livelli più profondi sono stati inoltre recuperati molti materiali organici, la cui datazione al radiocarbonio ha consentito di rilevare che i siti furono occupati tra il 200 a.C. e il 1000 d.C.

Bibliografia

I.H.N. Evans, On Ancient Remains from Kuala Selingsing, Perak, in Journal of the Federated Malay States Museums, 12, 5 (1928), pp. 121-31; Id., Excavations at Tanjong Rawa, Kuala Selingsing, Perak, ibid., 15, 3 (1932), pp. 79-134; G. de G. Sieveking, Recent Archaeological Discoveries in Malaya (1955), in Journal of the Malaysian Branch of the Royal Asiatic Society, 29, 1 (1956), pp. 200-11; N. Hassan Shuhaimi - N. Abdul Rahman, Recent Research at Kuala Selingsing, in BIndoPacPrehistAss, 11, 2 (1990), pp. 141-52.

Lenggong, valle del

di Zuraina Majid

Valle ubicata nello Stato di Perak, nella porzione nord-occidentale della Penisola Malese.

Durante il Pleistocene il paesaggio vallivo era caratterizzato da laghi, fiumi, grotte e colline; oggi la topografia è rimasta sostanzialmente identica, sebbene a seguito dei cambiamenti del clima molti laghi e fiumi si siano prosciugati. Il fiume principale è il Perak, ricco di minerali di stagno; dal Pleistocene esso conobbe fluttuazioni nel livello delle acque, dovute a frane che ne minacciavano il corso nella parte meridionale della valle del L., e dunque la topografia dell'area subì continue trasformazioni (ad es., l'aumento o la diminuzione dell'estensione dei laghi e dei pendii delle colline). L'uomo occupò la valle del L. dal tardo Pleistocene all'Olocene. Sono stati identificati oltre una dozzina di grotte e siti all'aperto con evidenze di occupazione nel corso del Paleolitico, del Neolitico e dell'età dei Metalli; la valle ha continuato a essere occupata da gruppi indigeni sino a epoca recente.

Le tracce più antiche di frequentazione umana, databili al tardo Pleistocene (ca. 30.000-34.000 anni fa), sono state identificate in un sito all'aperto ubicato lungo le coste di un grande lago, le cui dimensioni erano all'epoca tre volte superiori a quelle attuali. Sono stati inoltre individuati tre siti paleolitici specializzati nella lavorazione di utensili litici: Temelong, Gelok e Lawin. I manufatti rinvenuti in queste officine si caratterizzano per un aspetto più grossolano e per le dimensioni maggiori rispetto all'industria di Kota Tampan, sebbene quest'ultima si collochi stratigraficamente in una posizione inferiore. Tuttavia, in base ad analisi dei materiali scavati e di quelli raccolti in superficie, si può ritenere che nel Paleolitico le aree alla confluenza di fiumi e laghi rappresentassero luoghi di approvvigionamento di materiale litico ed ecosistemi favorevoli, ricchi di risorse idriche e di una grande varietà di fauna terrestre e acquatica.

Le evidenze di occupazione durante l'Olocene sono rappresentate da sepolture e siti abitativi in circa nove grotte, le più importanti delle quali sono Gua Gunung Runtuh, nel massiccio calcareo di Kepala Gajah (ca. 13.000-2000 anni fa) e Gua Harimau (ca. 4920-1760 anni fa). A Gua Gunung Runtuh il ritrovamento più importante è la sepoltura epipaleolitica (10.120±110 anni fa) di un uomo di circa 45 anni; questi resti scheletrici sono fra i più antichi e completi sinora rinvenuti nel Sud-Est asiatico e documentano un individuo australomelanesoide affetto da una deformità congenita, la brachimesofalangia. Gli scavi a Gua Harimau hanno portato alla luce tracce di numerose sepolture neolitiche e dell'età dei Metalli. Gli scheletri, in cattivo stato di conservazione, erano associati a strumenti litici, battitori per la concia di fibre di corteccia, ceramica con impressioni di corda, ornamenti di conchiglia e asce di bronzo di cui sono state rinvenute anche le matrici di fusione. L'eccezionale corredo funerario di una sepoltura (4920±270 anni fa), costituito da asce di bronzo e matrici per la fusione delle stesse, permette di ipotizzare la presenza di artigiani locali specializzati nella fusione di questa lega. La valle del L. presenta quindi una lunga sequenza di occupazione dal Paleolitico all'età dei Metalli, quasi coeva a quella identificata nelle Grotte di Niah (Borneo); essa si insinua inoltre verso nord raggiungendo la regione di Krabi nella Thailandia peninsulare e permettendo da sempre un movimento continuo di popolazioni e culture in questa regione, che è al tempo stesso la propaggine meridionale del Sud-Est asiatico continentale e un "ponte" tra quest'ultimo e il mondo degli arcipelaghi.

Bibliografia

Z. Majid - H.D. Tija, Kota Tampan, Perak: the Geological and Archaeological Evidence for a Late Pleistocene Site, in Journal of the Malaysian Branch of the Royal Asiatic Society, 61, 2 (1988), pp. 123-34; Z. Majid, The Tampanian Problem Resolved: Archaeological Evidence of a Late Pleistocene Lithic Workshop, in G.J. Barstra - W.A. Casparie (edd.), Modern Quaternary Research in Southeast Asia, IX, Rotterdam 1989, pp. 71-96; Ead., The Excavation of Perak Man, an Epi-Palaeolithic Burial at Gua Gunung Runtuh, in Z. Majid (ed.), The Excavations of Gua Gunung Runtuh and the Discovery of the Perak Man in Malaysia, Kuala Lumpur 1994, pp. 23-47.

PULAU KELUMPANG

v. Kuala Selingsing

CATEGORIE