L'eta del Bronzo dell'Asia Centrale meridionale

Il Mondo dell'Archeologia (2005)

L'età del Bronzo dell'Asia Centrale meridionale

Sandro Salvatori
Vadim M. Masson
Ciro Lo Muzio
Victor I. Sarianidi
Massimo Vidale
Boris A. Litvinskij
Raffaele Biscione
Maurizio Cattani

di Sandro Salvatori

L'area qui considerata comprende, per motivi di omogeneità culturale e intensità di interrelazioni specifiche, la regione pedemontana del Turkmenistan, con le estensioni meridionali dei delta irrigui dei fiumi Tejen e Murghab, l'Uzbekistan e il Tajikistan meridionali, l'Afghanistan nord-occidentale.

In sintonia con gli sviluppi noti nell'Iran settentrionale (Gurgan, Damghan e bacino dell'Atrek), la zona pedemontana del Turkmenistan si presenta suddivisa, nel Calcolitico tardo, a cavallo tra IV e III millennio a.C. (periodo Namazga III della sequenza del Turkmenistan), in due province culturali, contraddistinte da una diversa produzione ceramica: a ovest della capitale del paese, Ashkhabad, ceramiche grigio-nere decorate a incisione e con motivi applicati (serpenti) (Ak Depe, a ovest di Ashkhabad, e Parkhai II, nella valle di Sumbar, l'Hyrcania delle fonti classiche), a est ceramiche policrome decorate con motivi geometrici e zoomorfi.

La provincia a ceramica dipinta, i cui siti si dispiegano lungo l'area pedemontana meridionale (Altin Depe, Ilginli, Namazga, Ulug, Kara Depe) e nel delta del Tejen (Geoksyur 1, Chong Depe, Khapuz, Serakhs), mostra in questo periodo una grande spinta espansiva, legata, probabilmente e almeno in parte, a necessità di approvvigionamento minerario. Alcuni gruppi, infatti, si spingono fino al medio corso dello Zerafshan, a est di Samarcanda (ma già in Tajikistan), dove fondano il centro agricolo di Sarazm, caratterizzato peraltro da importanti attività metallurgiche. La presenza di genti tardocalcolitiche geoksyuriane è stata inoltre documentata sia a Mundigak (periodo III) sia a Shahr-i Sokhta (periodo I), definendo così un arco di diffusione che si interfaccia con le contemporanee culture del Baluchistan pakistano (area di Quetta e, per quanto riguarda Shahr-i Sokhta, anche con il Makran pakistano), che giungono nei medesimi centri.

Bronzo antico o namazga iv (ca. 2800-2400 a.c.)

In entrambe le province sopra menzionate, le culture tardocalcolitiche si evolvono senza apparente soluzione di continuità, pur essendo ora presenti tratti caratteristici di una transizione.

Nel Turkmenistan occidentale è noto solo un numero esiguo di siti di questo periodo (Parkhai II, Karantki-Tokai, Goch, Chingiz); le informazioni più strutturate ci vengono dalla necropoli di Parkhai II, dove continua la tradizione della tomba a camera con inumazioni multiple, presente sin dal Calcolitico antico, e perdura la produzione di ceramica grigia con forme ora prevalentemente carenate e decorate sia a incisione sia con elementi applicati, spesso in forma di serpentelli. Ceramica simile è diffusa in quantità significative fino ad Ak Depe (dove le due province ceramiche si mescolano in modo evidente), pur essendo presente anche in altri siti della zona di Ashkhabad (Ekin, Mansur, Anau e, più a est, Kara Depe).

Nel Turkmenistan meridionale gli insediamenti maggiori di questo periodo (Namazga, Ulug, Altin Depe), apparentemente disposti a distanze regolari lungo la fascia pedemontana, controllavano probabilmente una rete di insediamenti minori (Shor, Taichanar, Kosha, Gara, Khapuz, nel delta del Tejen). Scavi di una qualche estensione sono stati effettuati solamente ad Altin Depe, dove sono venute alla luce complesse unità abitative, con aree a cortile separate da strade strette. La città è cinta da mura scandite da contrafforti, provviste verso la fine del periodo di un ingresso monumentale con torri rettangolari. Come nel periodo precedente, la ceramica è dipinta, ma vi predomina la decorazione bicroma e monocroma con motivi geometrici ripetitivi e coprenti, insieme con motivi zoomorfi, più frequenti nei siti occidentali (Namazga e Ak Depe). Le fornaci per ceramica sono ora a doppia camera; in una fase avanzata del periodo, la ceramica tornita soppianterà quella fatta a mano. Un incremento delle attività metallurgiche è evidenziato dalla comparsa di aree di lavorazione ai margini degli insediamenti (Altin Depe e Khapuz Depe) e dall'introduzione della tecnologia del bronzo, sia arsenicale sia stannifero. Maggiore importanza sembrano assumere le produzioni specializzate legate alla lavorazione dell'alabastro e delle pietre semipreziose (turchese, corniola, lapislazuli). Significativa la presenza di sigilli e cretule (già attestati ad Altin Depe durante il Calcolitico tardo). Poco sappiamo degli sviluppi dell'economia primaria ma, pur mancando evidenze dirette di canali d'irrigazione, la crescita della città, che raggiunge i 25 ha di estensione, suggerisce un'intensificazione della produzione agricola. Pastorizia e caccia sono ben documentate. Ancora presenti durante questo periodo sono le tombe a camera per sepolture multiple, insieme tuttavia a sepolture doppie e singole, indizio forte di un processo di riorganizzazione sociale che pone una maggiore enfasi sul ruolo dell'individuo.

Sul medio Zerafshan, l'insediamento di Sarazm si sviluppa durante il Bronzo Antico con caratteristiche analoghe a quelle del periodo precedente, cioè con elementi di cultura materiale misti, sud-turkmeni e pakistani. L'attività economica più rilevante del sito è quella metallurgica, che sembra in relazione con il controllo delle mineralizzazioni di rame presenti nei rilievi montuosi dello Zerafshan a nord e dell'Hissar a sud. Non sono noti siti di questo periodo in Battriana (Uzbekistan e Tajikistan meridionale, Afghanistan settentrionale).

Bronzo medio o namazga v (ca. 2400-1900 a.c.)

Mentre evidenze relative al Bronzo Medio sono ancora scarse lungo la zona pedemontana orientale (Daina) e nell'area di Ashkhabad (monticolo meridionale di Anau, Mansur), diverso è il quadro nel settore meridionale. Lungo le pendici del Kopet Dagh continuano a essere abitati i grandi centri di Namazga, Ulug, Altin e Khapuz, oltre ad alcuni insediamenti minori, quali Taichanak, Shor, Tekkem Depe (livelli inferiori). Di questi, tuttavia, solo Altin Depe è stato esplorato archeologicamente su scala estensiva.

Il sito ha rivelato un impianto viario regolare, un'architettura monumentale, quartieri residenziali e, in periferia, quartieri artigianali specializzati. La produzione glittica, fortemente imparentata con quelle coeve della Margiana e della Battriana, è quasi esclusivamente rappresentata, sia ad Altin Depe sia negli altri centri del Bronzo Medio della zona pedemontana meridionale (Tekkem Depe), da sigilli a stampo compartimentati di bronzo, decorati con motivi geometrici, zoomorfi e floreali. Le sepolture sono ora di tipo individuale e spesso accompagnate da ricchi corredi che comprendono oggetti metallici e di pietra, vasi di ceramica di varia foggia e oggetti di ornamento personale.

Con il Bronzo Medio anche l'antico delta del Murghab risulta completamente colonizzato da un sistema insediamentale complesso e gerarchizzato, con un sito centrale, Gonur 1 Nord, che sviluppa una superficie di circa 30-35 ha, e una serie di insediamenti minori (tra i 5 e i 10 ha: Kelleli 3 e 4 , Aji Kui 8, Togolok 1, Taip 1 e altri) disposti a distanze modulari dal maggiore. Intorno ai siti di prima e seconda grandezza si collocano numerosi villaggi e fattorie con estensione compresa tra 0,5 e 2 ha. Gonur 1 Nord è dominato da una grande struttura palaziale fortificata, circondata dall'insediamento urbano a sua volta cinto da possenti mura. Anche i siti di media grandezza sono difesi da mura, quantunque non di dimensioni paragonabili a quelle di Gonur 1 Nord. Le mura sono in genere dotate di torri quadrangolari poste spesso agli angoli e/o in corrispondenza degli accessi (Kelleli 3 e 4, Aji Kui 8, Togolok 1 fase antica).

La ceramica, come nella regione pedemontana, è fatta al tornio e prevalentemente acroma, con la rara occorrenza di decorazioni a bande rosse. Alcuni catini recano decorazioni incise e applicate. L'insieme formale, pur con caratteristiche locali, è fortemente imparentato con le coeve produzioni della zona pedemontana. Caratteristiche sono poi le figurine femminili di argilla decorate a incisione, analoghe a quelle di Altin Depe, ma qui prive delle applicazioni che connotano capelli e gioielleria. La glittica è prevalentemente rappresentata dai sigilli a stampo compartimentati di bronzo, ma anche d'argento e d'oro, e va segnalata la presenza di sigilli a cilindro importati dall'Iran centrale e dalla Mesopotamia. Altri sigilli a cilindro, tra cui uno con iscrizione cuneiforme, sono di importazione mesopotamica; alcuni invece riprendono, con stilemi locali, tipici motivi sumero-accadici. Altri materiali, fra cui anche un sigillo con la raffigurazione di un elefante e iscrizione harappana, insieme a numerosi oggetti di avorio, attestano contatti con la valle dell'Indo. La ricca gioielleria in oro, argento e pietre semipreziose ritrovata nelle poche tombe non depredate del cimitero di Gonur 1 Nord ci restituisce, insieme a molti altri oggetti di bronzo, alabastro, clorite e altri tipi di pietra, l'immagine di una società impegnata in traffici commerciali con le altre grandi aree di sviluppo urbano del Medio Oriente.

Il controllo territoriale delle città del delta del Murghab sembra estendersi a sud, lungo il medio corso del fiume (necropoli di Takhta Bazar), seguendo la naturale strada di comunicazione con le oasi della Battriana meridionale. In quest'ultima regione, che comprende le "oasi" di Dashli, Nichka e Farukhabad (Afghanistan settentrionale, a ridosso dell'Amu Darya), la civiltà del Bronzo Medio ci è nota in parte grazie agli scavi condotti negli anni Settanta da una missione afghano-sovietica, in parte attraverso i materiali provenienti da una sistematica attività di saccheggio delle necropoli dell'area, condotta negli anni Settanta del secolo scorso; affluiti al mercato di Kabul, e di qui in collezioni museali e private, essi comprendono un grandissimo numero di sigilli compartimentati di metallo, sigilli a cilindro, vasi di argento istoriati, oggetti e contenitori di bronzo, alabastro e altri tipi di pietra, asce cerimoniali, statuine composite di clorite. Il quadro complessivo che si ricava dai materiali decontestualizzati e dai dati di scavo, spesso inadeguatamente pubblicati, è tuttavia del tutto analogo a quello che la ricerca ufficiale ha potuto tracciare per la Margiana.

Ancora più incerte e frammentarie sono le attuali conoscenze sul Bronzo Medio nella Battriana settentrionale. A Sapalli Tepa, nel Sud dell'Uzbekistan, il complesso fortificato scavato nei primissimi anni Settanta del Novecento presenta un impianto molto simile al "palazzo" di Dashli 3 e, analogamente, nella sua fase più antica può essere attribuito al Bronzo Medio. Allo stato attuale delle conoscenze le regioni meglio note per questo periodo sono la zona pedemontana del Turkmenistan meridionale e il delta antico del Murghab. In queste aree emerge il quadro di un avanzato sviluppo della civiltà urbana, con forti caratteristiche protostatali (centralità del potere amministrativo e politico). Il materiale archeologico dimostra un deciso sviluppo del sistema degli scambi internazionali, probabilmente organizzato da agenzie commerciali con rappresentanze all'estero (Shahdad, Susa, Mohenjo Daro).

Bronzo tardo o namazga vi (1900-1500 a.c.)

Nella regione occidentale del Turkmenistan insediamenti e necropoli di questo periodo sono noti nella valle del Sumbar (Parkhai I, Sumbar I e II). La ceramica grigia continua a essere presente in quantità significative insieme a forme caratteristiche della coeva produzione delle regioni centro-orientali del paese. Nella regione di Ashkhabad livelli del Bronzo Tardo sono noti a Elken e Anau Sud e a questo periodo va anche ascritta la necropoli di Yangi Kala.

Lungo la regione pedemontana meridionale del Turkmenistan, tra la fine del Bronzo Medio e gli inizi del Bronzo Tardo si verifica il collasso di alcuni dei maggiori centri urbani. Il grande insediamento di Altin Depe cessa di vivere, mentre sembrano contrarsi altri siti, come Ulug Depe e, soprattutto, Namazga Depe, dove gli scavi condotti nell'area della "torre settentrionale" hanno messo in luce una successione (oltre 4 m di spessore) di sette livelli del Bronzo Tardo, molti dei quali contenenti resti architettonici. Intorno a quest'ultimo centro rimangono attivi villaggi come Elken, Tekkem e Grisha Depe.

In Margiana assistiamo all'abbandono del grande centro urbano di Gonur 1 Nord e al saccheggio sistematico della sua necropoli. La maggior parte dei siti del Bronzo Medio viene abbandonata, ma nelle vicinanze e lungo tutto l'arco del Bronzo Tardo sorgono altri insediamenti, anche in aree precedentemente poco o per nulla abitate, come ad esempio l'area di Auchin. In questo periodo fioriscono gli insediamenti anche in Battriana. Il popolamento nelle oasi deltizie dell'Afghanistan nord-occidentale risulta intensivo, incardinato intorno a centri fortificati quali Dashli 1 e 3. Anche nell'Uzbekistan meridionale l'esplorazione estensiva di importanti insediamenti e necropoli di questo periodo (Sapalli Tepa, Jarkutan, Molali) ha permesso di ricostruire un'articolata sequenza di fasi che trova importanti conferme in quella margiana. Più scarsi sono i dati sul Tajikistan meridionale, dove per ora sono meglio documentate, grazie allo scavo di numerose necropoli, le fasi più recenti del Bronzo Tardo e il Bronzo Finale.

Sorgono in questo periodo nuovi impianti difensivi, provvisti di torri circolari agli angoli e semicircolari lungo il perimetro (Togolok 1 e 21, Gonur 1 Sud, Auchin in Turkmenistan; Jarkutan in Uzbekistan; Dashli 1 e Tikar 4 nell'Afghanistan nord-occidentale). Gli insediamenti fortificati dispongono di edifici o strutture per stoccaggio e fornaci, mentre le unità abitative sono dotate di forni, stanze-magazzino e ambienti residenziali (Gonur 1 Sud, Togolok 1 e 21; Dashli 1 e 3; Jarkutan).

La cultura materiale (ceramica, glittica, produzione litica e metallurgica) è singolarmente omogenea in tutte le regioni sopra citate, non diversamente dal periodo precedente, pur con aspetti regionali specifici. La glittica, largamente documentata, è ora prevalentemente caratterizzata da produzioni in pietra che comprendono, oltre a un nuovo tipo di sigillo a cilindro con apice forato e base a stampo, sigilli bifacciali a stampo, sia di forma rettangolare sia a losanga scalinata, sigilli bifacciali a bottone con motivo decorativo tracciato per giustapposizione di colpi di trapano, sigilli prismatici e altre forme ancora, inizialmente utilizzati solo su supporti vascolari, poi anche su cretule.

Ancora intensi, almeno durante le prime fasi del Bronzo Tardo, sembrano i contatti internazionali mantenuti dai centri battriano-margiani. Sigilli bifacciali a losanga scalinata sono stati rinvenuti sia nella valle dell'Indo (Mohenjo Daro) sia nel Golfo Persico (Failaka). La presenza di comunità centroasiatiche giustificherebbe i ritrovamenti di materiali ceramici e sigilli bactro-margiani di questo periodo in siti pakistani (Mehrgarh VIII e Sibri), iranici (Tepe Yahya IV A4, Tepe Dash nel Sistan iranico) e degli Emirati del Golfo (Tell Abraq). I primi contatti con il mondo delle steppe, per quanto ancora episodici, sono documentati dal ritrovamento di ceramica incisa e impressa di tipo Petrovo e Fedorovo in siti margiani della fase più antica del Bronzo Tardo (Taip, Togolok 1). Solamente verso la fine del periodo, tuttavia, nell'area si intensifica la presenza di piccoli gruppi di allevatori, portatori della ceramica incisa di tradizione Tazabagyab.

Bronzo finale o namazga vi tardo (ca. 1500-1350 a.c.)

Questa fase è insufficientemente rappresentata nel Turkmenistan occidentale (necropoli di Sumbar I), dove la ricerca archeologica è riuscita a documentare in modo adeguato solo una consistente rioccupazione dell'area durante l'età del Ferro.

Lungo la pedemontana meridionale sono invece attribuibili a questo periodo i livelli superiori di Namazga Depe, Tekkem Depe, Elken, Ovadan, Sermancha e Anau Sud, che ci documentano anche la presenza di gruppi di pastori mobili provenienti dalle regioni a sud dell'Aral (di tipo Tazabagyab prima e Sargary-Alekseevo in un momento di passaggio all'età del Ferro). Nel delta del Murghab (fase di Takhirbai 3) si assiste a una forte contrazione del sistema insediamentale, ora concentrato nella porzione meridionale dell'antico delta. La vasta piana alluvionale, intensamente abitata durante il Bronzo Medio e le fasi iniziali del Bronzo Tardo, è ora per gran parte ricoperta dalle sabbie avanzanti dal deserto del Kara Kum. Su queste sabbie sono stati individuati numerosi accampamenti di pastori Tazabagyab-Andronovo, che in questo momento si insediano anche nell'area di Takhirbai 3, a stretto contatto con gli agricoltori locali, e in villaggi caratterizzati dalle tipiche abitazioni semisotterranee.

Analoghi fenomeni migratori di pastori settentrionali sono documentati sia nella Battriana meridionale sia in quella settentrionale. In quest'ultima regione l'incontro pacifico delle due culture, quella locale (agricola) e quella intrusiva (pastorale), iniziato già durante le ultime fasi del Bronzo Tardo (fasi di Kuzali e Molali), è meglio documentato grazie a scavi e ricognizioni recenti sia in Uzbekistan (Jarkutan, Bustan) sia in Tajikistan (Kangurttut, Dakhana, Teguzak, Baraki Kurug e le necropoli di Nurek). Nella Battriana settentrionale è inoltre ben documentata la comparsa del rito crematorio (Bustan), introdotto dai nuovi arrivati, portatori della ceramica incisa delle steppe.

A uno sguardo generale, il periodo sembra marcare il culmine di una crisi delle culture agricole dell'Asia Centrale meridionale, iniziata durante il Bronzo Tardo, dovuta probabilmente a un inasprimento generale delle condizioni ambientali (inaridimento) e, localmente, a pratiche di ipersfruttamento delle risorse idriche. In queste stesse regioni il successivo ristabilirsi di un insediamento intensivo durante l'età del Ferro (Yaz II e III) porterà allo sviluppo di complesse opere idrauliche per il controllo delle acque fluviali nei sistemi deltizi.

Bibliografia

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Altin depe

di Vadim M. Masson

Insediamento del periodo eneolitico e dell'età del Bronzo, situato 150 km a est di Ashkhabad, in Turkmenistan. Scoperto nel 1929 da A.A. Semenov, è stato scavato tra il 1965 e il 1986 da una missione dell'Accademia delle Scienze del Turkmenistan e dall'Istituto di Storia della cultura materiale dell'Accademia Russa delle Scienze.

Gli strati più profondi, databili a partire dall'inizio del IV millennio a.C., sono caratterizzati dalla presenza di ceramica del tipo Namazga I, con argilla mista a paglia, dipinta con semplici figure geometriche. Intorno alla metà del IV millennio a.C. il sito si estese verso nord; la cultura di questo periodo (Namazga II) presenta ceramica dipinta con motivi a metope verticali marginate e statuine femminili di argilla, decorate con cerchi concentrici lungo i fianchi. Alla fine del IV millennio a.C. (Namazga III), A.D. si ingrandì verso sud, raggiungendo i 25 ha; circondata da un muro difensivo con contrafforti interni, presentava piccole abitazioni di due stanze (20-25 m2). Analoghe strutture, ma di dimensioni maggiori (35-43 m2), con piattaforme rilevate e focolari circolari, sono state interpretate come luoghi di culto. Si datano a questo periodo tombe a inumazione multipla, sepolture con ricchi corredi costituiti da vasi dipinti, oggetti di rame e ornamenti. La A.D. tardocalcolitica (strati 13-9) mostra i caratteri di un importante centro protourbano, con una ricca cultura, caratterizzata da ceramica policroma, con motivi a croce e animali stilizzati in forma geometrica (stile Geoksyur), statuine femminili con sofisticate acconciature, vasi di pietra e sigilli. Fornaci per ceramica a doppia camera sono state recentemente portate alla luce in un'area a cortile. Sempre in un'area a cortile sono stati individuati i resti di un granaio, dalle cui vicinanze provengono numerose bullae.

Nella prima metà del III millennio a.C. (Namazga IV, strati 8-4) le abitazioni sono di due o tre camere, con piattaforme e focolari circolari; le sepolture sono sia multiple sia singole. Alcune sepolture femminili presentano un ricco corredo di vasi di ceramica dipinta, contenitori di alabastro, specchi di rame, lamine, utensili e grani di turchese. Il tornio per ceramica fa la sua comparsa verso la fine del periodo, insieme a una più intensa attività metallurgica. L'accesso meridionale al sito viene ora dotato di un ingresso monumentale, fiancheggiato da poderose torri. Nella seconda metà del III millennio a.C. (Namazga V) A.D. raggiunge lo stadio più propriamente urbano, con specifiche aree produttive nelle zone periferiche e quartieri residenziali con strutture di crescente complessità. Nel quartiere degli artigiani sono state portate alla luce numerose fornaci per la ceramica, ora realizzata al tornio e non più dipinta, e sepolture con corredo limitato a uno o due vasi. Le aree residenziali sono composte da grandi case a pianta regolare; nelle tombe, oltre ai vasi, sono presenti numerose figurine femminili di terracotta, sigilli di bronzo e argento, ornamenti e grani di cornalina e lapislazuli. A est è un probabile complesso cultuale, dominato da una torre a gradoni alta 22 m, che ricorda le ziqqurrat mesopotamiche; nella stessa area, una tomba a più camere ha restituito ornamenti di oro, argento, cornalina, turchese e lapislazuli.

In questa fase finale, A.D. riflette lo sviluppo di una civiltà urbana pienamente inserita nella cultura medio-orientale del III millennio a.C. Contatti con la civiltà dell'Indo sono testimoniati dal ritrovamento di sigilli, di cui uno con iscrizione, e di oggetti in avorio. Sono presenti anche vasi di ceramica grigia dipinta provenienti dal Nord-Est dell'Iran. Caratteri comuni con le vicine aree della Margiana e della Battriana sono evidenti nella produzione ceramica, nella sfragistica e in altri settori della cultura materiale, compresa l'architettura militare o difensiva e quella domestica. Un brusco declino, e forse un abbandono, pone rapidamente fine alla vita della città agli inizi del II millennio a.C.

Bibliografia

V.M. Masson, Altyn-depe, Leningrad 1981; L.B. Kircho, The Beginning of the Early Bronze Age in Southern Turkmenia on the Basis of Altyn-Depe Materials, in EastWest, 38 (1988), pp. 33-64; V.M. Masson, Altyn-depe, Philadelphia 1988; Id., Proto-Bactrian Group of Civilizations in the Ancient East, in Antiquity, 236 (1988), pp. 536-40; L.B. Kircho, New Studies of the Late Chalcolithic at Altyn-depe, Turkmenistan, in Archaeological Studies, 16 (1994), pp. 39-43; Ead., Burial Rite of Altyn Depe in the 3rd Millennium, in SAA 1997, I, pp. 437-52.

Anau

di Vadim M. Masson

Sito eneolitico e dell'età del Bronzo nel Turkmenistan, vicino all'insediamento omonimo, 15 km a est di Ashkhabad; è formato da due colline (tepe), una a sud e una a nord.

Nel 1886 il tepe settentrionale venne scavato da A.V. Komarov, un archeologo non professionista; successivamente, nel 1904, i due tepe furono indagati da una spedizione americana guidata da R. Pumpelly. L'edizione definitiva di questi scavi ha evidenziato l'importanza archeologica del sito. Tra il 1977 e il 1980 l'Accademia delle Scienze del Turkmenistan effettuò nuove ricerche sulla collina settentrionale, che rivelarono livelli databili tra il V e il IV millennio a.C., indicati come IA (strati 20-19), IB (strati 18-5) e II (strati 4-1). Tra il 1988 e il 2000 vi hanno avuto luogo tre campagne di scavo condotte da F.T. Hiebert.

Il livello IA è caratterizzato da case di terra cruda, ceramica con pareti sottili, dipinta in nero su fondo rosso, e manufatti di rame. Nel livello IB sono state messe in luce abitazioni di terra cruda (corrispondenti, secondo la nuova stratigrafia, al periodo Namazga I) e un edificio monumentale, forse un tempio, le cui pareti erano dipinte con grandi figure geometriche. Numerosi sono i resti ceramici, caratterizzati dalla presenza di paglia sminuzzata nell'impasto, dipinti con grandi triangoli, rombi e altri semplici motivi geometrici su fondo rosso e bianco-verdastro. Sono stati rinvenuti anche oggetti di rame e figurine animali di terracotta. Nelle sepolture infantili il corpo è adagiato sul fianco in posizione rannicchiata, con vari oggetti di corredo quali grani di rame, di piombo e di pietra, tra cui anche la turchese. Il livello II (Namazga II) è caratterizzato dall'inizio della produzione di ceramica con pareti sottili, rossa lucidata e dipinta in rosso e nero con piccoli motivi geometrici entro campo a rete.

La collina settentrionale di A. contiene i resti di un modesto insediamento di agricoltori e allevatori, contemporaneo a grandi centri urbani come Namazga Depe e Kara Depe. Gli animali allevati erano soprattutto bovini, ma anche suini, pecore e capre. Nuovi studi sul livello II hanno documentato l'uso del cammello, mentre non ha trovato conferma la domesticazione di cavalli, postulata in precedenza sulla base del rinvenimento di ossa poi risultate appartenenti a un kulàn. La collina meridionale è stata indagata solo in minima parte; il livello III, datato al III-II millennio a.C. (Namazga IV-VI), è riferibile a un piccolo insediamento rurale e contiene soprattutto ceramica lavorata al tornio, non dipinta, e alcuni oggetti di bronzo (spade e falcetti). Un sottile strato fra i livelli III e IV, datato al primo terzo del I millennio a.C. (periodo Yaz I), presenta ceramica con rozza decorazione dipinta. Nel livello IV (Yaz II-III), della metà del I millennio a.C., compare di nuovo ceramica non dipinta modellata al tornio assieme a punte di freccia di bronzo di tipo scitico.

Bibliografia

R. Pumpelly, Explorations in Turkestan. Prehistoric Civilizations of Anau, I-II, Washington (D.C.) 1908; M.D. Džurakulov, Archeologičeskaja dejatel´nost´ A.V. Komarova v Zakaspii [Attività archeologica di A.V. Komarov nell'area a est del Caspio], Samarkand 1964; K. Kurbansachatov, Eneolit Anau [L'Eneolitico di Anau], Ashkhabad 1987; F.T. Hiebert - K. Kurbansakhatov - R.H. Dyson Jr., Central Asian Village at the Dawn of Civilization: Excavation at Anau, Turkmenistan, Philadelphia 2003.

Bustan vi

di Ciro Lo Muzio

Necropoli della tarda età del Bronzo (metà del II millennio a.C. ca.), situata sulla riva destra del Bustansay (al di là della riva opposta sorge l'insediamento di Jarkutan), affluente di destra dello Sherabad Darya (Uzbekistan meridionale), scavata a partire dal 1990 da una missione dell'Università di Samarcanda diretta da N.A. Avanesova.

Nel corso di una decina di campagne di scavo sono state rinvenute 300 tombe, 8 strutture seminterrate di forma quadrata o trapezoidale in mattoni crudi, un'area pavimentata con ciottoli di fiume, 4 muretti di pietra a forma di disco solare, 9 altari di forma quadrata, circolare e rettangolare e numerosi focolari. Le sepolture ‒ a catacomba, a pozzo con nicchia laterale sul fondo e a fossa semplice ‒ erano segnalate in superficie da tumuli elevati in corrispondenza dell'entrata o della camera funeraria; l'accesso alla camera era murato con mattoni crudi, diversamente dalla consuetudine nelle necropoli del Bronzo Tardo, che prevedeva il ricorso a pietre e ciottoli. Non è stata rilevata alcuna regolarità nella disposizione delle salme, né nell'orientamento dei sepolcri. A B. VI erano praticate sia l'inumazione, preceduta dalla frammentazione del cadavere, sia l'incinerazione (integrale o parziale). Quest'ultima avveniva in apposite ciste di mattoni crudi, pratica precedentemente non attestata nelle culture eurasiatiche dell'età del Bronzo; altrettanto inconsueto nell'orizzonte cronologico di appartenenza di questo cimitero (periodo di Sapalli) è la presenza di cenotafi, ossia di inumazioni simboliche contenenti corredi di oggetti in argilla, tra cui sculture antropomorfe e zoomorfe, altari con resti di carbone, vasellame e gettoni di forma conica.

Nella campagna del 1999-2000 sono stati studiati alcuni impianti di probabile funzione commemorativa, situati ai margini dell'area funeraria. Questi includono una fila di tre "stele" di mattoni crudi, orientate sull'asse ovest-est, alla base delle quali erano ammucchiati i resti di offerte sacrificali e di pasti rituali (focolari circondati da vasi di ceramica). È stata riscontrata una disposizione differenziata, all'interno delle tombe, delle diverse parti degli animali sacrificati per il banchetto rituale, a ciascuna delle quali, probabilmente, era annesso uno specifico significato simbolico. L'insieme dei rinvenimenti induce a credere che B. VI non fosse solo un sepolcreto, ma anche un luogo di culto, comprendente diverse zone destinate a rituali collettivi. L'autrice degli scavi ritiene che l'area pavimentata in ciottoli (2 × 3 m) che circonda il "crematorio" VII-VIII fosse utilizzata come luogo di esposizione dei cadaveri, avente, cioè, la funzione che in epoca successiva sarebbe stata svolta dal dakhma zoroastriano; l'ipotesi, tuttavia, non sembra sufficientemente fondata, soprattutto per la vicinanza del crematorio, che mal si concilia con il rituale dell'esposizione (che nello zoroastrismo è connesso con la scarnificazione dei cadaveri, non con l'incinerazione).

Al di là della plausibilità dell'interpretazione delle pratiche funerarie e cultuali messe in luce dalle indagini, e che la Avanesova considera in parte antesignane di credenze e rituali testimoniati nella letteratura vedica, è innegabile che la necropoli di B. VI presenti significativi elementi di novità nella cultura del Bronzo Tardo della Battriana, verosimilmente introdotti da gruppi di allevatori originari dall'areale di diffusione delle culture appartenenti al complesso di Andronovo.

Bibliografia

N. Avanesova, Boustan VI, une nécropole de l'Age du Bronze dans l'ancienne Bactriane (Ouzbekistan méridionale): témoignages de culte du feu, in ArtsAs, 50 (1995), pp. 31-56; Ead., Rezul´taty issledovanij nekropolja Buston VI [Risultati delle indagini nella necropoli di Bustan VI], in Archeologičeskie issledovanija v Uzbekistane 2000 god, 1 (2001), pp. 31-37; Ead., Novye raboty na nekropole Buston VI [Nuove indagini nella necropoli di Bustan VI], in Archeologičeskie issledovanija v Uzbekistane 2002 god, 3 (2003), pp. 20-25.

Dashli

di Ciro Lo Muzio

Oasi dell'Afghanistan settentrionale, a nord di Aqcha, nell'antica Battriana meridionale. Negli anni Settanta del XX secolo sono stati oggetto di indagini estese due siti (Dashli 1 e 3) del Bronzo Medio (ultimi secoli del III-primi secoli del II millennio a.C.) da parte della Missione Archeologica Afghano-Sovietica, sotto la guida di V. Sarianidi.

Dashli 1 è un insediamento fortificato a pianta rettangolare (99 × 85 m) con cinta muraria di mattoni crudi, spessa da 3 a 4 m e rinforzata, agli angoli e lungo le cortine, da torri semiovali. All'interno della cinta gli scavi si sono concentrati su di un'area limitata, pari a un quinto della superficie totale, che ha rivelato strutture di funzione diversa (residenziali, cultuali, artigianali e di stoccaggio); spicca tra le altre una costruzione di pianta perfettamente quadrata, situata sul punto più alto dell'elevazione naturale e caratterizzata da un'accurata suddivisione degli interni, dotata di un camino con canna fumaria e di una scala che probabilmente conduceva a un piano superiore. Sarianidi suppone che l'insediamento ospitasse un certo numero di famiglie, sebbene non siano stati evidenziati nuclei abitativi distinti. Oltre alla ceramica (ottenuta prevalentemente al tornio, in percentuale minore modellata a mano e comprendente un'esigua quantità di ceramica grigia) si segnalano, tra i reperti, macine, pestelli, le cosiddette "colonnine" in miniatura, amuleti, sigilli, punte di freccia di selce, collane in piccoli vaghi di pietre dure (lapislazuli, corniola e turchese). Gli scavi hanno inoltre rivelato nove sepolture, probabilmente risalenti all'epoca di funzionamento del sito: tre tombe a inumazione con salma in posizione rannicchiata, due inumazioni di montone dai corredi particolarmente ricchi e tre cenotafi.

A Dashli 3, situato a 3 km dal sito precedente, sono stati scavati due complessi monumentali, rispettivamente ribattezzati come "palazzo" e "tempio". Il primo è costituito da una corte quadrata delimitata da un corridoio perimetrale, dal quale si accedeva ad ambienti stretti e allungati a forma di T (al centro di ogni lato) e di L (agli angoli), secondo uno schema cruciforme e simmetrico al quale, tuttavia, si sottrae il blocco d'ingresso, situato nell'angolo sud e orientato su un asse diagonale. Le facciate esterne delle mura sono scandite da lesene fortemente aggettanti. All'interno della cinta quadrata sono stati scavati diversi gruppi di ambienti comprendenti vani di funzione residenziale, cultuale e di servizio (tra questi un insieme di stanze parallele di forma stretta e allungata disposte ai lati di un corridoio, di non chiara funzione, ma probabilmente magazzini).

Fulcro del tempio di Dashli 3 è invece una corte circolare (diam. 40 m) delimitata da un corridoio suddiviso internamente in una serie di ambienti, che davano accesso a nove torri quadrate; questa "fortezza" interna era racchiusa da due anelli concentrici di costruzioni, demarcati da due cerchie di mura; tutto l'insediamento era difeso da una cinta muraria quadrata (130-150 m di lato). Come nel palazzo all'interno della corte centrale, anche qui sono stati riportati alla luce diversi gruppi di ambienti (residenziali, cultuali e di servizio) e come a D. 1 sono state ritrovate sepolture (49, tra inumazioni e cenotafi). Secondo Sarianidi le tombe sarebbero successive all'abbandono del complesso, ma l'ipotesi è difficilmente verificabile data la carenza della documentazione di scavo.

La stessa identificazione dei complessi ora descritti come palazzo e tempio dà adito a perplessità, se si considera che le strutture messe in luce e i reperti non lasciano trasparire una netta differenziazione funzionale tra i due monumenti; in particolare in nessuno dei due sono emerse prove di una inequivocabile destinazione cultuale. Vi è infine motivo di dubitare della successione cronologica formulata da Sarianidi per i siti dell'oasi (Dashli 1 sarebbe anteriore a Dashli 3), se si tiene conto della sostanziale omogeneità dei reperti ceramici.

Bibliografia

V.I. Sarianidi, Issledovanie pamjatnikov Dašlinskogo oazisa [Studio dei monumenti dell'oasi di Dashli], in I.T. Kruglikova (ed.), Drevnjaja Baktrija. Materialy Sovetsko-Afganskoj ekspedicii 1969-1973 gg., Moskva 1976, pp. 21-86; K. Jettmar, Fortified "Ceremonial Centres" of the Indo-Iranians, in M. Asimov et al. (edd.), Ethnic Problems of the History of Central Asia in the Early Period (Second Millennium B.C.), Moskva 1981, pp. 220-29; A.H. Dani - V.M. Masson (edd.), History of Civilizations of Central Asia, I, Paris 1992, passim.

Geoksyur

di Victor I. Sarianidi

Gruppo di nove tepe di epoca eneolitica (IV millennio a.C.), nell'antico delta del Tejen (Turkmenistan orientale). Il sito principale è Geoksyur I, con una superficie di 10 ha.

Gli strati più antichi hanno restituito ceramica del tardo periodo Namazga I: vasi con decorazione dipinta a fasce di triangoli, più di rado di triangoli uniti per i vertici, chevrons, ecc. Tutto il vasellame è modellato a mano, l'impasto è caratterizzato da un'alta percentuale di paglia triturata. Questa fase, ascrivibile all'Eneolitico iniziale, è meglio documentata nel piccolo insediamento di Dashliji, costituito da alcune abitazioni a una camera con corte adiacente, vani per attività produttive e un ambiente più spazioso, ipoteticamente identificato come santuario familiare.

Nell'Eneolitico medio il centro di G. continua a esistere, mentre sorgono nuovi insediamenti, il cui arco di vita corrisponde al periodo Namazga II: Ayna Depe, Mullali Depe, Yalangach Depe, tutti caratterizzati da una cinta muraria con "torri" a pianta circolare e abitazioni a un solo vano, al cui interno è stato rinvenuto un cospicuo numero di basamenti rettangolari con funzione di braciere. La ceramica è ancora modellata a mano e presenta una decorazione dipinta che si ricollega alla tradizione precedente: fasce orizzontali lungo l'orlo, a volte unite da tratti verticali e da chevrons. Sporadici vasi con decorazione dipinta più complessa, caratteristica dei siti pedemontani del Kopet Dagh, sono probabilmente oggetti di importazione, tuttavia è verosimile che una certa percentuale fosse prodotta in loco sulla base di modelli occidentali. Sebbene i primi manufatti di rame compaiano già nel periodo precedente, l'Eneolitico medio vede accrescersi la loro quantità e varietà (coltelli, punte di giavellotto, asce, spilloni, anelli, specchi, ecc.). Tra gli oggetti di uso comune si segnalano inoltre manufatti di osso e di pietra.

Nel periodo seguente (tardo Eneolitico, corrispondente a Namazga III), l'area di G. subisce trasformazioni radicali. Oltre ad abitazioni costituite da una sola stanza, sono testimoniate dimore a più ambienti, sia abitativi sia di servizio, separate da viottoli, muri ciechi o semplicemente da spazi non edificati, evidentemente sede di famiglie estese con attività economica comunitaria. Ciascuna di queste abitazioni comprendeva focolari da cucina e per il riscaldamento, incassati nei pavimenti, e un focolare-altare di pianta circolare, con piano superiore delimitato da un bordo in rilievo, di tipo molto diverso dai basamenti-braciere del periodo precedente, ospitato in un ambiente espressamente adibito a cappella domestica. Un'altra novità si riscontra nell'ambito della ceramica, ora caratterizzata da una ricca decorazione policroma ("stile di Geoksyur"). All'ampia gamma cromatica si associa la varietà degli schemi e dei motivi decorativi (croci, triangoli, rombi) combinati in vari modi; tra le forme più diffuse troviamo ciotole emisferiche e scodelle.

Altro elemento peculiare del periodo è la diffusissima produzione fittile di figurine femminili sedute, dalle accentuate caratteristiche sessuali, collegabili alla sfera cultuale della dea madre. Mentre si registra un netto calo nella produzione di utensili e armi di pietra e di osso, un notevole progresso si riscontra nella lavorazione dei metalli, in cui è attestata la tecnica della ricottura, che conferiva maggiore solidità e plasticità ai manufatti metallici. Proviene dall'area di G. anche la prima testimonianza nota in Asia Centrale di un sistema di canalizzazione, composto da tre canali della lunghezza di 3 km, derivati dall'antico corso del fiume Tejen.

Accanto a sepolture individuali in semplici tombe a fossa, si diffonde la pratica di seppellire i defunti in camere funerarie di mattoni, in genere a pianta circolare e con coperture a falsa cupola. Ciascuna di queste camere ha rivelato la presenza di diversi scheletri, dei quali, di regola, uno in connessione anatomica, gli altri in deposizione secondaria. Si tratta evidentemente di tombe familiari, in cui via via si faceva spazio a nuove deposizioni. Simili camere funerarie sono ampiamente attestate non soltanto nel Turkmenistan sud-orientale (Altin Depe), ma anche nell'area pedemontana del Kopet Dagh (Kara Depe). La comparsa e la diffusione di questa nuova pratica funeraria e della ceramica nello stile di Geoksyur sono imputate a una nuova popolazione, arrivata nella regione intorno alla fine del IV millennio a.C. dal territorio dell'Iran sud-occidentale.

Bibl.: V. Sarianidi, Pamjatniki pozdnego eneolita jugo-vostočnoj Turkmenii [Monumenti dell'Eneolitico tardo nel Turkmenistan sud-orientale], Moskva 1965.

Gonur

di Sandro Salvatori

L'antico delta fossile del fiume Murghab, a nord della Merv medievale (antica Margiana, Turkmenistan meridionale), ha rivelato, grazie a intensive ricognizioni archeologiche iniziate già negli anni Ottanta del XX secolo, una sorprendente ricchezza di insediamenti databili dall'età del Bronzo Medio (seconda metà del III millennio a.C.) fino a epoca partico-sasanide.

Durante la fase più antica, al centro di un sistema gerarchizzato di centri abitati si trovava il grande depe (o tepe, monticolo di formazione antropica) denominato Gonur Nord; per le sue dimensioni (ca. 30 ha) e per le sue caratteristiche strutturali esso può a buon titolo essere considerato capitale regionale durante il Bronzo Medio (2350-1900 a.C.). Gli scavi sistematici in corso dal 1990 vi hanno portato alla luce un vasto complesso palatino all'interno di un doppio muro di fortificazione, con torri rettangolari aggettanti poste sia lungo i lati sia agli angoli. Una porta monumentale, anch'essa fiancheggiata da avancorpi turriti, permetteva l'accesso sul fronte nord delle mura. Il palazzo, che sembra aver avuto almeno tre fasi principali di vita (con un episodio di distruzione per incendio, alla fine della prima fase), è caratterizzato a nord da un quartiere di rappresentanza con vaste aule e vani con pareti movimentate da rientranze scalari. A sud-ovest si aprono due vasti cortili, mentre a sud-est è il quartiere privato o residenziale del palazzo. Sempre all'interno delle mura del palazzo, un grande edificio era adibito a magazzini per lo stoccaggio di beni e derrate alimentari.

Intorno al palazzo, all'esterno delle sue mura, si disponevano i quartieri residenziali che costituivano il tessuto urbano della città. In tale contesto alcuni edifici a pianta complessa, anch'essi dotati di annesse strutture per lo stoccaggio di beni, sono stati interpretati come edifici di culto. L'insieme risulta poi circondato da una possente muraglia ‒ le mura urbiche ‒ provvista, a intervalli regolari, di contrafforti aggettanti.

Immediatamente a ovest della città, nella piana alluvionale solcata dai paleoalvei dell'antico delta, fu individuata nel 1992 la sua vasta necropoli. Nell'arco di oltre un decennio vi sono state scavate più di 2500 sepolture. Le tipologie sepolcrali vanno dalla fossa semplice, con pareti indurite a fuoco, alle catacombe con pozzo d'accesso, fino alle più complesse strutture ipogee suddivise in vani da muretti di mattoni crudi. Pur largamente depredata in antico (poco meno del 90% delle sepolture risulta essere stato violato durante la successiva fase del Bronzo Tardo nella prima metà del II millennio a.C.), la necropoli di G. ha restituito materiali di grande valore storico e artistico (statuine antropomorfe composite, sigilli a stampo di bronzo e argento, sigilli a cilindro, contenitori di clorite, alabastro e argento, monili d'oro e pietre semipreziose, oggetti di avorio e osso, oltre a una vasta gamma di vasi di ceramica), che permettono di ricostruire la fitta trama di relazioni culturali e commerciali intessuta con le vicine regioni della Battriana protostorica (Afghanistan settentrionale e Uzbekistan meridionale), la valle dell'Indo (civiltà di Harappa), l'Iran centro-meridionale (Shahdad e la regione del Kirman), l'Iran di sud-ovest (civiltà elamita), la Mesopotamia sumero-accadica e le regioni costiere della Penisola Arabica lungo la via marittima del Golfo Persico.

Gonur Nord fu improvvisamente abbandonata (e la sua ricca necropoli sistematicamente saccheggiata) agli inizi del Bronzo Tardo, forse a seguito della crisi di un sistema di potere fortemente centralizzato. Nello stesso periodo, immediatamente a sud del sito sorse un villaggio di circa 4 ha di estensione, cinto da mura con torri angolari a pianta circolare. Gli abitanti del nuovo insediamento utilizzarono come necropoli l'area di Gonur Nord, ormai abbandonata. Come in altri centri coevi del delta del Murghab (Togolok 1 e 21, Auchin 1, Taip), anche a Gonur Sud sono state individuate più fasi di vita dell'insediamento, con diversa articolazione interna delle unità abitative e degli spazi comuni. Entro la cinta muraria un tessuto abitativo fitto e irregolare, dotato di strutture di stoccaggio comunitarie, è dominato a sud-ovest da un edificio a pianta regolare e murature di solida fattura. Il palazzetto è stato interpretato sia come luogo di culto sia come residenza del signore del villaggio. L'accesso a est conduceva, attraverso un vestibolo, a una stanza rettangolare con nicchia sulla parete di fondo. A sud, due sale ipostile, una delle quali provvista di banco di muratura intonacato, facevano da contorno a un vano più piccolo con bassa piattaforma, in cui erano collocate due grandi giare che contenevano, come è stato rivelato dall'analisi di tracce residue, liquidi estratti da piante allucinogene.

Con la fine del Bronzo Tardo anche Gonur Sud viene abbandonata; sulle sue rovine, ormai erose e irriconoscibili, sono stati raccolti frammenti di ceramica della cultura di Andronovo, che in tutto il delta denunciano l'arrivo di gruppi di allevatori dalle steppe del Nord.

Bibliografia

S. Salvatori, The Discovery of the Graveyard of Gonur-depe 1 (Murghab Delta, Turkmenistan): 1992 Campaign Preliminary Report, in RdA, 17 (1993), pp. 5-13; V. Sarianidi, Excavations at South Gonur, in Iran, 31 (1993), pp. 25-37; S. Salvatori, Excavations at the Namazga V Graveyard of Gonur 1 (Murghab Delta, Turkmenistan). Preliminary Report on the 1994 Field Season, in RdA, 19 (1995), pp. 5-37; V. Sarianidi, Margiana and Protozoroastrism, Athens 1998; Id., Necropolis of Gonur and Iranian Paganism, Moscow 2001.

Ilginli depe

di Massimo Vidale

Sito dell'attuale Turkmenistan meridionale, nella zona pedemontana del Kopet Dagh, a pochi chilometri di distanza dal più tardo e vasto sito protourbano di Altin Depe. È una collina a pianta ovale di 12-14 ha, con un'elevazione massima di circa 14 m dalla piana circostante.

Scavato da una missione sovietica, fu oggetto di due brevi missioni italiane di rilevamento topografico, studio e campionamento delle superfici tra il 1998 e il 1999. Secondo gli archeologi russi il primo nucleo di I.D. sarebbe sorto nel V millennio a.C. (periodo Namazga I, ca. 4800-4200 a.C., o Calcolitico antico) nella parte settentrionale della collina e si espanse all'intera area nel periodo Namazga II, ca. 4200-3600 a.C., o Calcolitico medio. I livelli abitativi di questo periodo, abbondantemente erosi in superficie, contengono grandi quantità di ceramiche dette "di Yalangach", con forme aperte (ciotole e bacini) decorate sotto l'orlo, all'esterno, da semplici motivi a bande di linee parallele, festoni e triangoli. Intorno alla metà del IV millennio a.C. il sito raggiunse la massima espansione, per poi essere abbandonato in corrispondenza del rapido sviluppo di Altin Depe; gli ultimi livelli abitativi contengono le ceramiche policrome dette "di Geoksyur", considerate uno degli indicatori-guida del periodo Namazga III (ca. 3600-3000 a.C., o Calcolitico tardo). I dati di scavo indicano un'economia agricola basata sulla coltivazione di orzo e grano, sull'allevamento di caprovini e, in misura molto minore, di bovini; numerosi resti ossei di onagro indicano che la caccia continuava a essere praticata.

Gli scavi di I.D. furono relativamente estesi (diversi saggi verticali più tre trincee principali, rispettivamente di 15 × 14; 7 × 20 e 30 × 30 m) e accurati dal punto di vista stratigrafico; non sorprende quindi che il sito tuttora fornisca l'immagine archeologica più completa della vita nel Calcolitico medio della regione. Gran parte delle architetture esposte si data al periodo Namazga II: si tratta di edifici apparentemente composti da due a quattro ambienti, spesso con grandi cortili forse parzialmente condivisi, fittamente e irregolarmente addensati e separati da percorsi fatti di stretti viottoli e spazi aperti. L'ampiezza dei viottoli si aggirava tra 1 e 1,4 m. Le dimensioni delle stanze variavano tra 7 e 12 m2, con ambienti maggiori che raggiungevano i 20 m2. I muri, in parte costruiti su zoccolo rivestito da cortina di pietra, avevano gli alzati di mattoni crudi e fango.

Una delle caratteristiche più salienti è la presenza nel reticolo abitativo di un elevato numero di speciali ambienti, interpretati come "santuari". Si tratta di 15 stanze a pianta quadrata, di estensione compresa tra 22 e 80 m2 circa, con un unico accesso ‒ in genere da un cortile ‒ e planimetria standardizzata: immediatamente a lato dell'ingresso si trovava solitamente un piccolo ambiente murato, sempre rinvenuto colmo di rifiuti (in qualche caso anche ossa umane disarticolate); sulla parete opposta all'ingresso erano due vani piccoli e stretti. La parete di fondo era abbellita in qualche caso da graffiti ed elaborate pitture in nero, rosso e bianco, con motivi geometrici, fitomorfi e serpenti stilizzati. La notevole cura impiegata in queste costruzioni è anche dimostrata dal frequente uso, su pavimenti e pareti interne, di intonaci rossi e neri. L'ambiente principale era suddiviso in due metà simmetriche da panche disposte a L, costruite con argilla intonacata o legno (rinvenuto carbonizzato), mentre a destra e a sinistra dell'entrata comparivano due file parallele di grandi vasi (khum) seminterrati, che in qualche caso sembrano aver contenuto cereali. Tra le panche a volte sorgeva un focolare (o "altare") rialzato.

È verosimile che questi edifici avessero un significato particolare e fossero destinati a qualche forma di riunione. Tali ambienti appaiono in genere abbandonati dopo episodi di incendio e crollo primario, che avevano lasciato sui piani pavimentali notevoli quantità di reperti e persino crani umani e frammenti postcraniali. Secondo gli archeologi russi, si tratterebbe di abbandoni volontari seguiti dall'intenzionale incendio dell'intera costruzione, con valenza rituale: tuttavia, tale interpretazione appare confusa e poco plausibile. Poiché nei pressi di questi ambienti si trovano a volte consistenti accumuli di ciottoli alterati e spezzati dal fuoco, non si può escludere che si tratti invece di "bagni turchi", in cui il vapore poteva essere alimentato proprio gettando ciottoli arroventati nelle file laterali dei contenitori, secondo una prassi ancor oggi in uso in Asia Centrale. Furono anche messi in luce numerosi resti di sepolture intramurali, perlopiù in deposizione secondaria, sia singole sia collettive: i corredi erano in genere composti da un unico vaso ceramico.

La cultura materiale di I.D., in questo periodo, è ricca e varia. Si fabbricavano statue antropomorfe di pietra dai tratti fortemente stilizzati e bacini, sempre di pietra, con appendici a volto umano. Con la pietra si creavano anche percussori, pesi, macine e mortai. Le figurine femminili sono di terracotta ingobbiata in rosso o giallo, con gambe unite e affusolate, seno e fianchi pronunciati, braccia rudimentali; il capo, con volto semplicemente "pizzicato" in fuori, era sormontato da un piccolo copricapo. Queste figurine erano spesso coperte da decorazioni geometriche dipinte (o più raramente incise), quasi a suggerire tatuaggi. Altre figurine di terracotta rappresentavano animali. A giudicare dal gran numero di fusaiole ancora oggi sparse sulle superfici, nel IV millennio a.C. I.D. doveva ospitare una fiorente attività tessile; intense erano anche le attività metallurgiche, testimoniate da forme di fusione e dalle sgocciolature di rame, dalle perline e dai chiodi di rame trovati in superficie. Le ricognizioni portarono anche alla scoperta di lingotti o frammenti di litargirio (ossido di piombo), collegati alla lavorazione del rame o forse dell'argento. Sono presenti anche ornamenti con perline di oro, argento e pietre semipreziose. I manufatti di rame comprendono, oltre ai tipi già citati, grandi coltelli, punte di lancia, asce, un falcetto e un'accetta-piccone. Il rame è in maggioranza quasi puro, più di rado con basse percentuali di piombo; rari sono i casi di rame arsenicale ed eccezionale è un oggetto in una lega rame-argento. Le tecniche usate comprendono la colata in forme di fusione composite, la fusione a cera perduta, la fabbricazione mediante battitura e forgiatura di lamine di rame (lavorate a sbalzo), la battitura dell'oro in foglie, la forgiatura a caldo di barrette e lamine di rame per la creazione di perline. Martelli e incudini, secondo studi basati sulle tracce residue, erano verosimilmente di pietra.

Bibliografia

P.L. Kohl, Central Asia. Palaeolithic Beginnings to the Iron Age, Paris 1984; V.M. Masson, Ilgynly-depe. A New Centre of Early Farming Culture in South Turkmenia, in SAA 1989, pp. 195-200; G.F. Korobkova - T.A. Sharovskaja, Stone Tools from Ilgynly-depe (Turkmenistan): the Evidence from Use-Wear Analysis. New Archaeological Discoveries in Asiatic Russia and Central Asia, in Archaeological Studies, 16 (1994), pp. 27-30; V.M. Masson - Y.E. Berezkin - N.F. Solovyova, Excavations of Houses and Sanctuaries at Ilgynly-depe Chalcolithic Site, Turkmenistan. New Archaeological Discoveries in Asiatic Russia and Central Asia, ibid., pp. 18-26; N.F. Solovyova et al., Metal Artifacts from Ilgynly-depe, Turkmenistan. New Archaeological Discoveries in Asiatic Russia and Central Asia, ibid., pp. 36-38; Yu.E. Berezkin - N.F. Solovyova, The Main Rooms at Ilginly-depe (a Tentative Typology), in ANews, 5 (1996-97), pp. 86-123; N.F. Solovyova, The Wall-Painting of Ilginly-depe, ibid., pp. 124-30.

Jarkutan

di Boris A. Litvinskij

Sito archeologico sulle rive del Bustansay, affluente di destra (ora prosciugato) del Surkhan Darya, 60 km a nord di Termez (Uzbekistan). Scoperto nel 1973 da Š.R. Pidaev e V.N. Pilipko, J. è stato scavato da una missione diretta da A.A. Askarov; dalla metà degli anni Novanta del Novecento le indagini proseguono a cura di una missione uzbeco-tedesca (direttori D. Huff e Š.B. Šajdullaev).

L'insediamento si articola in un gran numero di collinette archeologiche su di una superficie di oltre 100 ha; manca un impianto difensivo esterno e, verso est, il sito si apre sulla pianura circostante. La parte centrale è occupata da una cittadella fortificata (ca. 3 ha), le cui mura, spesse da 1,4 a 2,4 m, sono rinforzate da bastioni interni ed esterni. Nell'area urbana sorge un complesso palaziale di pianta quadrata (lato di 42 m), anch'esso difeso da una solida cinta con 13 torri a pianta quadrata. La parte occidentale del palazzo è dilavata. L'entrata principale, sul lato sud, è affiancata da due bastioni. Un'enorme piattaforma occupa la parte centrale del complesso, sulla quale si affacciano i 14 o 15 ambienti del palazzo, tutti di pianta rettangolare. Si distingue l'ambiente 6, il più ampio (5,2 × 5,4 m), che conserva un altare del fuoco di pianta circolare, posto in un angolo, e un focolare quadrato di uso domestico.

Lungo il perimetro interno della cinta muraria, il complesso palaziale includeva anche una serie di abitazioni e laboratori, tra cui un'officina metallurgica posta sotto un porticato. La muratura è di mattoni crudi (50 × 25 × 12 cm) e pakhsā (blocchi di argilla pressata). Nella cinta difensiva è impiegata una tecnica insolita: nucleo in pakhsā con paramento esterno e interno di mattoni crudi. Costruito nel XV sec. a.C., il palazzo continuò a esistere fino al X-IX secolo. Sia nell'area del palazzo sia in quella limitrofa sono state rinvenute sepolture.

A 350 m a sud-est del palazzo, fuori della cittadella, è il tempio di pianta rettangolare (44,5 × 60 m), con i lati orientati secondo i punti cardinali e circondato da una solida cinta muraria (spess. 4,5 m). Fulcro del primo settore era una piattaforma rettangolare (ca. 400 m2, alt. 2,5 m), nella cui parte meridionale si trovava il principale altare del fuoco, di pianta quadrata e collocato all'interno di una struttura aperta a baldacchino; nei pressi di quest'ultimo era un vano a pianta rettangolare in cui erano depositate le ceneri sacre e, accanto a questo, un ambiente di culto a pianta circolare. All'interno del tempio sono stati messi in luce altri ambienti di diverse dimensioni, corridoi, corti, altari circolari e quadrati, pozzi, una piattaforma di culto e altre strutture. L'epoca di funzionamento del tempio corrisponde al XIV-X sec. a.C. Le recenti indagini condotte nel tepe VI hanno parzialmente riportato alla luce i resti di un edificio fortificato riconducibile, secondo una ricostruzione ipotetica, a un tipo di architettura monumentale cultuale caratteristica dell'Asia Centrale della tarda età del Bronzo (ad es., Togolok 21, in Margiana).

È stato interamente esplorato un quartiere abitativo sulla collinetta 5, che ha rivelato 35 ambienti di diverse misure, pozzi e sepolture. L'inumazione dei defunti, inizialmente all'interno delle abitazioni, si trasferì successivamente ‒ tra il XV-XIV e il X sec. a.C. ‒ nella necropoli (oltre 20 ha) che si estende al di fuori dell'area edificata. Le 1500 sepolture scavate rappresentano solo il 15% del totale. Le tombe, a fossa semplice o con nicchia laterale sul fondo, sono poste a una profondità di 1-2 m dall'attuale piano di campagna. Di solito i defunti giacevano su un lato, rannicchiati, gli uomini con le spalle volte verso la fossa d'accesso, le donne nella posizione contraria. Nelle sepolture più antiche la testa degli inumati era volta verso nord o nord-ovest, in quelle più tarde verso sud o sud-ovest. I corredi funerari comprendevano una notevole quantità di ceramica, nonché manufatti di bronzo e di pietra, e testimoniano dell'elevato livello della cultura materiale.

Bibliografia

A.A. Askarov - B.N. Abdullaev, Džarkutan, Tashkent 1983; A.A. Askarov - T. Širinov, Le temple du feu de Džarkutan, le plus ancien centre cultuel de la Bactriane septentrionale, in P. Bernard - F. Grenet (edd.), Histoire et cultes de l'Asie Centrale préislamique. Sources écrites et documents archéologiques, Paris 1991, pp. 129-36; Iid., O nekotorych gruppach kul´tovoj keramiki Džarkutana [Alcuni gruppi di ceramica cultuale da Jarkutan], in IstMatKulUzb, 25 (1991), pp. 33-56; T. Širinov - S. Baratov, Bronzezeitliche Grabstätten aus der Nekropole Džarkutan 4c (Süd-Uzbekistan), in AMI, 29 (1997), pp. 65-120; A.A. Askarov - T. Širinov, Palace, Temple and Necropolis of Djar-Kutan, in The Archaeology and Art of Central Asia, in BAsInst, 7 (1997), pp. 13-25; D. Chuff - Š.B. Šajdullaev, Nekotorye rezul´taty rabot uzbeksko-germanskoj ekspedicii na gorodišče Džarkutan [Alcuni risultati delle attività della spedizione uzbeko-tedesca nel sito di Jarkutan], in IstMatKulUzb, 30 (1999), pp. 19-26; D. Huff, Djarkutan. Archaeological Research on Tepe VI, ibid., 31 (2000), pp. 49-69; J. Görsdorf - D. Huff, 14C-Datierungen von Materialen aus der Grabung Džarkutan, Uzbekistan, in AMI, 33 (2001), pp. 75-87; T.Š. Širinov, Die frühurbane Kultur der Bronzezeit im südlichen Mittelasien. Die vorgeschichtliche Siedlung Džarkutan, ibid., 34 (2002), pp. 1-170.

Jeitun

di Massimo Vidale

Il sito di J. sorge tra la zona pedemontana del Kopet Dagh e i margini del deserto del Kara Kum, nell'attuale Turkmenistan. Da esso prendono nome il periodo e la cultura relativa, che abbracciano le più antiche testimonianze di villaggi agricoli sedentari nel Turkestan occidentale.

Diffusa nel Turkmenistan meridionale, nella piana di Gurgan e, ancora più a sud, all'interno dell'altopiano iranico, la cultura di J. possedeva un'economia già pienamente neolitica. I siti occupano zone oggi prive d'acqua; si pensa, anche in assenza di prove dirette, che gli agricoltori neolitici fossero in grado di controllare, immagazzinare e redistribuire le acque dei corsi stagionali che scendevano dal Kopet Dagh. Le più antiche fasi (aceramiche) della cultura di J. non sono ancora state scoperte. La collina artificiale di J. si estendeva per 0,7 ha e si elevava per 5,5 m dalla piana circostante; il deposito archeologico raggiungeva uno spessore massimo di circa 3 metri. L'approssimazione nei metodi di scavo (grandi tagli artificiali, a piccone e senza setacciature) vanifica lo sforzo dell'esposizione dell'intero abitato.

Lo scavo rivelò cinque principali periodi di costruzione compresi tra il 6500 e il 5200 a.C., a giudizio degli scavatori privi di cambiamenti radicali nella cultura materiale. A contatto con il terreno vergine furono rinvenuti i resti di alcuni accampamenti temporanei. Il quarto livello costruttivo fu scavato nella sua interezza, mettendo in luce un piccolo villaggio composto di circa 30 case (forse appartenenti a 30 famiglie nucleari, per un totale ipotizzabile di 150-200 persone), apparentemente costruite senza una pianificazione regolare, sebbene molte di esse condividano un orientamento nord-sud (disposizioni più irregolari riguardano quelle ai margini est e ovest) e tendano a raggrupparsi, nel nucleo centrale del villaggio, in una planimetria quadrata, con uno spazio aperto al centro.

Le case, di dimensioni comprese tra 13 e 39 m2, erano monolocali e avevano forma standardizzata, con variazioni secondarie; costruite con mattoni lunghi 60-70 cm, larghi 20-25 cm, a sezione ovale, avevano pavimenti intonacati a calce, spesso dipinti in rosso o nero, a volte con impronte di stuoie, e ospitavano di frequente, a lato della porta d'ingresso, un complesso focolare-piattaforma, spesso inserito in una nicchia, con una parte aggettante dipinta in rosso e nero. Non vi sono strutture anomale o molto più grandi delle altre; tutte indipendenti, le case sono spesso separate da stretti passaggi e corridoi a L e sembrano condividere i cortili (a gruppi di due o tre). Nel villaggio si contano i resti di cinque o sei edifici interpretati come "granai" o "essiccatoi", formati da serie di bassi muretti paralleli. Tra alcune case, nei livelli superiori, corrono dei muri che sembrano limitare, e in un certo senso privatizzare, gli spazi circostanti, a volte lo stesso accesso alle ipotizzate strutture per immagazzinaggio. La parte orientale dell'insediamento, secondo gli scavatori, sarebbe stata preferenzialmente usata per la fabbricazione e l'uso degli strumenti di selce.

Diffuse attività di concentrazione e redistribuzione del prodotto agricolo sarebbero testimoniate, oltre che dai possibili magazzini con ambienti di forma allungata, dal frequente rinvenimento di gettoni o tokens di argilla cruda o terracotta. L'agricoltura si basava sulle colture dell'orzo e del farro. Gli studiosi sovietici proposero ricostruzioni del sistema di produzione agricolo del sito basate su considerazioni ecologiche, proiezioni paleodemografiche e complesse analisi delle usure dei falcetti, ma il mancato impiego di tecniche di flottazione per il recupero di resti botanici rendono tali ricostruzioni poco attendibili.

Lame di selce, forse usate come elementi di falcetto, rappresenterebbero ben il 60% degli assemblaggi di questo materiale, mentre microliti geometrici di tradizione mesolitica ammonterebbero a poco più del 5%, a testimoniare l'avanzato sviluppo dell'economia agricola del sito a scapito della caccia. A J., circa il 25% del totale delle ossa viene da specie indiscutibilmente selvatiche; vi è una limitata presenza di pecore e capre chiaramente domestiche, mentre secondo gli scavatori la capra selvatica bezoar, che rappresenta il 40% circa del totale, sarebbe stata in fase di protodomesticazione. I bovini furono definitivamente domesticati solo alla fine del periodo di vita di J. La ceramica è rappresentata soprattutto da ciotole e bacini di color camoscio, foggiati mediante cercini sovrapposti. Una percentuale prossima al 10% del totale presenta una decorazione dipinta, perlopiù con monotone serie di linee orizzontali e verticali ondulate. La cultura materiale comprende inoltre dischi di terracotta, forse usati come fusaiole, raschiatoi di osso, ottenuti da scapole di animali, e perforatori di osso, nonché elementi di collana di turchese e conchiglia, indicativi di traffici a lunga distanza.

Bibliografia

V.M. Masson - V.I. Sarianidi, Turkmenia before the Achaemenids, London 1972; M. Tosi, The Relevance of Prehistoric Non-Farming Economies in the Formative Process of the Central Asian Civilizations, in JCA, 6 (1983), pp. 1-28; P.L. Kohl, Central Asia. Palaeolithic Beginnings to the Iron Age, Paris 1984.

Sapalli tepa

di Raffaele Biscione

Sito della Battriana settentrionale (Uzbekistan meridionale) a poca distanza dal confine con l'Afghanistan, sulla parte terminale dell'Ulanbulaksay, circa 2 km a nord dell'Amu Darya.

S.T. ha attualmente una superficie di 4 ha, ma è stato parzialmente distrutto da lavori di canalizzazione e di costruzione di strade. Scoperto da L.I. Al´baum nel 1968 e scavato da A. Askarov nel 1969-74, S.T. è uno dei siti guida dell'Asia Centrale meridionale di quest'epoca e si inquadra bene in quel tessuto di coeve civiltà del Bronzo della Battriana e della Margiana convenzionalmente indicato (con una definizione che appare oggi inadeguata) come Bactria-Margiana Archaeological Complex (BMAC), chiamato anche "civiltà dell'Oxus", degli inizi del II millennio a.C.

Gli scavi hanno interessato la parte meridionale di S.T. e hanno esposto una costruzione quadrata di 82 m di lato, orientata secondo i punti cardinali, che corrisponde alla tipologia dei "palazzi" del BMAC. Composta da un grande cortile e da stanze perimetrali a forma di T, questa struttura è stata interpretata da Askarov come una fortezza, ma lo scarso spessore delle mura e la mancanza di torri semicircolari (tipiche delle fortezze coeve della Margiana e della Battriana) fanno ritenere che la costruzione fosse piuttosto la residenza dell'élite che dominava l'insediamento e l'oasi circostante. Nel palazzo sono stati riconosciuti tre livelli archeologici, i primi due dei quali determinano la fase Sapalli della sequenza culturale della Battriana settentrionale, probabilmente contemporanea alla fase Gonur 2 della Margiana e al Namazga VI iniziale del Turkmenistan pedemontano. Il terzo livello (Bronzo Tardo) appartiene alla fase Jarkutan della Battriana settentrionale, sempre contemporanea alla fase Gonur 2 e al Namazga VI. Sulla base di datazioni al 14C e della cronologia tradizionale Askarov collocava la fase Sapalli al 1700-1500 a.C. circa (cronologia tuttora seguita da molti degli studiosi dell'ex Unione Sovietica). Agli inizi degli anni Ottanta del XX secolo, sulla base di nuovi scavi e di una revisione generale della cronologia, la fase Sapalli è stata assegnata alla transizione Bronzo Medio/Tardo (2300-2100 a.C.); successivamente sono state proposte datazioni più tarde, intorno al 2000 a.C. o al 1900-1800 a.C. circa.

Nel primo livello all'interno del cortile sono stati identificati quattro complessi di stanze, ciascuno con un forno per ceramica e vari focolari, interpretati come residenze di famiglie patriarcali. Ogni complesso sembra autosufficiente, ma i forni da pane sono presenti solo in alcuni dei complessi e si notano tracce di attività specializzate: il complesso 1 è connesso con la lavorazione del corno e dell'osso, il 3 con quella del bronzo e il 6 aveva un'area per la lavorazione della ceramica notevolmente sofisticata. Nel secondo livello aumentarono complessi e stanze e anche i corridoi a T furono usati per scopi economici e residenziali. Nel terzo livello, dopo un incendio, vi fu una riduzione della superficie abitata. Nel palazzo sono state scavate 138 tombe (a inumazione singole e collettive, cenotafi e tombe nelle quali l'inumato era sostituito da un montone) per un totale di 158 individui. Le tombe sono a fossa, a pozzo con grotticella laterale (podboj) e, in due casi, a cista. I corpi erano avvolti in un sudario, adagiati a terra (in rari casi in un pithos) in posizione rannicchiata, i maschi sul fianco destro e le femmine sul sinistro, con la testa rivolta a nord. Askarov ha diviso le tombe in tre periodi, coevi ai livelli architettonici.

Lo studio dei materiali è stato condotto quasi esclusivamente sugli oggetti delle tombe. La ceramica della fase Sapalli è fatta al tornio (95%), ingobbiata, di color camoscio e non decorata. Sono forme tipiche le ciotole profonde troncoconiche, le grandi coppe su piede, le basi troncoconiche, le olle subglobulari con versatoio cilindrico ("teiere") e le grandi olle, queste due ultime forme con la parte inferiore a profilo concavo e una carenatura. Il 3% della ceramica è grigia, a volte con una decorazione a linee verticali a stralucido. Gli oggetti di metallo, analoghi a quelli coevi delle tombe saccheggiate della Battriana meridionale (Afghanistan settentrionale), sono numerosi e comprendono oggetti di toilette (flaconi, "bacchette"), specchi con o senza manico, bracciali, spilloni a volte con capocchie molto elaborate, sigilli, vasi aperti o chiusi con versatoio e scarsissime armi (un'ascia, tre lance, due coltelli). Sono stati rinvenuti collane e sigilli di vari tipi di pietre semipreziose e vasi di pietra. Fra i materiali organici, molto ben conservati, spiccano alcuni frammenti di seta, i più antichi rinvenuti fuori della Cina.

Studi successivi hanno parzialmente mutato questa interpretazione e consentito importanti precisazioni. Innanzitutto, nei casi in cui si disponga di dati stratigrafici, si constata che le tombe sembrano posteriori alle strutture. Data la somiglianza tra le ceramiche delle tombe e quelle degli ambienti del complesso è probabile che la maggior parte delle sepolture risalga alla fine della fase strutturale 2 di S.T. e all'inizio del periodo Jarkutan. Sono stati identificati gli oggetti di esclusiva valenza maschile e femminile. I sigilli (interpretati come oggetti connessi con l'amministrazione e non come emblemi totemici) erano presenti solo in tombe femminili. Le scarse armi erano distribuite sia in tombe maschili sia femminili. Si è riscontrato che nelle tombe collettive con resti di adulti dei due sessi gli oggetti di corredo erano tipicamente femminili o di valenza neutra e che gli oggetti maschili erano totalmente assenti. I dati di S.T. contraddicono dunque l'interpretazione prevalente di queste società, considerate patriarcali e dominate da un'aristocrazia guerriera.

Bibliografia

A. Askarov, Sapallitepa, Tashkent 1973; Id., Drevnezemledel´českaja kul´tura epochi Bronzy Juga Uzbekistana [La cultura agricola dell'età del Bronzo nell'Uzbekistan meridionale], Tashkent 1977; P.L. Kohl, Central Asia: Palaeolithic Beginnings to the Iron Age, Paris 1984, pp. 154-55, 157, 220-22; R. Biscione - L. Bondioli, Sapallitepa. Analisi del rituale funerario di una necropoli del III millennio a.C, in Istituto per gli Studi Micenei ed Egeo-Anatolici, Seminari. Anno 1988, Roma 1989, pp. 53-70; P.L. Kohl, Central Asia, in W. Ehrich (ed.), Chronologies in Old World Archaeology, Chicago - London 1992, I, p. 190; II, pp. 156, 158; F.T. Hiebert, Origins of the Bronze Age Oasis Civilization in Central Asia, Cambridge (Mass.) 1994; S. Baghestani, Metallene Compartimentsiegel aus Ost-Iran, Zentralasien und Nord-China, Rahden/Westf. 1997, pp. 86-90.

Sarazm

di Sandro Salvatori

Sito archeologico nella media valle dello Zerafshan (Tajikistan), scoperto casualmente nel 1976 e in corso di scavo dal 1977 sotto la direzione di A.I. Isakov con la collaborazione, dal 1984, di una équipe francese.

L'insediamento antico, che si estende su di una superficie di 100-150 ha sulla riva sinistra del fiume, rappresenta ancora oggi, e per molti aspetti, un unicum in questa parte dell'Asia Centrale. Gli scavi hanno messo in evidenza una continuità abitativa che abbraccia il IV e il III millennio a.C. e una cultura di tipo agricolo caratterizzata da materiale ceramico di tipo esotico, che proviene sia dal Turkmenistan meridionale (Geoksyur, delta del Tejen) sia dal Baluchistan pakistano (area di Quetta).

Il periodo più antico (periodo I) è noto solo attraverso gli scavi del cantiere 2. In quest'area sono stati messi in luce i resti parziali di una singola unità abitativa con murature in pakhsā (blocchi di argilla pressata). La ceramica associata è di tipo turkmeno e si ricollega alla fase finale dell'orizzonte calcolitico di Yalangach. A questo periodo è anche attribuita un'area cimiteriale delimitata da un muretto di ciottoli fluviali, individuata nel cantiere 4; tra le sepolture si segnala quella di una giovane donna ornata con collana di vaghi di oro, argento, lapislazuli, corniola e steatite, con due bracciali di conchiglia marina e corredata di uno specchio di bronzo. Per tipologia e modalità di inumazione è stata ricollegata alla tradizione Afanas´evo della cultura delle steppe.

Il periodo II, esposto nel cantiere 2, è rappresentato da architetture in pakhsā (circa 48 stanze per almeno una decina di unità abitative) separate da strade e aree aperte. Numerosi i focolari circolari con cavità centrale, che trovano confronti soprattutto nei siti calcolitici del Turkmenistan meridionale (Altin Depe, Kara Depe, Geoksyur). Il materiale ceramico è del tutto analogo a quello della fase Geoksyur del Turkmenistan meridionale. Compaiono in questo periodo, per quanto scarse, le prime attestazioni di ceramica calcolitica di provenienza baluchi; inoltre, è presente almeno un contenitore riconducibile alle fasi iniziali della cultura neolitica di Kelteminar, nota nel bacino del Murkan Darya, ovvero a gruppi di pastori-agricoltori delle steppe centroasiatiche.

Il periodo III è noto dai cantieri 2, 3 e 7. L'architettura, di mattoni crudi, non si discosta molto da quella del periodo precedente se non per una maggiore regolarità delle strutture; in particolare, un edificio rinvenuto nel cantiere 3 potrebbe essere collegato a funzioni di stoccaggio di beni. Tra le ceramiche, ancora confrontabili con le produzioni turkmene, soprattutto della fase finale di Geoksyur 1, sono tuttavia in aumento quelle pakistane di periodo Sur Jangal II e, in un momento di poco successivo, quelle dell'orizzonte di Quetta.

Il periodo IV, pur presentando ancora materiale ceramico riconducibile al Namazga III della sequenza del Turkmenistan meridionale, vede un rilevante aumento della componente baluchi, rappresentata da materiali chiaramente riferibili allo stile di Quetta, oltre a isolati reperti di sicura ascendenza iraniana (Hissar IIIB, Shah Tepe II, Turang Tepe IIIB e C1). L'architettura, di mattoni crudi, è caratterizzata da unità abitative ampie e ben strutturate, con prevalenza di focolari centrali di forma quadrata con cavità centrale, di un tipo noto a Shahr-i Sokhta e a Mundigak nella prima metà del III millennio a.C. Di particolare interesse sono le consistenti evidenze di attività metallurgica, che possono essere all'origine della colonizzazione dell'area da parte di gruppi provenienti dal Turkmenistan meridionale e successivamente dal Baluchistan, interessati allo sfruttamento delle risorse minerarie (oro, argento, rame, piombo e forse stagno) nelle zone montane dell'alta valle dello Zerafshan.

Bibliografia

A. Isakov et al., Metallurgical Analysis from Sarazm, Tadjikistan SSR, in Archaeometry, 29 (1987), pp. 90-102; R. Besenval - A.I. Isakov, Sarazm et les débuts du peuplement agricole dans la région de Samarkand, in ArtsAs, 44 (1989), pp. 5-20; A.I. Isakov, Sarazm. K voprosu stanovlenija rannezemledel´českoj kul´tury Zeravšanskoj doliny. Raskopki 1977-1983 gg. [Sarazm. Il problema dello sviluppo della cultura protoagricola della valle dello Zerafshan. Scavi degli anni 1977-1983], Dushanbe 1991; B. Lyonnet, Sarazm (Tadjikistan) Céramiques (Chalcolithique et Bronze Ancien), Paris 1996.

Togolok

di Sandro Salvatori

Con il nome di T. (delta del Murghab, Turkmenistan), è designato un gruppo di 31 siti, prevalentemente datati all'età del Bronzo Tardo.

Due tra i maggiori siti, Togolok 1 e 21, sono stati scavati in estensione tra il 1984 e il 1988 da V.I. Sarianidi. T. 1 designa in realtà un gruppo di almeno cinque collinette archeologiche, tra loro molto vicine, distribuite su un'area di circa 70 ha. La collina maggiore, di circa 7,5 ha di estensione, è stata sondata con una trincea di m 10 × 10 per una profondità di circa 4 m. La sequenza abbraccia non solo tutto il Bronzo Tardo della regione (prima metà del II millennio a.C.), ma, nei livelli inferiori, anche il Bronzo Medio (seconda metà del III millennio a.C.), ovvero la fase che localmente prende il nome di Kelleli, dal gruppo di siti per primi investigati nel settore nord-occidentale del delta del Murghab. Uno scavo di emergenza è stato aperto, sempre negli stessi anni, a Togolok 24, dove sono state portate alla luce alcune sepolture del Bronzo Tardo in strutture a camera rettangolare costruite con mattoni crudi. In altri siti (ad es., Togolok 15) oltre a materiali del Bronzo Tardo sono stati raccolti anche manufatti del Bronzo Medio e della prima età del Ferro (Yaz I e II).

Togolok 1 (collinetta meridionale) ha restituito un grande complesso di forma quadrata e con regolari partizioni interne che comprendono stanze e cortili, interpretato dallo scavatore come tempio. Il grande edificio centrale è parzialmente inglobato in una più vasta cinta muraria che definisce un ampio spazio aperto. In una seconda fase furono aggiunte torri circolari agli angoli del complesso centrale, mentre il muro di cinta esterno venne rinforzato lungo il settore orientale e dotato di torri semicircolari. Tale adeguamento è in linea con la più peculiare caratteristica architettonica delle strutture difensive del Bronzo Tardo sia in Margiana sia in Battriana. Dopo un periodo di abbandono una nuova fase di vita è evidenziata da una serie di strutture abitative costruite negli spazi aperti racchiusi dalla cortina muraria esterna. A parte la presenza di materiali sicuramente attribuibili al Bronzo Medio, quali statuine femminili di ceramica e sigilli a stampo compartimentati di bronzo, di cui purtroppo non si conosce il contesto di ritrovamento e che potrebbero comunque indicare una datazione a quel periodo per la prima fase edilizia del complesso, è da sottolineare la presenza di una fase cimiteriale dell'area tra la prima fase edilizia e le successive. Qui è stata scavata, tra le altre, una grande sepoltura a camera, nota come "tomba della sacerdotessa", disturbata in antico, con evidenza di sacrifici animali (buoi) e ricchissimo corredo ceramico.

Togolok 21 si trova circa 1 km a sud di Togolok 1. Gli scavi sovietici riportarono alla luce un grande complesso architettonico fortificato, composto da un fortilizio centrale racchiuso da una doppia cortina muraria dotata di torri semicircolari lungo i lati e torri circolari agli angoli. L'insieme copre circa 1 ha. L'edificio centrale ha una complessa organizzazione interna comprendente stanze e cortili, oltre a locali dedicati all'immagazzinaggio di beni. Una serie più numerosa di stanze-magazzino risulta costruita lungo il muro occidentale della prima cortina muraria esterna. Una seconda fase, come a Togolok 1, vede la costruzione di unità abitative negli spazi aperti tra le due cortine murarie esterne. Infine, l'area, dopo il suo abbandono, in una fase finale del Bronzo Tardo, verrà utilizzata come necropoli. Durante la seconda fase l'edificio centrale sembra non subire modifiche sostanziali, ma l'uso ne viene probabilmente stravolto, essendo state riconosciute tracce di attività artigiane che riciclano come materia prima oggetti di pietra (prevalentemente colonnette) recuperati saccheggiando necropoli del Bronzo Medio.

Infine è da segnalare, in questo come in altri edifici palaziali scavati nel delta del Murghab (Gonur Nord e Togolok 1), la presenza di sistemi di drenaggio delle acque, costituiti da tubature in elementi modulari di ceramica.

Bibliografia

V.I. Sarianidi, Le complexe cultuel de Togolok 21 en Margiane, in ArtsAs, 41 (1986), pp. 5-21; Id., Drevnosti strani Marguš [Le antichità della terra di Margush], Ashkhabad 1990; Id., Ein außergewöhnlicher Tempelkomplex von Togolok in Turkmenien, in Altertum, 36 (1990), pp. 167-76; F.T. Hiebert, Origins of the Bronze Age Oasis Civilization in Central Asia, Cambridge (Mass.) 1994.

Yaz depe

di Maurizio Cattani

Sito eponimo della cultura dell'età del Ferro in Margiana (Turkmenistan), identificata e presentata da V.M. Masson nel 1959 con un'articolazione in tre periodi principali in base agli scavi effettuati nell'area centrale dell'insediamento, costituita da un tepe (o depe) di circa 1 ha di estensione. Il termine "cultura di Yaz" oggi identifica soprattutto la prima fase dell'età del Ferro, caratterizzata da una particolare ceramica fatta a mano con decorazione dipinta di colore rosso o rosso bruno su fondo chiaro.

Y.D. è il sito principale della Margiana protostorica per estensione (16 ha ca.) e per monumentalità. Le prime ricerche archeologiche risalgono al 1956, quando iniziò l'esplorazione del delta del Murghab. Venne riconosciuto un sistema di canali antichi, distinti dal corso del fiume e associati alle forme del popolamento dell'età del Ferro in tre grandi oasi, che sono, da est verso ovest, le oasi di Takhirbai, di Yaz e di Aravalli. A Y.D. Masson eseguì cinque saggi di scavo e due sondaggi, identificando la cosiddetta "cittadella", costruita su una piattaforma di mattoni di argilla cruda alta 6 m all'interno di un abitato con una stratigrafia di m 8 di spessore, indice di una lunga continuità di vita.

Nel saggio I, all'angolo nord-ovest (30 × 3 m), fu messa in luce una poderosa piattaforma spessa 6 m, senza chiare tracce di muri di fortificazione. Il saggio II, il più esteso, mise in evidenza un complesso architettonico costruito al di sopra della piattaforma, con muri in mattoni e ambienti stretti e allungati, probabilmente con copertura a volta attorno a un'ampia corte (largh. 7 m ca.; lungh. 26 m). Nel saggio III, condotto nella zona sud dell'abitato, sopraelevata per 5 m dal piano di campagna, sono documentate le fasi Yaz III con costruzioni residenziali. A Y.D. e nei principali centri coevi, la cittadella come sede del potere assume una monumentalità verticale conferita soprattutto dalla piattaforma, che costituirà la base di formazione dei tepe artificiali; ha spesso carattere difensivo, come provano anche le mura di cinta con fossato (cittadella di Takhirbai); attorno a essa si costituisce un modello residenziale e produttivo che può essere considerato di tipo protourbano. Secondo Masson la costruzione al di sopra della piattaforma avrebbe funzione non residenziale, ma palaziale o cultuale, come suggerito dalla distribuzione delle stanze e dalla tipologia dei rinvenimenti. Purtroppo l'interruzione delle ricerche sul sito lascia la questione insoluta. Lo scavo ha individuato tuttavia rifacimenti strutturali e una probabile trasformazione nella destinazione d'uso degli ambienti.

Nei livelli più antichi di Y.D. è stata rilevata una minima percentuale di ceramica tornita (5,5%) rispetto alla ceramica fatta a mano. Quest'ultima è suddivisa in tre gruppi: ceramica dipinta con motivi geometrici a pittura bruno-rossastra su ingubbiatura chiara; ceramica grigia, spesso finemente brunita; ceramica a impasto grossolano, utilizzata per grandi contenitori, vasi da cucina e piastre circolari da cottura. La ceramica individuata negli strati più recenti ha permesso di identificare una seriazione delle successive fasi denominate Yaz II e Yaz III, caratterizzate dalla scomparsa della ceramica dipinta e da una percentuale più abbondante di ceramica tornita. Quest'ultima è stata utilizzata come riferimento per le ricerche archeologiche nella Margiana, contribuendo a collocare le centinaia di siti individuati nelle rispettive fasi cronologiche. La stessa produzione di ceramica tornita trova precisi confronti nelle limitrofe regioni dell'Asia Centrale.

Nel 1989 la Harvard Expedition ha realizzato un saggio stratigrafico a Y.D., mettendo in luce una successione di strati orizzontali con scarsi resti strutturali. Da questo sondaggio (livello 19, a 4 m di profondità) è stato prelevato un campione per la datazione al 14C, che ha fornito una data a 3120 ± 90, calibrata 1500-1260 a.C. La Missione Archeologica Italiana, in collaborazione con l'Accademia delle Scienze di Mosca e con l'Università Statale del Turkmenistan, ha avviato dal 1990 il progetto di realizzazione della Carta Archeologica del Delta del Murghab e ha effettuato rilievi morfologici di superficie a Y.D. All'interno della stessa ricerca è stato indagato il sito di Takhirbai, un abitato databile tra le fasi finali dell'età del Bronzo e l'età achemenide, che, nonostante le dimensioni più ridotte, mostra le stesse caratteristiche strutturali. Dai livelli delle prime fasi della cittadella di Takhirbai provengono le datazioni 3375 ± 80, calibrata 1750-1520 a.C., e 3311 ± 75, calibrata 1690-1510 a.C., che si aggiungono alla data al 14C di Y.D. Allo stesso periodo è attribuita la data della cittadella di Namazga Depe 3000 ± 60, calibrata 1320-1120 a.C.

La cultura di Yaz si estende verso ovest fino ai confini con la piana di Misrian (Dehistan). Lungo la fascia pedemontana la maggior parte degli abitati dell'età del Bronzo è abbandonata e rimangono come centri principali i siti di Elken Depe, Ulug Depe, Namazga Depe, Anau IV. Tracce della cultura di Yaz sono presenti anche nella valle dell'Atrek (Iran nord-orientale) e lungo l'Amu Darya, dove sono stati individuati numerosi abitati, definiti inizialmente come Early Bactrian o come Eastern Khorasan.

Nonostante un'apparente continuità insediativa con le aree del popolamento del Bronzo Tardo, il repertorio dei siti della cultura di Y.D. mostra significativi mutamenti nella cultura materiale, nell'impianto degli abitati, con nuove strutture monumentali e complessi sistemi di irrigazione, che suggeriscono una fisionomia protostatale in una fase preachemenide, collegata alla formazione degli Stati iranici e conseguentemente a nuove forme religiose. Per quanto concerne la continuità con l'insediamento del Bronzo Tardo, ci sono elementi contraddittori che indicano una parziale rioccupazione di alcuni siti, in altri casi una particolare continuità, come nell'oasi di Takhirbai, dove la cittadella di THR-1 sembra iniziare nel Bronzo Finale, mentre d'altra parte si assiste alla comparsa di un nuovo tipo di ceramica dipinta, alla completa scomparsa delle ceramiche a decorazione incisa delle steppe e alla scarsa continuità produttiva delle ceramiche tornite. Questi cambiamenti fanno pensare a una cesura, da cui emerge una riorganizzazione delle forze produttive e del sistema insediativo, con un probabile apporto di forze nuove. Nelle fasi più recenti la cittadella, che ospita ora strutture di carattere residenziale, perde apparentemente le funzioni di controllo politico; il centro del potere sembra trasferirsi in altri abitati, tra cui va segnalata la città di Merv.

Bibliografia

V.M. Masson, Drevnezemledel´českaja kul´tura Margiany [La cultura protoagricola della Margiana], Moskva - Leningrad 1959; V.M. Masson - V. Sarianidi, Central Asia. Turkmenia before the Achamenids, London 1972; P. Kohl, Central Asia. Palaeolithic Beginnings to the Iron Age, Paris 1984; F. Hiebert, Chronology of Margiana and Radiocarbon Dates, in InfBIASCCA, 19 (1993), pp. 136-48; M. Cattani, Excavations at Takhirbai-depe (THR-1) (1992-1993). Preliminary Notes, in A. Gubaev - G. Koshelenko - M. Tosi (edd.), The Archaeological Map of the Murghab Delta. Preliminary Reports 1990-1995, Roma 1998, pp. 97-104; M. Cattani - B. Genito, The Pottery Chronological Seriation of the Murghab Delta from the End of the Bronze Age to the Achaemenid Period. A Preliminary Note, ibid., pp. 75-87; B. Genito, The Iron Age in Merv Oasis, ibid., pp. 89-95.

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