L'Italia preromana. I siti falisci: Narce

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

L'Italia preromana. I siti falisci: Narce

Francesca Ceci

Narce

Centro dell’agro falisco, situato su un alto pianoro tufaceo lambito dal fiume Treja, che ipotesi recenti identificano nella Fescennium più volte ricordata dalle fonti letterarie, cui si fa risalire l’origine di uno dei più antichi generi poetici, i Fescennini versus (Liv., VII, 2).

Gli scavi archeologici hanno evidenziato una sequenza cronologica quasi ininterrotta dalla media età del Bronzo sino al III sec. a.C., quando N. fu abbandonata per eventi probabilmente connessi con la presa di Falerii nel 241 a.C. La posizione di N. lungo gli itinerari della media valle del Tevere e gli stretti rapporti anche topografici che la collegavano all’area etrusca e in particolare a Veio ne favorirono il rapido sviluppo economico e commerciale, testimoniato dalla ricchezza dei corredi funerari di VIII sec. a.C. dove non mancano, insieme a beni di prestigio di produzione etrusca e locale, importazioni dal mondo greco (coppa euboico-cicladica dalla necropoli de I Tufi; coppa corinzia tipo Thapsos dalla tomba n. 52 di Monte Cerreto). L’abitato è formato dalle tre alture di N. (5 ha), Monte Li Santi (4,5 ha ca.) e Pizzo Piede (9 ha), di cui si conosce una stratigrafia attestante la frequentazione dalla fase tarda del Bronzo Medio sino all’età storica (IVV sec. d.C.), con una cesura riscontrabile nella fase iniziale della prima  età del Ferro. Le alture di N. e Monte Li Santi sono unite da una stretta sella che venne monumentalizzata con un viadotto, mentre l’area di Pizzo Piede risulta più isolata.

Il massimo sviluppo del centro si inquadra tra l’VIII e il VII sec. a.C. e prende avvio probabilmente dalla collina di N., a cui sembra fare subito seguito l’occupazione di Monte Li Santi e di Pizzo Piede, testimoniata da materiale di ricognizione e da nuclei sepolcrali. Gli scavi condotti nell’area urbana ne hanno dimostrato la particolarità insediativa, estesa unitariamente su tutte e tre le alture, sino a raggiungere una superficie complessiva di poco inferiore ai 20 ha; in questo sistema la collina di N. sembra aver costantemente svolto il ruolo di acropoli. L’abitato è circondato da 21 aree sepolcrali, dalle quali provengono i ricchi corredi funerari che documentano l’articolazione sociale e lo sviluppo cronologico ed economico del centro. A partire dal VI sec. a.C. N. andrà progressivamente declinando, almeno a quanto attestato dai rinvenimenti sepolcrali. Dopo la conquista romana dell’agro falisco nel 241 a.C. si assiste a uno spopolamento dell’area sino all’abbandono definitivo del sito inteso come complesso urbano.

Le indagini archeologiche hanno portato al rinvenimento di recinti murari di blocchi di tufo a N., del già ricordato viadotto di collegamento N. - Monte Li Santi, di un fossato e di una cinta muraria di blocchi di tufo, nonché altri resti riferibili a edifici non identificabili. Ben più ricchi i risultati degli scavi che dall’Ottocento si sono susseguiti abbondanti nelle necropoli che circondano l’abitato, i cui materiali confluirono nel primo nucleo del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e in musei europei e americani. I rinvenimenti più antichi provengono dalla necropoli de I Tufi, nel fondovalle a sud-est dell’altura di N., databile all’inizio dell’VIII sec. a.C., caratterizzata dalla compresenza di tombe a incinerazione entro olla e a inumazione entro fossa. I corredi di maggiore ricchezza appartengono alle sepolture databili tra la seconda metà dell’VIII e la prima metà del VII sec. a.C., realizzate entro fossa con o senza loculo per il corredo, tra cui ve ne sono diverse di rango aristocratico, con beni esotici che attestano il ruolo chiave svolto da N. negli scambi commerciali della regione. Oltre al vasellame locale (ceramico e bronzeo) e di importazione, compaiono oggetti di metalli preziosi, scettri, carri e naturalmente oggetti distintivi del sesso del defunto (armi per gli uomini, strumenti connessi alla filatura e alla tessitura per le donne, ornamenti vari anche di origine orientale).

Accanto alle tombe a fossa si sviluppano, già agli inizi del VII sec. a.C., le prime tombe a camera ipogee, contraddistinte da loculi parietali richiusi da tegole, tipiche dell’area falisca. Tra VI e V sec. a.C. si affermano le tombe rupestri a facciata (Cavone di Monte Li Santi), il cui corredo è caratterizzato dalla presenza di importazioni vascolari attiche di alto livello. Le attestazioni di epoca più recente sembrano documentare un declino dell’abitato, forse legato alla presa di Veio del 396 a.C., a cui si contrappone invece, nel territorio falisco, la fioritura della vicina Falerii. Lungo il fiume Treja sono stati individuati due santuari suburbani, situati ai piedi di Monte Li Santi a breve distanza l’uno dall’altro: il primo, identificato alla fine dell’Ottocento, ha restituito un’antefissa policroma a testa di Sileno, databile al 480-470 a.C. Il secondo, di scavo più recente, consiste in un’area sacra dedicata forse a una divinità della fecondità, realizzata in età tardoarcaica e perdurante in epoca successiva alla conquista romana dell’agro falisco. Sono stati scoperti rilevanti strutture di fondazione, altari, un pozzetto sacro e un deposito votivo; l’area venne obliterata e sigillata volontariamente alla fine del II - inizi del I sec. a.C. Numeroso materiale proveniente dalle necropoli di N. è attualmente esposto nel Museo Archeologico dell’Agro Falisco di Civita Castellana.

Bibliografia

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