L'Italia preromana. I siti laziali: Colli Albani

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

L'Italia preromana. I siti laziali: Colli Albani

Edoardo Tortorici

Colli albani

Lo scavo e lo studio delle necropoli albane hanno permesso, a partire dai primi del Novecento, di definire le caratteristiche culturali dell’età del Ferro laziale e di isolare i processi che sono alla base della formazione delle maggiori città latine di epoca storica.

Le testimonianze letterarie riconducono la maggior parte delle tradizioni leggendarie relative alle origini di Roma all’ager Albanus e alla città di Alba Longa (fondata da Ascanio figlio di Enea, leggenda dei 30 re di Alba, ecc.). L’intera storia di Roma arcaica si articola attorno alle lotte per il predominio tra le città latine dei Colli A. e Roma. I santuari federali di Iuppiter Latiaris sul Monte Cavo (Mons Albanus) e di Diana Aricina sul Lago di Nemi costituivano i centri sacrali federali della Lega latina. Dopo la definitiva affermazione della potenza di Roma nel 338 a.C., le città latine perdono progressivamente d’importanza politica; a partire dal II sec. a.C. l’ager Albanus diviene la meta preferita di soggiorno e di residenza dei più importanti personaggi dell’aristocrazia romana (Cesare, Pompeo, Clodio, Cicerone, Lucullo, ecc.): l’intero territorio viene disseminato di lussuose ville. La maggior parte di tali possedimenti entrerà progressivamente a far parte del demanio imperiale, favorendo la realizzazione di alcuni grandi complessi residenziali (ville di Domiziano sul Lago di Albano e di Caligola sul Lago di Nemi).

Un altro evento di grande importanza per l’assetto della regione si realizza con l’acquartieramento della II legio Parthica nell’ager Albanus a opera di Settimio Severo. Con la costruzione dei castra Albana, all’interno di un settore della villa di Domiziano, si determina una nuova realtà topografica gravitante attorno all’accampamento (terme, anfiteatro, alloggiamenti delle famiglie dei legionari, necropoli, ecc.). Tale nuovo assetto, con la costituzione dei primi nuclei cristiani, è all’origine di Albano Laziale, che già nel IV sec. d.C. andava organizzandosi come città, sede di un vescovo e dotata di una diocesi. La vastità della regione e l’importanza qualitativa e quantitativa dei resti monumentali hanno consigliato di raggruppare topograficamente l’esposizione dei principali nuclei archeologici.

Il santuario di iuppiter latiaris

Sulla sommità del Monte Cavo è da lungo tempo localizzato il famoso santuario di Iuppiter Latiaris, che costituiva il centro sacrale dei popoli latini. Nonostante vari tentativi mediante scavi e prospezioni, del monumento nulla è più visibile a parte alcuni tratti di muri in opera quadrata di incerta attribuzione. Perfettamente seguibile è invece il tracciato della strada antica (detta “via Trionfale” perché era percorsa dai cortei trionfali dei generali vittoriosi), che conduceva al santuario. In diversi punti sono conservate le crepidini di peperino estratte dal selciato a poligoni di basalto. La via si staccava dalla via Appia e seguiva le pendici orientali del Lago di Albano. Presso il convento di Palazzolo è ancora conservato un grande sepolcro rupestre, tradizionalmente ritenuto del console del 176 a.C. C. Scipione Ispalo (ma databile alla metà del II sec. d.C.). Sulle pendici orientali del Lago di Albano è ancora da ricordare un grande complesso in opera quadrata con un portico ad arcate e semicolonne, che viene generalmente identificato come villa residenziale. Recentemente se ne è proposta una interpretazione come santuario, per alcune somiglianze nell’articolazione planimetrica con il tempio lanuvino di Giunone.

Castel gandolfo

Nel punto in cui sorge l’odierna cittadina e in cui la dorsale del Lago di Albano si allarga e assume l’aspetto di un vero e proprio pianoro, la maggior parte degli studiosi (a partire da Th. Ashby e G. Lugli) localizza l’antica città di Alba Longa; a tale città, come è noto, la tradizione letteraria assegna un ruolo di primaria importanza nelle leggende delle origini e nella storia di Roma arcaica. Una riconsiderazione dei dati archeologici di età protostorica dal versante sud-ovest del lago, alcuni dei quali di recente acquisizione, sembrerebbe tuttavia rivelare l’esistenza di una più articolata situazione topografica, costituita da una serie di villaggi indipendenti e relative necropoli riferibili a una fase ancora preurbana. Tale situazione è maggiormente aderente alle testimonianze letterarie, che attribuiscono alla prima metà del VII sec. a.C. la distruzione di Alba Longa da parte di Tullo Ostilio.

A sud del moderno paese, nei giardini di proprietà pontificia, si conservano i resti della grandiosa villa imperiale di Domiziano, che aveva in questo settore la parte più rilevante dal punto di vista monumentale, ma che si estendeva con varie appendici lungo tutto il bacino del Lago di Albano. Il complesso si articolava su tre (o più) grandi terrazze in cui trovavano posto cisterne, ninfei, il teatro, il palazzo vero e proprio, un ippodromo, ecc. Lungo la riva occidentale del lago, al di sotto del paese, sono ancora da ricordare, oltre ai resti di banchine per l’attracco e di un faro, il Ninfeo Dorico, a pianta rettangolare con nicchie alle pareti, databile alla prima metà del I sec. a.C., e il Ninfeo Bergantino in opera mista, di forma circolare con banchine e altri ambienti rotondi, che sembra doversi riferire alla villa di Domiziano. Poco oltre è ancora conservato l’emissario del lago in opera quadrata, scavato, secondo la tradizione, nel IV sec. a.C.

Bovillae

La città si estendeva per la maggior parte sulla destra della via Appia all’altezza del XII miglio. Antica colonia di Alba Longa, dopo la distruzione della capitale dei populi Albenses ne ereditò le funzioni culturali e sacrali, come attestano le iscrizioni rinvenute.

La via appia tra bovillae e albano laziale

Soprattutto alla fine dell’età repubblicana l’ager Albanus diviene luogo di soggiorno per numerosi personaggi dell’aristocrazia romana che, in virtù della rapida e comoda comunicazione con Roma assicurata dalla via Appia, vi costruiscono numerose ville. Proprio in questo tratto di strada, grazie alle testimonianze di Cicerone e di Asconio Pediano (i quali forniscono numerosi particolari sulle vicende che portarono, nei pressi di Bovillae, all’uccisione di Publio Clodio da parte dei seguaci di Annio Milone), alcuni studiosi identificano la villa di Publio Clodio con i resti in località Ercolano all’altezza del XIV miglio dell’Appia. Un diverticolo a poligoni di basalto conduce alla villa, costituita da una serie di stanze in opera reticolata, disposte su terrazze e articolate attorno a un atrio e a un peristilio colonnati. L’edificio presenta una fase più antica in opera quadrata e rimase in uso fino a età imperiale avanzata (forse inglobato nella villa di Domiziano), come testimoniano numerose integrazioni in laterizio.

Proprio all’ingresso della cittadina di Albano Laziale, nella villa comunale (ex Doria), sono conservati i resti di un’altra grande villa signorile tradizionalmente attribuita a Pompeo Magno. Il complesso, in opera reticolata, è costruito almeno su due livelli: l’inferiore è una sorta di grande basamento con lunghi muri scanditi da lesene e la facciata rivolta a sud-est con esedre semicircolari. All’interno di questo basamento alcuni criptoportici assicuravano le comunicazioni con il piano superiore, in cui erano gli ambienti di abitazione con grandi sale absidate disposte attorno a un emiciclo aperto a nord-est. Ancora all’ingresso di Albano Laziale, dalla parte opposta dell’Appia, sono visibili i resti di un grande sepolcro a torre, pure attribuito a Pompeo.

Albano laziale

L’odierno abitato è sorto sui resti dell’accampamento (castra Albana) della II legio Parthica, acquartierata nell’Albanum da Settimio Severo come forza di riserva alle dirette dipendenze dell’imperatore, composta da soldati fedeli non italici. Dell’accampamento, costruito in opera quadrata, rimangono cospicui resti delle mura di cinta; di eccezionale imponenza e conservazione è la porta praetoria, sul lato corto meridionale del castro, a tre fornici con torri laterali. All’interno del castro, oltre agli sparsi avanzi degli alloggiamenti dei militari rinvenuti a più riprese, particolarmente conservato è il grande ninfeo di Santa Maria della Rotonda, a pianta quadrata esternamente e circolare internamente con quattro grandi nicchie semicircolari agli angoli. L’edificio, in opera mista di reticolato e mattoni, può essere datato all’età flavia e faceva probabilmente parte della villa di Domiziano. In un secondo momento, in età severiana, venne trasformato in impianto termale (notevoli i mosaici pavimentali con scene marine) a uso dei legionari partici. Sempre all’interno del castro è perfettamente conservata una grande cisterna tuttora in uso, a cinque navate coperte con volte in cementizio.

A nord-est dell’accampamento sono visibili i resti dell’anfiteatro, in parte costruito su una larga terrazza semicircolare e in parte appoggiato alle pendici del colle dei Cappuccini. A sud-est le strette strade del quartiere medievale di Cellomaio (cella maior?) conservano quasi ovunque i resti di un grande impianto termale, costruito da Caracalla come donativo per i soldati albani dopo l’uccisione di Geta. Le parti in migliori condizioni sono quelle inglobate nella chiesa di S. Pietro e in via Volontari del Sangue, dove è visibile anche il piano inferiore dell’edificio destinato agli ambienti di servizio. A est dell’accampamento, in località Selvotta, è localizzabile la necropoli dei legionari albani, costituita da tombe a fossa sormontate dai caratteristici coperchi a baule (cupae) o a doppio spiovente con iscrizioni sulla fronte. Appena fuori Albano, lungo l’antico tracciato della via Appia verso Ariccia, è visibile il sepolcro monumentale detto “degli Orazi e Curiazi”. Il monumento, a base quadrata, è sormontato agli angoli da quattro elementi troncoconici e da un altro, più grande, al centro. La forma è straordinariamente simile a quella, tramandata dalle fonti letterarie, della tomba di Porsenna e forse il fatto è da mettere in relazione con il ricordo della battaglia, avvenuta appunto presso Ariccia, tra Etruschi e Aricini aiutati dai Cumani, in cui perse la vita proprio il figlio di Porsenna, Arrunte.

Ariccia

L’odierno paese di Ariccia corrisponde all’acropoli dell’antica città, di cui si sono rinvenuti alcuni tratti delle fortificazioni ad aggere. Il resto dell’abitato, pure difeso da mura, si estendeva più a sud-ovest, in relazione con il tracciato della via Appia antica (l’Appia moderna raggiunge il paese da nord con un viadotto). Proprio la via Appia, insieme con un’altra strada proveniente dall’acropoli, costituiva l’asse principale della città attorno a cui si articolava l’impianto urbano con resti di terme e vari altri edifici in laterizio. Di particolare interesse è un edificio templare (II sec. a.C.), di cui è conservata parte della cella; viene ricostruito dagli studiosi come un tempio tuscanico ad alae (18 x 14 m). Il monumento aricino più rilevante dal punto di vista monumentale è tuttavia la grande sostruzione della via Appia, a sud-est dell’abitato; costruita in opera cementizia con paramento in opera quadrata, era originariamente lunga più di 230 m e alta 14 m circa. Databile nell’età dei Gracchi, venne più volte restaurata. Un importante intervento è ascrivibile all’età augustea, con la costruzione di un monumentale arco marmoreo all’ingresso del viadotto.

Marino

Nel territorio a nord della Marino moderna deve con ogni probabilità essere localizzato il municipio di Castrimoenium, noto solo da iscrizioni e da testimonianze letterarie. Nei pressi della stazione è visibile ed è ancora ben conservato un mitreo, con le pareti completamente affrescate con le immagini del culto (particolarmente importante la grande raffigurazione di Mitra che uccide il toro), datato alla fine del II sec. d.C. e, da alcuni studiosi, messo in relazione con i soldati della II legio Parthica di Albano.

Bibliografia

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Bovillae:

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