L'Ottocento: matematica. Geometria superiore

Storia della Scienza (2003)

L'Ottocento: matematica. Geometria superiore

David E. Rowe

Geometria superiore

Per gran parte del XIX sec., i matematici non ebbero un'idea ben definita del campo di ricerca che è possibile chiamare 'geometria superiore'. Questo termine vago portava con sé riferimenti che potevano richiamare di volta in volta gli spazi euclidei a più dimensioni, gli spazi proiettivi, le varietà riemanniane o, infine, aspetti geometrici della meccanica o della termodinamica. Così, fino al 1870 ca., la geometria multidimensionale era in relazione con molte e diversificate ricerche teoriche, le cui linee di sviluppo si intrecciavano soltanto debolmente. Mentre i fondamenti della geometria rimanevano saldamente radicati nella concezione kantiana di uno spazio fisico essenzialmente euclideo, la nascita di molte idee geometriche innovative contribuì, negli ultimi decenni del secolo, all'affermarsi del concetto generale di spazio a più dimensioni. Divenendo in seguito familiari strumenti di lavoro, tali idee consentirono ai matematici di formulare modelli per numerosi fenomeni matematici e fisici. Tra le molte idee che favorirono questi sviluppi, quelle provenienti dalla geometria differenziale intrinseca fornirono un impulso decisivo. Tale disciplina, nata inizialmente dai lavori di Carl Friedrich Gauss (1777-1855) in geodesia, aveva condotto il grande matematico tedesco alla scoperta di nuovi e fondamentali risultati nella geometria delle superfici. L'approccio di Gauss fu esteso a dimensioni superiori da Georg Friedrich Bernhard Riemann (1826-1866) nel suo famoso Habilitationsvortrag (lezione di abilitazione alla libera docenza) del 1854, nel quale veniva delineato un chiaro programma di ricerca per lo studio di varietà dotate di una struttura metrica locale. Dopo la pubblicazione postuma di tale lavoro, nel 1868, Elwin Bruno Christoffel (1829-1900) sviluppò nuove tecniche per lo studio della relativa teoria delle forme differenziali quadratiche e dei loro invarianti. Successivamente tali tecniche furono utilizzate da Gregorio Ricci Curbastro (1853-1925) nel suo calcolo differenziale assoluto, che diventò noto fuori d'Italia con la pubblicazione, nel 1901, di un articolo di Ricci e del suo allievo Tullio Levi Civita sui "Mathematische Annalen". L'attenzione di Riemann si era focalizzata principalmente sugli spazi a curvatura costante, gli unici che consentissero la libera mobilità dei corpi rigidi e le sue idee furono il punto di partenza per l'assiomatizzazione, a opera di Hermann von Helmholtz, delle proprietà dello spazio fisico. Verso la fine degli anni Sessanta, dopo le scoperte di Eugenio Beltrami (1835-1900) sulle geometrie non euclidee, gli spazi a curvatura costante avrebbero attirato maggiore interesse. In seguito agli studi di Sophus Lie (1842-1899) e di Wilhelm Karl Killing (1847-1923) fu chiarito il loro ruolo non solo in relazione al problema di Riemann-Helmholtz, ma anche riguardo alle forme di Clifford-Klein. Intorno alla fine del secolo, Jules-Henri Poincaré introdusse molti degli strumenti necessari per lo studio topologico delle varietà a più dimensioni e in breve tempo si assistette alla nascita della teoria delle varietà, della topologia algebrica e della geometria differenziale moderna.

Un secondo importante indirizzo di ricerca riguarda gli studi sugli spazi lineari a più dimensioni, iniziati nel 1844 con la Ausdehnungslehre (teoria dell'estensione) di Hermann Günther Grassmann (1809-1877). Così come l'audace concezione di Riemann, le originali idee di Grassmann divennero argomento di ricerca soltanto gradualmente e dopo il 1870. I più accesi sostenitori dei metodi di Grassmann dovettero inizialmente competere con la scuola britannica degli studiosi dei quaternioni, capeggiati da Peter Guthrie Tait (1831-1901). Verso il 1890, tuttavia, sia gli uni sia gli altri cominciarono a perdere terreno nei confronti di quei ricercatori che, seguendo il fisico Josiah W. Gibbs (1839-1903), proponevano i più efficienti metodi dell'analisi vettoriale. Tra i britannici, William R. Hamilton (1805-1865), Tait e William K. Clifford (1845-1879) erano profondamente interessati all'applicabilità del loro formalismo algebrico nei problemi di idrodinamica e di elettromagnetismo. Benché sia diventato usuale prendere in considerazione il lavoro di Grassmann nel contesto algebrico dei quaternioni, dei sistemi di numeri ipercomplessi e dell'algebra multilineare, non si deve dimenticare che le sue ricerche erano ricche di intuizioni geometriche. Giuseppe Peano (1858-1932) propose una versione modernizzata delle idee di Grassmann a partire dagli anni Ottanta, ma la teoria assiomatica astratta degli spazi vettoriali si sarebbe affermata solo molto più tardi intorno al 1920.

Una terza linea di sviluppo strettamente collegata con le due precedenti ebbe origine dai tentativi volti a geometrizzare la meccanica e altre parti della fisica, una tendenza che avrebbe condotto alle nozioni di spazio delle fasi e di spazio delle configurazioni. Le origini di queste idee si possono ricondurre alle prime formulazioni dei principî di azione, alla meccanica lagrangiana e ai metodi del calcolo delle variazioni. L'analogia tra ottica e meccanica concepita da Hamilton costituisce forse l'esempio più sorprendente di geometrizzazione della meccanica, ma questo non fu certo un caso isolato. Già negli anni Cinquanta Joseph Liouville (1809-1882) aveva interpretato il principio di minima azione nei termini di movimenti lungo geodetiche in uno spazio curvo, un approccio successivamente adottato tra gli altri da Rudolf Otto Sigismund Lipschitz, Beltrami, William Thomson e Tait, Jean-Gaston Darboux e Heinrich Rudolf Hertz.

Queste tre linee di ricerca costituiscono lo sfondo che favorì la creazione di ciò che sarebbe stato più tardi chiamato geometria superiore

Ottica e meccanica

Se la teoria di Ricci degli invarianti differenziali fu largamente ignorata da studiosi come Jean-Gaston Darboux (1842-1917) o Luigi Bianchi (1856-1928), un forte impulso alla geometrizzazione di parti della fisica emerse in un secondo tempo grazie all'avvento dello spazio di Minkowski (1908) e sull'onda della teoria generale della relatività di Einstein (1916). Fino alla metà dell'Ottocento le innovazioni in geometria erano spesso andate di pari passo con l'interesse per problemi fisici, ma dopo gli anni Cinquanta le idee trainanti provennero principalmente da problemi puramente matematici. In particolare la geometria proiettiva algebrica fornì l'impulso maggiore alle ricerche sugli spazi a più dimensioni e la geometria birazionale emerse presto dai lavori di Riemann, Alfred Clebsch (1833-1872), Luigi Cremona (1830-1903) e dei loro seguaci.

La geometria era, naturalmente, da sempre collegata ai problemi di meccanica e di ottica, tuttavia fu il geometra e fisico sperimentale Julius Plücker (1801-1868) che fuse tali ambiti di ricerca in una teoria geometrica unificata che studiava sistemi di linee. Basandosi sul ricco lavoro dei suoi predecessori, Plücker intraprese uno studio dettagliato di quelli che chiamò 'complessi di linee': famiglie a tre parametri di linee nello spazio soddisfacenti condizioni algebriche in un opportuno sistema di coordinate. In tale ambito le linee dello spazio euclideo ordinario erano considerate elementi indipendenti di un nuovo spazio a quattro dimensioni. Plücker gettò le basi di questa disciplina nel 1868 con il primo volume della sua Neue Geometrie des Raumes (Nuova geometria dello spazio). Il secondo volume, pubblicato postumo (1869), fu completato dal suo assistente Christian Felix Klein (1849-1925) che avrebbe intrapreso ricerche fondamentali nel campo. Per apprezzare l'impatto esercitato da questo lavoro sui successivi sviluppi delle ricerche, bisogna fornire un breve resoconto dei precedenti studi sui sistemi di linee, molti dei quali trassero spunto da problemi fisici e in particolare di meccanica. Si deve qui distinguere la meccanica analitica di Leonhard Euler, Joseph-Louis Lagrange e Pierre-Simon de Laplace dalla tradizione geometrica che includeva Louis Poinsot, Jacques-Philippe-Marie Binet, Michel Chasles e August Ferdinand Möbius, più interessati alla cinematica dei corpi rigidi. Considerando il moto di un corpo rigido non soggetto a sistemi o a momenti di forze, Michel Chasles (1793-1880) aveva osservato che il centro di massa resta in quiete o si muove di moto uniforme. Nell'ambito della tradizione analitica, Leonhard Euler (1707-1783) aveva fornito un classico studio di questo problema, derivando le equazioni del moto e dimostrando che in ogni istante il moto del corpo consiste di una rotazione intorno a un certo asse. Con l'eccezione di tre assi speciali (inerziali), tale asse di rotazione varia nel tempo. Una situazione simile si verifica tenendo fisso un punto arbitrario P del corpo, in corrispondenza del quale si ottengono in questo caso tre assi di inerzia intorno a ciascuno dei quali il corpo ruota senza oscillare. Nel 1811 Binet scoprì un notevole collegamento tra tali sistemi di rette e la geometria differenziale delle superfici, osservando che al variare del punto fisso P l'insieme di tutti gli assi di inerzia forma una famiglia a tre parametri di rette ovvero un complesso di linee costituito dalle rette normali a un sistema a un parametro di superfici confocali di secondo grado. Per il teorema di Dupin, esattamente tre superfici confocali mutuamente ortogonali passano per un punto arbitrario P intersecandosi una con l'altra lungo linee di curvatura e ciò significa che i tre assi di inerzia per P sono tangenti a queste linee di curvatura. Considerazioni simili a queste indussero André-Marie Ampère (1775-1836) e altri a proseguire ulteriormente ricerche sull'argomento.

Un altro collegamento illuminante tra la meccanica dei corpi rigidi e i sistemi di linee fu scoperto dall'astronomo di Lipsia August Ferdinand Möbius (1790-1868), che introdusse la nozione di sistema di linee 'nullo' per rappresentare effetti cinematici istantanei di forze agenti su un corpo rigido nello spazio. Möbius notò che per ogni sistema di forze, fissando un piano M, tutte le rette di M con momento uguale a zero passano per un determinato punto: il punto 'nullo' di M. Questa scoperta lo indusse a studiare i cosiddetti sistemi di linee nulli, che in seguito si rivelarono identici ai complessi di linee di primo grado della teoria di Plücker. I sistemi di linee giocarono anche un ruolo importante nelle ricerche cinematiche di Chasles che nel 1861 aveva studiato un collegamento diretto tra la meccanica dei corpi rigidi e la geometria delle linee, notando che l'insieme di rette che congiungono i punti di un corpo in due distinte posizioni forma un complesso di linee di secondo grado. Un altro cruciale teorema di Chasles afferma che, con una opportuna scelta del sistema di riferimento, il movimento generico di un corpo rigido può essere ridotto a una rotazione e a una traslazione lungo l'asse di rotazione, in una sorta di movimento a vite (screw-motion). Unendo il teorema di Chasles alla caratterizzazione di Poinsot dei sistemi di forze agenti su un corpo rigido, si evidenziò un importante collegamento tra l'analisi di tali sistemi e gli spostamenti infinitesimi. L'elaborata teoria degli screw-motions e il loro stretto rapporto con i complessi di linee fu sviluppata da Sir Robert S. Ball e divulgata in Germania da Klein; nel 1903 Eduard Study (1862-1930) ne pubblicò una trattazione sistematica nel suo imponente studio Geometrie der Dynamen.

Un'altra fertile fonte di idee per la geometria delle linee venne dal perdurante interesse per l'ottica geometrica, un argomento coltivato all'École Polytechnique da Gaspard Monge (1746-1818) e dai suoi assistenti. Queste ricerche riguardavano la geometria dei sistemi di raggi (famiglie di linee a due parametri o, nella terminologia di Plücker, congruenze di linee). Una classica proprietà delle superfici paraboliche è quella di riflettere raggi di luce paralleli all'asse di simmetria del paraboloide in raggi passanti per il 'fuoco'. In casi più generali si hanno invece raggi luminosi che non convergendo in un unico fuoco dopo la riflessione o la rifrazione si intersecano e generano una superficie detta caustica. Tale effetto può essere osservato quando i raggi luminosi sono riflessi dalla superficie interna del liquido contenuto in un recipiente, producendo una curva caustica sulla superficie del liquido. Successivamente allo studio di questi fenomeni, matematici come Monge, Malus e Hamilton crearono la teoria generale dei sistemi di raggi, scoprendo che, in generale, una superficie caustica ha due componenti, per le quali il sistema di raggi forma una famiglia di bitangenti.

Étienne-Louis Malus (1775-1812) fu il primo a formulare il principio fondamentale dell'ottica geometrica, noto come teorema di Malus-Dupin, secondo il quale ogni sistema di raggi luminosi emesso da una sorgente puntiforme, soggetto a una serie di riflessioni da parte di specchi lisci di forma qualsiasi e a rifrazioni lungo i bordi di regioni arbitrariamente disposte, emerge con i raggi normali a una superficie nello spazio. Questo teorema afferma quindi l'esistenza di fronti d'onda dopo un numero qualsiasi di riflessioni e rifrazioni. Seguendo la tradizione dell'ottica geometrica malusiana, inoltre, tale condizione è indipendente da ogni ipotesi fisica sulla natura della luce. A partire dagli anni Trenta, la teoria ondulatoria di Augustin-Jean Fresnel (1788-1827) si era affermata come la teoria fisica dominante, in particolare in seguito alla conferma della rifrazione conica predetta da Hamilton durante lo studio delle superfici d'onda di Fresnel nei cristalli biassiali.

Trent'anni dopo, Ernst Eduard Kummer (1810-1893) scoprì che la superficie di Fresnel non era che un caso speciale di un'importante classe di superfici quartiche e richiamò l'attenzione sulla struttura dei fasci luminosi, considerati geometricamente come fasci infinitamente sottili di rette, nell'ambito di un programma che mirava a chiarirne la struttura puramente geometrica. Tali fasci infinitamente sottili erano stati studiati già nel 1845 da Charles-François Sturm (1803-1855) che, intendendo spiegare l'astigmatismo, applicò il teorema di Malus-Dupin e ricondusse tale difetto ottico ad asimmetrie dell'occhio. Kummer, invece, era interessato ai principî geometrici riguardanti fasci infinitamente sottili, senza utilizzare la teoria dei sistemi normali. A tal fine egli introdusse il concetto di una misura di densità D per sistemi generali di raggi in un dato punto P, generalizzando la nozione di curvatura gaussiana per sistemi normali di raggi. Nel 1860 egli presentò alla Königliche Preussische Akademie der Wissenschaften (Accademia Reale Prussiana delle Scienze) di Berlino tre modelli di tali sistemi che illustravano i tre tipi previsti dalla sua teoria. Kummer affermò che ognuno di essi era fisicamente realizzabile come fascio luminoso in un cristallo biassiale per il quale il fronte d'onda fosse una superficie di Fresnel. Fu nell'ambito di queste ricerche che egli scoprì le famose superfici che portano il suo nome e che includono la superficie d'onda di Fresnel come un caso particolare. Nel 1866 egli mostrò che la superficie caustica per un sistema di raggi del secondo ordine è, in generale, una superficie del quarto ordine, con 16 punti nodali e 16 piani bitangenti. Le superfici di Kummer furono largamente studiate dopo il 1869, l'anno in cui Klein mostrò che esse si presentano in modo naturale come superfici di singolarità di complessi quadratici di linee.

Le configurazioni e la teoria degli invarianti

Numerosi e significativi indirizzi di ricerca confluirono nella geometria algebrica. Negli anni Quaranta e Cinquanta, Jacob Steiner (1796-1863) presentò risultati sorprendenti sulle curve algebriche di ordine superiore, ma sfortunatamente non fornì la minima indicazione sui suoi metodi cosicché le sue scoperte furono accolte con diffidenza. Verso la metà del secolo Arthur Cayley e James J. Sylvester crearono i nuovi strumenti della teoria degli invarianti per lo studio di sistemi lineari di curve in geometria proiettiva. Questi metodi furono applicati a sistemi di cubiche dal geometra irlandese George Salmon (1819-1904), il lavoro del quale fu ulteriormente sviluppato in Germania da Siegfried Heinrich Aronhold (1819-1884) e da Clebsch, i quali nello studio delle cubiche usarono la teoria delle funzioni ellittiche di Jacobi. Clebsch applicò inoltre efficacemente il teorema di Abel ottenendo le prime dimostrazioni di vari risultati annunciati da Steiner sulle configurazioni tattiche, ovvero sul numero di coniche che incontrano una data quartica in quattro punti. Altri risultati importanti erano già stati ottenuti da Ludwig Otto Hesse (1811-1874) senza fare ricorso a tecniche così potenti e avanzate. Egli aveva studiato sistemi di cubiche usando un sistema lineare canonico C3(λ) al quale apparteneva anche la cosiddetta curva hessiana H3(λ). Poiché due curve qualsiasi di questa famiglia a un parametro si incontrano in nove punti da essa determinati, ne segue che i nove punti di inflessione di C3(λ) dati dall'intersezione di tale sistema con la curva hessiana sono indipendenti da λ e, come Hesse mostrò, giacciono in gruppi di 3 su 12 rette, dando luogo alla famosa configurazione dei punti di inflessione di curve cubiche.

Simili configurazioni cominciarono a suscitare maggior interesse verso la metà del secolo, quando Cayley e Salmon scoprirono che una generica superficie cubica contiene 27 rette che formano una configurazione speciale. Nel 1864 Ludwig Schläfli (1814-1895) individuò la configurazione a doppio 6, costituita da due insiemi di 6 rette sghembe, che possono essere scelte in 72 modi diversi fra le 27 rette della superficie e utilizzò tale configurazione per classificare le superfici cubiche. Pochi anni dopo, Karl Friedrich Geiser (1846-1934) mostrò che le 27 rette su una superficie cubica erano strettamente collegate con le 28 bitangenti associate a quartiche piane. Un'altra nuova configurazione emerse dagli studi di Kummer sulle superfici caustiche nei sistemi di raggi: le già citate superfici quartiche di Kummer con 16 punti singolari e 16 piani singolari. In questo caso i punti nodali giacciono in gruppi di 6, in ciascuno dei 16 piani, mentre 6 piani passano per ognuno dei punti nodali. Klein sfruttò tale configurazione nello studio di sistemi lineari di complessi quadratici, che hanno in genere una superficie di Kummer come loro comune superficie di singolarità. Tutti questi risultati favorirono una nuova e fondamentale intuizione: lo studio proiettivo dei sistemi lineari di curve e superfici poteva essere affrontato attraverso le proprietà combinatorie di configurazioni finite di punti.

Allo stesso tempo, queste nuove scoperte sulle configurazioni ponevano nuovi problemi simili ai familiari problemi combinatori precedentemente studiati da Jean-Victor Poncelet, Steiner, Chasles e altri, in relazione allo studio di poligoni inscritti e circoscritti alle coniche, come le configurazioni di Pascal o di Desargues. Verso la metà del secolo, tali problemi di conteggio e i relativi nuovi metodi condussero alla creazione della geometria enumerativa, i cui studiosi più importanti furono Chasles, Hieronymus Zeuthen (1839-1920) e, più tardi, Hermann Schubert (1848-1911). I metodi di questa disciplina, essenzialmente euristici, si rivelarono tuttavia assai poco sicuri o rigorosi. Chasles, per esempio, sviluppò una tecnica, in seguito nota come principio o caratteristica di Chasles, per contare il numero di coniche soddisfacenti determinate condizioni algebriche. Negli anni Ottanta tale principio fu attentamente analizzato e perfezionato da Georges Halphen (1844-1889), ma anche questi studi furono duramente attaccati da Study, le cui critiche diedero vita a un acceso dibattito internazionale. Dopo il 1890 molti geometri cominciarono ad avvertire il bisogno di un maggiore rigore nelle tecniche enumerative, in particolare in quelle del calcolo di Schubert. David Hilbert (1862-1943) non fece che aggiungere la sua voce a questo coro quando nel 1900, nel quindicesimo dei suoi problemi, invocava fondamenti più solidi per i metodi di Schubert.

Dal 1870 la teoria degli invarianti e altri metodi analitici avevano cominciato a giocare un ruolo importante sia nella geometria algebrica classica sia nella geometria delle linee. Mentre Plücker, sviluppando la sua teoria dei complessi di linee, aveva utilizzato essenzialmente proprietà metriche, verso la fine degli anni Sessanta, Giuseppe Battaglini iniziò a sfruttare le più profonde possibilità connesse con un approccio puramente proiettivo alla classificazione di complessi quadratici e lineari. Seguendo l'esempio di Battaglini, Klein fornì una più profonda classificazione dei complessi di linee quadratici utilizzando la teoria di Weierstrass dei divisori elementari. L'analisi dettagliata fu sviluppata nel 1874 dal suo studente Adolf Weiler. Nel novero dei più vecchi seguaci di Plücker, Clebsch fu tra i primi a riconoscere il più ampio significato della geometria delle linee come geometria superiore. Plücker stesso aveva notato la libertà dei geometri di scegliere una qualsiasi classe di curve o superfici algebriche le cui equazioni dipendessero da un numero fisso di parametri. Klein sottolineò lo stesso aspetto nel suo Vergleichende Betrachtungen über neuere geometrische Forschungen (Osservazioni comparate su nuove ricerche geometriche) noto come 'Programma di Erlangen', indicando che già nell'ambito del piano si potevano ottenere geometrie di dimensione arbitraria come iperspazi. Ciò significava che variando la scelta degli elementi dello spazio si potevano fornire immagini differenti della stessa geometria. Nella concezione di Klein tali geometrie, in quanto dotate degli stessi gruppi di trasformazioni, erano strutturalmente collegate.

La comparsa degli iperspazi in geometria algebrica non riguardò soltanto la Germania. Nel 1868 Arthur Cayley (1821-1895) adottò lo stesso approccio nello studio dello spazio a 5 dimensioni delle coniche del piano. I geometri avevano da tempo compreso che lo spazio di tutte le curve piane di grado n forma una varietà di dimensione (n+3)n/2 ma soltanto verso il 1870 iniziarono a esplorare attentamente la geometria di questi iperspazi. In quell'anno Klein ampliò notevolmente la portata della teoria di Plücker considerando come elementi dello spazio i complessi di linee. Egli formò così l'iperspazio di tutti i complessi lineari come uno spazio proiettivo P5. In tale iperspazio esteso, Klein considerò il sottospazio dei complessi lineari speciali, che si ottiene quando tutte le linee del complesso incontrano una data linea. Identificando queste linee date con i complessi speciali che esse rappresentano, egli poté considerare le linee dello spazio come una varietà di dimensione 4 immersa in P5. Klein mostrò quindi che le trasformazioni lineari di P5 che lasciano fissa questa sottovarietà M4 sono precisamente le collineazioni e le trasformazioni duali di P3, fornendo così un nuovo modello per la geometria delle linee come iperspazio immerso. Negli anni Ottanta Corrado Segre (1863-1924) intraprese un'indagine molto più dettagliata di questo modello e sfruttò le sue ricche possibilità per esprimere i risultati nella geometria delle linee. Klein, inoltre, aveva stabilito la connessione tra la geometria delle linee non euclidea, basata sulla metrica di Cayley, e la cinematica e la statica non euclidee. Questo tema fu ulteriormente elaborato, nel 1874, nella dissertazione del suo studente Carl Louis Ferdinand Lindemann.

Parallelamente a questi studi nella geometria delle linee la scuola francese degli 'anallagmatici' sviluppò un filone di ricerca indipendente, i cui principali esponenti furono Edmond- Nicolas Laguerre, Théodore-Florentin Moutard e Darboux. Questi geometri avevano sviluppato un nuovo tipo di geometria sferica, unendo concetti di geometria differenziale classica come quelli di linee di curvatura o di sistemi ortogonali ‒ una tradizione che risaliva a Monge e ai suoi allievi e più tardi proseguita da Liouville e Pierre-Ossian Bonnet ‒ con i metodi proiettivi sviluppati da Chasles e dai suoi seguaci, che sfruttavano in modo opportuno le proprietà della sfera-cerchio all'infinito, ossia la curva immaginaria che giace sulla totalità delle sfere nello spazio a tre dimensioni. Negli anni Sessanta gli 'anallagmatici' crearono la teoria delle 'ciclidi generali', che nascono come quadriche in coordinate sferiche, ma corrispondono a superfici quartiche speciali in P3: quelle che contengono la sfera cerchio come curva doppia.

Lie, Klein e la scuola italiana

Quando Lie e Klein arrivarono a Parigi nel 1870 furono subito attratti dall'idea di stabilire un collegamento tra la geometria delle linee, che conoscevano bene, e la meno familiare geometria metrica basata sulle sfere di P3. Klein trovò tale collegamento nelle proiezioni stereografiche di quadriche su iperspazi, una tecnica che aveva appreso da Darboux, ma la corrispondenza linea-sfera, una brillante scoperta di Lie, offrì una connessione anche più profonda. Queste trasformazioni permisero ai due amici di esplorare molte strade fino ad allora sconosciute nell'ambito della geometria delle linee. Usando la trasformazione di Lie, essi scoprirono molte nuove proprietà riguardanti il sistema delle curve asintotiche sulle superfici di Kummer. La scoperta di Lie esercitò inoltre un profondo impatto sulle concezioni filosofiche di Klein relative ai fondamenti della geometria. Come Klein rivelò poi, la sua predilezione per i concetti proiettivi lo aveva condotto alla convinzione che lo studio delle curve asintotiche meritasse la precedenza su quello delle linee di curvatura, dal momento che le prime sembravano dipendere soltanto dalla superficie, mentre le seconde, come aveva mostrato Darboux, erano in relazione con la sfera-cerchio all'infinito. La trasformazione di Lie rivelò, tuttavia, che queste due strutture poggiavano in realtà su basi del tutto equivalenti. Per Klein, ciò significava che il punto di vista proiettivo, che aveva adottato da Clebsch, non era l'unica base possibile per la geometria superiore. Tale convincimento trovò presto espressione nell'ampia visione della geometria esposta da Klein nel suo Programma di Erlangen.

Ironicamente, dopo il 1875 né Klein né Lie proseguirono il loro lavoro in geometria sferica o in quella delle linee. L'interesse di Lie per le trasformazioni di contatto lo portò a sviluppare la sua importante teoria dei gruppi continui come strumento per lo studio dei sistemi di equazioni differenziali, mentre la passione di Klein per le superfici di Riemann lo allontanò gradualmente dalla geometria algebrica portandolo nel campo della teoria geometrica delle funzioni. I risultati della loro collaborazione furono apprezzati da Darboux in Francia, ma esercitarono un'influenza anche più profonda sul lavoro dei geometri italiani, particolarmente su quello di Segre. Fu infatti Segre che convinse Klein a ripubblicare nel 1890 il suo Programma di Erlangen in traduzione italiana, un evento che favorì una grande diffusione, nell'ultimo decennio dell'Ottocento, dell'approccio di Klein alla geometria basato sulla teoria dei gruppi. Inoltre, i contributi di Segre alla geometria superiore negli ultimi vent'anni del secolo svilupparono molte delle intuizioni che Klein aveva soltanto abbozzato. In questo periodo l'Italia divenne il paese guida in molte branche della geometria e Segre, Giuseppe Veronese, Eugenio Bertini, Pasquale Del Pezzo, Federigo Enriques e Francesco Severi furono tra i molti a fornire importanti contributi alla geometria algebrica a più dimensioni.

Enrico D'Ovidio fu tra i primi italiani a mettersi in evidenza, e già negli anni Settanta estese la metrica di Cayley-Klein a spazi proiettivi di dimensione arbitraria, aprendo la strada allo studio da un punto di vista proiettivo della geometria non euclidea a più dimensioni. Verso la metà degli anni Ottanta, Segre trovò molti risultati importanti validi per questi spazi proiettivi a più dimensioni e utilizzò la teoria dei divisori elementari per dare una classificazione delle quadriche in un dato sistema lineare. Egli pose poi in relazione tali risultati con il problema di classificare i complessi quadratici considerandoli come elementi di un opportuno iperspazio. Segre e Veronese analizzarono in modo dettagliato la famosa superficie quartica che porta il nome di quest'ultimo. Il più importante lavoro di Segre, pubblicato nel 1894, ebbe come argomento la geometria birazionale delle curve e le serie lineari, una teoria sviluppata vent'anni prima da Alexander Wilhelm von Brill (1842-1935) e Max Noether (1844-1921). Utilizzando proprietà di immersioni in spazi a più dimensioni, Segre riuscì a dare eleganti dimostrazioni sia del teorema di Brill-Noether (Restsatz) sia del teorema di Riemann-Roch. Guido Castelnuovo (1865-1952) avrebbe in seguito definito questo e un altro articolo pubblicato lo stesso anno da Eugenio Bertini (1846-1933), come le vere pietre angolari di tutto il successivo lavoro della scuola italiana.

In un primo momento, tecniche impiegate negli studi di geometria superiore erano in gran parte analitiche, ma con il tempo la disciplina diventò più intuitiva. Veronese presentò molte tipiche costruzioni sintetiche nel suo lavoro del 1882, particolarmente importante per la tradizione italiana. Nel 1912 Segre, nel suo articolo di rassegna sulla geometria a più dimensioni, affermò che fu questo lavoro più di ogni altro a dare una fisionomia organica alla disciplina dalla quale i ricercatori successivi avrebbero tratto ulteriori sviluppi. A partire dagli anni Ottanta, anche in Germania si verificò una notevole rinascita di interesse per la geometria sintetica, guidata da Theodor Reye, Moritz Pasch e Rudolf Sturm. Nell'ambito della tradizione italiana di geometria algebrica, tuttavia, si realizzò un'interazione particolarmente fruttuosa tra tecniche analitiche e sintetiche; questa tendenza può essere fatta risalire a Luigi Cremona (1830-1903), il vero padre della geometria italiana, che sottolineò il sostegno reciproco che queste due impostazioni della geometria si offrono.

Agli inizi del Novecento, sotto la guida di Enriques, Castelnuovo e Severi, emerse una sorta di etica italiana della ricerca che, fondendo metodi analitici e sintetici, portò alla creazione di uno stile e di una prospettiva unici. Dalle pagine dei suoi scritti divulgativi, scientifici e filosofici, Federigo Enriques (1871-1946) si fece paladino di questo speciale tipo di intuizione geometrica che per molti anni fu il marchio della scuola italiana ormai concentratasi a Roma e la cui influenza si può ancora avvertire nel classico testo Algebraic surfaces pubblicato da Oscar Zariski nel 1935.

Bibliografia

Rowe 1989: Rowe, David E., The early geometrical works of Sophus Lie and Felix Klein, in: The history of modern mathematics, edited by David E. Rowe and John McCleary, Boston, Academic Press, 1989-1994, 3 v.; v. I: Ideas and their reception, 1989, pp. 209-273.

Segre 1912: Segre, Corrado, Mehrdimensionale Räume (1912), in: Enzyklopädie der mathematischen Wissenschaften, mit Einschluss ihrer Anwendungen, redigiert von Wilhelm F. Meyer [et al.], Leipzig, Teubner, 1898-1935, 6 v. in 24 tomi; v. III/3: Geometrie, redigiert von Wilhelm F. Meyer und H. Mohrmann, 1918, pp. 769-972.

Ziegler 1985: Ziegler, Renatus, Die Geschichte der geometrischen Mechanik im 19. Jahrhundert. Eine historisch-systematische Untersuchung von Möbius und Plücker bis zu Klein und Lindemann, Stuttgart, Steiner, 1985.

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