LA MENNAIS, Félicité Robert de

Enciclopedia Italiana (1933)

LA MENNAIS, Félicité Robert de (per l'ortografia Lamennais v. sotto)

Pietro Paolo Trompeo

Nacque a Saint-Malo il 19 giugno 1782, morì a Parigi il 27 febbraio 1854. Malaticcio, con una forte depressione all'epigastro, orfano della mamma a cinque anni, ebbe un'educazione e un'istruzione alquanto irregolari. Nel 1804 il fratello maggiore, Jean, è ordinato prete, e questo fatto esercita una grande efficacia sull'animo di L. M., che fa allora la sua prima comunione e si dà a studî teologici, storici e sociali. Nel 1809, guidato dal fratello, s'induce a ricevere gli ordini minori; e frutto d'una intensa collaborazione col fratello sono le Réflexions sur l'état de l'Église en France pendant le dix-huitième siècle et sur la situation actuelle (1808), che furono sequestrate dalla censura napoleonica, e i tre volumi anonimi della Tradition de l'Église sur l'institution des évêques (1814), opera d' ispirazione ultramontana e violentemente antinapoleonica, di cui L. M., per salvare Jean, si confessa tacitamente autore riparando in Inghilterra al ritorno di Napoleone dall'Elba. Il 9 marzo 1816 è ordinato prete a Vannes, senza vera vocazione, senza, una solida preparazione teologica, spintovi da Jean e dagli abati Bruté, Carron e Teysseyre. E intanto matura in lui l'idea d'una grande opera polemica, che segni una data nella storia dell'apologetica cattolica. È l'Essai sur l'indifférence en matière de religion (1° vol., 1817). Fu un successo prodigioso, dovuto alla veemente eloquenza dello scrittore.

Per agire bisogna credere. Una società che non creda è per ciò stesso votata alla dissoluzione e alla morte. Ma accanto all'indifferenza dei pigri e degli scettici, vi è quella degli atei, che fanno della religione un instrumentum regni, quella dei deisti, che riducono tutte le religioni alla religione naturale, e quella dei protestami, che portano il libero esame nella religione rivelata. A queste forme d'indifferenza, tutte nocive all'individuo e alla società, L. M. oppone la fede nella chiesa cattolica, generatrice di un'ordinata e feconda società civile. Tali i concetti che L. M. svolge nel primo volume dell'Essai, facendone l'applicazione ai suoi tempi e predicando che solo la monarchia cristiana può riparare le rovine prodotte dalla rivoluzione. Ma il suo sistema filosofico egli lo spiega nel secondo volume (pubblicato nel 1820; il terzo e il quarto uscirono nel 1823). Qui il suo grande avversario è Cartesio. Nella sua lotta contro il razionalismo L. M. giunge ad affermare che la ragione individuale è incapace di dare una certezza qualsiasi. Alla ragione individuale fallibile L. M. oppone il comune sentire degli uomini, il consenso di tutto il genere umano, il quale è depositario delle verità rivelate originariamente da Dio e conservate dalla tradizione dei popoli. Così L. M. porta alle estreme conseguenze il tradizionalismo di Maistre e di Bonald. Quanto v'era nel sistema di filosoficamente erroneo, di contrario all'insegnamento cattolico tradizionale, e perfino di negazione implicita della Chiesa, non si vide, o non si volle vedere, nel travolgente entusiasmo. Tra i cattolici non mancarono tuttavia inquietodini e obiezioni.

Monarchico intransigente, L. M. partecipò alla campagna ultrarealista condotta da Chateaubriand nel Conservateur e fondò poi con Bonald il Défenseiu, organo anch'esso di estrema destra. Ma non bisogna dimenticare che L. M. è spinto all'intransigenza monarchica più dal suo fervore cattolico e dal suo temperamento romantico che da radicate convinzioni politiche come Maistre e Bonald. Ultramontano ardentissimo, incomincia a dubitare della restaurazione monarchica quando vede il gallicanismo riprendere vigore nelle file dell'alto clero. Ispirato a un fiero antigallicanismo è il suo nuovo libro, La religion considérée dans ses rapports avec l'ordre politique et civil, pubblicato (1825-26) dopo un soggiorno di qualche mese a Roma, durante il quale non mancarono a L. M. dimostrazioni onorifiche da parte di Leone XII, anche se nulla provi che il papa pensasse a dargli la porpora, come è stato affermato. Straordinario è d'altra parte il fascino ch'egli esercita in Francia, e non in Francia soltanto, sul giovane clero e sul laicato cattolico. Sacerdoti e laici si raccolgono intorno a lui e all'abate Gerbet, suo fido amico e collaboratore, prima a La Chênaie, villa di L. M. nei pressi di Combour, e poi nell'antico collegio oratoriano di Juilly (diocesi dì Meaux). Montalembert, Lacordaire. Lamartine, Sainte-Beuve, Victor Hugo, Michelet sentono più o meno profondamente l'efficacia dell'apostolo. Questi, ormai staccato dal partito monarchico, denunzia in una nuova opera, Des progrès de la révolution et de la guerre contre l'Église (1829), il giogo dei re sulla Chiesa, proclamato la supremazia del potere spirituale sul temporale e auspicato un'alleanza tra ultramontanismo e liberalismo, in attesa che quest'ultimo divenga cristiano. Nasce così, all'indomani della rivoluzione di luglio, il giornale L'Avenir, fondato da L. M. per sostenervi la necessità e la bontà di quell'alleanza.

I punti principali del programma dell'Avenir uscito col motto Dieu et la liberté, erano: libertà di coscienza (in omaggio al principio della tolleranza civile, che L. M. distingueva nettamente dalla tolleranza dogmatica), e quindi separazione della Chiesa dallo Stato; libertà d'insegnamento, e quindi abolizione del monopolio universitario; libertà di stampa; litiertà d'associazione. Ai quali bisogna aggiungere l'estensione del diritto elettorale e la rivendicazione delle libertà provinciali e comunali.

La campagna di L. M., divenuto ormai repubblicano, è osteggiata egualmente dal governo di Luigi Filippo e dalla maggior parte dell'episcopato francese. L. M. decide d'interrompere la pubblicazione dell'Avenir e di recarsi a Roma con i suoi collaboratori Lacordaire e Montalembert per ottenere che Gregorio XVI si pronunzi sulle dottrine sostenute dal giornale. Dopo più di due mesi d'attesa, ottennero bensì un'udienza (13 marzo 1831), ma con la condizione espressa che della controversia coi vescovi nulla si direbbe. E l'anno seguente, con l'enciclica Mirari vos, Gregorio XVI condannava il liberalismo dell'Avenir, senza tuttavia nominare né il giornale né i redattori. Il gruppo lamennaisiano si disperse. L. M. s'era chiuso dapprima in un silenzio foriero di tempesta. Poi s'era piegato a qualche atto di sottomissione, e finalmente, nel 1834, lanciò un libello dalle tinte apocalittiche, Paroles d'un croyant, in cui esalava l'amara tristezza della sua anima ferita, mentre dava un accento di più romantica veemenza alle sue effusioni democratiche. Le Paroles d'un croyant, che ebbero subito un immenso successo, furono condannate da Gregorio XVI con l'enciclica Singulari nos. L'anno seguente L. M. pubblica una raccolta di articoli (Troisièmes mélanges) e nella prefazione lascia intendere che il suo distacco da Roma è ormai in atto. Nelle Affaires de Rome (1836) espone i motivi che lo han condotto a scegliere tra il "cristianesimo del papato" e il "cristianesimo della razza umana". Da allora egli non è più che l'apostolo della democrazia e a partire dal 1837 firma i suoi scritti non più La Mennais, ma Lamennais.

Le livre du peuple (1838) è una specie di catechismo popolare del neocristianesimo di L. M.; De l'esclavage moderne (1840) è un violento libello a favore del suffragio universale; l'Esquisse d'une philosophie (1840-46) si presenta come un grandioso tentativo di dare un fondamento metafisico alla democrazia lamennaisiana e come una giustificazione filosofica dell'arte; in Amschaspands et Darvands (1843) la satira contro i governi despotici o semplicemente conservatori e borghesi si accompagna a una professione di fede nel trionfo del bene attraverso il transitorio disordine. In questa seconda parte della sua vita L. M. pubblicò molti opuscoli d'occasione e varie raccolte d'articoli. Nel 1845 fece stampare una sua traduzione del Vangelo con note e riflessioni, come accompagnata da riflessioni è una sua traduzione dell'Imitazione di Cristo (1828). Tradusse anche, in prosa, la Divina Commedia, e la commentò (ed. postuma, 1855).

Nel 1840 L. M. fu condannato a un anno di reclusione per un suo opuscolo, Le pays et le gouvernement, contro la monarchia di luglio. La sua ora parve sonare nel 1848 all'avvento della seconda repubblica. Redattore principale del Peuple constituant, deputato all'assemblea nazionale, sostenne dapprima la prudente politica di Lamartine, ma dopo le giornate di giugno inveisce contro la reazione borghese. Rieletto deputato l'anno seguente, vota contro la spedizione di Roma e contro la legge Falloux sulla libertà d'insegnamento. Il colpo di stato del principe-presidente e l'instaurazione del secondo impero non gli tolsero la fede nel futuro trionfo della democrazia. Quando si seppe che era prossimo a morire varî tentativi si fecero per riconciliarlo con la Chiesa: rifiutò con energia.

L'efficacia di L. M. fu grande sullo sviluppo del cattolicismo in Francia e in Europa e non meno grande sul movimento d'idee e di sentimenti che sboccò nell'agitazione europea del 1848. Se il cattolicismo liberale miuove dall'Avenir e il romanticismo cattolico non meno dall'Essai sur l'indifférence che dal Génie du christianisme, a L. M. si deve in gran parte anche quel carattere di millenarismo religioso e messianico per cui si distinguono certe ideologie politiche e sociali del sec. XIX. Anche in italia L. M. esercitò notevole efficacia. Per certi rispetti il Gioberti par dipendere da lui non meno del Mazzini. Ed è difficile non vedere qualche origine lamennaisiana fin nel movimento cristiano sociale che ebbe così vigorosa ripresa durante il pontificato di Leone XIII.

Ediz.: Øuvres complètes, voll. 12, Parigi 1836-37; Øuvres complètes, voll. 10, Parigi 1844; Øuvres posthumes, voll. 5, Parigi 1855-58; Øuvres inédites, Parigi 1866; Correspondance de L. M., Parigi 1858, voll. 2; Parigi 1866, voll. 2: Correspondance avec M. de Vitrolles, Parigi 1886; Lettres à Montalembert, Parigi 1898; Lettres à Benoît d'Azy, Parigi 1898.

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