La Rivoluzione scientifica: i domini della conoscenza. Astrologia

Storia della Scienza (2002)

La Rivoluzione scientifica: i domini della conoscenza. Astrologia

Brendan Dooley

Astrologia

Lo statuto dell'astrologia

Per spiegare il fascino esercitato dall'astrologia nel periodo in cui furono realizzate alcune delle maggiori scoperte dell'astronomia moderna non c'è alcun bisogno di ripetere quanto ha scritto Keith Thomas nel 1971 a proposito dei disordini politici e sociali del tempo e delle difficoltà della vita quotidiana, né di fare riferimento al millenarismo fin de siècle, che non perse la sua forza d'attrazione neppure quando le credenze secondo cui il compimento dell'anno 1600 o la grande congiunzione dei tre pianeti superiori del 1603 avrebbero coinciso con un cataclisma universale si rivelarono infondate. L'astrologia rimase profondamente radicata nella vita intellettuale europea per ragioni che non hanno nulla a che fare con la sua efficacia di strumento in grado di prevedere il futuro.

Il grande prestigio di cui gli studi astrologici seguitarono a godere non deve sorprendere: all'inizio dell'Età moderna, infatti, l'esistenza degli influssi dei pianeti era ancora un assioma per i filosofi della Natura. Le analogie individuabili tra il macrocosmo delle sfere celesti e il microcosmo del corpo umano non erano solo efficaci strumenti di spiegazione, ma indicavano l'esistenza di grandi forze universali. Sia l'astrologia sia l'astronomia, quindi, costituivano una sezione fondamentale della dottrina medica ed entrambe furono introdotte nei programmi universitari di medicina, di cui rimasero parte integrante fino alla metà del XVII secolo. Tra la fine del XVI e la metà del XVIII sec. seguitarono ad apparire opere in cui i principî dell'astrologia erano applicati al decorso delle malattie, all'individuazione dei giorni critici e così via: è questo il caso, per esempio, di quelle redatte da Giovanni Antonio Magini (1555-1617), da Elias Ashmole (1617-1692) e da Richard Meade (1673-1754).

In effetti, all'inizio dell'Età moderna le relazioni tra la scienza che studia gli influssi dei pianeti, l'astrologia, e la scienza che studia i moti dei pianeti, l'astronomia, erano tutt'altro che chiare. Johannes Kepler non riuscì a stabilire a quale delle due spettasse il titolo di 'sorella minore' e in diverse opere usò questa definizione in riferimento a entrambe le discipline. Sia Kepler sia il suo contemporaneo Galileo Galilei non rifiutarono di offrire occasionalmente la propria consulenza su questioni di carattere astrologico, il secondo ai membri della famiglia Medici. Nel frattempo, in Gran Bretagna, Francis Bacon, il padre putativo della scienza empirica moderna, suggeriva i criteri in base ai quali l'astrologia poteva essere riformata. Se l'interesse di questi studiosi era incentrato sul rapporto che legava la scienza astrologica all'astronomia, molti altri, da Henrik von Rantzau (1526-1598) e Goclenius (Rudolph Göckel, 1547-1628) a Tommaso Campanella (1568-1639), si dedicarono alla stesura di grandi opere di astrologia erudita. Tentarono di distinguersi dalla folla dei volgari mercenari di questa pratica, ostentando il ricorso a quelli che consideravano criteri tecnici e intellettuali del più alto livello, anche se alcuni di loro, come Thomas Harriot (1560-1621) e più tardi William Lilly (1602-1681), si aspettavano di ottenere fama e ricchezza dalle loro predizioni. Queste figure riuscirono a tenere in vita la tradizione dell'astrologia erudita almeno fino all'inizio del XVIII secolo.

Gli astrologi attivi in questo periodo tentarono di operare una sintesi tra innovazione e tradizione, in linea con i loro contemporanei che si dedicavano alla medicina e ad altre discipline naturalistiche, ma anche con i loro predecessori rinascimentali, da cui, tuttavia, si distinsero per diversi aspetti. Dalla fine del XVI sec. alla fine del XVII, gli astrologi affiancarono all'indagine empirica una discussione teorica sulla possibile efficacia delle teorie di Tolomeo e degli autori arabi medievali: Albumasar (Abū Ma῾šar, m. 886), Alchabitius (al-Qabīṣī, X sec.), al-Kindī (m. 870 ca.) e molti altri, le cui opere erano in gran parte giunte in Occidente nel XII sec. attraverso la Spagna. La diffusione del sistema copernicano aveva provocato l'apertura di un dibattito sulle modifiche di quella struttura geocentrica dell'Universo sulla quale l'astrologia si era per lungo tempo basata. In questo capitolo ci occuperemo dell'astrologia come disciplina scientifica e ne descriveremo a grandi linee lo sviluppo nel corso dell'ultimo periodo della sua presenza al centro della vita intellettuale europea.

Gli influssi planetari

Nel XVII sec. nessuno contestava la tesi secondo cui i pianeti esercitavano numerosi influssi sul mondo terrestre. Secondo un'impostazione che combinava il platonismo e l'universalismo stoico, in parte filtrata dalla tradizione ermetica, i pianeti agivano da mediatori tra le forze che governavano l'Universo. Seguendo la stessa tradizione alla quale si erano richiamati Bernardino Telesio (1509-1588) e Giordano Bruno (1548-1600), Campanella spiegò come, attraverso le influenze planetarie, la divinità immanente suscitasse la produzione delle forme sensibili contenute nelle cose terrestri. Dio comunica il suo potere a tutte le cose attraverso l'anima del mondo che si irradia in tutto il Cosmo e ha la sua sede nel Sole. I riflessi dell'anima del mondo, sotto forma di poteri sensitivi, consentono a ogni cosa, a diversi livelli a seconda della sua natura, di compiere ciò che è necessario per sé stessa e per la sua conservazione.

Ma di che tipo di influenze si trattava? L'aspetto visibile degli astri più luminosi era considerato un indizio del comportamento degli effluvi reali. Secondo Antoine Mizauld (1510-1578), i raggi stellari si comportavano come i raggi ottici emessi dall'occhio umano. Nella stessa prospettiva, John Dee (1527-1608) ripropose la teoria dell'emanazione di al-Kindī, che nella sua opera dedicata ai raggi stellari aveva analizzato sottili e insospettati fenomeni governati dalle leggi dell'ottica. Robert Fludd (1574-1637), d'altra parte, sembrò rifiutare la nozione secondo la quale le qualità inerenti ai corpi celesti possono essere spiegate nei termini di una sorta di meccanica delle particelle: a suo parere, la luce opera per simpatia, esercitando sui corpi un'azione paragonabile all'atto divino della Creazione. Mentre Giovanni Battista Odierna (1597-1660) affermava che la luce era all'origine di tutti i movimenti che hanno luogo all'interno dell'Universo, Placido Titi (m. 1668) sosteneva che essa è la causa di tutte le trasformazioni.

Claude Gadroys (1642-1678) suggerì che il Sole e i pianeti emettono una certa quantità di quello che nella teoria della materia di René Descartes era chiamato il primo elemento, vale a dire una sostanza estremamente sottile e volatile. Nel momento in cui viene a contatto con le particelle fluide più grandi e rotonde del secondo elemento di cui sono ricolmi gli spazi cosmici, il primo elemento è percepito dai sensi come luce e da tutto il corpo come una profonda alterazione. Una volta ricevuto dai pianeti, esso si combina con alcune parti della loro sostanza in modi diversi a seconda della natura dei pianeti stessi, e si trasmette da questi ultimi alla Terra e alle creature terrestri attraverso il secondo elemento.

Le teorie relative alla costituzione della Terra ricorrevano a concetti di carattere astrologico per spiegare la formazione e il comportamento delle sostanze che si trovano sotto la sua superficie. È vero che la pratica alchemica fondata sull'associazione di ogni minerale a un determinato pianeta ‒ il rame a Venere, il ferro a Marte, lo stagno a Giove e così via ‒ potrebbe essere interpretata come un elaborato codice cifrato, ma gli alchimisti che si basavano sui testi ermetici assegnavano alle forze celesti un effettivo ruolo di primo piano nella formazione dei metalli. Secondo Oswald Croll (1560-1608), gli influssi seminali erano eiaculati nei canali della Terra come fossero sperma umano. Altri spiegavano come le sostanze terrestri fossero generate da differenti combinazioni dell'azione solare e lunare. Si riteneva che le più pure di queste azioni producessero le essenze dell'oro e dell'argento e che gli altri minerali fossero il risultato delle combinazioni dell'azione di questi due pianeti su materiali di diversa purezza. Ampiamente citata era poi l'osservazione di Marsilio Ficino (1433-1499), secondo cui la misteriosa quinta essenza, o quinto elemento (dopo la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco), si sarebbe identificata con l'anima del mondo.

Secondo la fisiologia tardo-antica e medievale, che in questo periodo godeva ancora di un largo seguito, i pianeti esercitano i loro influssi sul corpo umano attraverso le quattro qualità fondamentali: il caldo, il freddo, l'umido e il secco. Nonostante gli sforzi di Gerolamo Cardano (1501-1576) e di altri che avevano tentato di reinterpretare o di sostituire le quattro qualità tradizionali, queste ultime rimanevano essenziali non solo nella cosmologia aristotelico-tolemaica, ma anche nella versione della medicina galenica che all'inizio dell'Età moderna esercitava ancora una grande influenza in molti paesi europei. Giovanni Battista Da Monte (1489-1551) e molti altri medici avevano confermato che il Sole esercitava un'azione riscaldante ed essiccante, mentre la Luna agiva in modo raffreddante e inumidente e gli altri pianeti combinavano queste due azioni in misura diversa. Sulla base delle quattro qualità fondamentali si distinguevano i pianeti benefici da quelli malefici. Ogni età era governata da un pianeta: Marte dominava la mezza età, seguito da Saturno e infine da Venere. Può essere considerato tipico anche il caso di Johann Bicker, che nel XVII sec. poneva sotto l'influenza specifica di ogni pianeta uno dei sette principali organi del corpo umano.

Sin dai tempi di Tolomeo, l'astrologia e l'astronomia erano state accomunate dal tentativo di applicare la matematica ai dati dell'osservazione stellare e all'inizio dell'Età moderna le tavole dei moti planetari erano ancora compilate per scopi sia astronomici sia astrologici. La stessa serie di osservazioni dei movimenti solari poteva servire gli interessi della pura ricerca, della riforma del calendario e dell'elaborazione degli oroscopi. Non è quindi sorprendente che le più importanti tavole dei moti planetari del tempo, incluse le Prutenicae tabulae compilate da Erasmus Reinhold (1511-1553) sulla base del sistema copernicano, siano arricchite da informazioni astrologiche di vario tipo. Un corrispondente di Galilei, Ilario Altobelli, elaborò le effemeridi per giungere alla divisione più esatta delle case astrologiche fino ad allora ottenuta, sconcertando i seguaci di Regiomontano (Johann Müller, 1436-1476) e di Cardano. La sua opera, tuttavia, così come quella del rivale Andrea Argoli che, a quanto sembra, calcolò le effemeridi per contribuire alla determinazione dei cicli stellari di certe malattie, poteva interessare sia gli astrologi sia gli astronomi.

Negli ultimi decenni del XVI sec., la matematizzazione dell'astrologia registrò un ulteriore progresso. Un astrologo fiammingo, Jofrancus Offusius, tentò di quantificare gli effetti relativi dei diversi pianeti basandosi sulle distanze che li dividevano l'uno dall'altro e dalla Terra. Il calore emesso dal Sole, per esempio, sta a quello emesso dal pianeta Marte come 27 sta a 1; l'umidità della Luna sta a quella di Giove come 100 sta a 16 e via dicendo. Inoltre suggerì che l'elevazione dei corpi celesti sulla linea dell'orizzonte influiva sull'intensità delle loro forze ed elaborò la tavola dei coefficienti corrispondenti a ogni grado e frazione di grado dell'angolo di elevazione: moltiplicati per l'intensità dell'effetto naturale, avrebbero quantificato la differenza derivante dall'angolo di elevazione del pianeta. Un altro coefficiente rendeva possibile introdurre un'ulteriore correzione basata sul calcolo del tempo durante il quale un corpo celeste rimaneva in una certa posizione.

In seguito, Kepler tentò di spiegare le cause fisiche degli invisibili influssi planetari ricorrendo ad argomenti di carattere geometrico. Egli assegnò a ogni pianeta uno dei poligoni che, secondo una serie di calcoli profondamente influenzati dal Timeo di Platone, determinavano le distanze che dividevano i pianeti dal Sole: il cubo a Saturno, il tetraedro a Giove, il dodecaedro a Marte, l'icosaedro a Venere e l'ottaedro a Mercurio. La calma e la stabilità di Giove, di Saturno e di Mercurio erano determinate dalla relativa semplicità dei poligoni a cui erano legati, mentre la turbolenza di Marte e di Venere dipendeva dalla complessità dei loro poligoni di riferimento. Tra i poliedri e gli aspetti planetari esistevano relazioni molto complesse. Kepler sostenne di aver dimostrato, a partire da una serie di dati meteorologici, l'esistenza di tre nuovi aspetti o angoli planetari nello Zodiaco: il quintile (corrispondente a 72°), il biquintile (144°) e il sesquiquadrato (135°). In un'opera tarda asserì che, al contrario di quanto aveva sostenuto Tolomeo, gli angoli planetari esercitavano un influsso sul mondo terrestre solo nella misura in cui agivano sull'anima del mondo che, a sua volta, influenzava l'attività di tutte le cose esistenti nell'Universo.

Se gli influssi celesti potevano essere spiegati e identificati, i filosofi della Natura dovevano essere in grado di indicare come potevano essere evitati. Nel manuale De fato siderali vitando (pubblicato nel 1629 in appendice agli Astrologicorum libri VI), Campanella spiegò che cosa era necessario fare per sottrarsi agli influssi maligni. In primo luogo, bisognava aspergere l'aria di aceto rosaceo e di aromi prodotti dalla combustione dell'alloro, del mirto, del rosmarino, del cipresso e di altre sostanze odorose, come l'incenso. In secondo luogo, occorreva decorare il luogo in questione con tessuti di seta bianca e rami con fiori in boccio e accendere due lampade e cinque candele, che rappresentavano i pianeti nel cielo, intorno alle quali si dovevano disegnare i dodici segni dello Zodiaco. Poi bisognava far risuonare musiche associate a Giove o a Venere, in modo da far svanire il male presente nell'aria, e spargere tutt'intorno pietre, piante e altri oggetti di diversi colori, i cui simboli erano in grado di attrarre le forze dei pianeti benefici e di respingere quelle dei pianeti malefici. Compiendo queste operazioni tre ore prima e tre ore dopo un'eclissi e fino a quando i pianeti propizi fossero giunti a esercitare il massimo influsso, il soggetto poteva considerarsi salvo.

L'astrologia giudiziaria

Per quanto riguardava la pratica della predizione, Cardano aveva tentato di ristabilire l'autorità del rigoroso metodo matematico e astronomico di Tolomeo, incentrato sui pianeti. Coloro che, come Valentin Nabod (1527-1593), in seguito praticarono tale attività, adottarono un tipo di approccio più eclettico. In questo periodo, tornarono in voga le teorie delle catastrofi enunciate da Albumasar (Abū Ma῾šar), da Alchabitius (al-Qabīṣī) e da altri esponenti della tradizione araba. Le comete, sommariamente prese in esame da Tolomeo, furono attentamente analizzate dal punto di vista astrologico anche da studiosi che non si professavano astrologi, come Tycho Brahe all'inizio del Seicento e John Flamsteed alla fine del secolo. Cornelius Gemma (1535-1577), medico a Lovanio, l'astronomo Cyprian Leowitz (1524-1574), che operava ad Augusta, e i chimici Philippe Müller (1585-1659), attivo a Friburgo e John Goad (1616-1689), direttore della Merchant Tailors' School di Londra, insistettero tutti sull'importanza della congiunzione dei tre pianeti superiori in relazione agli eventi terrestri. Nella sua summa del pensiero astrologico, l'Astronomia gallica, pubblicata postuma nel 1661, Jean-Baptiste Morin tentò di esporre tutte le diverse teorie relative alle comete, alle eclissi e alle congiunzioni enunciate nell'Antichità, nel Medioevo e nell'Età moderna.

Da sempre considerata l'aspetto più vulnerabile dell'astrologia, la predizione poteva essere resa più affidabile, almeno così si pensava, attraverso uno studio sistematico dei casi individuali. Bacon espresse in modo molto chiaro questo concetto nel De dignitate et augmentis scientiarum: "potrebbero gli astrologi ricavare dalla storia le cause principali delle catastrofi di tutti i tempi (come inondazioni, pestilenze, guerre, rivolte, morte dei re, etc.) e stabilire per ciascun caso la situazione degli astri […] sarebbe facile desumere una norma per la predizione, almeno probabile" (Opere filosofiche, II, p. 170). Naturalmente queste informazioni dovevano essere attentamente vagliate: "Le tradizioni dovrebbero essere ben vagliate, scartando subito quelle che manifestamente contrastassero con le ragioni fisiche" (ibidem). Bacon non pose mai in dubbio l'esistenza degli influssi planetari su cui si basava l'astrologia, cioè "gli appetiti e le passioni universali della materia" che costituivano "la via più certa per queste ricerche" insieme ai "movimenti semplici e genuini dei corpi", e confessò che, a suo parere, era questa la più affidabile guida all'"astrologia sana" (ibidem).

Ancor prima che Bacon facesse tali affermazioni, una nuova generazione di astrologi aveva cercato di trarre una serie di conclusioni sulla fondatezza delle diverse teorie a partire da raccolte sempre più voluminose di casi. Si pensi, per esempio, a Luca Gaurico (1475-1558) e a Cardano che tentarono di dimostrare la validità delle loro forme di astrologia selezionando un centinaio di oroscopi tracciati alla nascita di alcune persone e mostrando come questi avessero effettivamente predetto la loro vita, o, ancora, a Johann Garcaeus (1530-1574), che basò le sue argomentazioni su una scelta di ben quattrocento oroscopi. Nel frattempo, Goclenius aveva tentato di applicare alla divinazione gli stessi metodi empirici impiegati dagli astrologi, osservando, per esempio, che tra gli uomini sulla cui fronte aveva notato un particolare marchio cruciforme ben cinquantuno erano morti di morte violenta.

All'inizio del XVII sec. furono intrapresi molti progetti per verificare con il metodo scientifico le diverse teorie che legavano gli eventi ai movimenti degli astri. Alle ricerche condotte da Antonio Francesco Bonatti a Padova, per scoprire le caratteristiche ricorrenti in numerosi documenti anagrafici, si accompagnarono quelle dell'abate Orazio Morandi e dei suoi confratelli di S. Prassede. In quest'ultimo caso, un gran numero di documenti ricavati da fonti antiche e contemporanee, relativi a individui vissuti nei dintorni della città o in paesi lontani, furono riuniti in diverse categorie a seconda del tipo di morte e delle circostanze in cui questa era sopraggiunta. I documenti concernenti i bambini morti annegati furono confrontati con quelli sui bambini caduti in un pozzo o colpiti accidentalmente da un'arma da fuoco e i risultati così ottenuti furono organizzati in tabelle.

Più tardi, in Inghilterra, Robert Boyle (1627-1691) incluse una serie di ricerche astrologiche nel suo programma di studio dell'atmosfera terrestre. I pianeti, osservò Boyle, non possono che esercitare i loro influssi attraverso la sostanza che da sempre circonda più da vicino le creature viventi. L'aria era la principale causa di sintomi come le convulsioni, i crampi, la flatulenza, la claudicazione e le infreddature, mentre allora le origini planetarie di alcune malattie più gravi potevano essere solo oggetto di ipotesi. Boyle evidenziò la necessità di effettuare una serie di registrazioni comparate in tutte le regioni europee per correlare i moti planetari ai conseguenti mutamenti atmosferici, di qualsiasi tipo essi fossero.

Il crescente rigore mostrato dall'astrologia non mise a tacere i suoi nemici. Ovunque in Europa, la pratica della teoria astrologica poteva rivelarsi assai rischiosa, soprattutto nei casi in cui coinvolgeva la politica. Gaurico non fu l'ultimo astrologo a trovarsi nei guai per aver formulato l'oroscopo di un eminente personaggio. A mezzo secolo di distanza dal caso del celebre studioso condotto alla camera della tortura per aver predetto i problemi che sarebbero sorti tra Giovanni Bentivoglio e il papa Giulio II, l'astrologo inglese Thomas Harriot fu gettato in prigione per aver formulato gli oroscopi del re e del principe ereditario alla vigilia della Congiura delle polveri, durante la quale entrambi sfiorarono la morte. L'anno successivo a quello in cui Orazio Morandi fu trovato privo di vita in prigione mentre era in corso il processo incentrato sulla sua predizione della morte di Urbano VIII, un medico di nome Senelles fu condannato perché aveva osato predire la morte di Luigi XIII. Il suo successore, Luigi XIV, giunse a proibire la pubblicazione degli almanacchi astrologici, probabilmente per evitare che un ribaldo d'astrologo avesse l'ardire di predire la data della sua.

In tutti i paesi cattolici le bolle promulgate dall'autorità pontificia specificavano le sanzioni religiose in cui incorrevano i praticanti dell'astrologia. Secondo Sisto V, "gli astrologi, i matematici e chiunque eserciti l'arte dell'astrologia giudiziaria relativamente a vicende future che riguardano l'agricoltura, la navigazione e la magia, o sostenga di essere in grado di usare gli oroscopi individuali per predire vicende contingenti, eventi fortuiti o azioni che dipendono dal volere umano" dovevano considerarsi scomunicati, come, del resto, coloro "che consapevolmente leggono o sono in possesso di questa sorta di libri e scritti o di qualsiasi altra cosa che contenga queste materie". Urbano VIII confermò questo divieto, osservando che "l'inscrutabile giudizio dell'Altissimo non tollera che l'offuscato intelletto umano, confinato nella prigione della carne, si arroghi il diritto di esplorare, con nefasta curiosità, gli arcani nascosti nella mente divina". Dovevano considerarsi colpevoli soprattutto coloro che "presumono di poter giudicare la prosperità delle più grandi repubbliche o dei principi" fornendo così un pretesto alla ribellione. Questi ultimi erano ritenuti colpevoli del reato di lesa maestà, e dopo essere stati sottoposti ai più crudeli tormenti, erano privati di ogni bene e destituiti da tutte le cariche civili o feudali esercitate in precedenza.

Le bolle papali non riuscirono a eliminare del tutto la pratica dell'astrologia e probabilmente ben pochi lettori diedero credito alle false ritrattazioni di alcuni illustri praticanti di questa disciplina. Giambattista Della Porta (1535 ca.-1615), per esempio, affermò insistentemente che i differenti tipi di personalità ‒ saturnina, gioviale, mercuriale e così via ‒ erano probabilmente da ricondurre più alla diversità dei tipi fisici che ai mutamenti dei cieli. Tutti sapevano che la personalità gioviale, che si distingueva per forza d'animo, generosità, buon umore e grandiosità, era abitualmente accompagnata da un corpo maestoso e armonioso. Tali effetti erano da attribuire non al pianeta Giove ma al temperamento caldo e umido, caratterizzato da un'abbondante ventilazione e da una grande energia sessuale. Tuttavia, Della Porta non esitò ad affermare che le numerose differenze dei tipi fisici e dei temperamenti erano a loro volta determinate da cause astrologiche. Negli ultimi due capitoli della Coelestis physiognomonia, si limitò a riportare un gran numero di casi, tratti dai più celebri autori, che riguardavano gli effetti dei segni zodiacali sulla vita degli uomini, senza far riferimento a nessuna delle spiegazioni fisiche precedentemente offerte.

Nel corso degli anni seguenti, tra i più tenaci difensori dell'astrologia si segnalarono alcuni influenti membri degli ordini religiosi. Hugo Sempilius (1596-1654), un gesuita scozzese che operava in Spagna, considerò la possibilità di applicare l'astrologia non solo a questioni contingenti, relative al tempo atmosferico, alla medicina e all'agricoltura, ma anche all'individuazione delle inclinazioni naturali dei bambini. Secondo Giovanni Battista Riccioli (1598-1671), membro del Collegio Romano, la teoria delle congiunzioni planetarie era una favola, ma non si poteva dire lo stesso della teoria degli aspetti planetari; egli include nel suo imponente trattato sul cosmo, l'Almagestum novum, l'oroscopo di Copernico, così come quello di altri celebri astronomi e astrologi, e giunge quasi a suggerire che le stelle fisse svolgano una funzione per così dire di 'sorveglianza visiva' per conto del potere divino. Quindi, senza ulteriori commenti, elenca i principali eventi storici coincisi con il verificarsi di eclissi solari: dalla fondazione di Roma, avvenuta il 5 luglio 754, alla morte di Filippo II, il 13 settembre 1594. Nel frattempo, il suo confratello Athanasius Kircher (1602-1680) ripropose una serie di nozioni alchemiche relative al ruolo degli influssi planetari nella generazione dei metalli, combinandole con altre concernenti l'attrazione magnetica per spiegare il modo in cui questi influssi penetravano all'interno della Terra.

La campagna volta a screditare l'astrologia su basi spirituali, teologiche e filosofiche, condotta alla fine del XV sec. da Giovanni Pico della Mirandola e proseguita, nel periodo preso in esame, da Henri Lindhout, fu contrastata da Domenico Scevolini e da molti altri; ma alla fine del XVII sec. il dibattito sull'astrologia giunse a un'impasse. Una volta opposta alla canonica critica concernente l'inesattezza delle predizioni degli astrologi l'altrettanto canonica risposta tolemaica secondo cui tutto dipendeva dall'accuratezza delle complicatissime osservazioni da effettuare, rimaneva ancora da affrontare la spinosa questione della contrapposizione tra libero arbitrio e determinismo planetario. Una volta confutata l'obiezione dei frequenti contrasti di opinioni tra gli astrologi con l'osservazione che alcuni astrologi erano migliori di altri, rimaneva ancora da risolvere il problema della compatibilità del concetto di destino stellare con la dottrina cristiana. Le abituali recriminazioni basate sulle disparate fortune di persone nate sotto la stessa configurazione celeste erano solitamente aggirate con la risposta secondo cui le stelle producevano disposizioni e non realtà concrete; ma in questo modo non si rispondeva alla questione della capacità degli esseri umani di penetrare i misteri della causazione divina. Dopo aver difeso Tolomeo e gli altri antichi astrologi da quanti li accusavano di essere giunti a conclusioni arbitrarie, rimaneva ancora da affrontare la questione dei limiti che l'astrologia poneva all'onnipotenza divina.

Nel corso del XVII sec., le tradizioni su cui l'astrologia si era ampiamente basata furono sottoposte a un nuovo tipo di esame, quello dell'indagine storica. Claude de Saumaise (1588-1653) esaminò le origini del concetto di anno climaterico o infausto, che l'astrologia greca aveva derivato da tradizioni egizie e caldee, pur con molte modifiche. Johann Gerhard Vossius (1577-1649) studiò l'antica religione che era alla base della filosofia della Natura, dell'astronomia e dell'astrologia ereditate dall'Occidente. Dal suo punto di vista, la mitologia pagana non era che la storia biblica filtrata dalla mentalità incredibilmente distorta di un popolo decaduto. Pierre Bayle (1647-1706) setacciò le opere degli storici dell'Antichità alla ricerca di riferimenti, spesso contraddittori e fuorvianti, ai corpi celesti considerati come segni premonitori e creatori di eventi portentosi. John Toland (1670-1722) analizzò lo sviluppo del concetto di Zodiaco a partire da un ipotetico culto arcaico dei morti, simboleggiati dalle stelle. Secondo lo studioso, le generazioni successive sublimarono questo antico culto, attribuendo alle stelle poteri straordinari. Il nuovo potere politico e la nuova religione erano accomunati da un progetto di dissimulazione così che, quando le origini di queste credenze furono avvolte dall'oscurità, almeno per quanto concerneva le masse, i sacerdoti e i sovrani si avvalsero della credulità del popolo per rinsaldare la loro autorità. Tutti questi studi storici sull'astrologia finirono dunque per ridurre il prestigio della sapienza degli Antichi a favore di quella dei Moderni.

L'astrologia e le nuove scoperte scientifiche

In un primo momento, le nuove scoperte scientifiche furono semplicemente incorporate nel vecchio sapere e non decretarono quindi la fine dell'astrologia. La recente conferma delle distanze che dividevano la Terra dagli altri corpi celesti indusse Sicke van Hemminga (1533-1586) e altri a immaginare che questi ultimi producessero i loro effetti sul mondo terrestre attraverso una piccola parte del loro potere che, peraltro, non veniva posto in discussione. All'evidente contraddizione tra la tradizionale organizzazione delle case astrologiche e le mutevoli posizioni dei segni nei cieli, derivante dalla precessione degli equinozi, si rispondeva precisando che questi cambiamenti proponevano nuove sfide, senza, tuttavia, invalidare l'astrologia. Inoltre, le numerose stelle fisse apparse nel cielo a partire dall'Antichità, visibili a occhio nudo e con il cannocchiale ‒ Aldebaran nella costellazione del Toro, Beta nel Leone, Spica nella Vergine e così via ‒ non furono considerate prove dell'infondatezza della teoria astrologica; si pensò, invece, che esse offrissero l'opportunità di approfondire l'elaborazione teorica. Tuttavia, l'accumularsi di inammissibili anomalie finì per rendere sempre più arduo il compito di accordare l'astrologia con le altre pratiche scientifiche. Alcuni critici si chiedevano come fosse possibile conciliare le comete (che, come era stato confermato in quel periodo, si trovavano al di là della Luna) e le novae con l'Universo statico ipotizzato dalla dottrina astrologica, altri si interrogavano a proposito dei tradizionali schemi argomentativi astrologici. All'abituale affermazione per cui il Cancro era un segno femminile perché era associato all'acqua e il Leone un segno maschile perché legato al fuoco, Giorgio Raguseo nell'Epistolarum mathematicarum […] libri duo (1623) replicò: "non vi è di certo nessuna dimostrazione matematica in cui un'incognita sia dimostrata da un'incognita" (p. 94).

Il più grave attacco all'astrologia non venne dai suoi critici né dagli storici, ma dagli stessi filosofi della Natura. In effetti, alla fine del XVII sec., la tradizione della filosofia della Natura rinascimentale, all'interno della quale l'astrologia si era sviluppata per tre secoli, iniziò a cedere il passo a un nuovo modo di osservare il Cosmo, che non lasciava alcuno spazio all'astrologia. La nuova scienza medica, fondata da Giovanni Battista Morgagni (1682-1771) e praticata dai fisiologi illuministi, si concentrava esclusivamente sull'uomo, astratta dal contesto terrestre e celeste in cui quest'ultimo viveva, e su una patologia basata interamente sul corpo e sulle condizioni ambientali immediate. La scienza della Terra di Antonio Vallisnieri (1661-1730) e di Robert Hooke (1635-1703) era esclusivamente incentrata sull'azione del vento, del ghiaccio e delle turbolenze registrate sotto la crosta terrestre.

Mentre il nuovo Universo, attivato da movimenti meccanici, sostituiva il vecchio, animato dalle affinità, l'analogia tra macrocosmo e microcosmo perse gran parte del suo potere esplicativo. A partire da questo momento, qualsiasi nozione relativa a forze invisibili che agivano a distanza dovette scontrarsi con un'accanita opposizione. Leibniz e altri meccanicisti biasimarono Newton che, a loro parere, aveva reintrodotto le forze occulte nella filosofia della Natura attraverso la nozione di attrazione universale. Le loro ragioni, tuttavia, erano solo in parte fondate. Secondo Newton, un modello esplicativo ipotetico-deduttivo poteva ammettere una singola supposizione, se l'equilibrio dei fenomeni correlati sembrava indicare la sua probabilità. Benché fosse profondamente interessato all'alchimia e avesse studiato l'opera storica dedicata da Vossius all'astrologia, tuttavia Newton non si richiamò mai alla tradizione astrologica per spiegare il principio di gravitazione universale e non mostrò in alcun modo di dar credito all'astrologia.

Il fatto che l'astrologia seguitasse in qualche modo a sopravvivere dimostra la forza di questa tradizione, così come la debolezza delle sue basi scientifiche. La scienza moderna richiedeva una varietà di programmi di ricerca che ponessero questioni concrete a cui fosse possibile rispondere negativamente o positivamente. L'astrologia seguitò invece, come aveva sempre fatto, a suggerire un solo programma: l'indicazione delle prove della sua validità; agli interrogativi circa tale validità, decisamente improbabile, replicava formulando le stesse risposte che fornisce oggi, classificandosi così, agli occhi dei suoi adepti che operano nella epistḗmē moderna, tra le operazioni che hanno a che fare più con la fede naturale che con i fatti naturali.

Senza dubbio, in quanto sistema di credenze che aiuta gli individui a collocare i loro trionfi e le loro tragedie nel più ampio contesto dei cicli umani e celesti, l'astrologia ha formulato risposte che la scienza non poteva offrire. Ciò sarebbe sufficiente a riservarle un posto nella epistḗmē popolare. All'inizio del XVIII sec., l'astrologia era il principale tema trattato dai periodici europei forse più popolari: gli almanacchi. Nel frattempo, con l'incremento della popolazione nelle maggiori città, il numero dei dilettanti era cresciuto. A partire da questo momento, invece di derivare i suoi argomenti dalla scienza, l'astrologia iniziò a basarsi sulle fonti popolari e la tradizione dell'astrologia erudita si estinse.

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