La scienza in Cina: dai Qin-Han ai Tang. Dalla fondazione dell'Impero ai Tang

Storia della Scienza (2001)

La scienza in Cina: dai Qin-Han ai Tang. Dalla fondazione dell'Impero ai Tang

Michael Loewe

Dalla fondazione dell'Impero ai Tang

A partire dal 221 a.C. (anno della fondazione del primo Impero) l'obiettivo principale degli imperatori cinesi fu l'unificazione, intesa come controllo politico e amministrativo, della totalità o di gran parte del territorio oggi noto come Cina; tale obiettivo fu tuttavia raggiunto per un periodo di tempo che copre meno della metà del periodo imperiale (dal 221 a.C. al 1911). Con l'aiuto di consiglieri, funzionari e storici, gli imperatori diffusero la credenza che l'unità politica, sanzionata dal Cielo e affidata alla figura di un sovrano considerato figlio del Cielo, fosse la norma, ma in realtà re e signori della guerra riuscirono spesso a dissipare tale illusione, smembrando l'Impero, istituendo nuovi centri di potere e spingendosi in alcuni casi a rivendicare per sé stessi l'autorità della dinastia che avevano destituito.

Dopo il regno dei Zhou occidentali (XI sec.-771 a.C.) e il successivo emergere di Stati indipendenti, i tentativi di creare confederazioni (770-481 a.C., periodo delle Primavere e autunni) e l'affermazione di sette regni principali (480-221 a.C., periodo degli Stati combattenti) seguì un millennio in cui sorsero e scomparvero numerosi imperi, e ogni cambiamento fu accompagnato da aspre lotte, violente fratture e un crescente impoverimento della popolazione. Durante le dinastie Qin (221-206 a.C.), Han anteriore (206 a.C.-9 d.C.), Xin (9-23) e Han posteriore (25-220), l'autorità imperiale ebbe talvolta notevoli capacità di penetrazione e di controllo, almeno sulle aree a nord del fiume Yangzi, ma altre volte venne minacciata da rivolte di ampie dimensioni, e in alcuni casi fu distrutta per dispute dinastiche.

Pur nella sua breve durata, l'impero dei Qin, fondato nel 221 a.C. dopo la conquista degli altri sei regni principali, creò un modello di governo che avrebbe lasciato un'impronta sulla Cina per circa duemila anni: una struttura basata su una burocrazia gerarchicamente organizzata, addetta alla promulgazione di delibere, all'eliminazione del dissenso, all'esazione delle tasse e ad altre funzioni essenziali. La dinastia costruì anche il primo sistema di difesa, la cosiddetta Grande Muraglia, per scoraggiare i potenziali invasori provenienti dal Nord. La struttura del governo imperiale non era però ancora sufficientemente forte per far fronte agli intrighi di palazzo, e un decennio di guerra civile portò alla fondazione dell'impero Han sotto Liu Bang (passato alla storia con il titolo postumo di Gaozu) nel 206 a.C. I regni dei suoi successori videro il consolidamento dell'autorità imperiale, l'intensificarsi del controllo sulla popolazione e sulle sue attività lavorative e la grande espansione dell'influenza cinese a opera di soldati, funzionari e commercianti, soprattutto nei territori dell'Asia centrale.

La dinastia di Wang Mang, passata alla storia con il nome di Xin, tentò di legittimare il proprio potere richiamandosi a idee ed eventi, in parte autentici e in parte mitici, riferiti al lontano passato e ai sovrani del periodo Zhou. Considerato dalla tradizione successiva un usurpatore, in realtà Wang Mang ebbe il merito di lasciare un'importante eredità, ossia il bisogno rispettoso di rendere omaggio alle antiche tradizioni. È in parte anche per questo che l'atmosfera intellettuale della dinastia degli Han posteriori fu molto diversa da quella degli Han anteriori. Sotto gli imperatori della dinastia Han posteriore, fondata nel 25 d.C. al termine di lunghe lotte, i governi cinesi ristabilirono il controllo amministrativo e riaffermarono la potenza militare dei predecessori, riuscendo a mantenere una relativa stabilità per circa un secolo. Dal 100 d.C. ca., la corte e il governo furono però lacerati e indeboliti dalle rivalità che si scatenarono tra le concubine di corte e le loro fazioni. La violenta sollevazione dei Turbanti Gialli che dilagò in Cina nel 184 inaugurò un periodo di quattro secoli durante i quali il territorio cinese fu diviso e conteso da vari regni in lotta tra loro, senza che nessuno di questi riuscisse ad affermare legittimamente la propria autorità; i tentativi più significativi furono quelli delle dinastie Jin (265-316 e 317-420) e Wei (386-556), che riuscirono a governare per un lungo periodo la Cina settentrionale.

Quando gli imperatori della dinastia Sui (581-617) e, poco più tardi, della dinastia Tang (618-907) ristabilirono il potere dinastico e il controllo amministrativo sotto un'unica casa regnante, raccolsero i frutti di un lungo periodo di esperienza di governo e di crescita intellettuale; filosofi e funzionari ricevevano ormai da secoli una formazione basata su concetti etici, per lo più espressi per la prima volta da Confucio (551-479 a.C.) e dai suoi discepoli. La struttura sociale aveva raggiunto una stabilità tale da soddisfare le esigenze di stili di vita più complessi, e l'educazione impartita alla classe colta era maturata, nel corso dei secoli, in modi che avrebbero sconcertato i predecessori dei periodi Qin e Han. Né i progressi in questi campi, né la raffinata cultura dell'epoca poterono tuttavia evitare i pericoli di sovversione; la dinastia Sui durò infatti appena trent'anni sotto due soli imperatori. Violente ribellioni scossero, invece, l'Impero dei Tang tra il 754 e il 762, e soltanto grazie all'intervento di truppe straniere, come quelle uigure dell'Asia centrale, la dinastia riuscì a ristabilire l'ordine, continuando a regnare ancora per un altro secolo, caratterizzato però dal grave indebolimento dell'autorità imperiale e dall'aperta frustrazione dei suoi funzionari.

L'unificazione dell'Impero

In ognuno di questi cambiamenti s'individua un conflitto fondamentale che investe vari aspetti della crescita culturale cinese: la tensione tra l'esigenza di formare un'unità politica coesa e la volontà di salvaguardare le particolarità delle aree governate da amministrazioni indipendenti. L'unità politica e la stabilità di governo offrivano quella continuità che è necessaria alla crescita delle arti e al progresso intellettuale, mentre l'omogeneizzazione poteva a volte frenare l'iniziativa individuale. Senza una rigida autorità centrale, d'altro canto, restava più spazio per lo sviluppo di forme indipendenti di pensiero, e la diversità di condizioni climatiche poteva stimolare esperimenti di gestione economica o edilizia da valutare su base sperimentale per respingerli oppure per adottarli su ampia scala. Ogni tensione, inoltre, poteva generare conflitti tra un approccio classico oppure romantico verso la vita, e tra le esigenze di una fede ortodossa e la libertà di una ricerca visionaria della verità. A tutto ciò si accompagnavano le aspre lotte per il potere temporale, soprattutto nei periodi di frantumazione politica come quelli degli Stati combattenti o dei secoli che separano gli imperi Han e Sui tra il 220 d.C. e il 581 d.C.

Nei primi mille anni dell'Impero, a partire dal 221 a.C., le attività intellettuali, il progresso scientifico e la sperimentazione tecnica furono condizionati dai tentativi di conservare l'unità politica, dalle influenze filosofico-religiose e dalle esigenze di governo e di gestione economica. Le divisioni naturali imposte da fiumi o da catene montuose, l'integrazione di elementi di etnia non Han nella popolazione e le relazioni ostili con i capi delle confederazioni dell'Asia centrale incoraggiarono le innovazioni e le iniziative locali. Le attività culturali e le credenze religiose, non meno delle divisioni dinastiche, impediscono di considerare la Cina come un'entità monolitica che si conservò intatta, impenetrabile a ogni cambiamento e insensibile alla crescita evolutiva.

Le iniziative rivolte a elevare il livello culturale del paese e a educare una classe colta sembrano essere legate all'esigenza di fornire un numero sufficiente di uomini per il servizio pubblico dell'Impero Han che in quegli anni si andava formando. Il primo tentativo in questa direzione, anche se ancora piuttosto rudimentale, può essere datato al 124 a.C. e ai decenni successivi, quando alcuni candidati provenienti da un gruppo altamente selezionato, raccomandato o sostenuto da funzionari già in carica, cominciarono a essere scelti per le cariche di pubblico ufficio in base alle risposte, presumibilmente orali, fornite ad alcune domande chiave. Questo sistema di reclutamento continuò a esser praticato nei secoli successivi; già al tempo delle dinastie Sui e Tang, i ben più numerosi candidati che ambivano ai posti di funzionario dovevano affrontare un complesso sistema di esami scritti; chi li superava entrava a far parte della classe sociale che, dopo la famiglia dell'imperatore e le altre famiglie nobili, godeva del rango più elevato. Le accademie, fondate a volte per iniziativa del governo, fornivano ai figli delle classi privilegiate un'educazione basata soprattutto sulla conoscenza della letteratura classica, con il suo apparato interpretativo approvato e ortodosso, e sulla capacità di comporre brani in prosa e poesia secondo stili prescritti e codificati.

I testi di studio derivavano in primo luogo dalla tradizione nota come 'confuciana', basata sugli insegnamenti che Confucio e i suoi discepoli avevano diffuso nella Cina preimperiale, allora popolata da numerose corti e devastata da frequenti guerre civili, in un'epoca in cui il grado dipendeva di norma da circostanze ereditarie più che da dimostrate capacità personali. Questi insegnamenti miravano ad affinare i principî etici, a sublimare le pratiche religiose e a costruire una struttura sociale ordinata, basata su gerarchie codificate e precisi doveri. Già prima del periodo imperiale questi insegnamenti furono reinterpretati e ampliati per adattarli a una società di tipo interamente diverso, soggetta agli ordini diretti dell'imperatore e dei suoi funzionari e con condizioni politiche più complesse e stili di vita più sofisticati.

Diritto, matematica o astronomia erano essenziali per la conduzione del governo, ma la specializzazione in queste e in altre discipline tecniche non godeva di un prestigio pari a quello delle scienze umane della tradizione confuciana; soltanto quando la dinastia regnante era nel pieno del suo splendore poteva rivolgere l'attenzione a queste discipline e accogliere nelle capitali del periodo, Chang'an (attuale Xi'an) o Luoyang, i migliori talenti dell'Impero. Se più regimi coesistevano con le loro corti in città come Jiankang (più tardi Nanchino) o Chengdu, erano necessari altrettanti centri di formazione e altrettante schiere di funzionari, cosicché uomini intellettualmente dotati si trovavano immersi nei loro studi in molte città di provincia.

Durante i Tang, l'istituzione di esami provinciali creò forse nuove opportunità d'insegnamento e di studio, anche a livello locale. I programmi d'esame preparavano i giovani ad accedere alla professione più rispettata, o meglio, l'unica riconosciuta nell'età imperiale: quella di funzionario pubblico.

Burocrazia e amministrazione

Negli editti imperiali si affermava che gli obiettivi del governo erano principalmente promuovere la pace, la prosperità e la felicità della popolazione, fornire aiuto a chi ne aveva bisogno, incoraggiare l'agricoltura e mantenere le gerarchie, con i loro obblighi e i loro privilegi, così importanti per il benessere sociale. I ministri dello Stato compiacevano gli imperatori lodandone la magnificenza e le qualità, grazie alle quali attraevano personalità da altre parti del mondo, consentendo loro di partecipare a quel modo di vita civile che i cinesi definivano la cultura Huaxia. Più realisticamente, i funzionari del governo centrale, provinciale e locale ritenevano che fosse loro dovere mantenere la legge e l'ordine, sopprimere la criminalità e le sommosse, raccogliere le tasse, garantire la sicurezza del palazzo e difendere il territorio dai nemici; obiettivi che potevano essere raggiunti solamente rafforzando le istituzioni e formulando norme di comportamento.

Decreti e altri documenti, scritti su legno, bambù o forse seta, e a partire dal V sec. anche su carta (già conosciuta da circa tre secoli), indicavano le pene da infliggere a chi violava le leggi; la casistica andava dalla quantità di semi che un contadino poteva utilizzare alle accuse di omicidio o tradimento. I procedimenti giudiziari si svolgevano in più gradi, iniziando a volte dal giudizio degli anziani del villaggio e investendo in certi casi la decisione personale dell'imperatore. Come mostrano i documenti legali degli Imperi Qin e Han e i più sofisticati codici del periodo Tang, le condanne andavano dai lavori forzati alla mutilazione corporale, fino ad arrivare alla pena capitale.

Altri funzionari si occupavano di questioni governative come la riscossione delle tasse, calcolate in base all'estensione dei possedimenti terrieri, alla quantità di prodotto, all'estimo dei beni immobili oppure sotto forma d'imposte sulla persona; le somme potevano esser versate in natura e a volte in denaro. I maschi sani di una determinata età erano inoltre tenuti a prestare servizio in squadre di lavoro o nell'esercito, fatta eccezione naturalmente per la minoranza di appartenenti alle classi privilegiate. Le entrate erano utilizzate per pagare gli stipendi dei funzionari, per finanziare opere pubbliche, come la manutenzione di corsi d'acqua e di ponti, per provvedere alle spese della casa imperiale e per equipaggiare le forze armate. Altre somme, a volte anche molto consistenti, erano stanziate per celebrare i riti nei templi degli antenati imperiali, per soddisfare il desiderio di sete preziose, cibi rari, lussuosi palazzi e altri beni di lusso da parte d'imperatori o imperatrici, o per intrattenere dignitari stranieri e altre autorità con banchetti, rappresentazioni musicali e spettacoli acrobatici.

Il governo imperiale dipendeva dalla scrupolosa compilazione di tre documenti principali. Ogni anno le autorità provinciali presentavano due resoconti: il primo era un registro della popolazione, una sorta di censimento, con l'indicazione del numero delle famiglie e degli individui; il secondo riguardava i possedimenti terrieri, con note sul loro uso (per es., coltivazione di cereali oppure frutteti) e la loro qualità. Queste liste erano essenziali per la riscossione delle tasse e il reclutamento di forza lavoro; i frammenti che ci sono pervenuti forniscono, o permettono di dedurre, dati attendibili sulle dimensioni della popolazione cinese. Il conteggio degli individui, uomini e donne, non riguardava ovviamente l'intera popolazione, ma soltanto chi non era riuscito a sottrarsi alla visita dei funzionari anagrafici ed era costretto a subirne le conseguenze. Con l'andar del tempo, la maggiore efficienza dei funzionari rese possibile la registrazione di una porzione sempre più alta di popolazione, soprattutto nelle lontane province del Sud. I numeri di abitanti registrati, e dunque sottoposti a tassazione, in due anni campione, uno al termine della dinastia degli Han anteriori e l'altro a metà della dinastia Tang, erano i seguenti:

Tabella

La distribuzione della popolazione non era certamente omogenea; alcune zone, lungo i bacini del Fiume Giallo e del fiume Huai e nella odierna regione del Sichuan, erano particolarmente popolate, mentre in altre, come la zona del Nord-ovest, la densità era piuttosto bassa. Una grande quantità di abitanti viveva in poderi e in villaggi anziché in città murate, e la popolazione censita si concentrava principalmente nella zona settentrionale dell'Impero, dove la maggior parte delle dinastie aveva fondato la propria capitale; nel periodo Han il rapporto tra gli abitanti a nord e a sud del Fiume Giallo era prossimo a 9:1, mentre nel periodo Tang era di circa 3:1. Il lungo processo con cui il governo migliorò il proprio controllo amministrativo sulle aree meridionali era già in corso, ma un rapporto equo per densità di popolazione fu raggiunto soltanto durante i periodi Ming e Qing.

Un terzo documento, il calendario, era essenziale affinché i funzionari pubblici e l'esercito svolgessero le loro mansioni. I lunghi procedimenti legali richiedevano che a ciascun grado di giudizio fosse assegnata una data, e i rapporti che erano inviati dalle unità militari, sulla ricezione e il consumo di provviste, la costruzione di linee di difesa o il mantenimento di pattuglie, potevano essere validi solo se specificavano i mesi e giorni in cui avvenivano.

La preparazione del calendario luni-solare era prerogativa dell'imperatore; quando le informazioni da fornire nei documenti ufficiali non erano in alcun modo prevedibili, era necessario che tutti i funzionari dell'Impero adottassero il medesimo calendario, debitamente promulgato dal governo. Il calendario doveva indicare quale momento dell'anno era stato scelto per l'inserimento del mese intercalare, e quali mesi erano stati definiti lunghi (trenta giorni) e quali corti (ventinove giorni); queste decisioni spettavano ai funzionari che osservavano i corpi celesti e i loro movimenti, calcolavano i cicli temporali e regolavano la lunghezza dei mesi per farli corrispondere ai cicli del Sole e della Luna.

I problemi tecnici e scientifici erano di competenza di funzionari che si dovevano occupare di produrre questi dati e di curare altri aspetti dell'amministrazione. In particolare, l'osservatorio imperiale aveva il compito di fornire i dati astronomici che venivano successivamente elaborati; i documenti ricavati da queste informazioni, come le tavole che indicavano il sorgere e calare dei pianeti, mostrano un alto livello di precisione. Quando i funzionari dovevano calcolare le tasse da riscuotere su possedimenti terrieri non pianeggianti o di forma irregolare, avevano a disposizione raccolte di formule algebriche o geometriche a cui affidarsi per le loro stime. Funzionari che operavano in zone poco conosciute o funzionari militari che preparavano le loro campagne potevano contare sull'aiuto di mappe redatte su legno, seta o anche carta che riportavano i particolari topografici del territorio insieme al suo sistema fluviale. Misure campione promulgate dal governo, di solito sotto forma di recipienti o di pesi di bronzo costruiti in misure specifiche, oppure di righe lunghe un piede (23 cm) e graduate in decimi di pollice cinese (0,23 cm), permettevano ai supervisori dei mercati di controllare l'onestà delle operazioni commerciali.

La concezione dell'Universo

Nell'età premoderna esercitare la divinazione, consultare gli oracoli o interpretare i segni della Natura (come catastrofi improvvise o avvenimenti inconsueti) erano elementi essenziali per organizzare la vita individuale o sociale dell'uomo. Già a partire dal 1500 a.C. ca., si sollecitavano indicazioni da forze occulte esaminando la forma delle screpolature che si formavano su gusci di tartaruga o su ossa di animali dopo l'esposizione al calore; lo sciamano interpretava quei segni fornendo risposte alle domande che erano state poste. In altri casi ci si affidava alle informazioni ricavate gettando alcuni steli di achillea e interpretando lo schema degli esagrammi che ne risultava. In seguito, intorno al V o IV sec. a.C., queste pratiche furono sostituite da metodi d'indagine più intellettuali. Con i nuovi procedimenti si cercava di assicurare un'armonia tra la successione dei tempi di un'azione presa in esame, l'epoca del calendario e la data di nascita di chi poneva le domande; soltanto così poteva essere garantito un risultato attendibile. Circa un secolo più tardi, gli almanacchi scritti, equivalenti in pratica a cataloghi, indicavano all'indovino se una particolare azione era adatta a un determinato giorno. Altri documenti, le cui voci erano disposte in modo da corrispondere ai mesi e ai giorni dell'anno, offrivano consigli pratici per la condotta della vita quotidiana e per ogni decisione da prendere.

Mentre le influenze religiose, così come l'attività intellettuale, potevano stimolare il progresso scientifico e tecnico, la mitologia faceva spesso riferimento alla dinamica dei corpi celesti. Si riteneva comunemente che le attività del mondo celeste fossero in stretta relazione con le altre due sfere dell'Universo, quella degli esseri viventi e quella degli elementi della Natura come alberi, piante e fiumi. Questi collegamenti, che a prima vista potrebbero apparire prerogativa dell'astrologia, vanno considerati nell'ambito di una visione dell'Universo come entità unitaria, al cui interno gli avvenimenti e le attività di ciascuna sfera erano inseparabili da quelli delle altre due e vibravano all'unisono in modo armonioso. L'osservazione delle stelle e delle costellazioni era dunque necessaria per comprendere, o addirittura per prevedere, gli avvenimenti sulla Terra o nel mondo umano. Questa esigenza spinse gli astronomi a perseguire un alto livello di precisione nella registrazione dei movimenti osservati o delle misure calcolate. Allo stesso tempo furono messi a punto nuovi mezzi, spirituali, simbolici e materiali, per assicurarsi l'immortalità, concepita in numerose forme; alcuni di essi facevano riferimento a esseri o a racconti mitologici, altri tentavano di armonizzare le circostanze della vita e della morte con i diversi mutamenti e ritmi dell'Universo, e la ricerca di queste corrispondenze si concentrava allora sullo scorrere del tempo, il cui movimento era considerato ciclico anziché lineare. Tra le azioni più immediate da compiere per assicurare felicità ai defunti vi erano le offerte sulle tombe o su altari appositamente costruiti. Queste pratiche esigevano conoscenze architettoniche per progettare edifici che dovevano conservarsi a lungo, se non per sempre. Allo stesso modo, santuari di dimensioni più ampie e sale per le cerimonie, come quelle dette Mingtang o Biyong, erano necessari per altre pratiche religiose, come i culti di Stato ai quali partecipava in alcune occasioni l'imperatore stesso.

Per molti pensatori, i movimenti e gli avvenimenti nei tre mondi del Cielo, della Terra e dell'Uomo facevano parte di un unico grande ciclo le cui inevitabili sequenze determinavano ogni cosa. Alcuni concepivano tale ciclo semplicemente in termini di nascita, morte e rinascita; per altri, il mutamento era dovuto all'inesorabile alternanza tra le due forze dello yin e dello yang. Dal IV sec. a.C., questa idea fu unificata con quella del ciclo perenne delle Cinque fasi (wuxing), che rappresenta altrettanti stadi attraverso cui si realizza l'alternanza di yin-yang. Per raggiungere il necessario stato di armonia in ogni attività era dunque indispensabile far corrispondere le circostanze personali a questi ritmi e alle divisioni da essi imposte sul tempo e sullo spazio. Questa corrispondenza si basava sull'idea che tutti i fenomeni, gli oggetti materiali e le emozioni esistano in serie di cinque, e che inoltre ciascun elemento sia correlato a quello di altre serie (per es., la stagione primavera con il colore verde e il sapore aspro). Questa teoria era abbastanza radicata da influenzare anche la produzione artistica del tempo, come mostrano alcuni specchi di bronzo creati dagli artigiani intorno al 50 a.C.

L'insistenza su un sistema di correlazioni tra tutti gli eventi e le attività poteva limitare o inibire il progresso di ricerche autonome sulla natura della materia. In molti casi, inoltre, poteva essere arduo conciliare questo ciclo e le sue suddivisioni temporali e spaziali con quelli derivati da altre indagini e osservazioni. Per raggiungere l'armonia con l'intero Universo era infatti necessario non solo riconciliare le suddivisioni in 2 e in 5, ma anche dimostrare che esse corrispondevano alle suddivisioni dei cieli in 12 unità con i loro periodi temporali, alle 28 sezioni dello zodiaco e ai 365 e 1/4 gradi del cerchio. Un sistema di divinazione molto antico presumeva inoltre l'esistenza di 64 situazioni, ognuna delle quali prevaleva nel Cosmo in un dato momento. Un sistema dell'Universo vasto e complesso doveva essere in grado di spiegare anche un ritmo di questo tipo, o di uno basato sul numero 8.

La prima ricerca del Tao, il principio permanente, onnipervadente ma invisibile che soggiace all'Universo, è contenuta in documenti di pensiero mistico, databili al V o IV sec. a.C. Il Taoismo è giunto però ad abbracciare anche altre varietà di esperienza religiosa e di esercizio intellettuale. Nel Libro del Maestro dello Huainan (Huainanzi), opera completata prima del 139 a.C., si assiste al tentativo di spiegare il funzionamento dell'Universo secondo un Tao concepito in modo piuttosto diverso, quasi nel senso di legge del mondo naturale che può essere dedotta tramite l'osservazione.

Circa tre o quattro secoli più tardi ebbero origine altre ricerche di tipo scientifico. Nella generale assenza di un'autorità politica affidabile, in mancanza del pieno rispetto della legge e dell'ordine e nel disagio sociale che si accompagnava all'oppressione da parte di magnati o di signori della guerra, si diffusero culti religiosi popolari ispirati all'idea e alla tradizione del Tao. Ai loro aderenti, raccolti in comunità disciplinate, venivano promessi i beni materiali di cui erano privi. Per soddisfare le loro aspettative, ispirate nei casi migliori da fini spirituali, ma spesso limitate a salute e ricchezza materiale, i fondatori di questi culti stimolarono lo sviluppo di conoscenze mediche e la preparazione di farmaci, e istituirono esercizi di natura spirituale e corporea come quelli della meditazione, della respirazione e delle pratiche sessuali. La loro ricerca di metodi per fabbricare l'oro può anche aver dato origine a esperimenti di chimica e alchimia. Si trattava in alcuni casi di pratiche di tipo nuovo, che ereditavano però i risultati d'iniziative e di tentativi, riusciti o falliti, risalenti a epoche molto precedenti, come si osserva in alcuni testi del periodo degli Stati combattenti, e che si articolarono poi in ulteriori sviluppi.

Agricoltura, controllo del territorio e scambi con il mondo esterno

Nell'elogiare le virtù dello stile di vita in Cina, i funzionari lodavano spesso la vita sedentaria della popolazione rispetto al nomadismo delle tribù dell'Asia centrale: era stata questa scelta di vita che aveva permesso di sviluppare una civiltà duratura, basata sul lavoro dei campi in cui era impegnata la maggioranza della popolazione, e che permetteva alle arti di fiorire nel contesto della vita cittadina. Gli editti imperiali sottolineavano la necessità di ottenere la maggior quantità possibile di prodotti dalle terre coltivabili. Gli stessi imperatori compivano gesti simbolici per riconoscere all'agricoltura la priorità che le era necessaria, e i testi storici si soffermano sul successo ottenuto da un governatore di provincia, o dall'iniziativa di un esperto, nel mettere a punto nuove tecniche di semina o raccolta del grano, coltivazione della canapa o tessitura della seta. Circolavano anche trattati che insegnavano ai contadini come programmare il lavoro dei campi o che fornivano indicazioni sugli aspetti pratici della coltivazione del miglio a Nord o del riso a Sud.

La maggioranza della popolazione era occupata in questo tipo di lavoro quotidiano, e la mitologia o la pratica religiosa riflettono in che misura l'attività agricola fosse continuamente esposta ai pericoli delle inondazioni o della siccità; il mito, la preghiera e il sacrificio dimostravano infatti l'esigenza di supplicare il dio del Fiume Giallo affinché ritirasse le sue acque possenti, o di chiedere alle forze del cielo di far cadere la benefica pioggia. Ai pericoli stagionali si aggiungevano, nel Nord, i grandi spostamenti dei corsi d'acqua che provocavano la dislocazione del canale principale del Fiume Giallo a nord o a sud della penisola dello Shandong. In queste circostanze era ovvio che i funzionari cinesi prestassero attenzione ai problemi della conservazione, dell'irrigazione e del controllo delle acque, e anche alla costruzione di canali per facilitare i trasporti e le comunicazioni.

Uno dei primi canali conosciuti in Cina, quello che collegava il fiume Huai al Fiume Azzurro, era stato scavato a partire dal 486 a.C. ca., mentre nella zona occidentale furono costruite dighe in pietra per separare il corso principale del fiume Min in due canali più stretti e più facili da controllare (230 a.C. ca.). Nella stessa zona della capitale dello Stato di Qin, Xianyang, nel 246 a.C. si era scavato il canale di Zheng Guo per irrigare nuove terre. Quando un governo godeva di autorità sufficiente ad arruolare grandi forze di lavoro coscritto, realizzava opere idrauliche; nelle zone orientali, intorno al 30 a.C., si tentò di risolvere i problemi causati dal Fiume Giallo immergendo nel corso del fiume dei contenitori pieni di pietre per controllarne le acque; a metà del V sec. i funzionari dei Wei settentrionali, uno dei molti regimi che coesistevano a quel tempo, cercarono di ricostruire un sistema di dighe caduto in disuso. Il più grande progetto idraulico fu forse quello che portò alla costruzione (600 d.C.) della prima versione del Grande Canale, che consentiva il trasporto di derrate e tributi dal Sud alla regione densamente popolata della Pianura centrale con la capitale orientale Luoyang; in seguito sarebbe stato esteso fino a congiungere la città di Hangzhou a Pechino.

A partire dal 120 a.C. ca., i governi imperiali istituirono monopoli per controllare la coniazione di monete, la manifattura e distribuzione di utensili di ferro, e la produzione e distribuzione di sale, estratto sia dalle miniere sia dal mare, con l'obiettivo di deviare i profitti di tali operazioni dalle mani dei privati verso la tesoreria imperiale. Per la loro gestione e per le necessarie informazioni tecniche, i funzionari richiedevano a volte la consulenza dei magnati le cui fortune erano sorte proprio da queste fonti. È anche probabile che la decisione d'instaurare questi monopoli sia stata favorita dalle esigenze governative di fornire utensili di ferro ai contadini, armi ai soldati, e grano e sale ai lavoratori coscritti e alle loro famiglie.

Prima dell'inizio dell'età imperiale nel 221 a.C., artisti e artigiani avevano già creato alcune delle glorie dell'arte cinese: i loro prodotti in giada, bronzo o lacca servivano da emblemi del potere reale o del rango nobiliare, e dovevano soddisfare il desiderio di lusso e bellezza di regine o aristocratiche. L'ufficio del governo imperiale che sovrintendeva alla produzione di questi oggetti (tra cui una serie particolare di specchi di bronzo) va anche considerato come uno strumento ufficiale utilizzato allo scopo precipuo di incoraggiare tanto l'iniziativa quanto la sperimentazione tecnica. Palazzi e mausolei, costruiti in gran numero, permettevano al re oppure all'imperatore di esibire il proprio prestigio e la propria ricchezza. Questa esigenza, come peraltro quella della costruzione di linee di difesa con le loro torri di guardia, richiedeva conoscenze tecniche da parte degli architetti, insieme alla pronta disponibilità di mano d'opera da reclutare.

I primi resoconti dei viaggiatori cinesi in Asia centrale risalgono al periodo intorno al 125 a.C., e contengono scarsi riferimenti ai segni della cultura ellenistica che si era sviluppata nella Battriana prima di ritrarsi di fronte alla pressione dei popoli del Nord. Sotto le prime dinastie, i contatti con le tribù o le confederazioni, che a volte compivano scorrerie in territori cinesi, portarono alla conoscenza di modi di vita totalmente diversi, non cinesi e nomadi, con reazioni che andavano dall'ammirazione per le qualità marziali dei loro cavalieri al disprezzo per l'evidente assenza di tratti di civiltà fondamentali come un sistema di scrittura. Le incursioni dei colonizzatori cinesi verso Sud-est intorno al 108 a.C. favorirono i contatti con tribù dedite principalmente all'allevamento di bestiame e il cui stile di vita era ingentilito da un'arte e da una musica indigene. Circa un secolo più tardi, i marinai che si spinsero nell'oceano possono aver riportato qualche limitata conoscenza delle terre, dei popoli e dei prodotti dei mari meridionali, della Malesia o dell'Indonesia.

I governi cinesi avevano bisogno di ampie forniture di seta per soddisfare le richieste dei potenziali invasori stranieri dell'Asia centrale. A partire dal 100 a.C. ca., forse con il sostegno del governo, carovane di mercanti trasportarono seta proveniente dalla Cina lungo le cosiddette 'Vie della Seta' (una settentrionale e una meridionale); ma anche se alcune di queste merci erano destinate a raggiungere il mondo mediterraneo, non vi è prova di contatti diretti tra mercanti cinesi e acquirenti romani. Gli intermediari, che facevano da guida a chi non conosceva le strade che conducevano alle oasi, potevano trarre ampi profitti dal commercio, e non è difficile credere che essi facessero di tutto per ostacolare lo sviluppo di contatti diretti tra Impero cinese e Impero romano. Inoltre, le strade erano spesso interrotte, anche per lunghi periodi, da movimenti militari.

I contatti con viaggiatori provenienti dal mondo bizantino o romano furono limitati e sporadici, tuttavia a metà del periodo Tang (618-907) i mercanti occidentali che raggiungevano la capitale Chang'an, all'epoca probabilmente la città più popolosa del mondo, aumentarono considerevolmente, portando con sé, oltre ai prodotti delle proprie terre, anche la loro musica. I mercanti del Vicino Oriente, seduti sui loro cammelli carichi di ogni genere di mercanzie, divennero modelli di statuine create dai vasai Tang; la seta riusciva a giungere in grandi quantità sino al mondo bizantino, e Chang'an era popolata da un gran numero di stranieri con modi di vita e credenze diverse.

I primi stanziamenti cinesi nella penisola coreana risalgono al 108 a.C.; in seguito, dai governatorati e dai regni indipendenti che vi sorsero, alcuni prodotti della civiltà cinese raggiunsero le isole del Giappone, e a partire dal VII sec. delegati e funzionari giapponesi affrontarono il pericoloso tragitto via mare fino alle coste cinesi, per apprendere quel che potevano dello stile di vita e dei metodi di governo del potente Impero Tang. Queste missioni furono sospese dall'838 d.C.

Attraverso le Vie della Seta due importanti influenze culturali raggiunsero la Cina, con conseguenze molto più profonde per lo sviluppo della sua civiltà rispetto allo scambio di merci: i viaggiatori buddhisti provenienti dall'India portavano con sé un nuovo tipo di religione e di filosofia, insegnata da un clero e fondata su un corpus di testi. Scritti in una lingua sconosciuta, quei testi influenzarono sia il vocabolario che i modi di pensiero cinesi, e la religione lasciò la sua impronta sull'architettura. Già nel I sec. d.C. il buddhismo iniziò a radicarsi nel paese, e i suoi stūpa, le sue aule d'insegnamento e i suoi monasteri divennero presto una caratteristica essenziale di alcune città cinesi. La religione straniera fu recepita in modi diversi: a volte un imperatore abbracciava con entusiasmo la nuova fede, garantendole completa protezione; altre volte i tradizionalisti cinesi reagivano con forza contro un insieme di credenze i cui principî potevano insidiare la struttura sociale e gli ideali confuciani e i cui aderenti godevano di privilegi materiali che ad altri erano negati. La distruzione dei monasteri ordinata nell'845 segnò un grave colpo per la religione buddhista, che si riprese gradualmente nel corso di alcuni secoli; essa aveva comunque costretto la Cina a rivedere i propri valori tradizionali, proponendo una nuova concezione della posizione dell'individuo nell'Universo e della via per raggiungere l'Illuminazione.

La seconda importante influenza culturale giunta dall'esterno fu l'Islam, che si diffuse in molte parti del globo a partire dal VII sec., richiamando, con il passare dei secoli, l'attenzione sui risultati raggiunti dalla civiltà del Vicino Oriente. Da questo incontro ebbero origine in Cina ampie comunità islamiche con le loro moschee e i loro modi di vita, integrati a quelli della popolazione Han. Sempre durante la dinastia Tang, tra gli abitanti di Chang'an si contavano anche devoti di altre fedi, come il manicheismo e il cristianesimo nestoriano, che non lasciarono tuttavia un'impronta memorabile nella mente del popolo cinese.

Gli otto secoli che intercorsero tra la fondazione dell'Impero Qin nel 221 a.C. e quello Tang nel 618 d.C., videro delinearsi alcuni degli aspetti più significativi della civiltà cinese: un senso d'identità, di unità e di orgoglio culturale da opporre ai modi di vita praticati al di fuori dell'Impero, un complesso di idee politiche rispettate da tutti i funzionari, una serie di distinzioni sociali che tutti i governi cercarono di mantenere e, infine, l'affermarsi di istituzioni imperiali sufficientemente salde da resistere ai cambiamenti di dinastia. Altri aspetti, che potevano essere motivi di contrasto, contribuirono ad arricchire il volto sempre mutevole dello stile di vita cinese e le tradizioni cui esso aveva dato origine: la divisione tra due o più autorità di governo, l'ampia diversità delle pratiche economiche, l'estensione del territorio in aree caratterizzate da paesaggi e climi non comuni, la penetrazione di gruppi etnici non cinesi, e il richiamo di una nuova religione nata fuori dal territorio cinese.

Bibliografia

Loewe 1982: Loewe, Michael, Chinese ideas of life and death. Faith, myth, and reason in the Han period (202 BC-AD 220), London-Boston, George Allen and Unwin Ltd., 1982.

1988: Loewe, Michael, Everyday life in early imperial China during the Han period (202 BC-AD 220), New York, Dorset Press, 1988.

Pirazzoli-t'Serstevens 1982: Pirazzoli-t'Serstevens, Michèle, The Han dynasty, translated by Janet Seligman, New York, Rizzoli, 1982.

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