La sperimentazione del contratto di ricollocazione

Libro dell'anno del Diritto 2015

La sperimentazione del contratto di ricollocazione

Liliana Tessaroli

Il contributo analizza il contratto di ricollocazione, quale strumento di politica attiva per fronteggiare la grave crisi occupazionale che sta colpendo il nostro paese. Esso viene introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento dall’art. 1, co. 215, l. 28.12.2013 n. 147 (legge di stabilità 2014). Il legislatore non definisce l’istituto, anche se il d.d.l. delega n. 1428/2014, approvato con il voto di fiducia in Senato lo scorso 8.10.2014, fa un tentativo in tal senso.

La ricognizione

Il contratto di ricollocazione (di seguito “c.r.”), introdotto per la prima volta nel nostro Paese con l’art. 1, co. 215, l. 28.12.2013, n. 1471, è uno strumento di politica attiva, promosso dal senatore Pietro Ichino e modellato sulle esperienze nord-europee, che ha l’obiettivo di coniugare efficacemente le cd. politiche passive del lavoro (sostegno del reddito) con le politiche attive (promozione dell’inserimento lavorativo), attraverso un meccanismo che garantisca la condizionalità del sussidio erogato.

Il legislatore non definisce l’istituto,ma prevede che esso possa essere uno strumento sperimentale, volto a potenziare le politiche attive, attuato dalle regioni e sostenuto dal Fondo politiche attive.

Il 30.10.2014 è stato espresso parere favorevole dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sul decreto, presentato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per la costituzione del Fondo politiche attive.

L’art. 2 del decreto, intitolato «Finalità», prevede che le risorse del Fondo siano destinate alla realizzazione di iniziative, anche sperimentali, sostenute da programmi formativi specifici, volte a favorire il reinserimento lavorativo dei lavoratori fruitori di ammortizzatori sociali, anche in deroga alla normativa vigente, e dei lavoratori in stato di disoccupazione ai sensi dell’art. 1, co. 2, lett. c), d.lgs. 21.4.2000, n. 181. Le iniziative devono consistere in azioni di riqualificazione e di ricollocazione professionale come, ad esempio, la sperimentazione del c.r.

Si rileva che anche in quest’ultimo atto non vi è nessuna definizione del c.r.

Un tentativo precedente verso il c.r. lo si trova anche nel d.m. 19.11.2013 del Ministero dello sviluppo economico, attuativo del d.l. 22.6.2012 n. 83, conv. dalla l. 7.8.2012 n. 134, che introduce un sistema di politiche attive del lavoro per la soluzione di crisi industriali complesse, delineando un sistema di servizi per il ricollocamento professionale. Il d.m. prevede la ricollocazione professionale dei lavoratori interessati da interventi di riconversione o riqualificazione industriale per i quali è previsto il coinvolgimento delle imprese abilitate allo svolgimento di servizi di supporto alla ricollocazione autorizzate allo svolgimento di tale attività a norma dell’art. 4 d.lgs. 10.9.2003, n. 276. Questi interventi devono essere suscettibili di cofinanziamento da parte delle regioni, nell’ambito delle rispettive azioni di politica attiva del lavoro, nonché dei fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua a norma dell’art. 118 l. 23.12.2000 n. 388. La misura è finalizzata a garantire una possibile sinergia tra misure di politica industriale e misure di politica del lavoro.

Il decreto rinvia a un provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali la disciplina del ricollocamento professionale dei lavoratori nell’ambito delle vertenze di crisi aziendale e di settore gestite dal Ministero dello Sviluppo economico.

In data 8.10.2014 è stato approvato al Senato con il voto di fiducia il d.d.l delega n. 1428/2014, cd. Jobs Act. Nel testo esiste un riferimento agli accordi per la ricollocazione. Nello specifico, l’atto, allo scopo di garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro su tutto il territorio nazionale, nonché di assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative, prevede la delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive. Nell’esercizio della delega, il Governo deve introdurre principi di politica attiva del lavoro che prevedano la promozione di un collegamento tra misure di sostegno al reddito e misure volte all’inserimento del disoccupato/inoccupato nel tessuto produttivo, anche attraverso la conclusione di accordi per la ricollocazione.

La focalizzazione. La sperimentazione della regione Lazio

Il d.d.l delega n. 1428/2014 è il primo atto in cui emerge una definizione del c.r. Esso è lo strumento attraverso il quale il legislatore riconosce alle agenzie per il lavoro o ad altri operatori accreditati, a fronte dell’effettivo inserimento lavorativo della persona disoccupata/inoccupata, un contributo per il servizio reso in proporzione alla difficoltà di collocamento del soggetto preso in carico.

Tale contributo è a carico di fondi regionali a ciò destinati, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica statale o regionale.

In tale ambito, è interessante la sperimentazione del c.r. della Regione Lazio. La D.G.R. 30.9.2014, n. 632 disciplina l’istituto come strumento di politica attiva del lavoro basato sul principio dell’adesione volontaria delle parti e finalizzato a stimolare il comportamento proattivo della persona interessata, dell’operatore accreditato, secondo la regolazione regionale in materia, e del Centro per l’Impiego. Il c.r. è stipulato in forma scritta ed è firmato contestualmente dal Centro per l’impiego, dalla persona interessata e dall’operatore accreditato da questa prescelto2.

La novità principale del c.r. sta nel fatto che esso, nel momento in cui rafforza l’assistenza data al disoccupato/inoccupato nella ricerca della nuova occupazione, sancisce un obbligo a suo carico di mobilitarsi nel mercato del lavoro, cioè di svolgere una ricerca attiva e compiere i percorsi necessari di riqualificazione e addestramento in relazione agli sbocchi occupazionali effettivamente esistenti. Il disoccupato/inoccupato viene affidato all’operatore accreditato, che ha il compito di: individuare le possibilità di occupazione offerte dal mercato del lavoro; assistere il soggetto circa la scelta delle attività necessarie per sfruttare al meglio tali possibilità; accertare, al tempo stesso, la disponibilità effettiva del soggetto ai fini della realizzazione di tali attività.

Di grande interesse è il fatto che il contributo per il servizio di assistenza intensiva è riconosciuto soltanto a collocazione avvenuta.

Nel modello laziale, gli operatori accreditati affiancano i Centri per l’impiego in un sistema cooperativo misto pubblico-privato, che vede gli operatori privati supportare il servizio pubblico al fine di integrarne le competenze e le professionalità.

In questo modo, è possibile offrire a tutti i cittadini che affrontano un periodo di disoccupazione l’opportunità di avere, insieme al sostegno del reddito, anche un servizio di accompagnamento nella ricerca di una nuova occupazione di qualità.

I profili problematici

Il c.r. presenta diverse criticità sul piano definitorio e sul piano attuativo.

In primo luogo, la ricostruzione nei termini contrattuali di una politica attiva può creare un conflitto di competenza tra lo Stato e le regioni ai sensi dell’art. 117 Cost. sulla definizione e sul regolamento dell’istituto. Infatti, una ricostruzione in senso strettamente contrattualistico dello strumento rischia di spostare la competenza dalle regioni allo Stato (art. 117, co. 2, lett. l).

In secondo luogo, la mancanza di criteri per la “condizionalità”3 può rendere inefficace lo strumento.

Il c.r. è una politica attiva, pertanto il rifiuto delle stesso comporta la perdita del sostegno al reddito previsto dall’art. 4, co. 40-43, l. n. 92/2012.

Come sopra evidenziato, nella sperimentazione della regione Lazio, la stipula del c.r. da parte del lavoratore è volontaria e pertanto presuppone una reale volontà di ricercare e trovare un nuovo impiego.

Tuttavia, la possibilità di perdere il sostegno al reddito in caso di rifiuto di partecipazione, senza giustificato motivo, ad una iniziativa di politica attiva, potrebbe indurre il lavoratore a stipulare il c.r. con il solo obiettivo di poter conservare il trattamento di sostegno al reddito, o a scegliere altre misure di politica attiva diverse dal c.r. Alla luce di tali considerazioni, si rende necessario svincolare la stipula del c.r. dalla componente volontaristica, subordinando il trattamento del sostegno al reddito alla firma della stessa. La vera sfida per il c.r. è quella di riuscire a garantire un servizio di placamento efficace in grado di contrastare la sfiducia degli utenti nei confronti dei servizi per il lavoro.

Inoltre, è necessaria una disposizione legislativa che preveda che il rifiuto dell’offerta di lavoro previsto dal c.r. abbia come conseguenza automatica la perdita del sostegno al reddito. Infatti, allo stato attuale, il rifiuto di un’offerta di lavoro prevista dal c.r. ha come conseguenza la perdita della politica attiva offerta (il servizio di assistenza intensiva ad opera degli operatori accreditati) e non del sostegno al reddito, che è legato al rifiuto della misura di politica attiva prevista dal patto di servizio.

L’intervento normativo deve creare un collegamento stringente tra la norma sulla perdita dello stato di disoccupazione (art. 4, co. 1, lett. b) e c), d.lgs. n. 181/2000) e la norma sulla perdita del sostegno al reddito (art. 4, co. 41, lett. a) e b), l. n. 92/2012). L’operazione, non di facile realizzazione, deve tener conto anche dell’attuazione delle Linee guida per la regolazione e la gestione dello stato di disoccupazione4 nelle singole realtà regionali, non del tutto uniformi.

La buona riuscita dell’istituto dipenderà dalla capacità delle istituzioni di definire i criteri sulla “condizionalità” e sulla congruità dell’offerta di lavoro, legando il sostegno al reddito alla partecipazione della politica attiva e spingendo il soggetto disoccupato ad una condotta proattiva nella ricerca di un nuovo impiego5.

Infine, un’altra criticità è costituita dal contenzioso che può derivare dalla decadenza della politica attiva nel caso di rifiuto ingiustificato da parte del disoccupato dell’offerta congrua di lavoro nella prospettiva contrattualistica.

In questa fase sperimentale è prematuro un giudizio sullo c.r. quale strumento di politica attiva; troppe sono le incertezze sull’inquadramento giuridico dell’istituto e troppi sono gli elementi mancanti per chiudere il “cerchio” dei servizi per il lavoro e delle politiche attive.

1 L’art. 1, co. 215, l. n. 147/2013 prevede: «Al fine di favorire il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori sociali anche in regime di deroga e di lavoratori in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito il Fondo per le politiche attive del lavoro, con una dotazione iniziale pari a 15 milioni di euro per l’anno 2014 e a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016. Con successivo decreto di natura non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite le iniziative, anche sperimentali, finanziabili a valere sul Fondo di cui al primo periodo e volte a potenziare le politiche attive del lavoro, tra le quali, ai fini del finanziamento statale, può essere compresa anche la sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione, sostenute da programmi formativi specifici».

2 Art. 3 dell’allegato A della D.G.R. n. 632/2014.

3 Nel nostro ordinamento la fonte del principio della condizionalità è costituita dall’art. 4, co. 40-43, della l. 28.6.2012, n. 92.

4 Accordo Stato, regioni, province autonome e province del 5.12.2013

5 Garofalo, D., Il sistema pubblico di tutela della disoccupazione, in Flessibilità e tutele nel lavoro. Commentario della legge 28 giugno 2012, n. 92, Chieco, P., a cura di, Bari, 2013, 469.

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