LAGOSTA

Enciclopedia Italiana (1933)

LAGOSTA (A. T., 24-25-26 bis)

Antonio Renato TONIOLO
Bruno MOLAJOLI

Isola dell'arcipelago meridionale dalmata, detta in croato Lastovo, allineata, insieme con le isolette di Cazza, Cazziol e con gli Scogli Lagostini, a sud dell'isola di Curzola, da cui è separata dal Canale di Làgosta. La sua superficie, tutta costituita di calcari cretacei, è di kmq. 44,4 (l'intero comune di Lagosta è vasto 55,01 kmq.); la massima altitudine che si riscontra nell'isola è di metri 417 (M. S. Giorgio o M. Humm). Ha coste assai articolate, specie a ovest, ma rocciose; le temperature vi sono assai elevate ed è soggetta allo scirocco. Coperta dalla macchia mediterranea e da boschi di lecci, che si estendono per quasi il 70% della sua superficie, ha appena il 5% di terreni posti a coltura attorno al suoi centri abitati: vi si coltiva la vite, che dà il dolce plavac; mentre i pascoli magri delle zone più elevate alimentano scarse capre e più numerosi suini.

La popolazione del comune di Lagosta (1931, ab. 1710; 1921, ab. 1558), in parte croata, si accentra nel paese di Lagosta (abitanti 1400) sulla costa settentrionale dell'isola, il cui porto è unito per piroscafo a Brindisi, Venezia e Fiume, e nell'altro villaggio di Porto Rosso sulla costa meridionale, dove si pescano le aragoste.

Insieme all'isola di Meleda e alla penisola di Sabbioncello, Lagosta appartenne alla repubblica di Ragusa fino al 1810, dal cui capitanato dipendeva anche dopo che la Dalmazia passò all'Austria (1815). Col trattato di Rapallo (1920) è stata aggregata all'Italia (provincia di Zara), quale vedetta di fronte alle Bocche di Cattaro.

Monumenti. - Ha avuto caratteristica diffusione nell'isola un tipo di edificio sacro quasi di cappelletta campestre, costruito di regolari conci di pietra, con uno schema di facciata che si ripete identico, come in altre piccole chiese dalmatiche o greche: la porta al centro, fiancheggiata spesso da due finestre basse e larghe; un occhio a ruota; il campaniletto a vela, a uno o tre archetti sovrapposti. La più antica di tali costruzioni è la chiesetta di S. Luca, fuori dell'abitato: risale al sec. XIII e per quanto sia ridotta a rudere vi si nota chiaramente la partizione in tre navate e un'interessante soluzione architettonica nell'innesto dell'abside. La chiesa parrocchiale dei Ss. Cosma e Damiano è anch'essa a tre navate, ma di epoca molto più tarda, e variamente rimaneggiata con impronte venete: nell'interno, oltre a due ciborî in pietra di tipo romanico, si conservano alcuni dipinti: la pala d'altare con i Santi titolari, attribuita al Lanfranco, un'icone bizantina del sec. XVI, rivestita in lamina d'argento sbalzata, una tavola col Cristo deposto, di scuola veneta dei primi del '500; e inoltre, una croce astile di lamina argentea del sec. XVI, e una bella acquasantiera di bronzo veneziana, del '500, con eleganti decorazioni e stemma del donatore, il noto stampatore lagostano Bonino de Boninis. Di tipo identico alle precedenti sono le altre chiese dedicate alla Madonna della Neve, a S. Antonio (con un grazioso portale intagliato, sul fianco sinistro), a S. Giuseppe, alla Madonna in Campo; sull'altare di quest'ultima è una tavola firmata e datata 1516 del veneto Francesco Bissolo.

Bibl.: A. Dudan, La Dalmazia nell'arte italiana, Milano 1922; B. Molajoli, L'arte in Dalmazia: Làgosta, in Rassegna marchigiana, VIII (1930), pp. 283-292; C. Cecchelli, Zara (Cat. cose d'arte, 4), Roma 1932.