LANA

Enciclopedia Italiana (1933)

LANA (dal lat. lana; fr. laine; sp. lana; ingl. wool; ted. Wolle)

Roberto DODI
Oscarre GIUDICI
Aristide CALDERlNl
Gino LUZZATTO

Fibra tessile costituita dai filamenti che crescono sul corpo degli ovini (v.) a formarne il vello. È usata da tempi remotissimi; e i Greci e i Romani dei tempi storici non avrebbero continuato che una tradizione e una pratica assai più antica di loro e diffusa fra popoli così d'Oriente come del Settentrione e dell'Occidente (v. sotto). Soppiantata, a partire dal secolo XVIII, per alcuni usi dal cotone, divide oggi con questa fibra la massima parte del mercato mondiale.

Struttura e caratteri della fibra. - Osservando al microscopio un filamento di lana, esso risulta costituito di tre strati concentrici: l'esterno detto cuticola, costituito da sostanza cornea ricoperta da minutissime scaglie sottili, collegate le une alle altre con disposizione embricata; lo strato intermedio, formato da cellule fusiformi al cui carattere sono dovute le proprietà fisiche specifiche della lana; lo strato interno, o midollo, formato da una successione di cellule contenenti aria. Nelle qualità di lane fini e medie, spesso lo strato interno manca. La sezione trasversale del filamento è qualche volta circolare; più spesso di forma ellittica. Il diametro del filamento varia, secondo le qualità, da 20 a 80 μ e la lunghezza da 20 a 400 mm.

Il filamento ha caratteri variabili, secondo la razza dell'ovino o la parte dell'animale da cui proviene, o anche secondo l'alimentazione, l'età, le condizioni di allevamento. I caratteri generalmente rilevati sono: il colore, la lucentezza, la finezza, l'ondulazione o arricciatura, la morbidezza, la sofficità, l'elasticità.

Il colore naturale è il bianco o il bianco-avorio, ma la lana sucida è generalmente di colore giallastro o del colore della terra su cui pascola l'ovino. Le lane bigie e le morette costituiscono qualità distinte e di minor pregio.

La lucentezza dipende dalla struttura interna della fibra e dalla disposizione e trasparenza delle squamette corticali: quanto più queste sono appiattite e in piano, tanto più lucido è il filamento. Le lane fini e arricciate sono generalmente meno lucide delle lane incrociate.

La finezza della lana è in relazione al diametro e alla lunghezza del filamento e varia, oltre che da razza a razza, da una parte all'altra del vello dell'animale. L'ordine di valutazione, a quest'ultimo proposito, è generalmente il seguente (fig. 1): 1. lana delle spalle; 2. lana dei fianchi e basse spalle; 3. lana delle parti laterali della schiena; 4. lana delle cosce e del ventre; 5. lana della schiena; 6. lana della gola e dell'alta coscia; 7. lana della testa, della coppa, della coda e delle estremità delle gambe. Sono poi talvolta presenti anche i cosiddetti peli morti o giarre, filamenti privi dello strato intermedio o connettivo del midollo, che si tingono difficilmente.

L'arricciatura è in relazione inversa al diametro della fibra, per cui le lane più fini risultano più arricciate della lana grossa (9-13 ondulazioni per cm. nelle prime; 5-8 nelle seconde: fig. 2). L'elasticità, cioè la proprietà che ha la fibra, già tesa, di subire ancora un certo allungamento alla tensione, è invece in relazione inversa alla finezza (dal 30 al 50% per le lane grosse, dal 20 al 35% per le lane fini). Così la tenacità, cioè la resistenza alla rottura (di 7 gr. nelle lane fini, fino a 32-38 gr. nelle lane grosse).

Le principali caratteristiche della fibra che influiscono sul grado di filabilità sono: la lunghezza, l'arricciatura, l'elasticità e, in particolare, la finezza e la forma della sezione trasversale. A parità di finezza, il grado di filabilità aumenta col crescere delle prime tre caratteristiche: ma quella di maggior considerazione è la forma della sezione trasversale. S. G. Barker e R. Burgess hanno stabilito - sperimentalmente - che la filabilità di una lana è tanto migliore quanto più il rapporto fra l'asse maggiore e l'asse minore della sezione della fibra si avvicina al valore 1; ossia quanto più la sezione si avvicina alla forma circolare e quanto più questa caratteristica è uniforme nella massa di lana da filare.

La lana ha densità media di 1,30 a 20° e calore specifico di 0,325-0,326. La sua composizione elementare varia secondo la qualità e si calcola intorno alle seguenti cifre: carbonio 49,25÷50,68%; idrogeno 6,36÷7,37%; ossigeno 20,85÷26%; azoto 15÷17,87%; zolfo 2÷4%. Il costituente essenziale è, come nei capelli, nei peli, nelle corna e nelle unghie, la cheratina, sostanza azotata di natura proteica. La lana è sostanza anfotera e il suo punto isoelettrico si fa oscillare fra pH = 3,4 e pH = 4,8. Essa è quindi più idonea ai trattamenti acidi. L. Meunier ha riscontrato che la lana manifesta il gonfiamento massimo, per l'assorbimento di acqua, a pH = 4,5; il minimo a pH = 1,5. Per il comportamento della lana all'azione dei diversi reagenti, v. fibre tessili.

Bibl.: M. Jodin, Étude théorique sur la laine, Verviers 1901; T. H. Bowmann, The structure of the wool fibre, Londra 1908; R. Buratti, Chimica delle fibre tessili, Milano 1926; C. E. Cowley, Classing the clip, Sydney 1928; S. G. Barker, Wool. A study of the fibre, Londra 1929; J. Dantzer e Roehrich, Contribution à l'étude des laines, Parigi 1929; O. Giudici, La lana, Torino 1932.

La lana greggia.

Produzione. - Fino agl'inizî del sec. XIX la lana greggia veniva fornita, nella massima parte, dai classici allevamenti ovini della Spagna, dell'Inghilterra e della Germania; ma con i primi progressi tecnici dell'industria e l'estensione degl'impianti, essa fu ottenuta in crescenti quantità anche dai grandi allevamenti introdotti nei paesi transoceanici (v. ovini). Si calcola che a partire dalla seconda metà del secolo scorso la produzione, sia per l'estensione degli allevamenti, sia per il miglioramento delle razze e il miglior rendimento unitario, si sia pressocché raddoppiata. Nel 1909-13 essa era di 14.289.000 quintali; diminuiva durante la guerra e si riduceva a 11.828.000 q. nel 1921, per risalire ancora e arrivare a 17.265.000 quintali nel 1932. I maggiori aumenti di produzione sono stati segnati nell'Australia, nell'Unione sudafricana, negli Stati Uniti e nell'Argentina; diminuzioni complessive si sono registrate invece nell'Europa e più specialmente nella Russia.

La tab. 1 mostra il contributo dei maggiori paesi alla produzione mondiale. Occorre tener presente che questo contributo non è però in proporzione diretta col numero di ovini. Varia infatti il rendimento unitario e l'Oceania, ad es., che pure conta un minor numero di ovini dell'Europa, produce molto maggiori quantitativi di lana. Inoltre i dati statistici non sono del tutto omogenei, perché si riferiscono in generale a lana sucida, o lavata a dosso, o scoured (v. più oltre), il cui rendimento alla lavatura presenta forti divergenze (dal 20 ÷ 30% per le sucide fino al 90% e oltre per le scoured). In balle australiane (310 libbre inglesi, ossia 140 kg.) la produzione annua mondiale di lana supera gli 11 milioni, di cui 3 milioni circa destinati alla fabbricazione di tappeti, coperte e articoli similari, 2 alla riempitura di materassi e i rimanenti 6 milioni alla fabbricazione di filati e stoffe per indumenti.

Classificazione. - Secondo le provenienze, il trattamento, gli usi, le lane gregge vengono classificate in grandi categorie, di fondamentale importanza nel commercio internazionale. Così si distinguono lane: merine e incrociate; madricine e agnelline; sucide, saltate, scoured, lavate a fondo; di tosa e di concia; di prima e di seconda tosa. Altre distinzioni di minore importanza sono le seguenti: da pettine e da carda; da industria e da negozio; per catena, mezza catena o trama.

Lane merine e incrociate. - È classificazione relativa alla razza di provenienza. Le lane merine provengono dalla razza speciale merinos, razza allevata originariamente nella Spagna: sono le lane più fini, quelle cioè che presentano minore grossezza di fibra (fig. 3): vengono tutte adoperate nell'industria tessile. Le lane incrociate provengono da incroci di merinos con altre razze più ordinarie o da altri incroci: sono meno fini (fig. 4) e vengono adoperate, nelle qualità più ordinarie, per la riempitura di materassi; gl'Inglesi distinguono le incrociate propriamente dette, adatte per l'industria (crossbred wools), da quelle per tappeti o materassi (carpet wools). Si ritiene che sulla produzione mondiale le merine rappresentino press'a poco il 40% del totale, le incrociate vere e proprie il 35% e quelle da tappeti il 25%. L'andamento però è diverso da paese a paese. L'Unione sudafricana produce esclusivamente lane merine; l'Australia circa l'84% di merine e il 16% di incrociate; la Nuova Zelanda quasi esclusivamente lane incrociate e altrettanto le repubbliche del Plata, le quali hanno però una produzione del 15% circa di merine.

Lane di tosa e di concia. - Le lane di tosa sono quelle che provengono dalla tosatura di animali vivi, mentre quelle di concia (skin wools o slipe wools), dette anche lane delle pelli, provengono dalle pelli di animali morti o macellati. Circa ¼ della lana che si produce nel mondo è di concia: la vita media delle pecore è infatti di quattro anni, e la produzione del quarto anno passa al consumo attraverso la slanatura della pelle. Si hanno lane di concia ottenute con l'uso di reagenti chimici (calce, solfuri) che non danneggiano la pelle, ma alterano alquanto le caratteristiche della fibra tessile (è questo il sistema seguito, ad esempio, a Solofra in provincia di Avellino), oppure per fermentazione, in modo da salvare soprattutto la lana (questo sistema è adoperato a Mazamet, nel mezzogiorno della Francia). Le lane di concia sono generalmente più corte e meno resistenti di quelle di tosa.

Lane di prima e di seconda tosa. - Quando la pecora viene tosata due volte all'anno, si distinguono le lane della prima tosa dalle lane della seconda tosa o bistose, che hanno fibra più corta. Il sistema delle due tosature è seguito in diverse regioni d'Italia.

Lane sucide, saltate, scoured, lavate a fondo. - Le lane sucide (greasy wools) sono quelle tolte dalla pecora senza che in alcun modo si sia cercato di eliminare il cosiddetto untume (sunt) e le materie estranee che si frammischiano alle fibre del vello. Le lane saltate o lavate addosso (washed wools) provengono da animali che prima della tosa sono lavati a doccia con acqua tiepida o anche fredda, oppure fatti bagnare una o più volte, o nelle acque di un torrente, o in una vasca espressamente costruita; tale lavatura ha lo scopo di liberare il vello dall'untume che è solubile in acqua (secrezione sudorifera) e dalle impurità vegetali asportabili: è anche praticata in Italia, specialmente nelle regioni centrali. Naturalmente, le lane saltate presentano un più alto rendimento alla lavatura a fondo; ma dal punto di vista dell'impiego industriale sono preferite le lane sucide, perché il grasso conserva meglio la lana anche durante il trasporto. Le lane scoured (parola che non ha la corrispondente in italiano) sono lane lavate dopo la tosatura della pecora presso la stazione di allevamento, con mezzi meccanici atti a eliminare quasi completamente l'untume e le impurità vegetali: è pratica sconosciuta in Italia. Le lane scoured rendono alla lavatura a fondo fino al 90% e oltre. Le lane lavate a fondo (clean scoured wools) sono quelle che hanno subìto la lavatura meccanica in uno stabilimento industriale e sono pertanto libere da ogni impurità e pienamente atte alla lavorazione tessile: esse possono soltanto presentare ancora poche impurità vegetali, la cui eliminazione si ottiene poi chimicamente con la carbonizzazione o meccanicamente con la slappolatura. Si può considerare quindi la lavatura a fondo come la prima operazione di lavorazione industriale della lana (vedi più oltre la descrizione).

Le lane esportate dei grandi paesi produttori sono, o totalmente (Nuova Zelanda) o in sensibile prevalenza (Australia, Unione sudafricana), lane sucide. L'Australia ha soltanto il 4% di lane scoured, l'Unione sudafricana il 2% (stag. 1931-32).

Lane madricine e agnelline. - Le lane madricine sono quelle che provengono dalla pecora madre già tosata varie volte; le agnelline provengono dall'agnello che si tosa per la prima volta. Le prime sono a fibra più lunga e più robusta, le seconde hanno fibra disugualmente corta, meno resistente e meno ondulata.

Altre classificazioni. - Le lane da pettine si distinguono da quelle da carda per la maggiore lunghezza della fibra: la distinzione, però, è andata perdendo d'importanza, perché il progresso industriale ha consentito di lavorare in pettinatura anche lane corte che un tempo erano utilizzate soltanto per la carda; in via di massima, si possono ritenere lane adatte per pettine quelle lunghe da 1½ a 2 pollici (cent. 3,8 a 5). La distinzione fra lane da industria e lane da negozio non risponde a caratteristiche ben definite e precisabili: le prime dànno allo scarto una massa più uniforme, e quindi sono preferite negli acquisti di lane sucide fatti direttamente dall'industria, mentre i tipi da negozio sono preferiti dai commercianti che li selezionano poi secondo le varie finezze, in armonia con le richieste della clientela. Anche la distinzione in lane per catena, mezzacatena e trama è in relazione alla maggiore o minor lunghezza della fibra, ma si applica secondo criterî diversi da tipo a tipo di lana.

Tosatura della lana. Preparazione per la vendita. - La tosatura degli ovini avviene di regola dopo la stagione fredda e perciò varia da paese a paese. È condotta nei grandi paesi produttori anche a mezzo di tosatrici meccaniche. In Italia la tosa è normalmente eseguita da personale specializzato che passa da un gregge all'altro (carosini o tosini nell'Italia centrale). La resa varia a seconda dell'età, delle razze e dell'annata.

La tosatura è praticata da marzo a luglio negli Stati Uniti; da aprile a luglio in Inghilterra e in Italia, in giugno in Spagna, Turchia, Asia Minore, da giugno a luglio in Francia, in luglio in Germania, in settembre-ottobre nella Nuova Zelanda, da luglio a dicembre nell'Australia e nel Sud-Africa, da ottobre a dicembre in Argentina e nell'Uruguay.

La resa è di 2÷3 kg. in media per le razze merine, di 2,5÷3,3 kg. per le razze incrociate. In Italia, le razze biellesi e bergamasche dànno fino a 4÷5 kg., ma la resa media è in genere di 1,5÷2 kg.

La preparazione per la vendita è molto curata e assume speciale importanza nei grandi paesi produttori. Comprende il classing, (operazione di ripartizione dei velli o delle loro parti in lotti), l'imballatura e pressatura della lana nei sacchi, la pesatura e marcatura.

Il classing è cosa diversa dal sorting, cernita che si pratica nella fabbrica, che riguarda le parti del vello, e ha diretto e immediato rapporto con l'utilizzazione industriale della lana (v. più oltre). Il classing è infatti eseguito nella fattoria o nella stazione di tosa e serve a separare i prodotti meno pregiati o pezzami, le lane fini da quelle medie e ordinarie, le lane bianche dalle giallognole e così via. Il classing non ha regole precise. Nell'Australasia e nell'Unione sudafricana è compiuto con grande cura, a mezzo di personale specializzato (classers), nell'America Meridionale e in altri paesi è piuttosto trascurato.

Commercio. - Il commercio internazionale delle lane gregge, che si valuta all'incirca a 9 milioni di quintali, ossia a metà della produzione, è alimentato per tre quarti dalla produzione dell'Australia, della Nuova Zelanda, dell'Unione sudafricana e delle repubbliche del La Plata (tab. 2) e provvede al rifornimento delle industrie dei paesi europei, del Giappone e degli Stati Uniti (tabella 3). Fra i paesi europei, l'Inghilterra è non solo il maggiore mercato di consumo, ma anche, attraverso le aste di Londra e di Liverpool, il maggiore centro d'intermediazione; essa poi esporta anche una parte delle lane di sua produzione. Forti importatori sono pure la Francia, la Germania, il Belgio, l'Italia, la Cecoslovacchia, la Polonia. La Francia e il Belgio hanno numerosi stabilimenti di lavatura e quindi importano grandi quantitativi di lana sucida da riesportare lavata; la Cecoslovacchia, a sua volta, non possedendo grandi impianti di pettinatura (vedi più oltre), importa lana pettinata. L'Italia consuma tutta l'importazione ed esporta soltanto una piccola parte della sua produzione. Fuori dell'Europa, il Giappone ha enormemente aumentato nell'ultimo decennio le sue importazioni (stagione 1913-14: balle di lana australiana importate 20.500; stagione 1931-32: balle 628.310): esso si approvvigiona quasi esclusivamente dall'Australia.

Al pari del commercio del cotone, anche il commercio della lana è regolato da un complesso d'istituti, mercati, consuetudini, classifiche e contratti che variano da paese a paese di produzione o di consumo, e di cui qui si dà soltanto un cenno riassuntivo.

La lana nei centri produttori. - Australia e Nuova Zelanda. - In Australia si distinguono, anzitutto, le lane delle pecore di più di 1 anno (ewes), che sono le migliori e le più abbondanti, dalle lane di castrati (wethers), di arieti (rams), agnelli (lambs) e delle pecore d'un anno (hoggets). Si classificano poi le lane in lane da pettine (combing), lane da carda (clothing), con ulteriori sottodistinzioni (super combing, combing, ecc., super cloth, first cloth, ecc.). Per le lane incrociate, sono tenute distinte le cosidette comeback, che hanno quasi la finezza delle merine, dalle crossbred comuni. I velli rotti vengono separati dai velli interi. I pezzami sono pure classificati in molte sottovoci (pance, collo ecc.); così pure le lane agnelline (ad es., first lambs, second lambs e via dicendo). Nella Nuova Zelanda la classificazione è più semplice che in Australia ed è eseguita in modo meno rigoroso, dato il minor valore delle lane.

Normalmente, i pesi delle balle sono in Australia di circa 310 libbre (140 kg.) per le lane sucide (fig. 7) e nella Nuova Zelanda di circa 340 libbre (155 kg.); la tara normale è di libbre 11½ (kg. 5,20 circa) più una tolleranza di 1 libbra ogni 112 (draft allowance).

Nei primordî dello sviluppo dell'allevamento ovino, le lane venivano tutte spedite dall'Australia al mercato di Londra attraverso un ufficio commerciale a Sydney. Ma nel 1843 s'iniziarono in questa città le prime aste pubbliche, che poi si estesero a Melbourne, Geelong, Albury, Adelaide, Brisbane e Perth. Nell'isola di Tasmania le vendite si fanno a Hobart e Launceston. Il mercato più importante è ancora Sydney, dove si vende più di 1 milione di balle all'anno.

La stagione australiana di vendita ha inizio alla fine di agosto e continua fino a giugno: a un dipresso, una metà della tosa viene venduta prima di Natale. Le aste sono organizzate dai mediatori venditori (selling brokers) che agiscono come commissionarî per conto dei produttori, ai quali fanno anticipi sulle lane prima della tosa. Parimenti esistono mediatori compratori (buying brokers) che operano come commissionarî per conto dell'industria e del commercio. Le associazioni dei mediatori, venditori e compratori, fissano i regolamenti di vendita e ne vigilano l'osservanza. Il broker venditore prepara il catalogo e fa la vendita: non esiste un prezzo base d'asta, da rendere noto ai compratori, ma solo un limite minimo, segreto, che il broker tiene come suo punto di riferimento. Circa i 9/10 delle lane australiane sono vendute all'asta pubblica.

Nella Nuova Zelanda le aste sono organizzate all'incirca come in Australia: i centri di vendita sono: Wellington, Napier, Wanganui, Christchurch nell'isola meridionale, Timaru, Dunedin, Invercargill, Auckland nell'isola settentrionale. Le lane più fini sono offerte nell'isola meridionale. La stagione neo-zelandese ha inizio verso la fine del novembre nei mercati del nord e si chiude verso la metà di aprile.

Unione sudafricana. - Il governo sudafricano cura molto il miglioramento dei sistemi di preparazione della lana per la vendita che in questo mercato è ottima e costituita interamente di merine. Esso ha stabilito anche una classifica ufficiale delle lane, molto dettagliata, che è in relazione principalmente con la finezza (extra super combing, fine combing, seconal combing, ecc.). Ogni voce è contrassegnata da una o più lettere, che vengono poi impresse sulle balle (ad es., ESC significa extra super combing, lana extra da pettine; BP significa bellies and pieces, pance e pezzami). Commercialmente le lane sudafricane vengono però classificate e descritte secondo la lunghezza, in lane di 12 mesi, 9-11, 8-10, 6-8 mesi, 4-6 mesi. Il peso delle balle è a un dipresso eguale a quello d'Australia (300-320 libbre). Sulle balle figura anche il marchio nazionale, consistente in un cerchio che racchiude una testa di gazzella. La produzione lanaria è molto frazionata; il 16% circa della tosa è nelle mani degl'indigeni. La lana viene venduta, di regola, nei porti di Città del Capo, Durban, Port Elizabeth e East London. Il sistema dell'asta pubblica è obbligatorio solo a Durban, ove si seguono i procedimenti australiani; ma anche negli altri centri l'asta pubblica è largamente praticata. La stagione di vendita ha inizio nel settembre.

Argentina e Uruguay. - In questi mercati, dove prevalgono largamente le lane incrociate, la classificazione eseguita presso i produttori è, in generale, molto sommaria. Presso le barracas (magazzini di deposito), invece, si fa una classifica più rigorosa secondo le esigenze della clientela (fig. 5). Le lane sono distinte in merine, prime merine, prime incrociate, incrociate I, II, III, IV, V, VI. La lana viene pressata nei fardi (figg. 6 e 8), del peso di circa 420 kg. in Argentina e 450 kg. nell'Uruguay. La tara di un fardo (compresi i cerchi) è generalmente di kg. 7 per Buenos Aires e di kg. 10 per Montevideo; in più si conteggia un buon peso dell'1%. La vendita si fa generalmente a trattativa prívata: nell'Argentina, a Buenos Aires, Bahía Blanca e Rosario; nell'Uruguay, a Montevideo. Le vendite hanno inizio in ottobre. A Buenos Aires esiste il mercato centrale, colossale magazzino al quale affluisce circa ⅓ della totale produzione. Però le grandi case commerciali hanno anche i loro agenti nella provincia, che provvedono all'acquisto diretto presso i produttori, all'immagazzinamento, classifica e imballo della lana nelle baracche. A Montevideo il commercio si svolge per mezzo di depositi (barracas). I barraqueros acquistano in proprio oppure agiscono come commissionarî venditori.

Altri paesi. - Negli Stati Uniti d'America, che producono a un dipresso lane per metà merine e per metà incrociate, la classifica viene raramente eseguita nella fattoria, ma piuttosto nei magazzini dei negozianti. La lana è divisa in tre grandi categorie, fini, medie e ordinarie, a loro volta distinte in sottocategorie a seconda della finezza. Nell'U.R.S.S., la lana, prodotta in notevoli quantità, è in gran parte del tipo incrociato ordinario ed è consumata interamente nel paese. In Inghilterra le lane, quasi tutte del tipo incrociato, si distinguono in due grandi categorie: lunghe (long), e corte (short); le prime, a fibra più lunga, lucenti, sono adoperate in Inghilterra e in altri paesi per la produzione di stoffe per abiti e per foderami; le seconde, distinte in varie sottovoci, sono soprattutto rappresentate dalle lane della Scozia meridionale, fini, soffici, usate per la produzione delle caratteristiche stoffe cardate denominate tweeds, oppure lunghe, ruvide, adoperate per tappeti, per tessuti lavorati a mano (homespun), e le più ordinarie per materassi. In Spagna, che produce lane merine finissime consumate nel paese, le classifiche principali sono: merina fina transumante, lana finissima, merina fina estante, extrafina o merina bianca, di media finezza, merina negra, di color bigio. In Ungheria, con lane finissime, in parte esportate, la classifica è la seguente: merina AAAA, AAA, AA, A, B. La produzione viene in parte venduta per mezzo di aste pubbliche che si tengono annualmente a Budapest. Fra le lane europee, meritano poi particolare menzione le merine prodotte nella Slesia e nella Sassonia (Edelwolle o elettorali) che un tempo erano le lane più fini del mondo. La Germania però ha una produzione di gran lunga inferiore al fabbisogno dell'industria. Altrettanto si dica della Francia, la quale pure produce in limitata quantità lane merine assai fini provenienti dalla razza Rambouillet. Nell'Africa settentrionale e centrale, nell'Asia e nell'Europa sud-orientale si hanno generalmente lane di tipo incrociato ordinario in gran parte consumate localmente.

La lana nei centri di consumo. - Classificazione secondo la finezza. La classificazione che viene effettuata nei mercati di origine ha lo scopo di presentare agli acquirenti lotti quanto più sia possibile uniformi di lana. Ma questa classificazione ha un valore relativo per il commercio e per l'industria, dove il termine di riferimento razionale viene a essere in definitiva la possibilità di utilizzazione industriale del prodotto, cioè il guo grado di filabilità. Tutte le svariate caratteristiche della lana influiscono sulle sue possibilità di filatura, ma fra tutte la finezza, d'altronde facilmente controllabile, è di gran lunga più importante. Sui mercati di consumo si sono pertanto stabilite scale di classificazione che, definendo le finezze e dando indicazioni supplementari, valgono a individuare con relativa facilità i varî tipi di lana in commercio e quindi a determinarne il valore. Sono fondamentali al riguardo le classificazioni inglese, francese, tedesca e nord-americana, le quali valgono tanto per la lana sucida o lavata quanto per la lana pettinata, di cui si parlerà più oltre.

La classificazione inglese si serve di numeri, che in origine rappresentavano la possibilità di filatura, espressa dal numero di matasse di 560 yards di filo ciascuna che si potevano ottenere con una libbra (453 gr.) di pettinato greggio di quella data finezza. I numeri sono detti counts e il sistema Bradford System: 's è l'abbreviazione di hanks (matasse). I numeri dal 60's in su corrispondono a lane merine; quelli al disotto, a lane incrociate. La relazione precisa di filabilità non esiste più: anzi, si ritiene che in pratica il numero della finezza sia superiore al titolo ottenibile per le lane ordinarie, e inferiore per quelle fini. Per la classificazione delle lane sucide, si usa indicare non soltanto la finezza, ma anche la descrizione (description), elemento importante per qualificare esattamente il tipo della lana, la lunghezza della fibra, l'attitudine per carda o per pettine, e via dicendo. Le descrizioni variano assai da casa a casa. Riguardo alla lunghezza, si distinguono i tipi catena, mezza catena, trama, per le lane da pettine; buona lunghezza, lunghezza media, corte, per le lane da carda. Riguardo all'omogeneità del vello, si hanno lane senza difetti, con pochi difetti, molto difettose. Si hanno pure lane pulite, lappolose, quasi pulite.

La classificazione francese si serve per le lane merine degli antichi numeri di Fourmies (centro di filatura a pettine del nord della Francia), che rappresentavano il quantitativo di matassine di 710 metri di filato ottenibile con 1 chilogrammo di pettinato; per le lane incrociate, di numeri romani. Le descrizioni si fanno all'uso inglese.

La classificazione degli Stati Uniti si riferisce alla razza produttrice: pure blood extremely fine e fine: merina puro sangue), half (½) blood (primo incrocio mezzo sangue ordinario), three eights (3/8) blood, quarter (¼) blood, low quarter blood (un quarto ordinario), common (ordinario), braid (grossolano). Il fine si distingue poi in very fine (molto fino), fine, e fine medium (medio). Il mezzo sangue, in high (tipo migliore), e low (meno fine). Gli aggettivi high e low, ed anche very low, si riscontrano pure in aggiunta alle altre classifiche di finezza.

La corrispondenza indicata nella tabella 4, fra le classificazioni inglese e americana è stata fissata ufficialmente; le altre corrispondenze sono determinate in via di approssimazione.

I mercati europei della lana. - Londra è il più grande mercato europeo della lana. La sua rinomanza è certamente superiore anche a quella dei maggiori mercati australiani, come Sydney, sebbene negli ultimi decennî si siano sempre più sviluppati gli acquisti diretti nei paesi di origine, in seguito al miglioramento delle comunicazioni marittime coi lontani continenti e all'incremento dell'organizzazione bancaria internazionale (a Sydney si vende annualmente oltre un milione di balle, a Londra il quantitativo venduto nelle ultime annate sta fra le 500.000 e le 700.000 balle, per metà circa assorbite dall'Inghilterra, e per metà dal continente, pochissime dagli Stati Uniti). A Londra le vendite si fanno esclusivamente con il sistema dell'asta pubblica. La prima ebbe luogo il 17 agosto 1821 per iniziativa del capitano Mac Arthur, pioniere dell'allevamento ovino in Australia, il quale mandò di laggiù 329 balle di lana. In quella prima asta furono catalogate e vendute anche 4 balle di lane d'Italia. Le condizioni di vendita fissate nel primo catalogo sono rimaste pressoché immutate fino a oggi. Le lane che vengono offerte a Londra provengono prevalentemente dai dominî inglesi dell'Australia, della Nuova Zelanda e della Colonia del Capo, ed è perciò che le vendite si chiamano Colonial wool sales, ma in esse si offrono anche lane dell'America Meridionale e di altre provenienze. Dal 1871 le aste si svolgono alla Borsa della lana (Wool Exchange) in Coleman Street, ogni due mesi.

Le vendite sono organizzate ed effettuate secondo il sistema australiano dei selling brokers (mediatori venditori) e dei buying brokers (mediatori compratori). Il programma annuale delle vendite viene fissato, prima dell'inizio di ogni stagione, dalle associazioni dei venditori e dei compratori. Non esiste un prezzo base d'asta. Il pagamento della lana deve avvenire entro sette giorni dall'aggiudicazione. Il compenso del broker venditore è di ½% a carico del proprietario e di 1 scellino per lotto a carico del compratore della partita. La provvigione del broker compratore è variabile: generalmente però è di ¼ o ½%. La merce dev'essere ritirata dai magazzini di deposito entro 14 giorni dalla data dell'aggiudicazione: la spesa del magazzinaggio è a carico del venditore.

A Londra si tengono anche, come a Liverpool, le cosiddette Low wool sales, vendite di lane persiane, cinesi, di peli di cammello, di peli di capra e simili, e le Sheep skin sales, nelle quali si vendono pelli lanute provenienti dai mercati di oltremare.

A Liverpool vengono offerte principalmente lane delle Indie Orientali e in minor quantità anche lane del bacino mediterraneo (Siria, Egitto, Marocco), del La Plata e delle repubbliche occidentali sud-americane (Perù, Bolivia, Chile), lane cinesi, persiane, pelli di capra (Low wool sales) e pelli lanute (Sheep skin sales). Il sistema di vendita è quello dell'asta pubblica. Liverpool è anche l'unico mercato europeo delle lane di alpagà e di vigogna, le quali però vengono vendute soltanto a trattativa privata e sono assorbite prevalentemente dall'industria inglese.

Marsiglia è il mercato più importante per le lane cosiddette mediterranee, ossia le lane prodotte nei paesi dell'Africa settentrionale e dell'Asia Minore. Annualmente il quantitativo di lane offerto è di circa 70 mila balle. Si tratta di lane adatte soprattutto per tappeti o coperte. Le vendite si fanno o all'asta pubblica o a trattativa privata, con prevalenza di quest'ultima. Le Havre è l'unico mercato a termine delle lane gregge: la sua importanza però è divenuta oggi pressoché trascurabile, anche per l'industria francese. Vendite all'asta pubblica hanno luogo anche in diversi stati europei. In Francia, a Digione, Orléans, Arles; in Germania, a Berlino, Halle, Güstrow, Hannover, Ulm; in Ungheria, a Budapest. Queste ultime hanno una certa importanza anche per i compratori degli altri paesi: qualche acquisto vi viene fatto anche da Italiani. Ma, nell'insieme, i quantitativi di lana offerti e venduti formano una percentuale assai limitata della produzione dei detti paesi, nei quali rimane tuttora prevalente, salvo in Germania, il sistema della vendita a trattativa privata. La Francia ha iniziato vendite all'asta pubblica anche nei paesi dell'Africa settentrionale: all'uopo è stata costituita pochi anni or sono la Société nord-africaine de ventes publiques, che ha organizzato vendite a Tunisi, Algeri e Casablanca. Questo tentativo non può dare grandi risultati, essendo la quasi totalità dei greggi nelle mani degl'indigeni.

Produzione e commercio in Italia. - Sull'entità della produzione di lana in Italia non si hanno dati statistici precisi. La produzione è sempre stata calcolata in via di approssimazione sulla base del numero degli ovini e del peso medio per vello indicati da esperti della materia. A. Rossi la stimava nel 1867 di q. 106.875 circa allo stato naturale, sucido o saltato, sulla base di una media per vello di kg. 1,125: nel detto quantitativo erano comprese anche le lane delle pelli. Una statistica ufficiale del 1895 la valutava in 96.087 quintali di lana greggia, corrispondenti a 67.261 di lana lavata. E. Bona la calcolava nel 1908 in quintali 132.508 in lavato: questi dati sembrano però piuttosto elevati, dato il peso medio dei velli e il rendimento alla lavatura. Attualmente (1932), in base a un numero di ovini inferiore a 10 milioni di capi, è da ritenere che la produzione di lana non sia superiore a 160-180.000 q. allo stato naturale (sucido o saltato) che si riducono a 90-100.000 in lavato a fondo. Sono da aggiungersi poi circa 20.000 q. di lane di concia, di un rendimento che varia dal 55 al 70%, prodotte soprattutto a Solofra (Avellino) e a Napoli. Il peso del vello è di 0,6÷1,2 kg. in Sardegna, e di circa kg. 1,5 in Sicilia, da 2 a 3 per le lane sopravissane; da 1 a 2 per le vissane; da kg. 1,5 a 2,2 per la gentile di Puglia. Soltanto in zone pastorali di scarsa produzione, come il Bergamasco e il Padovano, ad esempio, il peso del vello è piuttosto alto. In parecchie regioni, specialmente nell'Italia centrale e meridionale, le lane sono saltate. Il rendimento alla lavatura a fondo delle principali zone pastorali va dal 50 al 60%.

Sebbene in Italia la produzione della lana sia relativamente abbondante, mancano però le finezze più alte, caratteristiche delle razze merine selezionate che popolano le sterminate pianure dell'Australia e della Colonia del Capo. In molte razze si riscontrano tuttora caratteristiche che derivano dall'infusione di sangue merino; ma scarsa è la produzione di lane che possano ascriversi nettamente al tipo merino, mentre la quasi totalità della produzione appartiene al tipo incrociato, in prevalenza fine e medio.

Sui 90-100.000 q. di lavato che si ottengono dalla produzione nazionale, circa 20.000 sono adatti soltanto per materassi: così tutta la lana di Sardegna, parte di quella di Sicilia, del Piemonte e della Lombardia, la lana moscia leccese e di Altamura. Un'altra parte discreta della nostra produzione, ma di entità minore, è destinata alla fabbricazione di tappeti e coperte: ad es., una parte delle lane della Sicilia e dell'Italia centrale. Le lane di concia vengono in parte esportate per la fabbricazione di tappeti. Rimangono disponibili circa 60.000 q. di lana, base lavato a fondo, per la fabbricazione di maglierie e di tessuti: e questi quantitativi sono specialmente ottenuti dagli ovini transumanti dell'Italia centrale e meridionale. Nell'ultimo decennio si è notato un risveglio negli studî e nelle esperienze tendenti a migliorare la qualita della lana per renderla più atta alla produzione di tessuti fini (ovile nazionale di Foggia, istituti zootecnici, centri di allevamento ovino). Speciali studî sono stati dedicati anche al problema delle lane della Libia.

La lana nelle varie regioni. - Nelle razze ovine allevate nel Piemonte e nella Liguria, la lana è generalmente considerata un prodotto secondario. La tosatura delle pecore si fa quasi dappertutto due volte all'anno; si hanno così lane maggiatiche (di prima tosa), che sono le migliori perché più cresciute, e lane bistose, o seconde, o guaime, tutte sucide. La pecora biellese dà un prodotto annuo di kg. 4÷5 per capo di lana adatta per coperte. La pecora delle Langhe (Cuneo) dà una produzione di circa kg. 3 per capo, in sucido: è lana grossa, ruvida, ricca di giarre, buona per materassi. Salvo qualche eccezione di limitata importanza (p. es., la lana delle pecore della Savoia o di Cuorgné e la lana di Garessio, di derivazione merina, allevata nella valle del Tanaro), la lana piemontese e ligure è di qualità ordinaria, poco adatta per l'industria.

Anche in Lombardia la produzione della lana ha scarsa importanza. La pecora bergamasca, molto diffusa, dà una lana grossolana, lunga, generalmente bianca, che viene assorbita in parte dalle fabbriche di Gandino, della Valcavallina e di Sale Marasino sul Lago d'Iseo, per la produzione di coperte, feltri e tessuti ordinarî, e in parte serve per materassi. La tosatura si fa due volte all'anno. A Clusone (Bergamo) si tiene il mercato della lana; altro mercato locale, di scarsa importanza, è quello che si tiene ogni anno il secondo sabato di marzo a Brescia, ove vengono contrattate le lane delle pecore della Val Camonica, adatte per coperte ordinarie. Anche nel Varesotto si produce lana lunga, mezzo fina: il prodotto è di 3 kg. annui nel Bergamasco, di 4 a 5 kg. nel Varesotto, allo stato sucido.

Nelle Tre Venezie, la lana è pure di scarsa importanza nei riguardi dell'utilizzazione industriale. La pecora padovana dà lana di media finezza: un tempo, questa razza era celebre, tanto da rivaleggiare con la merina; il numero dei capi doveva essere di gran lunga superiore a quello odierno e la produzione di lana alimentava una lavorazione di panni assai sviluppata nel Padovano nel sec. XVI. In sucido, il vello pesa oggi da kg. 2½ a 4, con una media di 3: resa in lavato 45-50%. È utilizzata localmente. La lana degli ovini di Lamon (Belluno) è piuttosto grossolana; il vello non è quasi mai completamente bianco; viene impiegata nelle lavorazioni casalinghe. Nell'Alto Adige, la produzione varia da 1 kg., o poco più, di lana ottenuta in due tosature, a kg. 2÷2½: è lana grossolana, adoperata per usi casalinghi e in piccola parte venduta ai lanifici locali. Nell'alta Pusteria, si alleva la razza pustera, che dà un prodotto annuo di kg. 2÷3 per le pecore piccole e 4÷5 per la cosiddetta pustera gigante: lana lunga e lucente, grossolana, usata localmente per la fabbricazione dei loden tirolesi e per maglierie: resa 60% in lavato a fondo. Anche in tutta la zona dell'Emilia e della Romagna la lana è quasi sempre grossolana e viene adoperata per coperte e panni di uso locale; il vello è per lo più bianco, salvo la lana degli ovini di Corniglio, allevati nell'Appennino reggiano-parmense, che è sovente di color rossiccio o marrone; il prodotto unitario è di circa 2 kg. di lana all'anno in due tosature.

In Toscana una zona pastorale importante è la Garfagnana, dove è molto diffusa la pecora garfagnina, che dà una lana ordinaria. Nelle altre zone, la produzione lanaria è in genere scarsa: kg. 0,8÷1,2 per capo in sucido; la fibra, un tempo pregiata, è di qualità scadente, adatta per tessuti cardati ordinarî; la lana viene generalmente consumata dai piccoli lanifici locali dell'alto Appennino, della Val d'Elsa, del Casentino. Le lane delle pecore che si allevano nelle Marche e nell'Umbria sono pure di scarso pregio industriale come, ad esempio, le lane moscie delle pecore casciane dell'Appennino umbro-marchigiano, buone soprattutto per stoffe cardate, panni, maglie e nelle qualità più scadenti per materassi.

Nel Lazio, terra classica dell'allevamento ovino, si riscontrano invece le lane pregiate sopravissane e vissane, provenienti dai greggi transumanti dalla Campagna romana all'Appennino. La lana sopravissana corrisponde, per grado di finezza, a una merina inferiore, oppure a una prima incrociata; ma più che per la finezza, essa è pregevole per la leggerezza, la bianchezza, la lunghezza, la resistenza e la nervosità; è una lana che gonfia molto e quindi dà un filato molto adatto per maglieria fina. La lana vissana è meno fina, ma pur sempre apprezzata dall'industria. La tosatura delle pecore si fa una sola volta all'anno; il prodotto è in media da 2 a 3 kg. di lana per le sopravissane, da 1 a 2 per le vissane; è lana saltata. Le lane del Lazio sono molto adoperate anche per panni militari. Nella provincia di Roma si classificano: sopravissane, vissane, matriciane (da Amatrice), ordinarie o anche: Roma I (resa 60%); Roma II (62%); Roma III (62%); Roma IV (64%). Lane vissane si trovano anche nella Maremma toscana; la resa è più alta, ma la finezza è inferiore a quella delle romane. Tutta l'Italia centro-meridionale e meridionale è ottima produttrice di lane, dalle più fine alle più ordinarie. La pecora gentile di Puglia dà la migliore delle lane italiane. Il prodotto per capo varia da kg. 1,5 a 2,2 all'anno, in saltato, resa 58÷60% per le migliori qualità, più alta per le qualità meno fini. Si distingue la Puglia prima, lana merina adatta per panni e maglierie fini, la seconda, di tipo incrociato fino, la terza, incrociata mezzo fino. Le lane mosce di Altamura e di Lecce sono molto adatte per materassi: lane lunghe fino a 30-40 cm., grossolane, senza ondulazioni; la tosa si fa due volte all'anno, perciò si hanno lane maggioline e lane settembrine. La moscia leccese è generalmente sucida e rende circa il 43% lavato a fondo; quella di Altamura, invece, è saltata e rende il 72÷75%.

Nella Basilicata si riscontra pure la lana della pecora gentile, di finezza inferiore a quella gentile di Puglia, buona per articoli cardati fini e mezzo fini, e anche per pettine; si distingue in prima e seconda; il prodotto per capo è di circa kg. 1,2÷1,5 di lana saltata, con resa abbastanza alta, fine, ondulata, molto ricercata dall'industria del Settentrione. Le lane della Calabria hanno caratteristiche analoghe a quelle della Basilicata; però sono generalmente sucide, resa 48%. Nella Campania, in Abruzzo e nel Molise, si trova la pecora pagliarola che dà una lana di finezza media; il peso del vello varia da kg. 0,85 a 1,3; la lana è per lo più consumata localmente. In tutto il Mezzogiorno, poi, si producono anche lane bigie (morette) di varia finezza, ma in generale meno pregiate di quelle bianche. Le lane della Sicilia sono ordinarie, lunghe, adatte per materassi e in parte per tappeti; produzione media per capo kg. 1,5 di lana sucida, resa 50%. Le lane della Sardegna sono molto adatte per materassi, e solo in parte vengono adoperate localmente per la fabbricazione di tessuti speciali, detti orbace, resistentissimi e impermeabili: il prodotto unitario è di 0,6÷1,2 kg. di lana sucida, resa 55%. Le lane della Libia presentano scarsissimo interesse per l'industria: lane ordinarie con molti peli morti, cariche di sabbia, adatte per materassi o per tappeti ordinarî, sucide; la resa in lavato a fondo si aggira intorno al 30%. Quelle di Cirenaica sono talvolta un po' più fini di quelle tripoline. Nella Somalia si trovano molti capi ovini, che però sono privi di vello. Nelle Isole dell'Egeo si produce lana ordinaria adatta per materassi, per tappeti o per feltri. Nella Colonia Eritrea, la produzione della lana è deficiente: da 0,4 a 0,6 kg. per capo, in due tosature. Più che di lana, però, si tratta di pelo, che viene filato e tessuto in colonia e serve a produrre speciali coperte di uso locale.

La preparazione delle lane per la vendita non ha luogo in Italia con gli stessi accurati criterî dei grandi paesi produttori. Specialmente la selezione (classing) è molto trascurata. In generale, la lana agnellina, la moretta, lo scarto (lana delle zampe, pancia e coda) la sboglia (lana delle zampe posteriori, sotto la coda) vanno imballate separatamente dalla lana maggiorina, ossia dalla lana delle pecore e dei montoni oltre l'anno, e sono pagate meno di questa. L'imballo nel mezzogiorno e nel Lazio si fa di regola in sacconi del peso di kg. 3, contenenti da 130 a 160 kg. di lana saltata.

La vendita ha luogo a trattativa privata, spesso a mezzo d'incettatori locali che raccolgono piccole partite, formando i cosiddetti ammassi. All'acquisto s'interessano principalmente le maggiori filature di lana pettinata e i fabbricanti di panni militari, oltre poi a tutta la piccola industria, che produce tessuti e maglierie per il consumo locale. Assai raramente i produttori fanno lavare o pettinare le loro lane per venderle poi allo stato semilavorato. Solo una piccola parte della produzione viene esportata. Non esiste in Italia un vero e proprio mercato della lana, e scarse sono le consuetudini aventi una portata che esca dall'ambito locale. Solamente nella provincia di Foggia sono stati raccolti usi mercantili di vendita. Anche il commercio delle lane di Libia si svolge a trattative private, sui mercati di Tripoli, Homs, Bengasi, Tobruk, Derna: per le lane della Tripolitania, esistono speciali usi commerciali approvati nel 1929 dalla Camera di Commercio di Tripoli. Da tempo si è studiata l'introduzione di aste pubbliche per la vendita delle lane, ma senza grandi risultati pratici.

L'approvvigionamento dall'estero. - La produzione di lana greggia italiana, al netto della quantità esportata, copre appena un sesto del fabbisogno industriale. Il resto è provveduto dall'estero e riguarda in grande prevalenza lane allo stato naturale (sucide o saltate), poi lane già lavate o cascami di lana e, in proporzioni quasi trascurabili, lane pettinate.

Prima della guerra s'importavano molte lane pettinate, ma lo sviluppo degl'impianti di pettinatura conseguente alla guerra consentì di ricorrere all'approvvigionamento diretto di lane gregge dai grandi centri di produzione. Dalla tab. 5 si possono rilevare le diverse provenienze dell'importazione italiana. Si tratta in genere di paesi extraeuropei: la Francia fornisce prevalentemente lane lavate a dosso di Mazamet, il Belgio lane lavate di Verviers; la Gran Bretagna e la Turchia, lane da materassi.

L'approvvigionamento è fatto o attraverso le grandi case commerciali estere o anche, per talune provenienze (America Meridionale, Australia) da buone case italiane; il porto di sbarco è generalmente Genova. Il prezzo è fissato al meglio o a un limite, secondo che l'acquirente accetta il prezzo che gli verrà fatturato o fissa un limite. Vi sono tolleranze sul peso e sulla garanzia di resa.

Bibl.: E. Cowley, Classing the Clip, Sydney 1928; J. Mues, Die Organisation des Wollhandels u. der Wollmärkte, Altenburg 1930; A. F. Du Plessis, The marketing of wool, Londra 1931; E. Bona, Studî e statistiche riguardanti l'industria laniera, Roma 1910; M. Sodano, La lana, Biella 1933; Istituto Internazionale di Agricoltura, Annuaire internationale de statistique agricole, Roma 1910 segg.; Empire Marketing Board, Wool Survey, Londra 1932; Dalgety e C. Ltd, Annual Wool Review, Londra 1931-32; Annuario generale della Laniera, Biella 1923 segg.

La lana pettinata e i sottoprodotti.

Lana pettinata. - Parallelamente allo sviluppo grandioso degl'impianti di pettinatura, che è caratteristico della moderna industria laniera, è venuto assumendo sempre maggiore importanza il commercio della lana pettinata, detta anche semplicemente pettinato, o, con parola inglese internazionalmente nota, top (fr. peigné, spagn. peinado, ted. Kammzug). Quattro paesi, Francia, Inghilterra, Belgio e Germania, coprono praticamente la quasi totalità delle esportazioni di lane pettinate (tab. 6). Però, mentre la Francia e l'Inghilterra sono pressoché esclusivamente esportatrici, la Germania importa assai più di quanto esporta e il Belgio compensa quasi interamente le esportazioni con le importazioni. La Cecoslovacchia e la Polonia, che hanno relativamente pochi impianti di pettinatura, sono soltanto importatori; l'Italia presenta scambî di poco rilievo, provvedendo interamente al suo fabbisogno e non avendo ancora avviato, per questa voce, rilevanti correnti di esportazione.

Tutte le grandi case commerciali laniere operano non soltanto sulle lane sucide, ma anche sul pettinato. Esse importano la materia prima e l'affidano agli stabilimenti di pettinatura che lavorano per conto di terzi (fr. a façon): questi la controllano, la classificano e la lavorano secondo le istruzioni del cliente, mandando infine il conto di resa, che presenta il risultato della lavorazione in pettinato e sottoprodotti. I prodotti così ottenuti vengono quindi messi in commercio.

Esistono pettinati corrispondenti a tutte le finezze della lana, e i tipi sono variamente denominati da ditta a ditta. Nei maggiori paesi industriali si hanno però classificazioni tipiche (standard) per le quali periodicamente si pubblicano quotazioni che servono di riferimento nelle contrattazioni (Wool Record di Bradford).

Il commercio del pettinato si fa a pronti, a consegna, a termine. I mercati per il termine sono Anversa, Roubaix-Tourcoing, New York. Il tipo di pettinato quotato, pur essendo alquanto differente nei tre mercati, è sempre fatto con lane merine. L'unità di operazione - detta filière - è di 5000 libbre inglesi (2268 Kg.) sui mercati di Anversa e New York, di 2500 kg. a Roubaix-Tourcoing. Il mercato di Anversa accetta anche pettinati prodotti nelle pettinature di Vigliano, Vercelli, Mortara e Fegino. Il mercato di New York ha un'importanza limitata all'America Settentrionale.

Sottoprodotti. - Il commercio dei sottoprodotti della lavorazione della lana si è molto sviluppato, per la grande importanza che ha assunto l'utilizzazione industriale di questi materiali. Una parte dei cascami di lana viene impiegata soltanto nel ramo cardato dell'industria laniera, per la fabbricazione dei filati per lanifici e maglifici (così, ad es., le filazze, gli anelli); una parte, molto importante per quantità e valore, serve tanto per l'industria laniera che per i cappellifici (le pettinacce) o per altre industrie, come i feltrifici (ad es., la borra).

Si ottengono cascami di lana da tutte le successive trasformazioni della lana grezza in lana lavata, pettinata, filata o tessuta; quindi si hanno: cascami della cernita, della lavatura, della pettinatura, della filatura cardata o pettinata, della tessitura, della rifinitura, della tintoria.

I cascami più importanti sono quelli della pettinatura, filatura e tessitura: e tra essi, quelli che dànno luogo a un più attivo commercio sono le pettinacce (fr. blousses, ingl. noils), principale sottoprodotto della pettinatura, le filazze (ingl. laps) e gli anelli (fr. couronnes), cascami della filatura, le filandre (ingl. wastes, fr. fils), cascami della filatura cardata o pettinata e della tessitura. La produzione delle pettinacce è molto forte.

Nella scala dei valori, si rilevano grandi differenze fra i varî tipi di cascami, e anche fra cascami appartenenti alla medesima categoria. Le pettinacce, le filandre, le filazze, gli anelli, sono in generale cascami pregiati, mentre i cascami carda, le lappole, le liste di carderia, le scopature e simili, appartengono ai cosiddetti bassi cascami: ma il valore degli uni e degli altri dipende, com'è naturale, dalla qualità delle materie prime originarie. Non esiste un rapporto fisso tra il valore del cascame e quello della corrispondente lana. Tra la pettinaccia e il pettinato è normale il rapporto da 1, 1½ e 2. Il commercio dei cascami di lana viene esercitato o dalle stesse case che trattano anche le lane gregge e pettinate, o da ditte specializzate. Predomina largamente, da per tutto, la vendita a trattativa privata dal produttore al commerciante, o da questo a quello, o anche tra fabbricanti e commercianti; ma in molti paesi industriali si tengono anche aste pubbliche periodiche: così in Francia (Tourcoing), in Italia (Vercelli), in Germania (Gera, Reichenbach, Brema); nelle dette aste vengono offerti, in prevalenza, cascami di pettinatura e di filatura di proprietà delle ditte produttrici.

Peso mercantile della lana. Condizionatura.

La lana greggia (sucida, saltata, scoured) si contratta generalmente sulla base del peso che presumibilmente si avrà dopo la lavatura a fondo, e che risulta dal peso originario della partita moltiplicato per il tasso di rendimento in lavato. Sui grandi mercati, i prezzi sono sempre, come suol dirsi, base lavato a fondo (base laf). Così se la partita è di 1000 kg., e la resa accettata dal compratore e 45%, la quantità che viene effettivamente fatturata è di soli kg. 450. Per avere il prezzo della lana in lavato, occorre poi aggiungere al prezzo base laf la spesa di lavatura. La lana lavata e la lana pettinata vengono invece contrattate sulla base del cosiddetto peso mercantile o condizionato; e altrettanto si fa, di regola, anche per i cascami e per i filati, sebbene per questi prodotti talvolta si fatturi il peso effettivo della partita, senza fare la condizionatura. Raramente si fanno condizionare i tessuti di lana.

Il peso condizionato è un dato convenzionale, che si determina mediante la condizionatura della partita, ossia in base alla percentuale di umidità contenuta nella merce e al tasso di ripresa applicabile secondo le convenzioni. L'accertamento dell'umidità si effettua introducendo i campioni prelevati dalla partita in apposite stufe, portandoli all'essiccazione assoluta e facendo la differenza fra il peso originario e il peso della merce essiccata. A quest'ultimo si aggiunge poi una ripresa (ingl. regain) che varia a seconda dei prodotti.

Secondo la convenzione internazionale votata a Parigi il 18 maggio 1927 e successive modificazioni, fra gli stati aderenti alla Federazione laniera internazionale i tassi di ripresa sono stati fissati come segue: Lane lavate a fondo, 17%; lane non lavate a fondo, 18%; lane pettinate in olio, 19%; lane pettinate senz'olio, 18,25%; filati pettinati in olio, 18,25%; filati pettinati senz'olio, I8,250O; filazze e anelli, 18,250O; pettinacce Schlunberger, 16%; pettinacce Lyster e Noble, 14%; pettinacce carbonizzate e lavate, 17%; lane meccaniche, 17%; filati cardati di lana, 17%; tessuti di lana senza appretto, 13%; tolleranza di grasso, sul peso assoluto sgrassato per le lane pettinate e i filati senz'olio, 0,75%.

Esistono in tutti i paesi istituti appositi per la condizionatura delle lane, posti sotto il patronato di camere di commercio, o di organizzazioni laniere, o di enti pubblici. I detti istituti rilasciano, per ogni partita condizionata, il cosiddetto "bollettino di condizionatura" che viene poi allegato dal venditore alla fattura. In alcuni paesi, e principalmente in Germania e nel Belgio, l'operazione della condizionatura delle lane pettinate viene eseguita presso gli stessi stabilimenti di pettinatura, i quali rilasciano poi il bollettino che accompagna la partita.

Gl'istituti di condizionatura compiono anche altre operazioni: ad es., la determinazione della resa in lavato a fondo di una lana sucida, della percentuale di olio contenuta in una partita di pettinato o di filato, l'accertamento del titolo, del grado di resistenza o di torsione dei filati, e saggi diversi sulle lane. Le loro dichiarazioni fanno generalmente fede nei contratti. Per i quantitativi di materie annualmente verificati, pesati o condizionati, i più importanti stabilimenti pubblici europei di condizionatura sono quelli di Roubaix-Tourcoing e di Bradford. In Italia esistono diversi stabilimenti: quelli di Biella e di Vercelli, speciali per i prodotti lanieri, con filiali rispettivamente a Vigliano la prima, a Mortara e a Genova-Fegino la seconda, la Stagionatura anonima di Milano, la Stagionatura lana e seta di Torino, che condiziona anche altri prodotti tessili.

Lavatura della lana.

La lana sucida, prima di passare alla filatura, deve essere lavata. Il diagramma di lavorazione è il seguente:

Cernita. - Questa operazione ha per scopo di scomporre i velli della tosa, separando le varie qualità e finezze di fibra esistenti sul corpo dell'ovino. Ogni vello, infatti, è formato da fibre di finezza differente, localizzate sul corpo della pecora nell'ordine già indicato (fig. 1).

Con la cernita, la lana è divisa in due principali categorie: lana per catena, formata dalle parti migliori della cernita per lunghezza di fibra, di ciocca e per robustezza; lana per trama, costituita dalle parti meno apprezzate, senza riguardo alla lunghezza della fibra. La lana per maglieria è classificata soltanto con riguardo alla finezza.

L'operazione della cernita è compiuta a mano da maestranze esperte (tav. LXIII). La lana è tratta dal vello deposto sul tavolo di cernita e distribuita, secondo qualità e finezza, in varî panieri. Un operaio può cernere 35÷45 kg. di lana sucida ogni ora. Le parti assortite vengono quindi passate in altrettante camere di mischia separate.

Lavatura. - Ha lo scopo di eliminare le impurità che aderiscono alle fibre, e cioè: 1. l'untume o suint, secrezione sudorifera; 2. il grasso, 3. la terra, sabbia, letame, escrementi, paglie e lappole. Solo le lappole, fra queste impurità, resistono alla lavatura e devono essere eliminate con la slappolatura o con la carbonizzazione chimica: le altre o sono allontanate con la lavatura o sono solubilizzate nell'acqua.

La lavatura si compie in batterie di 3 a 4 grandi vasche (Leviathan) di ferro disposte in serie (tav. LXIV) con circolazione di bagno contraria al movimento della lana: le vasche hanno un doppio fondo per il deposito delle impurità insolubili, e il funzionamento della batteria è continuo. L'agente migliore per la sgrassatura della lana è il sapone; anche il carbonato sodico serve allo scopo. La concentrazione del sapone è in proporzione del 0,8÷1% del consumo di acqua: quella del carbonato sodico è in proporzione di 1÷1,2%. Per le lane delle pelli trattate con la calce si aggiunge colla o gelatina per impedire la precipitazione del sapone. L'esperienza dimostra che i bagni che hanno già servito sgrassano meglio di quelli preparati di recente. La forza motrice necessaria è di 12÷14 HP per batteria.

Asciugamento. - Segue la lavatura, e ha per oggetto di eliminare l'eccesso di acqua di cui è imbevuta la lana dopo la spremitura e la centrifugazione. In queste condizioni la lana contiene ancora il 40% circa di acqua, dop0 l'asciugatura deve contenerne ancora, legalmente, il 17%.

Gli apparecchi di asciugamento sono ad azione continua e collocati, in diretta comunicazione (o con trasportatori automatici), con l'uscita della lana dall'ultima vasca di lavaggio. La temperatura interna delle camere di essiccazione non eccede i 50-60°: gli apparecchi moderni agitano di preferenza un grande volume d'aria a temperatura più mite. Un asciugatoio razionale consuma kg. 1,4÷1,8 di vapore a 4-5 atm. per evaporare 1 kg. di acqua. Forza motrice: circa 3 HP per una produzione di 100 kg.-ora di lana asciugata.

Carbonizzazione. - È il trattamento chimico che si fa subire alle lane lavate ricche di lappole o di detriti vegetali per eliminare ogni traccia di tali materie. Il processo è indispensabile anche per distruggere ogni vegetale contenuto nelle pettinacce (fr. blousses, ingl. noils) e nei residui di slappolatura, che nessun procedimento meccanico potrebbe altrimenti separare, nonché per eliminare dagli stracci, prima che siano trasformati in lana rigenerata, le cuciture e i rammendi fatti col filo di cotone. La carbonizzazione si fonda sul fatto che le parti vegetali, costituite specialmente di cellulosa, sono formate di carbonio, idrogeno e ossigeno, secondo la formula C6H10O5 con gli ultimi due componenti nella stessa proporzione in cui si trovano nell'acqua. Conseguentemente, siccome gli acidi hanno grande affinità per l'acqua, tolgono questa alla cellulosa, lasciando un residuo di carbone.

La carbonizzazione è effettuata secondo due metodi: per via umida, con acido solforico diluito; per via secca, con gas acido cloridrico. Il secondo metodo è usato soltanto per gli stracci.

Per carbonizzare per via umida, s'immerge la lana in una soluzione diluita di acido solforico a 3-4 Bé. per la durata di 15-20-60 minuti, a seconda della ricchezza delle parti vegetali; si procede quindi alla spremitura, e alla carbonizzazione vera e propria, facendo evaporare l'acqua del bagno rimasta sulla lana, così che l'acido si concentri e carbonizzi le parti vegetali. L'evaporazione dell'acqua si effettua alla temperatura di 70-72° e la carbonizzazione a temperature anche superiori a 100°. La durata delle due operazioni è di 40′ circa.

Per la carbonizzazione per via secca, una storta è collocata presso la camera di carbonizzazione. Nella storta è versata una miscela di sale comune e acido solforico; scaldando, si genera il gas cloridrico, che viene immesso in una camera in muratura entro cui gira lentamente una gabbia cilindrica orizzontale contenente una carica di stracci. L'acido deve avere densità di 20-21 Bé. ed esercitare azione per circa 3 ore. La capacità produttiva di un comune apparecchio a gas è di tre cariche di 700 kg. di merce ciascuna, in 8 ore. La forza assorbita è di 3 HP.

Battitura e neutralizzazione. - La prima ha lo scopo di eliminare i residui carbonizzati, la seconda le parti di acido rimaste sulla fibra.

La battitura si compie in due tempi: si frantumano anzitutto le parti carbonizzate, facendo passare la lana attraverso 3-4 coppie di cilindri rigati, dotati di velocità progressivamente crescenti; in seguito, aprendo la lana mediante un tamburo guarnito di punte, si fanno cadere i residui attraverso una griglia sottostante.

Per la neutralizzazione si fa passare la lana in batterie di vasche contenenti rispettivamente: acqua tiepida, bagno neutralizzante al carbonato sodico di densità massima 3 Bé., acqua pura per la risciacquatura.

Asciugamento. - Si compie in asciugatoi ad azione continua, simili a quelli sopra descritti.

Slappolatura. - Operazione che ha per scopo di separare la lana dalle lappole per via meccanica e si compie con la slappolatrice (fig. 10). Poiché alle lappole resta quasi sempre aderente della fibra, il cascame della lavorazione viene utilizzato e la lana si ricupera carbonizzando per via chimica. Il sottoprodotto che si ricava ha un certo valore e viene reimpiegato nell'industria del cardato.

Imballaggio. - Le lane e i sottoprodotti in stato di essere utilizzati nell'industria, dopo lavatura o carbonizzazione, vengono imballati in tela juta e pressati, per comodità di trasporto e di stivaggio.

Filatura.

La filatura della lana si compie seguendo due procedimenti: il primo che ha per base la pettinatura, l'altro che prescinde da questa operazione. Non tutte le lane si prestano a essere lavorate col primo procedimento: sono pettinate di regola le lane che presentano caratteri di fibra tali da garantire il raggiungimento di un optimum nella quantità e nella qualità del prodotto; sono invece soltanto cardate le lane corte (sotto i 30-35 mm.), quelle non omogenee conosciute in commercio come lane da carda, nonché i sottoprodotti innumerevoli dell'industria laniera, mescolati talvolta anche con il cotone. Pettinando lane fine si possono raggiungere i titoli più alti della filatura: così con le merine di finezza 130 (scala francese) o 80's (scala di Bradford) si possono tirare fino a 90 mila metri di filo per kg., mentre se esse si cardassero a mala pena si raggiungerebbero i 30 mila metri.

Le caratteristiche del filato pettinato sono ben diverse da quelle del filato puramente cardato (fig. 11). Il filato pettinato è liscio, rotondo, regolare di grossezza, con tutte le fibre parallele, nette e ben distese. Il filato cardato ha invece le fibre disorientate e disposte quasi in ogni direzione, e ha fibre sporgenti, il che facilita il processo di sfeltratura nella fabbricazione di stoffe melton vellutate, o ad intreccio generalmente coperto.

Filatura di lana da pettine (sistema francese). - Il diagramma di filatura per lane da pettine è il seguente:

Cardatura. - La lana lavata e lubrificata automaticamente all'uscita dall'asciugatoio passa alla carda, la cui funzione è quella di separare le fibre le une dalle altre, orientarle in un senso unico e formarne un velo di spessore uniforme, esente o quasi da materie vegetali, che viene in definitiva condensato sotto forma di un nastro continuo e raccolto in forma di bobina.

La carda è costituita (fig. 12) anzitutto da un avantreno slappolatore servito da una tavola alimentatrice sulla quale cade la lana somministrata, a tempo e in quantità dosata, da un caricatore automatico. La fibra viene aperta e pulita e passata agli organi cardatori che consistono in un grande tamburo (diam. m. 1,20, lungh. m. 1,55) orizzontale, girevole sul suo asse e circondato nella parte superiore, a brevissima distanza, da 4÷5 coppie parallele di cilindri (lavoratori e spogliatori) pur essi girevoli. L'azione della cardatura avviene fra il gran tamburo e i successivi cilindri lavoratori per mezzo degli scardassi di cui sono rivestite le loro superficie. I cilindri spogliatori compiono l'ufficio di spogliare quelli lavoratori della lana di cui vanno ricoprendosi per ridarla al gran tamburo. Un successivo cilindro detto "volante" guarnito di lunghi aghi flessibili, col suo movimento di rotazione fa affiorare la lana sugli aghi del gran tamburo e ne facilita lo scarico a un ultimo tamburo detto "pettinatore", il quale a sua volta scarica il velo ricevuto liberandosene col concorso di un pettine vibrante che lo stacca e lo cede a una coppia di cilindri di pressione attraverso a un imbuto condensatore. Questa coppia alimenta in ultimo l'apparecchio che raccoglie il nastro sotto forma di bobina ad aspatura incrociata. Per lane pulite, nervose e non infeltrite nella lavatura è usata la carda semplice; per lane ricche di lappole e feltrate è usata invece la carda doppia. Ogni carda assorbe 2÷3 HP. e produce in media kg. 13÷16 di nastro cardato all'ora.

La perfezione del lavoro della carda dipende anzitutto dalla qualità e dalla quantità degli aghi montati sugli scardassi in relazione alla finezza della lana; in secondo luogo, dallo stato di efficienza degli aghi stessi, e questa manutenzione viene assicurata con frequenti arrotature con la mola viaggiante, conosciuta sotto il nome di apparecchio di Horsfall, e con il banco fisso per i cilindri lavoratori e spogliatori. Infine, concorre a mantenere l'efficienza di tutti gli organi della carda anche la ripulitura degli scardassi, che va compiuta ogni 24 ore e ogni qualvolta tra gli aghi dei medesimi si sia depositata una quantità di detriti e di fibre corte al punto di impedire la regolare funzione cardante. Si rende allora necessaria la spazzatura, a mano o con apparecchio pneumatico, di tutti i cilindri, e il cascame che se ne ricava prende il nome di borra di carderia, il quale, una volta sgrassato, lavato e battuto, rende una percentuale di fibre cortissime che possono essere utilizzate nell'industria del cardato.

La produzione di varie carde si può accoppiare raccogliendo i nastri in un canale riunitore, ove una tela senza fine li trasporta, uno sull'altro, alla macchina riunitrice sfeltratrice successiva.

Sfeltratura. - Ha per oggetto di raddrizzare le fibre cardate, di migliorarne il parallelismo, di eliminare le parti vegetali residue e di preparare il passaggio alla pettinatura. Si compie mediante laminazione o stiro del nastro.

La macchina per la sfeltratura è costituita (fig. 13) da una coppia di cilindri alimentatori di entrata del nastro, e da una coppia di cilindri di stiro dotata di velocità maggiore che produce lo stiro e quindi l'assottigliamento. Fra le due coppie stanno due serie di pettini rettilinei viaggianti con le punte penetranti nel nastro, per accompagnarlo e guidarlo durante lo stiro. La macchina detta intersecting dopo carda, ha 2-4 teste di alimentazione, con carica di 2 nastri per testa.

Lisciatura (fr. lissage). - La lisciatura, o disoliatura, ha per oggetto di eliminare dai nastri il lubrificante depostovi avanti la cardatura e di dare nello stesso tempo una certa fissatura al prodotto. I nastri passano attraverso due o tre bagni di sgrassatura e di lavatura, quindi attorno a una serie di cilindri riscaldati internamente col vapore per essere asciugati e fissati.

La macchina, detta lisciatrice (fr. lisseuse; fig. 14), è alimentata di solito con 20 bobine di nastro. L'asciugamento si effettua con due dispositivi differenti: con cilindri orizzontali riscaldati direttamente, in numero di 12-16, installati talvolta entro camera metallica, munita di vetri per evitare disperdimento di calore; con cilindri riscaldati indirettamente e impiantati sui due lati di un corpo centrale cavo per la distribuzione del vapore; i cilindri sono in numero di 2 × 32 con camicia di vapore. All'uscita della lisciatrice trovasi una intersecting a 4 teste che sopporta il comando dell'intera macchina.

Pettinatura. - Dopo la lisciatura il nastro viene nuovamente sottoposto a 2 passaggi di intersecting per renderlo più omogeneo e distribuire uniformemente le fibre corte e quindi sottoposto alla pettinatura per togliergli le fibre corte e le impurità vegetali.

J. Heilmann ideava nel 1845 il dispositivo della pettinatrice intermittente rettilinea. La macchina consiste (fig. 15) in una pinza larga e piatta che, chiudendosi e aprendosi a tempo, trattiene e lascia l'estremità del nastro sporgente che avanza per il moto oscillatorio della pinza stessa. La pinza, quando tiene il nastro, si avanza e assoggetta la parte sporgente delle fibre all'azione di un sottostante cilindro rotante, provvisto di pettini ad aghi per una parte della sua superficie, liscio nella rimanente. Appena l'azione del pettine cessa, per essere subentrata la parte liscia, un pettine rettilineo scende e penetra coi suoi aghi nel nastro vicinissimo al punto di presa della pinza: contemporaneamente questa si apre, e il pettinatore, con l'aderenza di un altro cilindro soprastante, afferra la testa del tratto di nastro già pettinato e la trascina innestandola nella coppia di richiamo all'uscita; il pettine fisso compie la pettinatura della coda uscente dalla pinza che prima la tratteneva. Con questi periodi alterni, il nastro risulta scomposto in ciocche rettilinee che vengono saldate tra di loro sovrapponendole per le estremità. Le impurità vegetali e le fibre corte vengono asportate dal pettine circolare, il quale a sua volta viene scaricato da una spazzola cilindrica e questa da un pettinatore nettato da una lama dentata vibrante.

La pettinatrice viene alimentata ordinariamente con 28-32 bobine di nastro e la produzione oraria oscilla da 6 a 8 kg. di nastro pettinato a seconda della finezza della lana. Il numero di colpi (velocità) è di 92 a 100 al minuto; la forza assorbita, da 0,5 a 0,8 HP.

Il prodotto della pettinatura è il nastro pettinato, privo d'impurità e di fibre corte. Il cascame è la pettinaccia, frammista a parti vegetali. Le pettinacce sono senz'olio (magre) quando la lisciatura del nastro è fatta sul cardato, prima della pettinatura: sono in olio (grasse) quando la lisciatura è fatta dopo la pettinatura.

Passaggio videpots. La pettinatrice Heilmann deposita il nastro pettinato entro vasi verticali cilindrici, e il passaggio vide-pots ha per scopo di accoppiare varî di questi nastri, effettuarne lo stiro e formare nuovamente la bobina.

Si compie con l'intersecting vide-pots (fig. 16), che si compone della rastrelliera, la quale, mediante rulli, accompagna i nastri uscenti dai vasi del banco di stiro, dei pettini e dell'apparecchio avvolgitore per la formazione della bobina.

Finissaggio. - Serie di operazioni di accoppiamento e stiro che ha per oggetto di rettificare le irregolarità dei nastri pettinati, dando a questi una composizione omogenea e una grossezza uniforme. Si compie con l'intersecting finitore (fig. 17).

Rendimento alla pettinatura. - La lana lavata, attraverso le operazioni di preparazione e pettinatura fornisce: pettinato e cascami (pettinaccia e cascami inferiori). La proporzione della pettinaccia è variabile, dipendendo sia dalla natura e lunghezza della fibra sia dalla quantità d'impurità vegetali e dall'efficienza del macchinario. Praticamente oscilla intorno al 4% per le lane comuni, al 15-20% per le merine, al 40% per le merine extra-lappolose.

La proporzione di pettinacce, in confronto al peso originale della lana in lavato a fondo, viene constatata con la romana per pettinaccia, bilancia a 2 braccia (fig. 18). A uno si appende la pettinaccia prodotta dal passaggio di 8 m. di nastro di carda nella pettinatrice; all'altro si appende il pettinato. Un ago-indice, solidale con le braccia, si arresterà su una divisione della scala graduata concentrica all'asse di oscillazione della bilancia. La cifra corrispondente indica il % di pettinaccia.

Unificazione dei pesi e confezione delle bobine di nastro pettinato. - La 6ª conferenza internazionale laniera di Liegi e Verviers, tenuta il 10 e 11 settembre 1930, ha adottato la seguente scala di pesi di nastro pettinato: merinos: 180 gr. ogni 10 m.; croisé I e II: 220 gr. ogni 10 m.;. croisé III e IV: 260 gr. ogni 10 m.; croisé ordinario: 300 gr. ogni 10 m. Tolleranza: 5% in più o in meno.

Una bobina di nastro pettinato ha dimensioni di m. 0,360 × 0,360, e peso medio di kg. 6. Una balla comprende 20 bobine (kg. 120 in media). Il nastro francese, detto senz'olio, è venduto condizionato, con una ripresa del 18,25% e una tolleranza d'olio e grasso del 0,75%.

Preparazione alla filatura. - Le operazioni fondamentali di preparazione alla filatura (figg. 19, 20, 21 e 22) sono: lo stiro e l'accoppiamento. Mentre l'accoppiamento è la riunione di diversi nastri e determina l'aumento di grossezza della sezione e del peso del nastro entrante nella macchina, lo stiro ne riduce la sezione. La loro combinazione sbocca nella grossezza definitiva voluta nel titolo del filato e nella omogeneità della partita in lavoro.

Il numero di passaggi (differente a seconda della finezza della lana e dell'opinione personale) necessarî per l'affinamento del nastro è compiuto da una serie di macchine e di meccanismi complementari, che costituiscono il cosiddetto assortimento. Ogni meccanismo completo è detto testa di passaggio, e ogni passaggio, secondo la posizione nell'ordine del ciclo di lavoro, è costituito da un numero di teste desunto dalla combinazione dello stiro e dell'accoppiamento. Il numero di passaggi varia da 8 a 12 e l'assortimento è formato da due tipi di macchine; stiratoî a pettini rettilinei e stiratoî a pettini cilindrici.

I passaggi sono raggruppati in 2 sezioni: 1ª sez., passaggi con pettini rettilinei (bassa preparazione); 2ª sez., passaggi con pettini cilindrici (alta preparazione). La prima sezione, con stiri effettuati a mezzo di pettini rettilinei (intersectings e intersectings à frottoirs), è composta di solito di 4 passaggi. Il primo passaggio ha lo scopo di riunire e sovrapporre i nastri d'uscita dalle teste per formare un nastro unico che viene raccolto in vaso: la macchina è detta intersecting mescolatore. Il secondo passaggio ha lo scopo di raccogliere ogni nastro uscente, in bobina ad avvolgimento incrociato. Di norma la macchina è munita di dispositivo di arresto automatico per formare bobine con lunghezza costante di nastro, e viene distinta col nome di intersecting contatore. Il terzo passaggio ha lo scopo di riunire le bobine di pari lunghezza di nastro del passaggio precedente e combinarle in modo da ottenere un peso medio esatto, cioè un titolo esatto; e la macchina è denominata intersecting riunitore. Il quarto passaggio, con dispositivo di rota-frotteur ha soprattutto lo scopo di dare consistenza al nastro. In questo gruppo di macchine lo stiro varia da 4 a 8.

La seconda sezione comporta un numero variabile di passaggi (4 a 8) a seconda del peso finale che si vuole dare al nastro. Questi passaggi vengono denominati: passaggio in grosso; passaggio intermedio; passaggio prefinitore; passaggio finitore.

Nella prima sezione, il passaggio mescolatore ha accoppiamento massimo di 10 nastri con stiro massimo di 8 per il primo passaggio mescolatore; gli altri tre passaggi a pettini rettilinei hanno accoppiamenti minori e stiri da 4 a 8. La seconda sezione ha accoppiamenti massimi di 4 e stiri da 4 a 5. I bobinoirs dell'ultimo passaggio finitore producono bobine che hanno un diametro di metri 0,200 e una lunghezza di m. 0,160.

Filatura propriamente detta. - Con la filatura il nastro ottenuto dalle operazioni preparatorie è ridotto in filato mediante uno stiro definitivo seguito dalla torsione e dall'incannatura sulla bobina (v. filatura). La filatura si compie con filatoio intermittente (selfacting), oppure col filatoio continuo (ring).

Nel selfacting lo stiro definitivo, la torsione e l'incannatura del filo si compiono in periodi di tempo successivi, da cui il nome di filatoio intermittente. Lo stiro, che viene compiuto con 5 coppie di cilindri moventisi con velocità crescente, avviene contemporaneamente all'alimentazione dei nastri ai rispettivi fusi montati su un carro mobile, il quale nel periodo di allontanamento dalla parte fissa provvede alla formazione della cosiddetta gugliata (lunga circa m. 1,60) di filo. Nel tempo stesso i fusi ruotano e torcono il filo alimentato. La fine di questo primo ciclo è segnata dall'arresto della corsa d'uscita del carro, dall'arresto dell'alimentazione e dello stiro. S'inizia allora il secondo ciclo con la rotazione inversa dei fusi perché avvenga la spuntatura delle poche spire di filo raccolte sulla parte nuda compresa fra la punta e il nucleo di base della bobina. Compiuta questa operazione s'inizia il terzo ciclo, quello dell'avvolgimento della gugliata sulla bobina; a tal fine i fusi riprendono a ruotare nel verso primitivo, il carro rientra e la gugliata viene avvolta a spire dapprima discendenti rapidamente e poi ascendenti lentamente per la maggior parte della corsa. La disposizione del filo a eliche sovrapposte sul cono della bobina viene assicurata dalla bacchetta e dalla controbacchetta preposte al comando e alla tensione dell'avvolgimento. Questi due organi consistono in due fili metallici robusti disposti orizzontalmente che entrano in funzione soltanto in questo ciclo; la prima si alza e la seconda si abbassa mantenendo tesa la gugliata che va raccogliendosi nella forma sopradescritta. Il quarto e ultimo ciclo vede il passaggio da questi movimenti a quelli del primo ciclo.

Il selfacting per lana pettinata ha una capacità di circa 600÷650 fusi con scartamento di mm. 43 per lane fini e medie; di 582 fusi con scartamento di mm. 48 per lane ordinarie e comuni. La forza assorbita è massima allo spunto dell'uscita del carro e raggiunge un valore di 30 HP. La forza motrice media assorbita è di 12 HP, cioè di circa 1 HP ogni 50 fusi.

Il selfacting comune ha il suo albero principale sulla parte fissa della macchina, detta grande testiera, ed è munito di 2 pulegge doppie per ridurre lo spostamento delle cinghie al minimo e rendere pronto il passaggio da un ciclo al successivo. Il comando è dato da un contralbero. I selfactings moderni sono invece (fig. 23) a comando individuale con motore elettrico montato sulla grande testiera; sono senza cinghie e contralbero, e posseggono il movimento differenziale che abbrevia il tempo necessario a passare da un periodo di movimenti al successivo.

Il ring (fig. 24) è ad azione continua, poiché i periodi di stiro, di torsione e di avvolgimento del filo avvengono contemporaneamente. È perciò una macchina più produttiva, meno ingombrante e di esercizio più economico del selfacting. Si costruiscono rings a una facciata e a due facciate. Il comando è a motore elettrico indipendente, lo scartamento di millimetri 70÷90, la forza assorbita di 1 HP ogni 50 fusi.

Nell'operazione della filatura propriamente detta, hanno molta importanza il senso della torsione e la quantità di giri per unità di lunghezza, due elementi che contribuiscono a dare determinate caratteristiche alle stoffe.

Circa il senso della torsione, vale il criterio di utilizzare la torsione sinistra con la corda dell'intreccio diretta a destra, quando si vuole il massimo 1ilievo della nervatura, come nei pettinati a rifinitura scoperta (rasato), mentre vale il criterio di utilizzare torsione e corda dell'intreccio nello stesso senso quando occorre il minimo rilievo della nervatura, come nei cardati.

Dal punto di vista della quantità di giri per ogni unità di lunghezza, la torsione può essere: soffice, normale, forte. Per una stessa qualità di lanaggio, la torsione è inversamente proporzionale alla grossezza del filo: quindi col crescere del diametro diminuisce la torsione. Ponendo in luogo del diametro il titolo e chiamando t e t′ i titoli di due fili costituiti della stessa materia, T e T′ le torsioni rispettive per unità di lunghezza, sussiste la relazione:

con cui si può determinare la torsione di un filo conoscendo quella di un filo analogo di diverso titolo.

Il numero di giri di torsione varia col lanaggio, con l'uso a cui è destinato il filo, se per catena o per trama o per trama soffice; varia anche secondo che il filo sia destinato a ricevere torsione forte o fortissima (grenadine) o torsione soffice (maglieria). Nessuna formula rigorosa esiste in tal campo, ed è il tessitore a prescrivere la torsione al filatore, guidato soprattutto dall'effetto che dovrà risultare sulla stoffa finita.

I filati si preferiscono generalmente più soffici che sia possibile, cioè contenenti la minima torsione compatibile con la necessaria resistenza alla tessitura. Se ne avvantaggia la stoffa e l'economia nel costo di filatura. Se i filati sono troppo forti, la stoffa sarà difficile da follare e da guarnire alla garzatrice. I filati per maglieria e per guglieria hanno, in genere, poca torsione: in queste produzioni, il volume rispetto al peso ha importanza capitale e la filatura col sistema francese (eseguita senz'olio) rende il filo leggiero e voluminoso.

Filatura di lane da pettine (sistema inglese). - Questo sistema, usato solo in Inghilterra, è adatto alla lavorazione delle lane lunghe e medie, mentre quello francese lavora anche le lane corte. Esso si fonda sullo stiro progressivo dei nastri pettinati (tops), dando contemporaneamente una leggerissima torsione. La pettinatura avviene mediante la pettinatrice circolare Noble (v. tav. LXVI). La preparazione alla filatura si compie con gli stiratoi detti gill-boxes e successivamente con le spindle draving boxes, che dànno una lieve torsione al lucignolo. Questo si avvolge su rocche cilindriche terminate alle estremità da flange. La filatura definitiva dello stoppino (roving) si compie col filatoio continuo ad alette oppure col filatoio continuo a campana (cap spinning frame). Il primo dispone il filo su rocche cilindriche a flange; il secondo su bobine comuni.

Filatura di lane da carda. - A differenza dell'industria del pettinato, che usa selezionare, ai fini della filatura, i tipi di lana, l'industria del cardato suole mescolare insieme lana e sottoprodotti varî (lane di tosa con lane delle pelli, lane meccaniche, filandre sfilacciate garnettate, pettinacce e simili) così da ottenere filati economici pur con sufficienti caratteristiche di finezza, forza, elasticità e proprietà feltranti. Il diagramma di lavorazione è il seguente:

Preparazione delle miste. - Ha luogo disponendo a terra lo strato di uno dei componenti della mista (su una superficie di m. 3,50 × 3,50, ad es.) per uno spessore di 15-20 cm. e sovrapponendogli successivamente gli strati degli altri componenti. Ogni strato deve essere uniforme e ben livellato e va cosparso di lubrificante (oleina di saponificazione) allo scopo di facilitare la cardatura: la percentuale di lubrificante può variare dal 5% al 12%, ed è massima per lane secche, tinte o fini. Quando gli strati sovrapposti raggiungono una conveniente altezza (non più di m. 1,80), la mista è sottoposta a battitura, per mezzo del battitore o girodano, esaurendo gli strati a zone verticali: la battitura è generalmente ripetuta due volte, allo scopo di ottenere migliore omogeneità d'impasto e di colore. In seguito la mista viene insaccata e passata alla carderia. Nei grandi impianti moderni, il trasporto della mista è fatto pneumaticamente.

Cardatura. - L'operazione di cardatura della mista varia leggermente secondo l'uso cui si destina il cardato. Si ha così la cardatura a un solo passaggio (con una sola carda) per la preparazione di feltri da cappelleria e di ovatte; la cardatura a due passaggi (due carde), per la preparazione di filati a basso titolo e di lane grossolane, oppure dei cosiddetti filati vigogne, ricchi di lane meccaniche e di cascami di cotone; la cardatura a tre passaggi (tre carde) per la preparazione di filati per drapperie, lanerie e panni. Il numero di carde che è necessario per eseguire i passaggi prende il nome di assortimento.

Le tre carde di un assortimento (fig. 25) con tre passaggi hanno di comune: il gran tamburo contornato nella parte superiore da 6 coppie di cilindri (lavoratori con spogliatori) per compiere la cardatura, ossia la parallelizzazione delle fibre, il volante ed il pettinatore per provvedere all'uscita del velo costituito dalle fibre cardate. In particolare, la prima carda (a rompere) viene alimentata col caricatore automatico e l'uscita è governata da un apparecchio trasportatore del velo alla seconda macchina, detta traversa, la quale, dopo avere compiuto il suo ciclo di cardatura, arrotola il materasso uscente (lungo 15 m. circa) su di un rullino; due rullini alimentano la terza carda, detta finitrice, che all'uscita provvede alla divisione del vello in tante liste uguali, parallele e indefinite di lunghezza, mediante l'apparecchio chiamato divisore a 4 prese (figg. 26 e 27); il divisore manda - previa soffregatura per dar loro forma rotonda - tutte le liste o lucignoli ad avvolgersi con legggiero incrocio, ripartitamente su 4 cannelle cilindriche di legno: e queste ad alimentare il filatoio intermittente o il continuo. Il caricatore automatico posto all'entrata della prima macchina è indispensabile per assicurare la regolarità dei materassi uscenti dalle tre carde e quindi del filo risultante ed è preferito al caricamento a mano ancora in uso nei vecchi impianti. La forza assorbita da ogni carda è di 2-3 HP.

Molta importanza hanno nella carda le cosiddette guarniture, specie di aghi cui è affidato il lavoro di parallelizzazione delle fibre. Si distinguono le guarniture a lamine e le guarniture a nastro o a placche, dette anche scardassi. Le guarniture a lamine rivestono gli organi di entrata della carda: sono costituite di lamine di ferro o acciaio, aventi forma di denti a sega; il dorso delle lamine è munito generalmente di talloncino sporgente, il cui spessore dà lo scartamento minimo fra una fila di denti e la successiva. Gli scardassi sono costituiti da aghi piegati a ginocchio sporgenti da un nastro di larghezza determinata e costituito di varî spessori di tessuto ricoperti da feltro di lana; la forma degli aghi è variabile e la sezione può essere rotonda, ovale, piatta, triangolare, mezza piatta, piatta. Il filo dell'ago viene classificato con un numero che indica il suo diametro, e la guarnizione è designata con un altro numero che indica la quantità di aghi per unità di superficie (popolazione). La larghezza dei nastri varia da 1 pollice a 2 pollici in proporzione al diametro dell'organo da rivestire. Il volante è generalmente guarnito a placche anziché a nastro.

La guarnizione deve essere adatta alla finezza della lana da lavorare; la lana fine va trattata con riguardo e con scardassi ad aghi fitti, ben popolati, con punte sottili; per le lane forti sono necessarî scardassi a filo robusto. Di regola, la migliore azione cardante è assicurata dalla ricchezza delle punte in confronto alla quantità di fibre introdotte nella macchina.

Gli scardassi vanno frequentemente arrotati e l'operazione va eseguita con cura, perché da essa dipende il rendimento della carda, la perfezione della cardatura e la durata della guarnizione: serve in proposito, per il gran tamburo e il pettinatore, l'apparecchio a mola viaggiante tipo Horsfall, mentre per i cilindri lavoratori e spogliatori l'arrotatura si fa sul banco apposito. Gli scardassi, dopo 12 a 24 ore, si devono anche pulire della borra insinuatasi fra gli aghi. La pulitura si fa a mano con cardine apposite e la smerigliatura si compie meccanicamente.

Filatura propriamente detta. - Si compie, come per i pettinati, col filatoio intermittente (selfacting), o col filatoio continuo (ring).

Il selfacting (fig. 28) è adatto per tutti i titoli, e specialmente per filare materiali scadenti o poveri di lana. Lo scartamento usuale è di mm. 50÷60, la capacità di 400÷450 fusi, la forza assorbita è massima allo spunto dell'uscita del carro e raggiunge un valore di 12 HP. La forza motrice media assorbita è di 6 HP, cioè di circa 1 HP per 70 fusi. Necessita di un filatore provetto al comando e di due attaccafili. È stato anche costruito un selfacting a carro fisso e ad alimentazione mobile (renvideur demi-fixe): il carro che porta i fusi è fissato al pavimento, mentre i cilindri alimentatori e le cannelle dei lucignoli sono montati su un carro mobile che si avvicina e si allontana dai fusi; questi possono ruotare con maggiore velocità e gli attaccafili non hanno più da camminare per seguire il carro; anche la manutenzione si alleggerisce, mentre è assicurata una maggiore produzione e un consumo di energia motrice inferiore. Il ring per cardato non è ancora di uso corrente, perché il selfacting serve per tutti i titoli e per tutte le qualità di miste, anche per quelle scadenti. Recentemente è stato costruito un ring per cardato di titolo medio e basso (figura 29), con produzione superiore e spesa di mano d'opera inferiore a quella del selfacting.

Cascami di pettinatura e filatura. - Per i cascami di pettinatura e filatura che sono molti, e alcuni, come le pettinacce, di notevole valore commerciale, v. sopra: Sottoprodotti.

Lavorazioni diverse dei filati. - Accoppiatura e ritorcitura. - Per le svariate esigenze dell'industria, parte dei filati prodotti ai filatoi sono accoppiati e ritorti per dare un filo di maggior forza e, se di colori, titolo o natura diversi, ricco di effetti estetici (ritorto mouliné). La torsione del ritorto ha senso contrario a quella del filo semplice.

L'accoppiamento dei fili si effettua sull'abbinatrice (doubleuse), avvolgendoli in rocche cilindriche incrociate: la macchina ha due facce portanti da 20 a 60 rocche ciascuna. La ritorcitura dei fili si effettua sulla ritorcitrice, macchina analoga al filatoio continuo.

Vaporizzatura. - Ha lo scopo di fissare la torsione del filo per evitarne l'arricciatura al dipanamento e in orditura. Si pratica mediante vaporizzazione o umidificazione dei filati. Le bobine di filato o le rocche vengono collocate in ceste e introdotte su carrelli in recipienti autoclavi orizzontali. Il trattamento si effettua per 1 ora a 65° con vapore, e per 2 ore successive per il raffreddamento.

Gazatura. - Il filo pettinato uscente dai filatoi o dalle ritorcitrici presenta alla superficie delle fibre sporgenti o pelurie, che per la preparazione di alcuni tessuti occorre eliminare. Per tale scopo il filo è sottoposto a combustione superficiale o gazatura, facendolo passare a notevole velocità, o attraverso una fiamma ottenuta per mezzo del gas (fig. 30), oppure attraverso conduttori elettrici incandescenti.

Il sistema a conduttori elettrici incandescenti è forse migliore: esso dà filati lisci, puliti, di colore uniforme, di odore poco sensibile. Gli elementi funzionano a tensioni di 2-4 volt, con correnti di 30-40 ampère, continue o alternate. La velocità del filo si aggira sugli 800 metri al minuto secondo.

Confezione e incassatura. - Variano secondo l'uso cui i filati sono destinati.

I filati per tessitura sono forniti su bobine, vale a dire su tubetti di carta compressa di forma leggermente conica e di varia grossezza e lunghezza: la bobina per navette ha un diametro massimo di mm. 40, quella per l'orditura ha diametro e quantità di filo maggiori; talvolta i filati per tessitura e specialmente i greggi da tingere in pezza sono anche forniti in rocche cilindriche o coniche. I filati per maglieria sono forniti anche su rocche coniche; oppure, come quelli per guglieria, sono forniti in matasse, racchiuse in pacchi di carta. I filati su bobine sono deposti in ceste o meglio in casse di legno della capacità media di kg. 70-80 circa di netto.

Aspatura. - I filati che si vendono in matasse devono essere svolti dalle bobine e aspati. A ciò serve l'aspatura che si compie con apposite macchine a due facciate capaci di fare simultaneamente da 40 a 80 matasse (v. anche cotone).

Titolazione dei filati. - Come per il cotone, il titolo dei filati di lana è l'espressione numerica del rapporto fra una lunghezza variabile e un peso fisso.

Generalmente è in uso il cosiddetto titolo internazionale o chilogrammetrico, che ha per base, come unità di peso, 1000 grammi, e, come unità di lunghezza, 1000 m. Un titolo tk, indica che 1000 tk m. di filo pesano 1000 g. Chiamando con l la lunghezza di un filo espressa in metri, con p il suo peso espresso in grammi, sussiste la relazione: 1000 tk : 1000 = l: p, da cui l = p•tk; p = l/tk; tk = l/p, formule valevoli tanto per i cardati, quanto per i pettinati.

Fa eccezione all'uso suddetto la Gran Bretagna che, per il commercio anche internazionale dei pettinati, usa il Bradford system. Questo ha per base, come unità di peso, la libbra (g. 453,6) e, come unità di lunghezza, la matassa di 560 yards (m. 512,064). Un titolo ti indica che 512,064 ti di filo pesano g. 453,6. Chiamando ancora con l la lunghezza di un filo in metri, con p il suo peso in grammi, si ha: 512,064 ti : 453,6 = l : p, da cui l = 1,128 p × ti; p = 0,886 l/ti; ti = 0,886 l/p.

Per la conversione di un titolo dal sistema chilogrammetrico nell'altro e viceversa, si applicano le formole tk = 1,128 ti; ti = 0,886 tk.

Titolo dei filati ritorti a 2 e più capi. - Accoppiando e ritorcendo nel senso contrario a quello della torsione del filo semplice, due o più capi di uguale o diverso titolo, si ottiene un ritorto il cui titolo risultante è praticamente dato dalle seguenti relazioni: si chiamino tt′′ t′′′ i titoli dei fili componenti (tutti espressi nello stesso sistema) e con T il titolo del ritorto risultante si avrà:

Titolo dei ritorti fantasia. - Si dice ritorto fantasia il filato in cui i componenti formano, attorno a uno di essi (anima), gruppetti o agglomeramenti di filo, anelli o ricci, o presentano fiocchetti (bioccoli) variamente colorati (Knickerbockers). In questo filato, il titolo si determina con la formula tk = l/p.

Bibl.: O. Meyer e J. Zehetner, Technik und Praxis der Kammgarnspinnerei, Berlino 1923; F. Borrino, La filatura della lana, Milano 1925; J. Bradley, Wool carding, Manchester 1925; J. Bergmann, Handbuch der Spinnerei, Berlino 1927; F. Bradbury, Worsted Preparing and Spinning, Halifax 1930; J. W. Radcliffe, Manufacture of Woollen and Worsted Yarns, Manchester 1930; L. Faux, Étude sur les peigneuses, Parigi 1930; id., Principes et théorie de la transformation des laines brutes en fils peignés, Parigi 1930; R. Dantzer, Étude sur le travail de la laine à carde, Parigi 1930; R. Dantzer e A. Renouard, Étude sur l'industrie de l'effilochage, Parigi 1930; P. Burkard, Préparation de la filature de la laine peignée, Parigi 1930; id., Traité des métiers à filer, Parigi 1930; O. Giudici, Manuale del laniere, Milano 1932.

Tessitura.

L'uso di filati pettinati o cardati, come materiale di partenza nella tessitura, non dà a questa operazione caratteristiche essenzialmente diverse, ma vale soltanto per una classificazione dei tessuti. Si distinguono, così, tessuti pettinati, semipettinati e cardati. I primi sono ottenuti esclusivamente da lana pettinata e costituiscono il prodotto più pregiato: si distinguono in tessuti fini (merinos), medî e ordinarî, nonché in leggieri (fino a g. 320), di peso medio (fino a g. 450), pesanti (da g. 600 a g. 1000; altezza di cm. 140). I semipettinati sono ottenuti da filati pettinati misti a cardati o a cotone, in filato semplice o ritorto: si suddistinguono come i pettinati. I tessuti cardati sono esclusivamente preparati con lane da carda, mescolate talvolta con sottoprodotti di varia qualità e anche con lana meccanica o cotone.

Il diagramma di lavorazione per la tessitura è il seguente:

Orditura. - Ha lo scopo di preparare l'ordito o catena, cioè quell'elemento che nel tessuto si riscontra nel senso della lunghezza. Si compie, disponendo i fili parallelamente, nella comune lunghezza voluta.

Per l'orditura, è di uso ormai generale l'orditoio a sezioni coniche (fig. 31). Da 200 a 400 bobine o rocche sono collocate nella gabbia o cantra davanti all'orditoio. Da esse si svolgono altrettanti fili che vanno ad avvolgersi sull'aspo dell'orditoio in forma di corona conica. Ognuna delle sezioni si appoggia alla precedente, coprendo in definitiva tutto l'aspo, e formando così l'ordito, nel numero di fili e nella lunghezza predisposti. L'ordito così preparato viene scaricato dall'aspo e avvolto su un subbio cilindrico, chiuso da flange, che viene manovrato dallo stesso orditoio. La larghezza occupata dai fili dell'ordito sull'aspo è uguale o tutt'al più leggermente superiore alla larghezza che occuperà nel pettine a telaio. L'aspo ha un diametro di m. 0,80-0,95 e una lunghezza utile leggermente superiore alla massima altezza di pettine dei telai per i quali deve servire.

L'orditoio assorbe 1,5 HP, l'aspo fa da 12 a 24 giri al minuto e provvede in media ad alimentare da 15 a 20 telai. Il rendimento pratico è di circa il 0,4-0,5 della produttività teorica. I coefficienti più bassi vanno attribuiti, a parità di rendimento della maestranza, agli orditi brevi ed elaborati di coloritura.

L'operazione dell'orditura è di grandissima importanza, e va affidata a maestranze provette, per evitare le mancanze di fili, le portate o sezioni disuguali o disugualmente tese, i fili perduti a metà orditura, ecc., che influiscono sul rendimento della tessitura e sulla perfezione del tessuto.

Imbozzimatura. - Ha per oggetto d'impregnare i fili dell'ordito, sceso dall'orditoio, di una sostanza adesiva che unisca le fibre tra loro e conferisca ai fili stessi quella temporanea resistenza supplementare di cui abbisognano per resistere agli sforzi e agli sfregamenti cui vanno soggetti durante la tessitura.

L'operazione si compie con l'imbozzimatrice (fig. 32), che è formata di tre parti: l'apparecchio per dare la bozzima, l'essiccatoio, l'insubbiatrice.

Il primo apparecchio consta di una vasca di rame, con camicia di vapore per il riscaldamento del bagno, entro cui pesca un cilindro sommergitore e il cilindro inferiore di una coppia di spremitori dell'ordito che attraversa la bozzima. Questa viene preparata preventivamente a parte in apposita caldaia e quindi versata nella macchina, di mano in mano che viene assorbita, mantenendovela a temperatura costante. La densità della bozzima varia in ragione della robustezza del filo da imbozzimare ed è da evitare tanto un'eccessiva quanto una scarsa densità, poiché la prima rende i fili duri e la battuta del telaio faticosa, e la seconda annulla l'efficacia dell'operazione. Gli orditi di buon pettinato ritorto possono talvolta essere tessuti senza imbozzimatura, ma quelli di cardato e i fili semplici richiedono di essere preservati con un trattamento che va regolato con criterio. La bozzima più conosciuta, più economica, di grande potere adesivo e di facile eliminazione nella rifinizione, è data dalla colla animale disciolta in acqua bollente nella proporzione del 2 al 3% per gli orditi buoni e del 10% per quelli deboli.

La seconda parte dell'imbozzimatrice, l'essiccatoio, funziona ad aria calda mediante ventilatori interni e radiatori percorsi dal vapore. La cubatura della camera di asciugamento è proporzionata alla potenzialità produttiva richiesta alla macchina, e cioè alla velocità di passaggio dell'ordito imbozzimato. Il consumo di vapore quindi è variabile e il rendimento, per la stessa ragione, varia da kg. 20 a 120 di ordito imbozzimato per ogni ora. La forza assorbita oscilla fra 3 e 5 HP.

L'insubbiatrice, montata all'uscita, provvede ad avvolgere l'ordito asciugato attorno a un subbio munito di flange, predisposto per essere a sua volta montato a telaio; l'insubbiatura deve risultare dura e asciutta perché gli orditi ancora umidi si macchiano di ruggine a contatto delle parti metalliche.

Rimettaggio. - Ha lo scopo di passare i fili dell'ordito dal subbio alle maglie dei licci, e da queste nei denti del pettine. Si distingue quindi in: rimettaggio dei licci o allicciatura o incorsatura, e in rimettaggio del pettine. Con la prima operazione si affida il filo di ordito all'azione di quegli organi che ne provocano l'alzata o l'abbassata per formare l'apertura (detta bocca d'ordito) attraverso cui viene lanciata la navetta carica di trama. Con la seconda operazione si ripartiscono i fili di ordito a gruppi di 2 0 più, su un'altezza voluta, detta altezza in pettine dell'ordito, così da tenerli equamente distanti. Il pettine serve a guidare la navetta nella sua corsa, e successivamente ad avvicinare la trama inserita per ultima alle precedenti.

La passatura dei fili d'ordito nelle maglie dei varî quadri costituenti la "licciata", si fa seguendo il grafico preparato dai disegnatori della stoffa, e mediante l'opera dell'operaia rimettitrice, che introduce un'apposita "passetta" nella maglia e la ritira subito dopo che l'altra operaia "porgitrice" che le sta di fronte vi ha deposto il filo proveniente dal subbio dell'ordito. Per la passatura di orditi con rimettitura regolare e corrente o "seguita" si usano anche apposite macchine automatiche capaci di passare 2000 fili ogni ora.

Le maglie dei licci, per la tessitura della lana, sono di filo di ferro zincato o stagnato e hanno una lunghezza totale di cm. 45 con occhiello alle estremità per l'infilamento nei quadri e con occhiello centrale per il passaggio del filo d'ordito. Il numero di maglie per ogni quadro può variare a volontà come la loro fittezza, a seconda delle necessità: come pure è agevole il ricambio delle maglie avariatesi durante il lavoro di tessitura, in virtù della confezione particolare degli occhielli estremi.

Le laminette o denti del pettine sono legate fra loro mediante cristelle di legno a sezione semicircolare, e queste a loro volta sono avviluppate da filo di ferro, la cui grossezza è quella che determina la distanza fra dente e dente passando fra l'uno e l'altro successivamente. Il pettine viene individuato con un numero punzonato sulla testiera e che rappresenta il numero di denti contenuti in un decimetro. Altri costruttori aggiungono anche il numero totale di denti e l'altezza totale del pettine. La luce, ossia l'altezza del dente, è di solito di cm. 11.

Le operazioni della passatura nei licci e nel pettine si effettuano per gli orditi con cui s'inizia una nuova serie di tessuto. Per le serie già in lavoro, anche di colore diverso, ma di uguale quantità di fili, di uguale licciatura e di uguale pettine, l'ordito che attende di essere caricato può agevolmente e più rapidamente essere annodato al precedente sul telaio stesso, mediante la groppatura o annodatura. A ciò provvede un'operaia specializzata o anche la tessitrice stessa, quando ne sia capace. Recentemente, anche per questo lavoro sono state introdotte delle apposite macchine. Esse sono capaci di annodare 4000 fili ogni ora.

Tessitura. - È la lavorazione a telaio e ha inizio dopo che l'ordito, munito della licciatura e del pettine, è stato caricato sul telaio stesso, e tutti gli organi di questo sono stati regolati e controllati.

Tipi di telaio. - Sono in uso, per la tessitura della lana, varî tipi di telaio. I lanieri italiani usano, più specialmente, telai di tipo tedesco e li sogliono distinguere a seconda dell'altezza di pettine disponibile, espressa in "quarti di Sassonia" (1 quarto: m. 0,1415). Si hanno telai con altezze da 6 quarti a 30 quarti, ma i tipi più usati hanno altezze di 13-14-15 quarti, corrispondenti rispettivamente a 1,840-1,982-2,123 metri, con una larghezza di pettine di 1,922-2,163-2,304 m. Le velocità normali per queste altezze vanno da 80 a 90 battute al minuto, con un minimo per tessuti pesanti.

Si distinguono anche i telai secondo l'uso cui sono destinati, e si hanno, in pratica, telai per drapperie, per panni e coperte, per laneria, per velluti, per tappeti. I telai per drapperia (tessuti dal peso di g. 200 per metro quadrato in su) sono più conosciuti, perché adatti alla tessitura di ogni altro articolo, leggiero o pesante che sia (fig. 33). Si prestano anche a lavori complessi che richiedono fino a 24 o anche 32 licci; sono muniti di meccanismo bilaterale per cambiare fino a 11 navette, di regolatori positivi o negativi dell'ordito e del tessuto, di portafili mobile, di tocca-trama centrale e di ogni accessorio di sicurezza di marcia; hanno velocità di 80-100 battute al minuto, passo chiuso alla battuta della trama, comando con innesto a frizione, e assorbono 1,3 HP. I telai per panni e coperte (fig. 34), molto robusti, sono capaci di 4-6 licci con movimento a eccentrici esterni, e sono muniti di una sola navetta, oppure di meccanismo per cambiare fino a 3 navette a colpi dispari, di regolatore negativo del tessuto e di lancio a spada della navetta; hanno velocità di 60 battute al minuto, comando con innesto a frizione e assorbono circa 1,5 HP. I telai per laneria (tessuti dal peso fino a g. 200 per metro quadrato) hanno maggiore semplicità di meccanismi dei precedenti; sono capaci di 24 licci e muniti di 7 navette al massimo; hanno velocità di 110 battute al minuto, passo aperto alla battuta della trama e assorbono 1,3 HP. I telai per velluti sono capaci di 24 licci, e muniti di 2 navette; hanno velocità di 70-100 battute al minuto, passo aperto, e assorbono ¾ di HP. I telai per tappeti hanno altezze svariate a seconda dell'ampiezza del tappeto e sono muniti di una navetta; hanno velocità di 20-75 battute al minuto e assorbono da 1 a 15 HP.

I telai automatici per il cambio della spola nella navetta o per il cambio della navetta, hanno avuto successo nelle tessiture del cotone, ma non hanno ancora incontrato favore nell'industria laniera, la quale continua ad assegnare uno o due telai per ogni tessitrice, anche nelle tessiture che lavorano il greggio.

Per la fabbricazione di tessuti di lana o mezzalana a disegni grandiosi o complicati, come per le stoffe da tappezzeria, gobelins, coperte da letto operate, stoffe da mobili, per le quali il movimento dei fili non può essere dato dalla macchina d'armatura (ratière) per la sua limitata possibilità, si usa montare sul telaio stesso la macchina Jacquard, il cui tipo più usato è quello a una sola griffa, con movimento di discesa dei fili non sollevati, e a passo chiuso. La portata più usata è di 400 uncini comandati da un solo cilindro per cartoni. Il telaio sottostante non differisce da quelli descritti: la macchina stessa comanda, oltre che l'ordito, anche il movimento delle navette, e la velocità del telaio è leggermente inferiore a quella dei corrispondenti telai comuni.

Comando dei telai meccanici. - La tendenza è oggi rivolta all'abolizione delle trasmissioni e delle relative pulegge per sostituirle col comando individuale con motore elettrico. Non si può affermare la convenienza del primo sistema in confronto del secondo o di un sistema di comando a gruppi.

Le caratteristiche degl'impianti variano grandemente; e la migliore sistemazione si decide caso per caso. Per il comando a cinghia si usa la cinghia incrociata, e il comando con motore elettrico individuale si fa con cinghia o con ruota dentata; il primo sistema consente un avviamento elastico del telaio senza bruschi attacchi; il secondo può essere modificato adottando i motori elettrici ad accoppiamento centrifugo con frizione, i quali presentano il vantaggio della marcia indietro a mano con motore disinnestato e l'avviamento elastico successivo. I motori sono del tipo chiuso, ermetico alla polvere e alla borra.

Produttività teorica e pratica dei telai. - La produzione teorica dei telai dipende anzitutto dalla velocità della macchina e dalla quantità di trame inserite in ogni metro di tessuto. Nella giornata di otto ore la produzione teorica è data dalla seguente relazione:

La produttività pratica è però molto variabile secondo gli articoli e secondo la qualità dei materiali impiegati: nelle drapperie la resa può variare dal 50 all'80% circa.

L'esperienza dimostra che i periodi dell'anno più produttivi per i tessitori lanieri possono considerarsi i mesi di gennaio e luglio, corrispondenti all'arrivo dei filati alle tessiture per l'esecuzione degli ordini assunti in settembre-ottobre e in marzo-aprile rispettivamente. I periodi meno produttivi intercorrono invece dal 15 marzo al 15 aprile e dal 15 settembre al 15 ottobre per la preparazione dei campionarî e dei campioni grandi.

Il controllo dell'attività del telaio si ottiene con l'applicazione delle macchinette contacolpi. Queste segnano le migliaia e le decine di migliaia di trame inserite lasciando nel tessuto un filo colorato manovrato meccanicamente e automaticamente in modo particolare e diverso ogni 25, 1000 e 10.000 inserzioni. Alla fine della giornata, o all'esaurimento dell'ordito, sono rilevate le indicazioni fornite da questi strumenti e riportate sulla scheda di lavoro e sul registro di controllo. Da questi dati si ricava il rendimento assoluto e percentuale.

Verifica del tessuto. - La pezza una volta tessuta e separata dalla successiva mediante la tessitura di una striscia di colore contrastante e tagliata a metà, viene tolta dal telaio e verificata al cosiddetto "tribunale" per visione diretta e anche contro luce, al fine di riconoscere l'identità della pezza col cartellino di matricola, di accertare la lunghezza, la battuta, e il numero delle trame inserite per la liquidazione del cottimo dovuto all'operaia. I difetti vengono notati con gesso colorato e con segni convenzionali. Compiuta la visita si lega il cartellino di matricola alla cocca iniziale della pezza e questa, dopo allibramento, è consegnata e caricata al reparto successivo della rifinitura.

Cascami di tessitura. - Le diverse operazioni compiute nel reparto tessitura producono dei cascami detti filandre, che vengono riutilizzati nell'industria del cardato, previa garnettatura, preceduta, ove occorra, dalla carbonizzatura. Le bobine non esaurite, o sfasciatesi durante la tessitura, vengono rifatte alla macchina a fare spole e rimesse in lavoro, al momento del rifornimento della trama.

Lavorazioni diverse dei tessuti. - Pochi sono i tessuti che, tolti dal telaio, vanno direttamente al consumo. I più sono rifiniti, cioè assoggettati a una serie di operazioni per la cui descrizione si rimanda alle voci apparecchiatura; tintura.

A rifinitura ultimata le stoffe vengono visitate e ritoccate allo scopo di mascherare, fin dove è possibile, le piccole imperfezioni che si sono prodotte nel corso della lavorazione. La ritoccatura si compie con apposite matite grasse colorate, passandole delicatamente sulle imperfezioni; mentre le parti vegetali, spesso visibili nei tinti in pezza non carbonizzati, vengono mascherate con inchiostro di colore analogo a quello della tinta.

Dopo ritoccata, la pezza viene fatta scorrere sopra un rullo orizzontale alto circa 2 m. da terra e ricadere entro una cassa di legno; nel tragitto di discesa, la pezza, illuminata in pieno da luce diurna indiretta, viene esaminata un'ultima volta; vengono segnalati con sfilze e campanelli di lana colorata i difetti irreparabili; si misura l'altezza media fra le cimosse e la lunghezza; si controlla la rispondenza al campione nella coloritura, nella mano, nella rifinitura e infine si riscontra il peso. La pezza così collaudata passa al magazzino. Ivi si procede alla doppiatura (col rovescio all'esterno) e all'avvolgimento su cartone: i panni destinati alle forniture vengono doppiati e piegati a falde sovrapposte di m. 0,50 circa. Ogni pezza infine viene munita di etichetta per il commercio e collocata a disposizione per la vendita.

Bibl.: F. Bradbury, Calculation in Yarns and Fabrics, Halifax 1925; B. Bona, Riduzioni e pesi dei tessuti, Biella 1925; P. Beckers, Textilmaschinen, Berlino 1927; L. Tonelli, Meccanica tessile, Milano 1927; E. Franzi, Tessitura meccanica della lana e del cotone, Milano 1928; O. Giudici, Tessuti di lana e di cotone, Milano 1929; Wool Institute of New York, Manuel de prix de revient dans l'industrie de la laine peignée ou cardée, Parigi 1929; F. Reh, Traité du tissage mécanique, Parigi 1930; A. Lüdicke, Die Weberei, Berlino 1930; J. N. Tod, Costs and Costings for Woollen Manufacturers, Manchester 1930; O. Giudici, Manuale del laniere, Milano 1932.

Industria.

Storia. - La leggenda greca narra che Eracle avrebbe importato il montone per la prima volta dall'Egitto e che Nicia di Megara avrebbe inventato l'arte del tingere, mentre Atena stessa avrebbe insegnato agli uomini fra l'altro l'opera tessile. I Romani d'altra parte fino all'età dell'impero tennero viva la tradizione della mater familias intenta al lavoro della lana e lodarono in modo particolare quella fra le matrone che ne volle conservata la pratica nella sua casa, malgrado il mutare dei tempi, secondo l'esempio degli antenati, così Romani come Greci; e per i Greci basti ricordare gli esempî omerici.

Ben presto anche i Greci e i Romani cercarono, usando particolari trattamenti alle pecore, di migliorare il prodotto, riuscendo talora a raggiungere un alto grado di perfezione. Il candore e la finezza della lana furono particolarmente pregiati e resero celebri per questo le lane di Mileto, dell'Attica, della Megaride e di Taranto.

Tale prodotto selezionato si otteneva mediante un particolare cibo (p. es., citiso, erba medica) riservato alle pecore, il loro ricovero in stalle asciutte, bene arieggiate e illuminate, e anche l'applicazione sul vello di pelli protettive che fecero chiamare tali pecore scelte col nome di ὑποδίϕϑεροι ποῖμναι o di oves pellitae. Specialmente durante l'impero vennero anche pregiate le pecore che producevano lana scura; la lana ordinaria serviva invece per gli abiti dei contadini e degli schiavi e per fabbricare tappeti e coltroni. L'operazione del taglio, in qualche raro caso anche dello strappo, della lana della pecora richiedeva cura particolare ed era attesa e festeggiata come in oriente così in Grecia e in Italia; norme meteorologiche e astrologiche regolavano l'operazione e un trattamento speciale era fatto alla pelle dell'animale dopo la tosatura.

La lana così raccolta riceveva una prima lavatura in acqua calda mista a saponaria, poi era fatta asciugare e battuta, poi cardata prima con le mani poi coi pettini. Dopo passava direttamente in mano delle donne per la filatura, o giungeva ai tintori per la coloritura. La lana poi era trasformata in abiti, in coperte, in tappeti, talora e specialmente nei secoli dell'impero, alimentava una vasta industria laniera assai diffusa e importante: il greco Ermete (il romano Mercurio) ne è il naturale patrono. La lana servì anche come materiale utile alla medicina o sola o intrisa di olio, di aceto, di miele, ecc.; nelle cure delle ferite o nelle applicazioni mediche o chirurgiche teneva la funzione che tiene ora la bambagia; essa serviva pure nel rituale religioso e nell'arte magica a fornire infule ai sacerdoti o ornamenti agli animali da sacrificio. Quasi tutti i paesi del mondo antico sono produttori di lana anche in età greca e romana: l'Egitto, dove peraltro le vesti di lino facevano una larga concorrenza a quelle di lana, la Palestina e in generale tutti i territorî orientali; l'Asia Minore e specialmente la Frigia, la Lidia, la città di Mileto, e l'isola di Samo, e nella Grecia propria, l'Attica e l'Arcadia; la Sicilia e in generale l'Italia meridionale, dove Sibari e Taranto hanno il primato nella produzione; nel Settentrione tutta la Gallia Circumpadana, ricchissima di tale prodotto e poi anche la Gallia Transalpina, e la Spagna; lo studio dei luoghi di esistenza di più numerose e ricche corporazioni di lanarii nell'età dell'impero può servire anch'esso a fissare alcuni punti di maggiore importanza di tale industria e di tale commercio: per es. Brescia, Tiatira ed Efeso.

Nel Medioevo l'industria della lana seguita a occupare, come nell'antichità, il primo posto fra le industrie tessili, ed è anzi la più importante fra tutte le industrie e una fra le poche che diano vita a un commercio internazionale abbastanza attivo di materie prime, di materie tintorie e di manufatti. Nell'alto Medioevo essa è diffusa in tutti i paesi d'Europa, per lo meno come industria domestica: sono abbastanza frequenti e assai noti i ricordi di ginecei esistenti nelle corti delle grandi signorie fondiarie, in cui le schiave si riunivano a filare e a tessere la lana; come pure assai numerosi dovevano essere i telai che battevano nelle case di campagna per i bisogni della famiglia. Ma anche la vecchia industria cittadina, esercitata nella forma dell'artigianato, non è probabilmente mai scomparsa del tutto, e ha ripreso assai presto un notevole sviluppo in quelli (Fiandra e Italia) che continuano a essere per tutto il Medioevo i due massimi centri europei di un'industria laniera, che non produce soltanto per il consumo locale, ma anche per l'esportazione. Già nell'età carolingia il monaco di S. Gallo ci parla di pallia frisonica che furono scelti da Carlomagno per mandarli in dono a Hārūn ar-Rashīd, perché egli sapeva che quei tessuti erano molto apprezzati in Oriente. Si discute se quei panni fossero fabbricati effettivamente dai Frisoni o se questi fossero soltanto i mercanti che portavano all'estero i tessuti fabbricati in Fiandra, ma, comunque, è indubitato che nei Paesi Bassi o nelle loro immediate vicinanze già al principio del sec. IX si producevano e si esportavano panni assai pregiati per la lana e per i colori.

In Italia, l'industria laniera, assai fiorente nell'età imperiale, deve essere stata gravemente danneggiata dalla decadenza dell'allevamento delle pecore determinato dalle invasioni. Mentre sembra che alcune città, fra cui si ricorda Padova, abbiano conservato le antiche tradizioni nella tecnica della tessitura e della tintura, l'Italia non produceva più lane che rispondessero alla necessità di una tecnica perfezionata, ma soltanto lane adatte a tessuti grossolani. Perciò l'industria laniera italiana non poté riprendere l'antica posizione e non poté gareggiare con l'industria fiamminga nella conquista dei mercati orientali, se non dal sec. XII in poi, quando cioè lo sviluppo dei commerci con l'Occidente le permise di riparare con le importazioni di lane dei paesi moreschi, spagnoli, francesi, e inglesi alle deficienze (soprattutto di qualità) delle lane indigene. Nelle più antiche tariffe doganali, che si sono conservate per Pisa e per Siena, le lane di Puglia, di Romagna, di Sardegna e di Toscana vengono in ultima o in penultima linea: il valore delle lane migliori importate è tre o quattro volte maggiore di quello delle lane italiane.

In poco più di un secolo molte città dell'Italia settentrionale e centrale, specialmente della Lombardia e della Toscana, raggiungono una notevole importanza nella produzione laniera. Una tariffa doganale veneziana del 1265, che deve indubbiamente riferirsi, assai più che alle stoffe importate per il consumo interno, a quelle che dovevano essere riesportate, ricorda varie qualità di tessuti che si producevano a Lucca, a Firenze, a Milano, a Monza, a Como, a Bergamo e a Brescia. Ma quella tariffa ci dimostra pure che, almeno fino a quell'anno, l'industria italiana, per la qualità, la varietà e la notorietà dei prodotti, restava di gran lunga al disotto dell'industria straniera e in modo particolarissimo, di quella della Fiandra belga e francese. Di fronte alle poche varietà italiane sono ricordati una trentina e più di panni, saie e altre stoffe che provengono dalle varie città del Belgio, dalla Fiandra francese, da Parigi, dall'Inghilterra, e sono soggetti, tolte poche eccezioni, a dazî assai più alti che i manufatti italiani. La maggiore considerazione di cui godevano allora anche sui mercati italiani le stoffe fiamminghe (e per qualche varietà anche le inglesi) ci è confermata, per altra via, dalla stessa tariffa, la quale elenca i panni d'Ypres, "franceschi", per cui si paga un dazio di 30 soldi, e i panni uso Ypres di Lucca, per cui non si pagano che 20 soldi; lo "stanfort" d'Inghilterra, per cui si pagano 24 soldi, e gli "stanfortini" di Milano e di Monza, per cui non se ne pagano che 5. D'altra parte la superiorità dell'industria settentrionale, dei cosiddetti "panni franceschi", si rivela anche nel fatto che, almeno fino ai primi decenni del Trecento, il primo posto fra le arti industriali fiorentine non è occupato dall'arte della lana, ma dall'arte di Calimala, che trova la base della sua grande potenza capitalistica nell'importazione dei panni "franceschi", nella loro finitura secondo i gusti dei mercati a cui li destinano, e nella loro vendita al minuto oppure, in misura assai maggiore, nella loro riesportazione.

Nei paesi fiamminghi che godono, fino al 1300, di un primato indiscusso, l'industria laniera è favorita dalla lunga tradizione tecnica e dalla posizione, per la vicinanza ai mercati inglesi esportatori delle lane più pregiate, e ai mercati di Parigi, della Champagne e del Basso Reno, in cui i mercanti delle città del Mediterraneo s'incontravano con quelli dell'Europa centrale e orientale. Ypres, Bruges, Gand, Saint-Omer, Arras, Douai, Lille, Cambrai, Valenciennes, Bruxelles e un gran numero di città minori sono la sede d'industrie laniere specializzate, le quali acquistano una fama mondiale per la materia prima impiegata e inoltre per la perfezione raggiunta nella tintura e nelle operazioni di rifinitura delle stoffe.

In Italia lo sviluppo di un'industria esportatrice fu preceduto e stimolato dallo sviluppo dell'attività commerciale e in particolare dal commercio coi paesi di Levante. Le importazioni crescenti di panni fiamminghi, francesi e inglesi, se hanno assicurato larghi profitti alle ditte commerciali che frequentavano i mercati di Francia, se hanno contribuito in massima parte a creare la potenza e la ricchezza delle compagnie fiorentine dell'arte di Calimala, hanno spinto l'industria, almeno di quelle città che avevano più frequenti contatti con Genova, con Venezia, con Pisa, a compiere i progressi tecnici che erano necessarî per vincere la concorrenza dell'industria oltremontana o almeno per mettersi con essa in condizioni di parità. Il primo passo su questa via dovette essere probabilmente compiuto da Lucca, la quale appunto nella tariffa veneziana del 1265 si trova in testa alla breve schiera delle città italiane esportatrici, per varietà e finezza di tessuti prodotti. Ma già alla fine del Duecento il primato è passato a Firenze, mentre fuori di Toscana, l'industria laniera ha grande sviluppo in Lombardia, dove aveva trovato forse i suoi pionieri nei numerosi conventi degli umiliati, ma si era presto stabilita nelle città, particolarmente a Como, Milano, Monza, Bergamo e Brescia; e aveva assunto i caratteri dell'industria esportatrice anche in alcuni comuni del Veneto, specie a Verona, a Vicenza e a Padova.

Di queste industrie la meglio conosciuta e forse anche, per il solo Trecento, la più importante d'Italia è quella di Firenze, la quale, secondo le tanto discusse ma forse accettabili notizie del Villani, avrebbe dato lavoro nei primi decennî del secolo a 30 mila persone con una produzione annua che superava le 80.000 pezze, di cui un quarto circa dovevano essere destinate all'esportazione. Anche a Firenze, come del resto a Padova, e probabilmente in tutte le altre città in cui si produce per l'esportazione, l'industria dei panni assume una forma di organizzazione economica che non si differenzia molto da quella dell'industria fiamminga: essa vi apparisce cioè come un insieme di tanti mestieri staccati che si completano a vicenda, che sono ordinati nelle forme diverse dell'artigianato, dell'industria domestica e del salariato, e che fanno capo tutti al lanifex (il drapier fiammingo), che è soprattutto un mercante, il quale però esercita anche qualche funzione industriale. La prima lavorazione della materia greggia, che in parte proviene dai pascoli dell'Appennino, in parte dalla Spagna e dall'Inghilterra, si compie presso l'imprenditore stesso: i vergheggiatori, gli scardassieri, i pettinatori lavorano raccolti in rudimentali opifici sotto lo sguardo del mercante o dei suoi fattori. Sono questi gli elementi più miseri di tutta l'arte dei salariati pagati a ora o a giornata, strettamente legati al padrone dalla loro miseria e dalla rigidità spietata degli statuti. Ridotta la lana a stami, essa è distribuita tra i filatori, che a Firenze, a differenza delle Fiandre, erano dapprima degli artigiani indipendenti che acquistavano la materia prima e rivendevano il filato, ma cadono poi sotto la dipendenza dei mercanti e fabbricanti di panni, per conto dei quali essi lavorano: sono per lo più donne obbligate a non filare altra lana che quella andata loro dal mercante. Né molto diversa sembra la condizione dei tessitori, che in molti casi non sono nemmeno proprietarî del telaio. Filatori e tessitori lavorano in casa propria, con la sola differenza che i primi lavorano per lo più in campagna (e questo spiega l'altezza della cifra data dal Villani per gli addetti all'industria), mentre i tessitori vivono in città.

Più indipendenti sono i lavatori, i follatori, i tintori, i cimatori e in genere tutti quegli artigiani che attendono all'ultima preparazione dei tessuti. L'impianto di una gualchiera, di una tintoria, di una bottega di raffinamento del panno richiede un capitale per quei tempi abbastanza rilevante, per cui assai spesso si formano delle società per il loro esercizio, e in alcune città, dove l'industria conserva più tipicamente il carattere dell'artigianato, la lavatura e la follatura dei panni, come spesso anche l'acquisto delle materie prime, sono fatte in comune dall'arte stessa.

Dopo la metà del Trecento l'industria dei maggiori centri urbani delle Fiandre e dell'Italia comincia a trovarsi di fronte alla concorrenza sempre più minacciosa dell'industria inglese, che tenta con crescente fortuna la conquista degli stessi mercati in cui quelle avevano finora dominato, e alla diffusione dell'industria in paesi nuovi, specialmente tedeschi, e in un grande numero di città minori, che cercano di sottrarsi al loro monopolio.

L'industria inglese aveva raggiunto già nel sec. XIII una certa importanza, non solo per il consumo locale, ma anche per l'esportazione di qualche varietà più apprezzata dei suoi prodotti: a Venezia, come abbiamo visto, nel 1265, le importazioni dello stanfort d'Anglia erano contemplate nella tariffa doganale; a Bologna, presso a poco nello stesso tempo, il commercio dei panni (e forse della lana) inglesi aveva raggiunto tanta importanza da provocare la costituzione di una speciale corporazione dei mercatores drapariae Angliae; negli statuti di Firenze, fra i panni importati d'oltre monti, quelli d'Inghilterra sono nominati per primi, avanti a quelli di Fiandra, di Brabante, di Francia, di Catalogna, di Linguadoca. Ma fino alla metà del Trecento l'esportazione della lana greggia seguita ad avere la preponderanza su quella dei panni. Soltanto dopo quell'epoca, essa comincia a decrescere non tanto per effetto dei divieti, resi quasi sempre vani dalle licenze concesse caso per caso, e nemmeno per effetto dei dazî d'uscita assai elevati e indubbiamente più efficaci, quanto piuttosto per i progressi e l'accresciuta domanda dell'industria nazionale. Mentre nel 1354 si esportavano ancora 31.500 sacchi di lana greggia, 150 anni più tardi l'esportazione era discesa a una media annuale di 7000 sacchi, e intorno al 1550 a meno di 5000. Nello stesso tempo invece aumenta rapidamente l'esportazione dei prodotti finiti o dei semifabbricati (mandati in Fiandra per la tintura e la finitura): nel 1354 non si erano esportate che 5000 pezze di panno; tra il 1505 e il 1520 se ne esportarono invece in media 85.000 pezze all'anno; dal 1520 al 1529, 91.000; dal 1530 al 1535, 103.000; dal 1536 al 1547, 122.000.

L'aumentata esportazione dei panni inglesi e l'impossibilità di procurarsi, se non in misura insufficiente, le apprezzatissime lane d'Inghilterra colpiscono soprattutto la vecchia industria fiamminga, che aveva la sua sede nei maggiori centri urbani e che doveva la sua fama, oltre che alla tecnica, alla bontà della materia prima importata. La lana inglese è largamente sostituita dalle ottime lane spagnole, di cui Bruges era da lungo tempo il grande mercato distributore; ma i torbidi politici e la potenza raggiunta dal ceto artigiano nei grandi comuni impediscono a questi di fronteggiare la concorrenza inglese sempre più minacciosa. L'industria laniera non scompare per questo nelle Fiandre, anzi attraversa ancora un periodo di grandissima fioritura, il quale coincide col secolo del primato commerciale di Anversa; ma essa sposta la sua sede dai grandi ai piccoli comuni, e si rivolge soprattutto alla produzione delle stoffe leggiere (soprattutto saie), che godono per tutto il Cinquecento di un favore larghissimo. Organizzata presso a poco nella stessa forma dell'industria italiana e fiamminga del Trecento, essa si trova nella condizione particolarmente favorevole che i mercanti stranieri residenti ad Anversa se ne accaparrano, spesso anche in precedenza, l'intera produzione, in modo che questa può essere suddivisa fra un grande numero di piccoli imprenditori, più industriali che mercanti, i quali possono, senza alcun rischio e con anticipazioni assai modeste di capitali, assumersi la direzione di tutto il ciclo di produzione e addossarsene le spese per i tre o quattro telai che ciascuno di essi tiene nella propria casa e a cui attende in persona, con l'aiuto dei familiari e di qualche salariato.

Presso a poco nello stesso modo è colpita l'industria fiorentina che, dopo la metà del Trecento, non solo vede crescere le difficoltà che le sono create dal rapido sviluppo dell'industria inglese, ma anche farsi più frequente e minacciosa la concorrenza dei centri minori della Toscana, particolarmente di Prato; e come industria esportatrice perde terreno di fronte all'industria delle città lombarde e di qualche città del Veneto che per tutto il Quattrocento sono ancora nel pieno della loro fioritura, sebbene producano, per lo più, stoffe di minor valore.

Ma dalla metà del Cinquecento in poi la grande trionfatrice è ormai l'industria inglese, aiutata ancora una volta, come già nel sec. XIV, dalla immigrazione di operai fiamminghi specializzati spinti a lasciare i loro paesi dalle atrocità della guerra che si combatteva nei Paesi Bassi e dal terrore delle repressioni spagnole dell'Inquisizione; e furono così prodotti in Inghilterra oltre ai tessuti tradizionali inglesi, anche i nuovi tipi di stoffe, che per circa un secolo avevano assicurato alle Fiandre un nuovo primato industriale. Sorse così la New drapery; furono tentate nuove combinazioni, la lana fu tessuta assieme al lino, e comparvero sul mercato nuovi tipi di stoffe, leggiere e fini, nuovi disegni, nuovi colori. L'industria inglese si liberò dalla soggezione all'industria francese e fiamminga per le operazioni di tintura e rifinitura delle sue stoffe. Dal Seicento in poi l'industria laniera si estende in tutte le regioni dell'Inghilterra, avendo però le sue sedi principali nelle contee di York, di Norfolk, e in tutto il sud-est fra la Manica e il canale di Bristol. In ciascuno poi di questi distretti l'industria era disseminata in un grande numero di villaggi, di casali e di case sparse, dove industria e agricoltura si esercitavano contemporaneamente. In ognuna delle piccole e misere case dei contadini si filava e si tesseva e tutta la famiglia partecipava in un modo o nell'altro all'attività industriale. I tessuti greggi, che uscivano da questi minuscoli opifici domestici, erano venduti sul mercato locale a mercanti imprenditori (clothiers, manufacturers) i quali si occupavano poi della loro rifinitura. Spesso anche la materia prima apparteneva al mercante, che la consegnava al piccolo artigiano di villaggio, aumentando per tale via la sua dipendenza. Specialmente dopo la fine del Seicento, lana greggia, filati, telai e gualchiere erano quasi sempre proprietà del mercante imprenditore, il quale assumeva così decisamente i caratteri economici dell'industriale capitalista. Ma l'industria domestica rurale, esercitata per conto del mercante imprenditore, seguita a essere, fino agli ultimi del Settecento, la forma di lavoro di gran lunga prevalente, mentre le manifatture, in cui qualche centinaio di operai lavorino riuniti in un solo opificio, non sono in tutto questo periodo che un'eccezione.

Il dominio del mercante imprenditore sui lavoratori dipendenti viene assicurato, tra il secolo XV e il XVIII, da una serie di disposizioni legislative per cui era permesso al mercante di penetrare in qualsiasi momento nelle case dei lavoratori per controllare il loro lavoro e la buona conservazione del materiale loro affidato; era proibita qualsiasi forma di coalizione tra lavoratori; era comminata la pena di morte per la distruzione dolosa dei telai, del materiale greggio o dei manufatti; il salario massimo (non minimo) era fissato dai giudici di pace.

Il valore dei tessuti di lana inglese esportati, da 3 milioni di sterline al principio del sec. XVII sale nel 1750 a 9 milioni, e a 18 milioni alla fine del sec. XVIII. I migliori clienti dell'industria inglese sono appunto quei paesi stessi che fino alla seconda metà del Cinquecento erano stati i suoi principali concorrenti: l'Italia e i Paesi Bassi, insieme con la Spagna e il Portogallo, tutti quei paesi cioè che per il loro sviluppo marinaro o coloniale potevano riesportare una parte rilevante dei panni importati. Al secondo posto fra i paesi importatori venivano le colonie americane. Quei paesi invece del continente europeo, che non avevano ancora un commercio marittimo molto fiorente, ricorrevano assai più raramente ai prodotti inglesi provvedendo da sé ai proprî bisogni. Fra questi, oltre alla Francia, che nelle sue provincie del nord aveva fin dal Medioevo un'industria laniera assai sviluppata, si devono segnalare particolarmente alcune regioni dell'Europa centrale (Basso Reno, Brandeburgo, Sassonia, Boemia, Cantone di Zurigo, e soprattutto la Slesia), nelle quali, nei secoli XVII e XVIII, l'industria raggiunse proporzioni notevoli e, organizzata anch'essa nella forma della piccola industria rurale disseminata, alle dipendenze dei mercanti cittadini, assunse, specialmente per i mercati orientali, la funzione d'industria esportatrice.

In conseguenza appunto della sua lunghissima tradizione, dei gravi interessi cospiranti al mantenimento della tecnica e dell'organizzazione tradizionale, della prevalenza della mano d'opera rurale a costo estremamente basso, l'industria laniera è una delle ultime a cui si estende l'applicazione delle macchine e la concentrazione del lavoro in grandi opifici. Nell'Inghilterra stessa le prime filature meccaniche non s'impiantano per la lana che nel 1810; e assai più lenta è la trasformazione della tessitura, che si attua più decisamente soltanto nella seconda metà del secolo, col diffondersi della lavorazione del pettinato.

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La grande industria. - Attualmente, pur avendo avuto una vasta diffusione in tutti i continenti, si può ritenere che la grande industria laniera sia in buona parte accentrata in un breve spazio del continente europeo, che dallo Yorkshire (centro Inghilterra) si estende alle regioni del nord della Francia, al Belgio, alla Germania nord-occidentale, all'Italia settentrionale. Basti pensare che mentre i telai meccanici adibiti alle lavorazioni della lana sono, all'incirca, 500.000 in tutto il mondo, più della metà si trovano in tre soli paesi: Inghilterra, Germania e Francia; aggiungendovi quelli dell'Italia, della Cecoslovacchia e degli Stati Uniti d'America, si arriva press'a poco ai quattro quinti della cifra totale. Delle industrie extra-europee, soltanto quelle degli Stati Uniti e del Giappone hanno grande importanza.

In tutti i paesi l'industria laniera presenta spiccati caratteri di localizzazione in determinate regioni, pur essendo, fra le industrie tessili, quella maggiormente diffusa nel territorio. Così Bradford nel West Riding riunisce gran parte delle fabbriche laniere inglesi, mentre Roubaix-Tourcoing in Francia, Verviers nel Belgio, Biella in Italia, Liberec (Reichenberg) in Cecoslovacchia sono a loro volta centri caratteristici dell'industria laniera dei rispettivi paesi.

Com'è naturale, lo sviluppo delle applicazioni meccaniche e chimiche moderne nella lavorazione della lana non è proceduto ovunque con pari intensità e rapidità; l'Inghilterra, gli Stati Uniti, la Francia, il Belgio, la Germania, per ragioni che facilmente si collegano allo sviluppo generale delle loro economie e in particolare delle industrie chimiche e meccaniche, precorsero molti altri paesi, fra cui l'Italia, nel movimento di trasformazione dell'artigianato nella grande industria laniera, soprattutto nel ramo del pettinato. Ma da un ventennio a questa parte si può ritenere che, indipendentemente dalla maggiore o minore estensione dell'attrezzamento, il grado di progresso tecnico dell'industria laniera sia il medesimo in tutti i maggiori paesi industriali del mondo. D'altro canto non esistono ragioni di supremazia industriale per quanto concerne i rifornimenti della materia prima, perché i mercati della lana sono aperti a tutti, e ogni paese è venuto sviluppando sempre più gli acquisti diretti sui grandi centri di produzione. Dove, invece, si notano ancora differenze sensibili tra paese e paese, è nel grado di specializzazione dell'industria, e nell'organizzazione commerciale: a questi due fattori è in gran parte da attribuire il persistere in molti centri di consumo di preferenze verso la produzione di determinati stati, che non sarebbero più giustificate dalla generale applicazione dei nuovi procedimenti tecnici in tutte le operazioni di trasformazione della materia prima.

In quasi tutti i paesi l'industria laniera si presenta come un'attività economica prevalentemente esercitata da aziende a carattere familiare; la forma della società anonima è frequente soltanto nel ramo della pettinatura e della filatura a pettine, mentre è piuttosto rara nel campo del lanificio propriamente detto (comprendente filatura cardata, tessitura, rifinitura e tintoria). L'integrazione verticale predomina nel ramo del cardato, dove in generale s'incontrano aziende che compiono tutto il ciclo della lavorazione, dalla lavatura della lana fino alla rifinitura dei tessuti; per contro, nel ramo del pettinato è invece prevalente l'integrazione orizzontale, data la maggiore entità dei capitali d'impianto richiesti. Sovente la pettinatura e la filatura a pettine si trovano unite, ma la produzione del pettinato è per la maggior parte fatta da impianti autonomi di pettinatura, che lavorano per conto di terzi.

L'organizzazione commerciale per la vendita dei manufatti di lana (filati da aguglieria, tessuti, coperte e simili) si fonda ancora di preferenza, in tutti i paesi, sul passaggio dall'industria al commercio minuto attraverso le case grossiste, mezzo grossiste, o commissionarie, sebbene, specialmente nel dopoguerra, si sia accentuata un po' dappertutto, per effetto dell'inflazione creditizia, la vendita diretta sul mercato interno, dalla fabbrica al commercio al minuto, e nel commercio di esportazione, dalla fabbrica al cliente estero. In generale, però, l'industria laniera, tranne le piccole aziende, manca dell'attrezzatura necessaria per portare direttamente al consumatore i suoi prodotti.

Gran Bretagna. - Come risulta dalla tab. 10, la Gran Bretagna ha attualmente il più potente attrezzamento laniero del mondo. I primi filatoi e le prime carde a macchina furono adottati in Inghilterra verso la fine del '700, ma si può considerare che la moderna filatura abbia avuto inizio nel 1810 e nel ramo pettinato soprattutto. Ciò per il fatto che le lane inglesi, essendo generalmente di tiglio lungo, erano particolarmente adatte a questo tipo di lavorazione. Molto lenta fu l'evoluzione della tessitura e nel 1835 il distretto laniero dello Yorkshire contava appena 688 telai meccanici per i tessuti cardati e 2856 per i pettinati. Si noti, peraltro, che l'applicazione del telaio meccanico alla lavorazione del cardato non consentiva, almeno con i primi apparecchi, un sensibile incremento della produzione; soltanto col diffondersi della fabbricazione dei tessuti pettinati il telaio meccanico poté rapidamente affermarsi.

La trasformazione industriale andò in Inghilterra di pari passo con la soppressione delle restrizioni al commercio delle lane indigene, con lo sviluppo della produzione lanaria australiana e con l'espandersi dei manufatti inglesi fuori dei confini del regno. E coincise col concentramento dell'industria nelle regioni del nord, dove era stata fino allora più arretrata, e precisamente nel West Riding (Yorkshire). Decaddero a mano a mano gli antichi centri lanieri di Gloucester, Devon, Somerset, e soprattutto quello di Norwich dove l'industria occupava, ancora nel 1770, ben 70.000 operai. La prossimità dei centri minerarî del carbone e del ferro, lo sviluppo rapido dell'industria cotoniera nel vicino Lancashire, l'incremento della filatura del pettinato, furono le maggiori cause determinanti di questa migrazione. Ebbe impulso in questa zona specialmente l'industria del pettinato. E il progresso fu ancora più notevole dopo il 1840, quando per le invenzioni di J. Holden e S. C. Lister la pettinatura meccanica entrò in una fase di pratica realizzazione. Altrove, specialmente a Batley e dintorni, si veniva invece diffondendo l'industria della lana rigenerata, secondo i nuovi procedimenti, iniziati, a quanto sembra, nel 1813 da B. Law che pose in opera la prima sfilacciatrice.

Nel 1930, la produzione inglese si valutava in q. 1.109.000 di lane pettinate, q. 718.000 di filati pettinati, q. 865.000 di filati cardati, q. 102.000 di filati di alpaca, mohair e altre fibre speciali, q. 439.000 di tessuti di pura lana (in proporzioni press'a poco eguali cardati e pettinati), e quintali 505.000 di tessuti misti (in grande prevalenza cardati). È da notare però che queste cifre riguardano un periodo di depressione dell'industria inglese. Questa produzione è destinata in buona parte all'esportazione (tabelle 8 e 9) specialmente nel ramo tessuti (nel 1924 il 50%, nel 1930 il 37%), ed è apprezzatissima per la sua alta qualità.

Centro principale dell'industria si può attualmente considerare il West Riding con Bradford, noto in tutto il mondo, sia per i suoi prodotti lanieri sia come centro del mercato del pettinato (tops) e delle lane mohair e alpaca, la Colne Valley, vicino a Huddersfield, per le stoffe di fantasia a buon mercato, Huddersfield (pettinati fini), Batley, Ossett e Morley (tessuti cardati di lana pura e mista e di lana rigenerata, e coperte), Halifax (filati e tessuti pettinati), Leeds (pettinati, filatura e tessitura e fabbriche di abiti in serie), Dewsbury (coperte e lavorazione della lana rigenerata), ecc. L'industria laniera è pure assai sviluppata in alcune altre parti dell'Inghilterra (a Kidderminster per i tappeti, a Leicester per le maglierie, a Rochdale per le flanelle, ecc.) e nella Scozia (Galashiels e Hawick per cardati finissimi, i noti tweed).

Francia. - È in ordine d'importanza il terzo grande paese laniero d'Europa. L'antica industria francese vantava tradizioni nobilissime specialmente nelle zone di Sedan, Elbeuf, Cambrai, Saint-Quentin, sull'Aisne, sulla Somme e altrove. La politica proibizionista del blocco continentale, continuata anche durante il periodo della Restaurazione, ne stimolò l'incremento e la trasformazione meccanica. La lavorazione a mano andò a poco a poco scomparendo. La tessitura dei panni finissimi, a tinta unita, cedette a poco a poco verso il 1850 davanti al propagarsi delle stoffe a disegno, di lanaggio fine o anche imitate in tipi correnti. La diffusione delle lane merine, a fibra corta, favorì specialmente la filatura cardata, la quale si meccanizzò più rapidamente che in Inghilterra, nella prima metà del secolo XIX.

Anche in Francia la lavorazione del pettinato ebbe grande sviluppo, specie dopo l'invenzione della pettinatrice rettilinea, avvenuta nel 1845 per opera dell'alsaziano J. Heilmann: questa macchina consentì di pettinare le lane di media lunghezza o corte, per modo che se ne fece presto vasta applicazione alle lane merine, di cui veniva potentemente espandendosi la produzione in Australia. Il ramo pettinato dell'industria prese il sopravvento sul ramo del cardato, attrezzandosi, a differenza di questo, per l'esportazione. Nella zona di Roubaix-Tourcoing si venne accentrando la quasi totalità della pettinatura, e buona parte della filatura di pettinato, l'una generalmente staccata dall'altra, e attorno a questi rami industriali sorse e si sviluppò nei detti centri un forte commercio d'importazione delle materie prime dai grandi mercati d'origine e d'esportazione dei semilavorati. Il ramo del pettinato si affermò anche nell'Alsazia, dove sorsero pure grandi case costruttrici di macchinario, nonché a Reims e a Fourmies. Roubaix-Tourcoing, che nel 1850 produceva già tessuti di lana per un valore di 50 milioni di franchi, prese un posto preminente nell'industria francese anche per il rapido diffondersi della tessitura meccanica e per lo sviluppo dell'industria dei tappeti e delle stoffe per mobili, che ivi era sorta nel 1827. Elbeuf, Sedan, Vienne e altri centri tradizionali furono superati da Roubaix-Tourcoing, perché rimasero più a lungo attaccati alle lavorazioni antiche. A Mazamet, nel mezzogiorno, sorse nel 1851 l'industria della slanatura delle pelli, che assunse poi rinomanza mondiale, e che favorì lo sviluppo dell'industria del cardato, specializzata nella produzione di articoli medî e ordinarî. L'invasione tedesca durante la guerra mondiale sconvolse e danneggiò enormemente i centri lanieri del nord e dell'est; le ricostruzioni del dopoguerra fecero nuovamente rifiorire e primeggiare Roubaix-Tourcoing, mentre a Reims l'opera di rinnovamento fu più lenta e difficile, e non completa, data la devastazione subita da quella città.

Attualmente l'industria francese è molto forte soprattutto nel ramo pettinato (nel 1926-27 furono prodotti quintali 1.300.000 di lane pettinate e quintali 1.070.000 di filati pettinati) e nelle lanerie da donna. L'esportazione è cospicua.

Germania. - Possiede dopo l'Inghilterra la più potente industria laniera d'Europa. L'arte della lana aveva ricevuto notevole impulso dall'attività dei principi riformatori nella seconda metà del sec. XVIII, ma viveva all'ombra di privilegi e di favori governativi. L'abolizione del regime feudale, la soppressione delle corporazioni, lo spirito di rinnovamento impresso alla vita economica del paese dalla conquista napoleonica, soprattutto negli anni del blocco continentale, favorirono il sorgere della moderna industria specialmente nella zona del basso Reno (Barmen, Elberfeld, Aachen, Aquisgrana, ecc.), in Sassonia (Gera, Greiz, Chemnitz, ecc.), in Prussia e in Baviera. L'unificazione doganale tedesca (Zollverein) attuata nel 1834, creando un vasto mercato interno, diede all'industria possibilità di consolidarsi e progredire. Particolare incremento assunse la lavorazione del cardato, agevolata anche dal miglioramento della produzione lanaria nazionale, che dava le lane migliori d'Europa.

Ma è precisamente dopo la fondazione dell'impero germanico, e col favore di una forte protezione doganale, che si sviluppa la grande industria laniera tedesca. La filatura del pettinato, arricchita dei moderni e grandiosi impianti dell'Alsazia, prese rapida diffusione. La tessitura fu secondata nella trasformazione dal sorgere di potenti fabbriche di telai, che estesero la loro azione anche oltre i confini dell'impero (Hartmann, Schönherr). La produzione nel 1928 fu di q. 662.698 di lane pettinate, q. 615.110 di filati pettinati, q. 751.070 di filati cardati e di tessuti, per un valore complessivo di 1204 milioni di marchi. Un potente sviluppo presero anche in Germania le lavorazioni del cardato e le lavorazioni speciali (feltri, coperte, tappeti).

Belgio. - Ha un'importante industria laniera il cui sviluppo è stato anche in parte dovuto allo sviluppo collaterale dell'industria delle costruzioni delle macchine, introdotta a Verviers da un operaio irlandese, W. Cockerill, e proseguita da case di ottima rinomanza (Hodson, Houget, ecc.). Di particolare importanza sono, in questo paese, le lavorazioni di lavatura, carbonizzatura e filatura cardata largamente esercitate per conto di terzi. La pettinatura, introdotta solo verso il 1875, è pure notevolmente sviluppata. L'esportazione comprende notevoli quantitativi di lane lavate o pettinate, di filati cardati e pettinati e di tessuti.

Il centro principale dell'industria è Verviers, con grandi impianti di lavatura e filatura di lana cardata, che utilizzano le acque della Vesdre, la cui costituzione chimica è particolarmente indicata per dare alle lane speciale sofficità. Merita di essere ricordato, a questo proposito, il famoso sbarramento delle acque della Vesdre nella valle della Gileppe, colossale opera compiuta nel 1875 per assicurare una regolare alimentazione.

Cecoslovacchia. - Ha ereditato quasi tutta l'industria laniera del cessato impero austro-ungarico, quindi possiede un'attrezzatura largamente superiore al fabbisogno del mercato interno. L'industria è forte esportatrice di filati pettinati, di tessuti, di tappeti, di feltri e di coperte: per contro, importa largamente lane pettinate specie dalla Germania, avendo poche pettinature proprie. La produzione cecoslovacca di tessuti comprende anche su vasta scala tipi molto pregiati. I centri principali si trovano in Boemia, soprattutto a Liberec (Reichenberg) e in Moravia, a Bruna.

Altri paesi europei. - L'Olanda possiede, relativamente alla popolazione, un'industria bene sviluppata: il centro più importante è Tilburg (6647 operai); centri minori sono Leida, Eindhoven e altri. L'industria è forte importatrice di lane pettinate, di filati e di tessuti.

La Polonia aveva, prima della guerra, un'industria laniera molto sviluppata, che serviva il vasto mercato russo; molti stabilimenti furono distrutti durante le operazioni belliche, e solo in parte vennero poi ricostruiti: il centro maggiore è Łódż, dove esistono moltissime fabbriche; di minore importanza sono Bialystok, Bielsk e altri centri. L'industria attualmente provvede soprattutto al mercato interno, pure esportando discreti quantitativi di filati e di tessuti.

La Svizzera ha un'industria laniera notevolmente sviluppata, che occupa circa 8000 operai. Per i tessuti, le importazioni superano le esportazioni, mentre per i semilavorati all'incirca si eguagliano. Centri importanti sono Zurigo, Sciaffusa e altri. Notevole è la produzione di filati per aguglieria e di lanerie fini. Basilea è sede d'importanti case commerciali laniere.

La Spagna costituisce nel campo laniero un mercato quasi chiuso, ben difeso anche per la materia prima da elevatissime barriere doganali. L'industria, alimentata esclusivamente dalla cospicua produzione lanaria nazionale, ha uno sviluppo adeguato alle necessità del paese. Essa è principalmente concentrata nella Catalogna (Barcellona, Sabadell, Tarrasa), e ha fatto notevoli progressi durante la guerra.

Il Portogallo possiede un'industria laniera molto antica, i cui centri principali sono situati nel nord del paese, soprattutto a Covilhã.

Nell'U.R.S.S., sembra che il Piano quinquennale abbia contemplato anche lo sviluppo di una forte industria laniera nazionale, e in realtà le importazioni di lane pettinate, di filati e di tessuti si sono ridotte nel 1931 a cifre molto basse.

Dei tre paesi scandinavi, la Svezia è quella dove l'industria laniera è più sviluppata, riuscendo a occupare circa 12.000 operai. Più modesto è l'impianto della Danimarca e della Norvegia, dove il numero degli operai lanieri è limitato, rispettivamente, a 2500 e 3200. Tutti e tre i paesi scandinavi integrano la produzione nazionale con importazioni relativamente cospicue di filati e di tessuti, per fare fronte alla richiesta di manufatti di lana delle rispettive popolazioni: la Germania e l'Inghilterra sono i maggiori fornitori; a questi di recente si è aggiunta anche l'Italia. Anche nei quattro paesi baltici (Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania), l'industria laniera è discretamente attrezzata, pure non riuscendo a coprire che parzialmente il fabbisogno interno. In Finlandia essa occupava nel 1928, 4466 operai; nella Lettonia, 2579. Tanto i paesi scandinavi quanto quelli baltici sono molto importanti come paesi consumatori di manufatti di lana: quasi dappertutto l'industria è in via di sviluppo com'è confermato dal forte protezionismo doganale.

Tutti i paesi dell'Europa sud-orientale (Iugoslavia, Austria, Ungheria, Bulgaria, Romania, Grecia, Turchia) sono caratterizzati da un rapido sviluppo delle industrie tessili, e di quella laniera in specie, nel dopoguerra. In modo particolare essi hanno dato incremento alla tessitura, volgendosi di preferenza verso la produzione di articoli medî e ordinarî, adatti al consumo locale. Molti impianti e numeroso personale tecnico sono stati trasferiti dalla Cecoslovacchia e dalla Polonia. Si è notato quindi dappertutto un aumento delle importazioni di filati dall'estero e una progressiva diminuzione delle importazioni di tessuti.

Per l'Austria i centri più importanti dell'industria laniera sono Vienna e le regioni meridionali. Vienna era nell'anteguerra anche un importante centro commerciale, che faceva da tramite fra le grandi industrie continentali e i paesi balcanici, ma ormai questa sua funzione è andata in gran parte esaurendosi. Notevole è ancora in Austria la produzione di filati pettinati da guglieria. I maggiori centri lanieri della Iugoslavia sono Belgrado, Leskovac, Groelitza e Kula; altri centri di minore entità sono in Slovenia. La Iugoslavia produce anche molta maglieria e molti tappeti di lana. In Grecia, e ancor più in Turchia, ha particolare importanza la fabbricazione dei tappeti che viene esercitata in moltissimi piccoli stabilimenti e alimenta notevoli correnti di esportazione. In Bulgaria i centri lanieri maggiori sono Sliven e Grabovo; in Romania, Timiṣoara, BuhuŞ, Bucarest e altri; nella Turchia, Costantinopoli, Smirne, Brussa e altri. In tutti questi paesi è ancora molto diffusa la lavorazione casalinga, che produce filati e tessuti ordinarî di consumo locale. I detti paesi costituivano fino ai primi anni del dopoguerra notevoli sbocchi della produzione italiana; ma lo sviluppo delle industrie locali e le elevate barriere doganali erette a difesa delle produzioni interne rispettive, hanno a poco a poco eliminato i tessuti italiani da quei mercati. Si è però sviluppata dall'Italia esportazione di filati. La Cecoslovacchia è il solo paese che riesca ancora a mantenere una discreta posizione come esportatrice di tessuti nei paesi balcanici.

Stati Uniti e Canada. - Tra i paesi extra-europei, gli Stati Uniti possiedono la più grande industria laniera. La capacità di produzione di questa è sufficiente a soddisfare quasi in pieno il fabbisogno del vasto mercato interno validamente difeso da elevatissime barriere doganali; l'esportazione è trascurabile. La produzione è stata valutata, nel 1929, di 736.979 quintali di filati e di 406 milioni di metri quadrati di manufatti. Data la potenzialità dell'industria nazionale e l'elevatissima barriera doganale, le importazioni dall'estero sono assai limitate: vi provvede in buona parte l'Inghilterra per i tessuti più fini. L'industria è in gran parte accentrata negli stati del nord-est, in prossimità dei maggiori centri di produzione e commercio della materia prima. Sono sue caratteristiche la forte integrazione verticale, l'esistenza di grandi organismi e la scarsezza di specializzazione industriale. La American Woollen Company ha parecchie migliaia di telai.

Il Canada sta sviluppando, anch'esso sotto l'egida di elevate barriere doganali, la propria industria laniera. Sono però tuttora cospicue le importazioni di lane pettinate, di filati e di tessuti dall'estero, e specialmente dall'Inghilterra.

Asia. - L'industria laniera ha un'importanza relativamente scarsa nella Cina, nelle Indie britanniche, in Persia e in altri paesi dello sterminato continente asiatico, dove dev'essere invece ancora molto diffusa la lavorazione a mano. Mancano però dati statistici sul macchinario installato, e i soli elementi di giudizio disponibili sono i dati sul commercio estero, dai quali risultano soprattutto cospicue importazioni di manufatti. L'Inghilterra occupa tuttora su molti mercati una posizione predominante, seguita dalla Francia, dalla Germania, dal Giappone e da altri grandi paesi. Per l'industria laniera italiana, i mercati asiatici sono di grande importanza; infatti essi assorbirono il 53% delle sue esportazioni di tessuti nel 1928, il 51% nel 1929, il 53% nel 1932. Specialmente nell'India britannica la produzione italiana di tessuti ordinarî e di scialli si è molto affermata nel dopoguerra.

Fra i paesi asiatici merita un cenno speciale il Giappone, dove l'industria laniera ha avuto uno straordinario sviluppo nel dopoguerra, come è rivelato dall'eccezionale aumento dei suoi acquisti di lane in Australia e Nuova Zelanda (40.554 balle nella stagione 1920-21 e 639.795 nel 1931-1932). Secondo dati del 1929 il Giappone aveva allora 537 pettinatrici, 446.202 fusi di pettinato, 21.289 telai; nel 1931 risultava che i fusi erano saliti a 685.000 ed è certo che anche negli altri rami l'industria ha ulteriormente aumentato la sua potenzialità. Di limitata entità è la filatura di cardato. L'industria è in gran parte localizzata nella zona di Bishu, che comprende alcuni distretti prossimi alla città di Nagoya, capitale della prefettura di Aichi. Ormai l'industria basta al fabbisogno del paese per la pettinatura e la filatura. Nel campo dei tessuti, invece, malgrado l'enorme incremento della produzione locale, il Giappone importa ancora quantitativi discreti dall'Inghilterra e dalla Germania, pure dovendosi tenere conto che esso viene iniziando rapidamente anche la sua penetrazione nei mercati esteri, e specie in quelli orientali (Cina e India). Di particolare importanza è la produzione di mussoline di lana per la confezione di chimono, che nel 1930 fu di 121 milioni di yards. A quanto pare, l'industria è in gran parte nelle mani di pochi potentissimi gruppi finanziarî, soprattutto per quanto concerne il ramo del pettinato, mentre è frazionata in numerose piccole aziende nel ramo cardato.

America Meridionale. - Anche nei paesi dell'America latina l'industria laniera si è sensibilmente sviluppata, nel ramo tessitura, negli anni dell'immediato dopoguerra, ciò che ha portato di conseguenza una progressiva contrazione delle esportazioni di tessuti dall'Europa, e un contemporaneo aumento delle esportazioni di filati di lana. In generale non si hanno dati statistici recenti sull'entità del macchinario installato nei varî paesi.

Risulta tuttavia che è ancora scarsa l'importanza dell'industria laniera nella Repubblica Argentina, paese che rimane un discreto mercato di sbocco anche per la produzione italiana. Nel Brasile l'industria tende a espandersi rapidamente, e così nel Chile, nell'Uruguay e nel Perù, anche per opera d'Italiani che hanno impiantato e dirigono fabbriche attrezzate secondo i più recenti progressi della tecnica.

L'Inghilterra mantiene ancora una posizione assai importante tra i paesi fornitori di manufatti di lana alle repubbliche dell'America Meridionale, specialmente per le drapperie molto fini.

Bibl.: E. Lipson, The history of the woollen and worsted industries, Londra 1921; A. Pawlowski, L'industrie textile française, Parigi 1925; H. Behnsen e W. Genzmer, Weltwirtschaft der Wolle, Berlino 1932; C. Barbagallo, Le origini della grande industria, Venezia 1932; Bollettino della laniera, Biella.

La grande industria in Italia. - Le grandi innovazioni che caratterizzarono l'industria laniera inglese agl'inizî del secolo XIX non trovarono in Italia uguali possibilità di affermazione. L'industria italiana era nel complesso ancora prevalentemente organizzata ad artigianato e presentava condizioni depresse. A eccezione delle gualchiere, mosse idraulicamente, essa non contava altri ordigni meccanici; imperfetti i telai e in genere gli attrezzi di fabbrica; scarse e insufficienti le conoscenze di chimica dei colori. Dappertutto, fuorché in Toscana, essa viveva all'ombra di altissime tariffe doganali.

Il lanificio biellese aveva traversato nel primo decennio del secolo XX una grave crisi, essendogli venute a mancare le forniture militari, forniture di cui disponevano invece i lanifici di Ormea, Genova e Mondovì. Per superare le difficoltà derivanti dalla mancanza di lavoro, le fabbriche biellesi iniziarono in quell'epoca la tessitura dei panni alti e pesanti e, come ha scritto A. Rossi, "da allora presero e mantennero la supremazia nell'arte della lana, non del Piemonte soltanto, ma di tutta Italia". Il lanificio lombardo, che ancora viveva nel Comasco, nella Valle Brembana e nella Valle Seriana, e che fino al 1815 era stato impegnato attivamente nelle forniture militari per l'esercito francese, decadeva nuovamente col ritorno della dominazione austriaca. Altrettanto può dirsi del lanificio veneto, che aveva ottime tradizioni nel Vicentino, nel Padovano e in altre zone, e che specialmente a Schio aveva assunto una notevole importanza dopo l'introduzione della spola inglese, operata per merito di N. Tron nel 1737. Il lanificio toscano che tanto prestigio aveva avuto nei secoli XIV e XV, sopravviveva nel Pratese: a risollevarlo, molto aveva contribuito la fabbricazione dei berretti rossi alla levantina (fez) impiantata nel 1792 da V. Mazzoni in società con G. Pacchiani, e continuata poi con successo per una quarantina d'anni, e la fabbricazione dei feltri per cartiere introdotta dai Magnolfi nel 1800. In molti altri centri l'industria continuava le passate tradizioni: così in Terra di Lavoro (Arpino e Valle del Liri), dove era anche fiancheggiata da una buona industria armentizia con allevamenti di pecore merine e contava fin dal 1809 filature e tessitura "all'uso di Francia" (Isola del Liri), dovuti al francese Ch. Lambert, chiamato da Murat; a Roma, dove era esercitata soprattutto dagl'istituti pii e principalmente da quell'ospizio di S. Michele che occupava 1000 persone e produceva panni fini, come i cosiddetti "calmucchi"; in diverse città del Lazio, dell'Umbria e delle Marche, alcune delle quali andavano famose per produzioni tipiche (Alatri, Foligno, Spoleto, Perugia, Fabriano).

Nel Piemonte si ebbero le prime profonde innovazioni nel lanificio per opera di P. Sella, biellese, che dopo lunghi viaggi in Francia, nel Belgio e in Inghilterra a scopo di studio, e dopo difficoltà e contrasti col governo, riuscì nel 1816 a introdurre per primo nella sua fabbrica di Biella, in riva alla Strona, detta la Macchina vecchia, tutto un complesso organico di macchine per aprire, cardare e filare la lana, e per guarnire e cimare i panni.

Più tardi, un altro Sella, Giuseppe Venanzio, dava impulso alle applicazioni della chimica alla tintoria.

Quasi contemporaneamente al Biellese, le macchine per filare la lana venivano introdotte anche nel Vicentino. Secondo A. Rossi, fu F. Rossi a impiantarle nella fabbrica da lui avviata a Schio in società con E. Pasini (1817-1819), ma altri elementi di giudizio fanno supporre che anche prima dell'epoca segnata dal Rossi le macchine a filare venissero introdotte a Schio; forse nel lanificio Garbin, fondato nel 1793 da G. B. Garbin, pioniere dell'industria laniera scledense, il quale lanificio era il più completo e perfezionato colà esistente.

Rapidi furono i progressi dell'arte laniera nel Piemonte, dopo le prime innovazioni meccaniche. Nel 1840, i fratelli Sella e i Borgnana-Picco (il lanificio Colongo-Borgnana fu, a quanto pare, il secondo lanificio meccanico del Biellese) sostituivano nei proprî stabilimenti, agli antiquati filarelli, i primi filatoi di 200 fusi (mule-jenny). Nel 1844 in occasione dell'esposizione di Torino, la produzione delle manifatture di lana nel Piemonte e nella Liguria si calcolava di metri 1.540.000: alla lavorazione erano adibiti 11.297 operai (di cui 5329 nel solo Biellese). Molte fabbriche avevano filanda propria. I nuovi metodi introdotti dai Sella venivano seguiti da altre ditte, fra cui si possono rammentare i Piacenza (lanificio creato nel 1725 e che poi fu il primo, nel 1845, a intraprendere in Italia la fabbricazione delle stoffe a disegni), i Bozzalla (fondata nel 1839), i Garbaccio (1832), i Rosazza, i Vercellone e gli Ubertalli (fondata nel 1846), i Boggio (1840). A Torino prosperavano i tre stabilimenti di filatura e tessitura di pannilani e di panni militari (Torino, Rivoli e Caselle T.) impiantati nel 1804 da Giovanni Paolo Laclaire, cittadino francese naturalizzato italiano, che seppe in breve dare particolare rinomanza alla sua produzione.

Anche nel Vicentino, accanto alla fabbrica Rossi che veniva perfezionando e affinando la sua produzione, e ad altre più modeste ma pure assai antiche, come il lanificio Conte fondato nel 1757, altre fabbriche sorgevano, come il lanificio Ferrarin (1830), o si rinnovavano, come il lanificio Marzotto fondato fin dal 1800 da L. Marzotto e avviato alla prosperità da G. Marzotto che ne assunse la direzione nel 1842, e introdusse poi i primi telai meccanici nel 1862.

A. Rossi, succeduto al padre nella direzione dell'azienda, impiantava nel 1849 la prima macchina a vapore e i primi telai meccanici a Schio e dava inizio ad altre grandi riforme.

In Prato, ove per merito di G. B. Mazzoni si era iniziato nel 1819-20 il rinnovamento meccanico degl'impianti di filatura e lo sfruttamento delle forze idrauliche del Bisenzio, con grande vantaggio per il lanificio, veniva poi verso il 1850-51 introdotta la nuova lavorazione della lana rigenerata (dapprima effettuata con la stracciatrice a secco, poi, nel 1854, con la stracciatrice a guazzo): lavorazione che ebbe in seguito largo sviluppo e che oggi conferisce un'impronta nettamente caratteristica all'industria laniera di quella importante zona. Tra le ditte sorte in quell'epoca sono da noverare la Villoresi (1840), la Romei (1845), la Cavaciocchi (1848). Press'a poco in quell'epoca l'industria della lana meccanica sorgeva anche a Biella per iniziativa dei Canepa. Nel Casentino sorgeva nel 1862 il lanificio di Stia, nel quale A. Ricci riuniva, rinnovandoli, varî impianti; altre fabbriche erano situate nel Senese e nel Lucchese e provvedevano al consumo locale.

All'atto dell'unificazione, l'industria laniera italiana presentava già un discreto sviluppo. Nel ramo cardato essa ormai bastava a soddisfare la maggior parte del consumo interno e poteva sostenere la concorrenza estera, specialmente nelle qualità medie: inoltre con l'introduzione del filatoio automatico, verso il 1860-65, essa acquistava in questo ramo il migliore attrezzamento. Nel ramo pettinato essa era ancora superata dall'industria estera, tuttavia faceva le sue prime affermazioni. Questa lavorazione, che nella metà del secolo aveva già largo predominio in Europa, era stata tentata primamente in Lombardia, a Lainate, nel 1848-49 dai fratelli Preyssel, moravi. Abbandonata presto, fu ripresa ad Aranco Sesia dai fratelli C. e A. Antongini di Milano, emigrati politici in Piemonte: fu fondato uno stabilimento che poi diede origine alla manifattura di Borgosesia. Essa era praticata inoltre a Isola del Liri da L. Mazzetti, genero di C. Lambert, che aveva approntato nel 1852 dieci pettinatrici meccaniche Schlumberger e nel 1860 alcuni selfactings, a Voltri, a Torino, e dal 1868 a Piovene, nella filatura A. Rossi e C., provvista di 6000 fusi. Ma in complesso dava produzione ancora scarsa. Migliore era la situazione in qualche lavorazione speciale come quella degli scialli tartani, di filato pettinato, leggieri, rettangolari, a disegni scozzesi, introdotta dal Maderna e allargata dal Buffoni nel 1865; degli scialli cosiddetti di Berlino, di filato cardato, quadrati, a disegnatura Jacquard, iniziata nel 1865 da E. Mosterts, prussiano; degli scialli cardati fini iniziata a Prato da L. Targetti nel 1875; delle coperte da letto eseguita dai Bonucci di Perugia nei tipi fini e da varie ditte a Gandino (la Radici Seniori esisteva fin dal 1717) e a Sale Marasino (Bergamo), in Liguria e in Toscana; delle flanelle a Gandino e a Desio; dei tappeti a Firenze e a Torino; delle maglierie in Liguria.

Secondo calcoli di A. Rossi, l'attrezzamento totale dell'industria della lana in Italia comprendeva, nel 1867, 8500 fusi di pettinato, 673 assortimenti di filatura cardata con circa 200.000 fusi, 6480 telai, dei quali solo 250 erano meccanici. Il numero degli operai occupati era di 25.000. Le macchine erano in gran parte importate dall'estero, ma già alcuni costruttori, come i Canepa e gli Squindo a Biella, i Mazzoni a Prato, i Neville a Venezia, ne avevano iniziato la fabbricazione.

Dall'unificazione al 1878, periodo di decisa politica liberista, l'industria laniera poté continuare, seppure lentamente, nel suo sviluppo nell'Italia settentrionale, dove già segnava maggiori progressi tecnici e commerciali; andò lentamente decadendo nei centri meridionali. A. Rossi fu il grande promotore dell'industria laniera settentrionale in quegli anni. Nel 1873, egli costituiva in anonima la vecchia azienda familiare, con un capitale di 30 milioni di lire, concentrando in essa le altre principali fabbriche di Schio, a eccezione dei lanifici Conte e Cazzola; nel 1877 fondò l'Associazione laniera italiana. Sui 1000 telai meccanici esistenti in quegli anni, il lanificio Rossi ne riunisce 800: 500 a Schio per la lavorazione del cardato, 300 a Piovene per quella del pettinato. Esso inoltre, con la manifattura di Borgosesia, divideva il merito del maggiore sviluppo della filatura di pettinato. Accanto al Rossi, molti altri industriali lavorarono al progresso dell'industria. E ottimi risultati si raggiunsero, specie nel campo della tessitura, fino a quel tempo arretrata: dai telai Jacquard, introdotti verso il 1850, si passò verso il 1870 ai telai Smith, Crompton e Hartmann, per arrivare verso il 1880 ai telai Schönherr, che si mantennero poi prevalenti, specie nel Biellese. La statistica industriale del 1876 servì a rilevare i progressi dell'industria in questo periodo (tab. 11).

Nel luglio 1878 entrava in vigore la nuova tariffa doganale generale, che, accogliendo in parte le richieste dell'industria laniera, costituiva un primo passo nel senso di una più efficace, se pure temperata, protezione. Vennero soppressi i dazî sul valore, e fu introdotta la distinzione fra tessuti cardati e pettinati, con dazi alquanto più alti per gli ultimi. I suoi effetti però furono assai limitati e vennero presto frustrati, per la tessitura, da nuovi trattati stipulati con l'Austria-Ungheria (dicembre 1878) e con la Francia (1881). Malgrado ciò, non si interruppe l'opera di rinnovamento, finché la nuova tariffa generale del 1887 venne a dare all'industria laniera, come alle altre industrie, il mezzo per una più decisa espansione soprattutto nella filatura a pettine e nella tessitura.

L'industria continuò però soltanto a progredire nei centri del settentrione e della Toscana, dove procedeva di pari passo col miglioramento delle cognizioni e dell'istruzione tecnica, mentre decadeva del tutto nel Napoletano, che pure aveva rappresentato, fino ai primi anni del regno, il centro laniero più importante dopo il Biellese. A Torino B. Bona divulgava la sua scoperta sulle leggi delle riduzioni e dei pesi dei tessuti. A Biella F. Cerruti dava impulso all'arte tintoria, introducendo nuovi procedimenti, C. Trossi sviluppava le prime iniziative nel campo del commercio laniero, A. Boglietti introduceva la lavorazione meccanica della maglieria (1883). A Prato, infine, dove lo sviluppo meccanico era stato più lento (il primo telaio meccanico fu introdotto dal Romei nel 1870, il primo carbonizzo nel 1882, il primo filatoio automatico nel 1891), sotto l'influsso di nuovi processi, la produzione degli articoli di lana rigenerata, tipici della zona, si andò grandemente estendendo, e diede anche alimento a un fiorente commercio di stracci classificati. Lo sviluppo dell'industria risultò evidente dai risultati dell'indagine statistica compiuta dal Ministero dell'agricoltura, industria e commercio nel 1894.

Gli anni dal 1894 al 1898 furono anni di crisi per l'industria laniera, in dipendenza dalle generali condizioni di disagio del paese, ma con gli inizî del nuovo secolo la situazione rapidamente migliorò. Nel 1905 intanto C. Trossi promoveva a Vigliano Biellese l'istituzione di un grande impianto di pettinatura per conto di terzi, integrando anche per questo lato l'attrezzatura industriale. Nel 1906 fu creato a Biella il primo stabilimento per la condizionatura della lana. Attraverso la concentrazione industriale, largamente attuata in questo periodo, le aziende s'ingrandirono sensibilmente diminuendo di numero. I telai meccanici salivano a circa 14.000 nel 1914. La filatura a pettine si sviluppava e nel 1913 raggiungeva i 360/400 mila fusi: un consorzio creato nel 1905 univa alcune delle più importanti ditte di questo ramo. Soltanto la filatura cardata si conservava stazionaria. All'incremento degl'impianti, si accompagnava lo sviluppo della costruzione dei macchinari, specialmente per la lavorazione del cardato, ed è degl'inizi del secolo la creazione dello Stabilimento meccanico biellese. Anche l'istruzione tecnica si sviluppava per l'azione svolta dalle scuole professionali di Biella (1869), Vicenza (1877), Prato (1886) e da quelle annesse agl'istituti tecnici di Bergamo e di Torino.

L'industria aveva fino allora sempre lavorato prevalentemente per il mercato interno. L'esportazione era stata iniziata da tempo, sia nei filati pettinati sia nei tessuti, e aveva anche progredito, ma non rappresentava ancora un elemento fondamentale per l'industria, considerata nel suo complesso: per i filati cardati la produzione veniva, come sempre, assorbita per intero dalla tessitura nazionale. Le più importanti destinazioni dei tessuti italiani erano quelle dell'America latina, delle Indie, dell'Europa sud-orientale. Ma nell'insieme, le importazioni di tessuti prevalevano ancora largamente, alla vigilia della guerra mondiale, sulle esportazioni, sia in quantità, sia, e molto di più, in valore; ciò era dovuto principalmente all'importazione di tessuti pettinati.

Lo scoppio della guerra mondiale mise l'industria laniera, come del resto quasi tutte le altre, in una situazione assai difficile, per la sopravvenuta deficienza di disponibilità liquide derivante dalla moratoria, per le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e per la chiusura di molti mercati di assorbimento dei manufatti. D'altra parte aumentò considerevolmente il fabbisogno di manufatti militari, a cui fino allora soltanto poche grandi ditte si erano abitualmente dedicate. La produzione di panno per la truppa, che nei tempi normali era di tre o quattrocento mila metri l'anno, salì in breve tempo a due, tre milioni di metri il mese. E l'industria dovette attrezzarsi per questo nuovo lavoro. L'Associazione laniera, presieduta da C. Bozzalla, organizzò in Roma, sotto il controllo dello stato, tutti i servizî inerenti alle forniture di manufatti di lana per le truppe combattenti (requisizione delle lane nazionali nel 1917 e 1918, importazione di lane estere, distribuzione delle materie prime e delle ordinazioni di manufatti). La pettinatura si arricchì di nuovi impianti e ampliò quelli esistenti. La filatura cardata s'ingrandì sensibilmente, mentre progredì più lentamente quella pettinata. Nel 1918 la potenzialità degl'impianti era notevolmente cresciuta in confronto al 1914 (vedi tabella 11).

L'immediato dopoguerra fu caratterizzato, per l'industria italiana come per quella di tutti i paesi ex-belligeranti, da una rapida estensione del consumo di manufatti di lana per la popolazione civile, che provocò nel 1920 una vertiginosa ascesa dei prezzi della materia prima, seguita poi da una precipitosa caduta. La gravissima crisi che colpì l'industria laniera nel periodo 1920-21 e le eccezionali provvidenze fiscali di quel tempo annullarono in buona parte i profitti che erano stati conseguiti negli anni precedenti. Ma gli ultimi mesi del 1921 segnarono il ritorno lento e graduale della fiducia, la ripresa parziale dei traffici, l'avviamento a un assetto normale del lavoro. L'industria andò rimodernando i suoi impianti, perfezionando i prodotti e migliorando l'organizzazione commerciale, in guisa da estendere la conquista del mercato interno e la penetrazione nei mercati esteri.

Influirono sul rapido incremento dell'esportazione di tessuti, oltre a fattori intrinseci all'industria, cioè inerenti al reale progresso tecnico e commerciale dell'Italia, anche fattori contingenti, quali la crisi traversata dall'industria polacca, cecoslovacca e inglese, in conseguenza della rivalutazione monetaria, le difficoltà finanziarie e creditizie dell'industria tedesca, la lenta ripresa dell'industria nella Francia settentrionale dopo lo sconvolgimento portato dalla guerra mondiale nelle zone invase, e solo in piccola parte la svalutazione della moneta italiana.

Negli anni dal 1922 al 1927, il progresso industriale fu continuo, specialmente nel ramo della filatura cardata (Biellese), già sviluppatosi durante la guerra mondiale. Nel 1927 le pettinatrici erano 630, i fusi di cardato 580.000, quelli di pettinato 550.000; i telai meccanici 21.000; gli operai occupati 80.000. Notevoli spostamenti si ebbero in questi anni negli scambî con l'estero. Mentre nel 1924 l'esportazione verso i mercati danubiani e balcanici aveva rappresentato il 55% del totale, nel 1925 essa era scesa al 42%, e, bruscamente, nel 1926, era caduta al 20%. La perdita di questi mercati era stata però compensata con una più forte penetrazione nei paesi dell'Estremo Oriente.

Dopo la rivalutazione, l'industria fece ogni sforzo per non retrocedere dalle posizioni faticosamente conquistate.

Per quanto concerne, però, gli sbocchi compensatori, ancora nuovi spostamenti si verificarono dopo il 1927. Si andò perdendo il mercato nordamericano; ma l'industria intensificò il lavoro sul mercato inglese, portando così la lotta proprio nel paese che ha da tanto tempo il primato nell'industria laniera: da una cifra di q. 5190 di tessuti di lana e misti esportati in Inghilterra nel 1928, si salì a 15.265 nel 1930 e a 37.608 nel 1931, nel quale anno, però, la svalutazione della sterlina e l'imposizione di un elevato dazio d'entrata vennero a dare un forte colpo a questa corrente di scambî commerciali con l'estero, la qual cosa spiega, essenzialmente, la discesa dell'esportazione totale nel 1932.

Le esportazioni verso le Indie britanniche si contrassero nel 1930 in conseguenza del boicottaggio gandhista; quelle verso la Cina e Hong-kong riuscirono invece a mantenersi discretamente. Il Giappone, che ancora poco tempo fa si presentava come un mercato di assorbimento dei tessuti di lana italiani, si è venuto rapidamente e vigorosamente affermando come un temibile concorrente dell'industria europea.

La crisi mondiale del 1929 ha diminuito l'efficienza di alcuni rami dell'industria laniera e ha indebolito le risorse finanziarie dell'industria che però rimane una delle più sane industrie nazionali. Specialmente la filatura cardata ha dovuto ripiegare alquanto dalle posizioni raggiunte nel 1924-27: molte piccole aziende, sorte allora con scarsi capitali e avventuratesi in un lavoro sproporzionato alle loro forze, sono state travolte, e solo nel 1932-33 la situazione di questo ramo è andata lievemente migliorando. Anche la tessitura ha ridotto la sua attrezzatura: di 21.000 telai meccanici noverati nel 1927-28, una parte, almeno 1000, sono stati messi fuori efficienza (1929-1930-1931-1932). Per contro, la pettinatura e la filatura a pettine hanno continuato ad aumentare gl'impianti, fino a raggiungere, nel 1933, il numero di 850 pettinatrici, in piena efficienza di lavoro, e di 630.000 fusi di pettinato.

Entità e situazione dei varî rami dell'industria. - La situazione dei varî rami dell'industria laniera nel 1932 si può riassumere come segue.

Lavatura, sfilacciatura, carbonizzatura e garnettatura. - La lavatura della lana per uso dell'industria viene eseguita o negl'impianti annessi alle filature di cardato, per l'alimentazione delle filature stesse, o in quelli annessi alle pettinature, o anche in impianti del tutto autonomi, i quali ultimi lavorano per conto di terzi. I maggiori lavatoi autonomi sono situati nel Biellese: la loro importanza relativa è però andata scemando con lo sviluppo del consumo della lana, che ha reso necessario l'ampliamento dei reparti di lavatura esistenti presso i lanifici.

Esistono poi dei lavatoi normalmente adibiti al lavaggio delle lane da materasso. Questi impianti sono di proprietà di aziende commerciali che acquistano le lane in sucidi e le rivendono in lavato; essi però lavorano anche per conto di altre ditte commerciali sfornite d'impianti proprî. I centri principali dell'industria del lavaggio delle lane da materasso che si è sviluppata soprattutto nel dopoguerra, sono Livorno e Genova: impianti importanti si trovano altresì a Roma, Trieste, Milano, Castellammare di Stabia. A essi affluiscono tutte le lane della Sardegna, e una parte delle lane adatte per materassi o per tappeti della Sicilia e di altre zone, nonché le lane sucide importate dalla Scozia (le cosiddette blackfaced), dai Pirenei, dall'Albania, dall'Asia Minore (Soria, Aleppo, Damasco).

La fabbricazione della lana meccanica, come ramo d'industria autonomo, è andata sempre più declinando, essendo entrata a far parte delle normali operazioni dei lanifici. Nel 1895 esistevano 35 opifici specializzati, mentre attualmente sono pochissimi. Pure gl'impianti di carbonizzazione delle lane, dei cascami e degli stracci sono generalmente annessi alle filature di cardato; nel Pratese se ne trovano parecchi autonomi (una quindicina circa), che lavorano per conto di terzi e trattano soprattutto gli stracci di lana. Nel Biellese sono sorti, o si sono ampliati, nel dopoguerra, impianti di carbonizzazione e di garnettatura che lavorano per conto proprio o di terzi, e tendono a specializzarsi sempre più nella manipolazione dei cascami di pettinatura e di filatura, sul tipo dell'industria similare di Verviers (Belgio).

Filatura della lana cardata. - È il ramo dell'industria laniera più diffuso. Occorre però tenere presente che il macchinario della filatura di cardato si applica, oltreché alla lavorazione della lana vergine, della lana meccanica e dei cascami di lana, a quella del cotone e dei cascami di cotone, per modo che una distinzione rigorosa tra l'industria laniera e quella cotoniera (specie dei cascami) non è possibile; sono frequenti gli spostamenti da un campo all'altro, e la statistica è malsicura. È certo che verso il 1927-28 si è arrivati a 580-590.000 fusi di cardato per lana, e forse anche più; ma nel 1932 il numero dei fusi di cardato che possono venire assegnati all'industria laniera e che producono filati di lana pura o mista e di cascami per lanifici, tappetifici e maglifici, è di circa 580.000 così ripartiti fra le varie regioni: Piemonte, 300.020; Veneto, 85.000; Lombardia, 61.000; Toscana, 100.000; altre zone dell'Italia centrale, 26.000; Italia meridionale, 8000.

La maggior parte dei fusi di cardato appartiene a reparti di filatura ausiliarî d'impianti di tessiture di stoffa, di copertifici, di maglifici o di tappetifici. Il tipo classico del lanificio, adatto alla produzione di stoffe, specialmente pesanti, per uomo e per donna, di coperte e scialli, è la tessitura con annesso reparto di filatura cardata. Non sembra esagerato calcolare in tempi normali una produzione di almeno 500.000 quintali.

L'industria è molto suddivisa nel regno; si contano almeno 400 filature, delle quali un terzo circa, comprendenti 120-150 mila fusi, autonomee (la maggior parte nel Biellese) e le rimanenti, con oltre 400.000 fusi, annesse a tessiture o a maglifici o tappetifici.

Pettinatura della lana. - È esercitata parte da imprese a sé stanti, autonome, che lavorano esclusivamente per conto di terzi (fr., à façon), parte in connessione con impianti di filatura a pettine. In complesso si avevano, nel 1933, 850 pettinatrici, di cui 838 rettilinee e 12 circolari, così distribuite per regioni: Piemonte, 480; Veneto, 168; Lombardia, 162; Liguria, 40.

Oltre alle macchine sopra indicate, adibite normalmente alla produzione del pettinato di lana (ingl. top), esistono circa altre 70-80 pettinatrici rettilinee, che normalmente sono destinate o a pettinare cascami di lana o di seta artificiale, oppure, presso lanifici, a ripettinare il pettinato di lana: queste macchine sono pertanto da considerare solo in parte, ai fini della determinazione della potenzialità produttiva dell'industria della pettinatura della lana.

La produzione totale del 1932 di pettinato può essere calcolata intorno ai 250.000 quintali, dato che gl'impianti di pettinatura lavorano normalmente a due, e anche tre turni. Lo sviluppo degl'impianti di pettinatura è continuo.

Filatura della lana pettinata. - Come s'è visto, lo sviluppo della filatura della lana pettinata è stato continuo nel dopoguerra, e persiste tuttora.

Nel 1932 si può considerare che la distribuzione regionale degl'impianti fosse la seguente: Piemonte, 360.000; Tre Venezie, 181.000; Lombardia, 52.000; Liguria, 10.000; Toscana, 4000; Umbria, 23.000.

Le grandi filature, aventi più di 30.000 fusi, si trovano nel Biellese, nella Valsesia, nel Vicentino e nel Bresciano; si tratta di sette aziende che insieme hanno oltre 300.000 fusi. Sei di esse (Tollegno, Grignasco, Borgosesia, F.lli Bona, Valdagno e Maglio, Gavardo) sono riunite nel Consorzio filatori di lane a pettine del quale si è già parlato. Nel Biellese prevalgono di gran lunga gl'impianti medî e piccoli, mentre nella Valsesia, nel Bresciano e nel Vicentino si hanno quasi esclusivamente grandi impianti. Il Biellese è la zona in cui negli ultimi tempi è aumentato il numero delle piccole filature annesse alle tessiture di media importanza, per la parziale o totale alimentazione di queste.

Nel complesso, questa lavorazione è ancora prevalentemente esercitata come ramo a sé, indipendente dalla tessitura; ma occorre tener conto che molte aziende di filatura, pur essendo formalmente costituite in modo autonomo, sono ausiliarie di lanifici appartenenti agli stessi proprietarî.

Come sistema di filatura, predomina quello francese, dato il larghissimo impiego di lane merine: è da ritenere che i fusi del sistema inglese, censiti in numero di 61.308 nel 1918, non siano aumentati di numero, essendo adoperati soltanto, o quasi, per la lavorazione di lane speciali e di pelo di capra per certi articoli, come tappeti, stoffe uso pelliccia, canapine, tessuti di alpaca e di mohair. Qualche lanificio, che si specializza nell'articolo finissimo, utilizza la filatura sistema inglese per la lavorazione di lane molto lunghe. Le grandi filature hanno pressoché completamente abbandonato la lavorazione col sistema inglese. La produzione della filatura di lane a pettine alimenta le tessiture di drapperie e di lanerie, i maglifici, i tappetifici e, in misura sempre più rilevante, le lavorazioni di articoli di maglieria e di calzetteria fatte a mano o con macchine rettilinee in uso presso piccoli artigiani. Si è non lontani dal vero, in mancanza di statistiche, affermando che la produzione totale nel 1932 dei 600.000 fusi in efficienza sia stato di 220-240.000 quintali di filato (partendo da una media annua per fuso di kg. 30 per un turno solo di lavoro, nel titolo medio 30 mila, che è normale per filature che producono filato per impieghi diversi).

Tessitura. - Anche la tessitura, come la filatura di cardato che le è generalmente annessa, è largamente diffusa nel territorio del regno. Essa è esercitata ormai quasi esclusivamente per mezzo di telai meccanici, anche nei luoghi in cui predomina l'artigianato. Esiste però tuttora un numero imprecisato di telai a mano (da 1 a 2 migliaia) sparsi soprattutto in piccoli centri dell'Italia centrale e meridionale, e adibiti a lavorazioni speciali per il consumo locale, o anche largamente note per speciali caratteristiche: tra queste emerge la lavorazione delle stoffe tipo homespun, eseguita a Carovigno nelle Puglie.

Il lanificio italiano produce qualsiasi tipo di tessuto di lana e misto, anche nei tipi maggiormente pregiati, che un tempo erano forniti esclusivamente dalle industrie straniere: stoffe per abiti da uomo e da donna, coperte e scialli, flanelle, velluti, foderami, stoffe per mobili, tappeti, feltri e panni per uso industriale, panni da carrozzeria, da bigliardo, per religiosi. Negli ultimi tempi si sono particolarmente sviluppate alcune lavorazioni speciali: coperte, stoffe per mobili, foderami, feltri tessuti.

Si calcola che i telai meccanici impiantati nel 1932 fossero circa 21.000, distribuiti come segue: Piemonte 9515 (di cui 7000 nel Biellese), Veneto 4215 (quasi interamente nel Vicentino e a Verona), Toscana 3727 (soprattutto nel Pratese e nel Casentino), Lombardia 3104, altre regioni 439. Predomina largamente il tipo di azienda familiare, diretta dagli stessi proprietarî. Anche dove si è adottata la forma della società anonima, la situazione non è sostanzialmente diversa.

La maggiore concentrazione dell'industria laniera esiste nel Vicentino, dove in due sole ditte si hanno circa 3000 telai e oltre 150.000 fusi di pettinato; la minore, invece, si riscontra nel Pratese, dove l'attrezzamento totale è suddiviso fra circa 150 aziende industriali e oltre 200 artigiani che hanno in complesso - questi ultimi - 310 telai meccanici e 97 a mano. Nel Piemonte predomina il lanificio di medie dimensioni. Nella Lombardia, se si eccettuano 5 grossi impianti, con oltre 200 telai ciascuno, i rimanenti sono in grande prevalenza di piccole dimensioni: Gandino, nel Bergamasco, è il centro di maggior densità degl'impianti. Nell'Italia centrale e meridionale (tranne Prato e altri centri) si hanno solo piccoli impianti, eccezionalmente con più di 10 telai meccanici.

Indubbiamente, però, la produzione di tutta la piccola industria e dell'artigianato ha per il consumo interno un'importanza superiore a quella che a prima vista si può ritenere, in quanto essa dà flanelle, panni e coperte di grande resistenza e durata, largamente usati dalla popolazione rurale. La produzione di tessuti di lana può essere calcolata per il 1932 a 350-400.000 quintali, di cui più di tre quarti servono per il consumo interno e il resto per l'esportazione.

L'organizzazione laniera italiana. - L'industria laniera italiana è rappresentata, secondo l'ordinamento corporativo vigente, dalla Federazione sindacale fascista dell'industria laniera e dall'Associazione fascista dell'industria laniera italiana, entrambe a carattere nazionale e riconosciute giuridicamente con r. decr. 14 luglio 1927. La prima ha la rappresentanza nazionale di tutte le ditte datrici di lavoro esercenti nel regno l'industria laniera, con tutte le attribuzioni proprie delle federazioni di categoria: essa si occupa, però, prevalentemente dei problemi sindacali ossia della regolamentazione dei rapporti collettivi di lavoro.

L'Associazione laniera invece fu costituita in Biella il 14 gennaio 1877 per l'assistenza tecnica ed economica dell'industria, e si può dire che essa abbia segnato l'inizio del sistema organizzativo nazionale per categoria, seguita, a breve distanza di tempo, dall'Associazione serica sorta per opera di A. Rossi che ne fu anche il primo presidente. Essa ha per scopo di patrocinare e promuovere la risoluzione dei problemi tecnici ed economici relativi all'industria laniera. A ciò essa provvede collaborando con gli organi statali nel preparare e, occorrendo, promuovere la legislazione concernente lo sviluppo dell'industria, promovendo studî, pubblicazioni, indagini, favorendo l'istruzione professionale, il perfezionamento dell'industria, il miglioramento dell'organizzazione tecnica, economica e commerciale delle aziende, partecipando alle riunioni internazionali delle organizzazioni laniere dei varî stati, indette dalla Federazione laniera italiana cui essa aderisce. L'Associazione svolge un'opera di assistenza delle ditte industriali nel campo dei tributi, delle dogane, della tutela dei crediti all'interno e all'estero, dei brevetti, delle informazioni commerciali; pubblica una rivista mensile (Bollettino della laniera), un supplemento commerciale settimanale e un annuario generale dell'industria; cura l'edizione di opere culturali del ramo laniero. Segue anche a mezzo di statistiche e rilevazioni speciali l'andamento del commercio laniero e dell'attività industriale laniera.

V. tavv. LXIII-LXVI.

Bibl.: Mariotti, Storia del lanificio toscano antico e moderno, Torino 1864; A. Rossi, Dell'arte della lana in Italia ed all'estero, Firenze 1869; G. V. Sella, Note sull'industria della lana, Bella 1873; S. Pozzo, G. V. Sella e i suoi scritti, Biella 1877; Ministero Agr. Ind. Comm., Statistica industriale, 1876 e 1895; E. Sella, L'ultima fase dell'industria laniera nel Biellese; E. Bona, Studi e statistiche riguardanti l'industria laniera, in Atti della Comm. reale per l'industria laniera, Ministero A. I. C., Roma 1910; R. Targetti, Relazione sulla categoria lana, in Atti della Comm. Reale per le dogane, Roma 1913; Ministero Ind. e Comm., Annuario statistico industria lana 1916-18; E. Bruzzi, L'arte della lana in Prato, Prato 1920; V. Ormezzano, Pietro Sella e la grande industria laniera, e altri scritti varî, Biella 1925; C. Calamai, L'industria laniera nella provincia di Firenze, Firenze 1927; Assoc. Lan. Ital., Atti del primo congresso laniero italiano, Biella 1927; Annuario generale della laniera 1926; Bollettino della laniera.