Lapo Gianni

Enciclopedia Dantesca (1970)

Lapo Gianni

Mario Marti

Rimatore stilnovista; è da identificarsi, probabilmente, con quel Lapo di Gianni Ricevuti, che fu " iudex ordinarius et notarius publicus ".

Di lui nell'Archivio di Stato di Firenze si custodiscono atti dal 1298 al 1328. Secondo questa identificazione, egli fu fiorentino, ma operò anche nel Casentino, a Cortona, a Venezia e a Bologna (1302). Intrattenne relazioni di affari, fra gli altri, col poeta Francesco da Barberino, e ancora giovane sembra che avesse fatto parte delle consulte del comune fiorentino (1282). Esistono tuttora suoi documenti autografi, risalenti agli anni fra il 1300 e il 1321.

Non abbondante la produzione poetica di lui giunta fino a noi: 11 ballate, 3 canzoni, 2 stanze di canzone e il famoso sonetto doppio caudato, Amor, eo chero mia donna in domìno, nella tecnica del ‛ plazer '.

Dei minori poeti stilnovisti soltanto a lui è toccato l'onore della citazione dantesca sia in un componimento giovanile (Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io, Rime LII), sia nel maturo ripensamento metodologico e critico del De vulg. Eloquentia. Qui L. fa gruppo col Cavalcanti, con Cino e con D. stesso, i soli, insieme con lui, che seppero raggiungere vulgaris excellentiam (I XIII 3), cioè, secondo D. e in sostanza, i soli e veri poeti dello Stil nuovo. Anche alla luce di questo giudizio, sembra insufficiente attribuire al sonetto Guido, i' vorrei un valore puramente sentimentale, farne solo un segno di eletta amicizia, là dove il nome di L. accompagna quello di Guido sullo sfondo di un sogno immaginoso e in un tipico linguaggio che denuncia il totale risolversi e identificarsi del legame sentimentale in quello letterario della comune poetica. E se Guido era allora uno dei poli di attrazione per D., e certo il più vigoroso, nel suo aperto sperimentalismo giovanile, non pare si possa escludere (stando al sonetto e alla successiva citazione del trattatello) che un altro potesse esserne appunto L., con le sue aeree e lievi ballate, tanto suggestive, e certo assai più affini ai toni del sonetto Guido, i' vorrei, di quanto lo fosse il cavalcantismo fatto di angoscia e di paura, anch'esso caro d'altra parte al giovane Alighieri. A quest'ipotesi non contrasterebbero ragioni cronologiche, considerata la palese contemporaneità degli scambi e degl'interessi; anzi a questa contemporaneità parrebbero da ricondursi anche i due sonetti Se vedi Amore assai ti prego, Dante, e Dante, un sospiro messagger del core di Guido Cavalcanti. Costui, rivolgendosi appunto all'amico D., vi rappresenta L. come vinto d'amore e vicino a ottenere il " piacimento " della sua donna, ricomponendo insomma, quasi in ritmica corrispondenza, il trittico disegnato dall'Alighieri (Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io) nel suo fascinoso ‛ plazer '.

In una certa zona dello Stil nuovo dantesco, seppur limitata, e costituita da poesie come Per una ghirlandetta (Rime LVI), o come Deh, Vïoletta (LVIII) e qualche altra, c'è, quanto meno, un'affinità di modi e di toni con quelli più singolari e propri di L. (la cui valida presenza nell'eletto gruppo risulta appunto avallata dall'autorità del secondo Guido); e occorrerà motivarla anche alla luce dell'apprezzamento dantesco documentato apertamente nel De vulg. Eloquentia. E del resto, pur avendo scritto qualche canzone ambiziosamente e ‛ tragicamente ' solenne, L. rimane il più valido rappresentante, se non il maestro, di quell'elegante e un po' sofisticato Stil nuovo, che, privo di forte impegno etico e di difficoltosa problematica, si risolve nel raffinato modulo decorativo, o insomma in un calligrafismo goticheggiante che sfuma musicalmente nel madrigalesco e quasi nella mondanità galante: " Ballata giovenzella, / Girai a quella c'ha la bionda trezza... "; " Nel vostro viso angelico amoroso / Vidi i begli occhi e la luce brunetta... ".

Bibl. - I testi di L., contenuti anche in L. Di Benedetto, Rimatori del Dolce stil novo, Bari 1939, 61-82, sono da leggersi in Contini, Poeti II 571-603, e in Poeti del Dolce stil nuovo, a c. di M. Marti, Firenze 1969, 265-329, con introduzione e riccamente commentati. Per la biografia: E. Lamma, L.G., contributo alla storia letteraria del sec. XIII, in " Il Propugnatore " XVIII (1885) 1-105; U. Marchesini, Tre pergamene autografe di ser L.G., in " Arch. Stor. Ital. " XIII (1894) 91-94; G. Zaccagnini, Rimatori toscani a Bologna, in " Giorn. stor. " LXVI (1915) 324-326.

Sulla sua poesia bisognerà ricorrere alle trattazioni generali sullo Stil nuovo; v. poi I. Bertelli, Poeti del Dolce stil novo. Guido Guinizzelli e L.G., Pisa 1963, 117-173. Delicato e sfuggente il problema dei rapporti di L.G. con D. e Cavalcanti. La tesi di un influsso di L.G. su D., già affacciata da K. Vossler, La D.C. studiata nella sua genesi e interpretata, trad. di S. Jacini e L. Vincenti, Bari 1927, II 241, e ripresa da R. Ortiz, Studi sul " Canzoniere " di D., Bucarest 1923, 90 ss., è stata rovesciata dal Contini (op. cit.), pur se persistono ragioni tali da confortarne la validità (cfr. M. Marti, Lo Stil nuovo di D. e l'unità della Vita Nuova, in " Annali Università Lecce " I 1963-1964 [Lecce 1965] 42-45; ID., Gli umori del critico militante, in Con D. fra i poeti del suo tempo, ibid. 1966, 69-94 (partic. 81-82). In questa cornice s'inquadra la pretesa colpa d'amore di L., per la quale v. L. Di Benedetto, Monna Lagia e Monna Bice, in " Giorn. d. " XXV (1922) 330-337; R. Ortiz, La corrispondenza poetica fra D. e Guido intorno alla colpa d'amore di Lapo, ibid. XXIX (1926) 10-29.

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