LAPPONI

Enciclopedia Italiana (1933)

LAPPONI

George MONTANDON
Carlo TAGLIAVINI

. Popolazione insediata nella parte più settentrionale della Svezia, della Norvegia e della Finlandia (circa 28.000 individui) e nella penisola di Kola (1800 esclusi gl'incroci). Il nome, che è quello più comunemente usato, è di origine svedese, mentre essi stessi si dànno il nome di Sami e i Russi li chiamano Lopari, designazione spesso usata a indicare i Lapponi abitanti il territorio russo. In questo, e cioè in alcuni distretti della penisola di Kola, sono attualmente anche alcune colonie recenti di Samoiedi e Sirieni, che si possono considerare come i più prossimi vicini artici dei Lapponi. Col volgere del tempo i Lapponi, che nella seconda metà del secolo XIX erano circa 30.000, hanno indietreggiato dinnanzi agli Scandinavi e soprattutto dinnanzi ai Finni e ai Russi e con questi ultimi sono avvenuti anche molti incroci. Il territorio di diffusione dei Lapponi, negli ultimi secoli, si limitava a quello in cui cresce il muschio per le renne, cioè fino al 63° N., ma si ha ragione di credere, in base a dati toponomastici e antropologici, che nei tempi preistorici esso si estendesse molto più a sud. Tuttavia non bisogna essere troppo pessimisti per l'avvenire di questo popolo, giacché sembra che l'elemento lappone ancora stabilmente insediato nella Scandinavia settentrionale, possa mantenervisi.

I Lapponi presentano una civiltà che ha molti caratteri originali, come risulta dal confronto di essa con le altre culture della zona artica e subartica. Un certo numero di Lapponi si dedica all'agricoltura, senza tuttavia trascurare la pesca; altri, sulle coste, sono prevalentemente pescatori, ma la maggioranza della popolazione si dedica all'allevamento delle renne ed è quindi seminomade, spostandosi d'estate con le mandrie in altitudine e in latitudine. La vita del Lappone è basata, si può dire, sulla renna selvatica o addomesticata. Egli si nutre del suo latte, della sua carne e del suo sangue: nell'inverno il latte viene ghiacciato in piccole forme e consumato così; la "zuppa di sangue" fatta di scorza pestata o di farina e sangue costituisce un piatto assai importante e viene conservata liquida durante l'inverno entro otri fatti con lo stomaco della renna. La renna è usata inoltre come animale da tiro. Morta, essa fornisce la materia prima per fare abiti, berretti, scarpe, stringhe e corde. Il cane aiuta il Lappone a condurre e a custodire le mandrie, che contano da qualche diecina a qualche centinaio di capi.

Solo i Samoiedi praticano un allevamento della renna altrettanto sviluppato, mentre i Tungusi se ne servono come bestia da sella (la loro renna è più grande e più forte) e non da traino. Presso i Ciukci la renna è ancora meno addomesticata, impossibile a mungere e difficile a badare. Infine gli Eschimesi non l'hanno addomesticata affatto. Sebbene alcuni autori (Laufer) ritengano che la renna da sella dei Tungusi rappresenti il primo stadio dell'addomesticazione, altri sono invece di opinione che i Lapponi, spinti verso il N., si siano trovati nella necessità di domare l'animale, che esisteva in abbondanza nel territorio, semplicemente imitando i sistemi di allevamento di altri animali dell'Europa temperata. E non è affatto improbabile che siano stati i Lapponi, con i Samoiedi, a portare al più alto grado questa addomesticazione, principale caratteristica del Lappone in confronto ad altre popolazioni artiche.

La dimora estiva del Lappone ricorda lontanamente la tenda conica delle popolazioni artico-subartiche dell'Asia, ma ne differisce per una doppia ossatura speciale. La prima intelaiatura consiste in due legni incurvati le cui estremità vengono fissate nel terreno: i due archi di cerchio da essi formati sono disposti secondo due piani verticali e paralleli; questi due archi sono riuniti da tre bastoni orizzontali: uno alla sommità degli archi (a questo verrà appesa la pentola), gli altri due dall'una e dall'altra parte. Su questa intelaiatura interna vengono disposti i paletti che formano l'intelaiatura esterna conica ricoperta di pezzi di tessuto di materiali diversi

Sebbene la racchetta da neve s'incontri in numerosi punti della zona artica dei tre continenti, essa ha avuto origine presso i Lapponi, dove si è sviluppata anche quella forma speciale che si chiama sci. Gli sci vengono usati dai Lapponi per la caccia ai lupi. La slitta è ancora più caratteristica ed ha una forma tutt'affatto speciale che non è stata copiata né dalle popolazioni superiori né da quelle inferiori. Essa ha la forma di un canotto con un sol pattino largo costituito dalla chiglia.

Con la sparizione dell'antica cultura lappone questa slitta viene a essere man mano sostituita da quella a due pattini.

Attualmente tutti i Lapponi sono cristiani, quelli della Scandinavia protestanti, quelli della penisola di Kola ortodossi; ma la vecchia religione sciamanista ha lasciato le sue tracce nei costumi del popolo.

Così i missionarî del secolo XVIII hanno descritto il costume della "purificazione" che segue alla nascita: dopo il battesimo cristiano, con un'altra cerimonia, il bambino riceve un altro nome lappone che è generalmente quello di un antenato e che dovrebbe essere stato rivelato alla madre in sogno o durante alcune cerimonie sciamaniste. La cerimonia durante la quale viene dato questo nome è generalmente eseguita da una donna, spesso dalla madre stessa. Un'altra donna, per lo più la nonna, fa dono al bambino di un oggetto di rame usato durante la cerimonia, che viene posto sul neonato come amuleto, sotto il braccio per i maschi e sul petto per le femmine. Il bambino è così dedicato alla dea "donna creatrice". In seguito, se egli non cresce abbastanza robusto, la cerimonia può essere ripetuta e il nome cambiato. Tale cerimonia è in tutto simile a quella che viene praticata fra le popolazioni pagane della Siberia. Alla sua nascita ogni Lappone riceve inoltre un marchio personale col quale egli ornerà tutto ciò che gli appartiene.

I Lapponi ritengono che alcune malattie pericolose siano dovute agli antenati defunti, e pertanto essi temono i morti al punto che quando un individuo muore, ne abbandonano l'abitazione il giorno stesso. Questa usanza si è ancora oggi conservata in parte presso i Lapponi russi: essi si tengono lontani per alcuni giorni dalla casa ove è avvenuto il decesso; se invece il defunto è stato trasportato in altro locale, come avviene in alcuni luoghi, la casa continua a essere abitata.

I Lapponi praticavano in passato il culto degli antenati, il quale era in rapporto col culto dell'orso; essi adoravano e nello stesso tempo cacciavano l'orso come i Finni e le popolazioni del nord della Siberia, fino agli Aino del Giappone settentrionale. Infine, come gli altri Finni, credevano nella sopravvivenza delle anime vaganti fra i vivi, e in particolare negli spiriti delle acque: ceppi di alberi, pioli e grosse pietre erano la sede di queste diverse divinità alle quali offrivano sacrifici propiziatorî.

I Lapponi hanno dei maghi simili agli sciamani siberiani; come per questi ultimi, loro principale strumento è un tamburo che essi battono con una bacchetta-martello di corno di renna; pure come gli sciamani essi possono eccitarsi al punto da mettersi in uno stato di furore estatico.

Il loro tamburo può avere due forme; una è quella dei tamburi degli sciamani siberiani: un cerchio sostenuto da uno o due raggi sul quale è tesa la pelle; l'altra forma è propria della cultura lappone: grande coppa ovale tagliata nel legno, sulla quale è tesa una pelle fissata con pioli (come i tamburi della Cina e dell'Africa meridionale), due aperture allungate sono praticate nel dorso della coppa in modo che il legno che rimane fra esse serve da impugnatura (forma che si ritrova negli scudi australiani e africani).

Al contrario dei Siberiani (influenza forse scandinava) i Lapponi usano il tamburo a scopo divinatorio: battono sui bordi con la bacchettamartello in modo da far saltare sulla pelle un anello metallico: l'indicazione richiesta è data dal disegno sul quale si ferma l'anello. Questi disegni, generalmente in rosso, rappresentano i buoni e i cattivi spiriti: il sole, le stelle, diversi animali, laghi, foreste e uomini; la separazione fra questo mondo e il mondo superiore è indicata nettamente. I Lapponi hanno gran cura dei loro tamburi e quando non li usano li ricoprono insieme alle bacchette con pellicce. Nessuna donna osa toccare il tamburo.

Da tutto ciò risulta che dal punto di vista spirituale la civiltà lappone è vicinissima nell'insieme alle civiltà siberiane, mentre dal punto di vista ergologico essa ha un'impronta tutta propria: specializzazione nell'allevamento della renna, costruzione della tenda, slitta, sci, forma del tamburo. Va notato d'altra parte che tali osservazioni si riferiscono quasi tutte al passato, poiché la civiltà lappone va perdendo sempre più le sue caratteristiche per adottare le forme della cultura europea.

Dialetti. - Una lingua lappone unitaria non esiste; esistono invece parecchi dialetti, assai differenziati fra loro, alcuni dei quali sono stati anche usati a scopi letterarî (traduzione di libri sacri, ecc.). Questi dialetti lapponi, per quanto siano sparsi in una zona considerevolmente vasta (specialmente in relazione all'esiguo numero dei parlanti, che è stato calcolato in circa 31.000) e quantunque siano oggi così diversi fra loro da escludere in molti casi la mutua comprensibilità, si sono differenziati dal protolappone (non documentato, ma ricostruibile in parte attraverso la comparazione linguistica) in un'epoca non molto antica.

Secondo il Wiklund il protolappone doveva ancora essere vitale e pressoché unitario verso il sec. VIII dell'era volgare, avendo potuto ricevere attraverso il finnico voci d'origine slava (v. finlandia, XV, p. 411 seg.). Nel periodo più recente dell'unità protolappone la zona abitata dai Lapponi doveva essere, sempre secondo il parere del Wiklund, la parte settentrionale della penisola scandinava, la penisola di Kola, l'interno della Finlandia e le immediate adiacenze del territorio russo.

La divisione e la classificazione dei dialetti lapponi attuali presenta parecchie e notevoli difficoltà. Secondo K. Nielsen i dialetti lapponi possono essere divisi, seguendo l'ordine geografico, in sette gruppi:

1. lappone di Kola, parlato nella penisola di Kola e nel nuovo distretto di Petsamo in Finlandia. È noto anche sotto il nome di lappone-russo. Secondo il Genetz si divide in quattro sub-dialetti; 2. lappone di Inari, parlato dai Lapponi che abitano la regione di Inari (Enare) in Finlandia (e perciò noto anche sotto il nome di lappone finnico); 3. lappone-norvegese, parlato nella parte settentrionale della Norvegia e specialmente nei distretti di Finnmark, Tromsö, ecc.; in esso si distinguono parecchie varietà dialettali; 4. lappone Lule, parlato nel "Lappmark" Lule nel Norrbotten in Svezia, fra Gellivare e Jokkmokk; 5. lappone Pite, parlato nel "Lappmark" Piteå, in Svezia (più a nord del lappone Lule); 6. lappone Ume, parlato al sud di Arjeplog nella Svezia; 7. lappone meridionale, parlato nelle parti meridionali dei Lappmark Tarna, Lyckeseele, ecc., in Svezia.

Le differenze fra i singoli dialetti sono molte: ricorderemo solo che il lappone-norvegese presenta le sonore g, d, b, mentre gli altri dialetti hanno le sorde k, t, p (dal protougrofinnico k, t, p). p. es., lapp. norv. geə???ta, lapp. Pite (h)ta "mano" (cfr. finn. käte, ungh. kéz); lapp. norv. dalεvi, lapp. russo talve "inverno" (cfr. finn.talve, ungh. tél); lapp. norv. beεlli, lapp. Pite pêllê metà, lato" (cfr. ungh. fél "metà", finnico pieltä "vacillare").

Una differenza notevole fra il lappone occidentale (= dialetti 4-6 secondo E. Lagercrantz) e il lappone settentrionale (= dialetti 1-3) è la presenza nell'occidentale dell'uscita -u all'accusativo singolare.

La posizione del lappone in seno alla famiglia ugrofinnica è stata molto discussa. In ogni modo si può oggi affermare con sicurezza che questa posizione è assai vicina a quella occupata dalle lingue balto -finniche (v. finlandia, XV, p. 411 seg.).

Come caratteristica del lappone nel seno della famiglia ugrofinnica ricorderemo solo il passaggio di ś protougrofinnico a č (tš), p. es., lappone-russo tšalm(e), lappone norvegese tšålε(b)mi, lapp. Pite čale(b)me "occhio e (cfr. finn. silma, ungh. szem). Questo mutamento caratteristico non può essere troppo remoto, perché ricorre anche nelle più antiche parole baltiche mutuate attravetso il finnico (prima del mutamento di s in h); cfr. lappone-norvegese čokkot, čogom "pettinare" 〈 finn. suka (〈 lit. szùkos) "pettine"; lapp. Lule kouača "bicchiere d'argento con due manici" 〈 finn. kauha (〈 lit. kuszas "cucchiaione").

Caratteristico, ma solo rispetto ad alcune lingue ugrofinniche e specialmente alle vicine baltofinniche, è il mantenimento di ń ugrofinnico, che nelle lingue baltofinniche (a eccezione del carelio) si è depalatilizzato; p. es., lapp. nori-. ńuallu- ["lambire" contro il finn. nule- (ma ungh. nyal). Notevole anche il grado di conservazione dell'alternanza consonantica (Stufenwechsel) uralica (v. finlandia, XV, p. 411 seg.).

Nel vocalismo si può ricordare la frequenza delle dittongazioni (ē diventato ie, ō diventato uo).

Il lessico del lappone, oltre che dagli elementi ugrofinnici, è formato anche da parecchie centinaia di voci mutuate da lingue straniere, parecchie delle quali (e sono le più importanti dal punto di vista glottologico) penetrate già nell'epoca protolappone fra queste alcune sono entrate direttamente, altre per via mediata e specialmente attraverso il finnico. Così sono penetrate direttamente parecchie parole germaniche (nordiche), indirettamente altre parole germaniche (dal germanico orientale), baltiche, slave.

In epoca più recente i dialetti lapponi hanno subito, a seconda della loro posizione geografica, l'influsso del russo, finnico, norvegese e svedese.

Il più antico elenco di vocaboli lapponi da noi posseduto risale al 1557. Il più antico libro che sia stato stampato in lappone è una breve raccolta di preghiere e inni religiosi di Nicola Andreae, pastore a Pite, uscita a Stoccolma nel 1619.

Bibl.: J. Scheffer, Histoire de la Laponie, Parigi 1678; P. B. du Chaillu, The Land of the midnight Sun, Londra 1881; S. Sommier, Prima ascensione invernale al Capo Nord e ritorno attraverso la Lapponia e la Finlandia, in Boll. della Soc. geogr. ital., 1886; Ch. Rabot, Notes technographiques recueillies en Laponie, in Revue d'Ethnographie, 1885; id., De l'alimentation chez les Lapons, in L'anthropologie, 1890.

Dialetti: J. K. Qvigstad, Übersicht der Geschichte der lappischen Sprachforschung, in Journ. Soc. Finno-Ougrienne, XVI (1898); K. Nielsen, Lappisk som gjenstand f. videsk. forskning, Cristiania 1912; K. B. Wiklund, Lappische Studien, 1-3, Upsala 1927. Per la ricostruzione del protolappone è fondamentale: K. B. Wiklund, Entwurf einer urlappischen Lautlehre, in Mém. Soc. F. Ou., X (1896); K. Nielsen, Lørebok i lappisk, I, Grammatik, II, Tekstor, III, Glossar, Oslo 1926-29 (la più completa e moderna sintesi grammaticale lappone); E. La Gercrantz, Strukturtypen und Gestaltwechsel im Lappischen, in Mém. S. F. Ou., LVII (1927).

Per i dialetti: lappone-russo: A. Genetz, in Nyelvt. Közl., XV, pp. 74-152; J. Halász, ibidem, XVII, pagine 1-45; A. Genetz, Wörterbuch d. Kola lappischen, Helsingfors 1891; T. Itkonen, Mém. S. F. Ou., XXXIX. Per il lappone finnico, cfr. A. V. Koskimies e T. Itkonen, in Mém. S. F. Ou., XL; F. Aimá, ibid., XLII-XLIII; per il lappone norvegese cfr. J. A. Friis, Lappisk Grammatik, Cristiania 1856; Lexicon lapponicum, Cristiania 1887; J. K. Qvigstad, Beiträge zur Vergleichung des verwandten Wortvorrates der lappischen und der finn. Sprache, Helsingfors 1883; K. B. Wiklund, Kleine lappische Chrestomatie mit Glossar, Helsingfors 1894; K. Nielsen, in Journ. S. F. Ou., XX; id., Mém. S. F. Ou., XX, XXIV. Per il lappone Lule cfr. I. Halász, in Nyelvt. Közl., XIX; K. B. Wiklund, in Mém. S. F. Ou., I; id., Lärobok i lapska språket, Upsala 1915; per il lappone Pite, Halász, Pite lappmarki szótár és nyelvtan, Budapest 1896; E. Lagercrantz, in Mém. Soc. F. Ou., LV. Per il lappone meridionale, cfr. I. Haláesz, Svéd-lapp nyelv, Budapest 1881-96; E. Lagercrantz, Sprachlehre des Südlappischen, Cristiania 1923; Wörterbuch der Südlappischen, Oslo 1926.

Per le voci mutuate, cfr. K. B. Wiklund, Die nordischen Lehnwörter in den russisch-lappischen Dialekten, in Journ. S. F. Ou., X (1892); J. K. Qvigstad, Nordische Lehnwörter im Lappischen, Cristiania 1893; K. Nielsen, En Gruppe urnordiske Laanord i lappisk, in Mindeskrift S. Bugge, 1908. Per le più antiche raccolte di parole e di testi cfr. E. N. Setälä, in Journ. S. F. Ou., VIII (1890). Per le opere stampate in varî dialetti lapponi, cfr. J. K. Qvigstad e K. B. Wiklund, Bibliogr. der lappischen Liter., in Mém. Soc. F. Ou., XIII (1899).

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