LASHKARI BAZAR

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1996)

LASHKARĨ BĀZĀR

F. Noci

Nome con cui è frequentemente designato nella letteratura archeologica e storico-artistica un centro dell'Afghanistan meridionale, posto alla confluenza dei fiumi Helmand e Arghandāb, ove si stende una vasta area archeologica che presenta tracce di insediamento permanente a partire dall'epoca partica (secc. 3° a.C.-3° d.C.) fino alla prima metà del 18° secolo.Il complesso archeologico, che si dispone per km. 8 ca. lungo la riva orientale dello Helmand e raggiunge in alcune zone una larghezza di km. 2, si articola intorno a due nuclei distinti, quello propriamente definito L., a N, e quello della cittadella di Bust, a S, che doveva costituire probabilmente il punto focale della città medievale.L'insediamento venne annesso nel sec. 7° al territorio dell'Islam e divenne ben presto una sorta di avamposto della dominazione musulmana verso i limitrofi paesi orientali. Nei secc. 9° e 10° la città fu sotto l'influenza dei Ṣaffāridi ed ebbe quindi accentuati contrasti con i Samanidi che si erano introdotti nella regione. Conquistata nel 976 dal ghaznavide Sabuktigin, conobbe nel corso dei secc. 11° e 12° il suo momento di maggiore splendore per opera appunto dei sultani ghaznavidi e ghuridi. L'arrivo dei Mongoli intorno al 1220 e poi la conquista di Tīmūr-i Lang (Tamerlano) alla fine del sec. 14° ne determinarono la decadenza e l'abbandono; solo la cittadella di Bust continuò a essere utilizzata fino alla prima metà del 18° secolo.Quest'ultimo complesso conserva ancora le mura, realizzate prevalentemente in fango pressato e mattoni crudi, e un grandioso arco in mattoni cotti con decorazione geometrica anch'essa costituita da laterizi; questa struttura, attribuita al periodo della dominazione ghuride, è stata ipoteticamente identificata come arco di testa dell'īvān di una grande moschea, ma la collocazione topografica in rapporto alle rovine circostanti non sembra confermare tale tesi.La zona più propriamente definita L. presenta una serie di vestigia scoperte nel 1948 e scavate negli anni successivi. Residenza dei sultani ghaznavidi, che vi si trasferirono temporaneamente con tutto il loro seguito, e sede di guarnigioni militari, il sito era occupato da palazzi, vasti giardini recintati, una grande moschea e un mercato, costituito da una via, lunga m. 500 ca. e fiancheggiata da due serie di botteghe precedute da un porticato. La moschea presenta una larga sala di preghiera (m. 8610,5), divisa in due navate da una serie di colonne; davanti al miḥrāb era posta una cupola poggiante su quattro pilastri.Tra le architetture palaziali di L. la più importante è il c.d. palazzo meridionale, attribuito all'epoca del ghaznavide Maḥmūd (998-1030). La planimetria complessa e articolata privilegia il principio della simmetria assiale di antica tradizione iranica e ispiratore delle architetture palatine abbasidi: intorno a una corte centrale di forma rettangolare si dispongono secondo due assi incrociati due īvān, di cui quello che precede la zona cerimoniale è di dimensioni notevolmente maggiori. Gli appartamenti privati sono posti ai lati della zona di rappresentanza e replicano lo schema dei quattro īvān disposti a croce intorno a una corte. Anche il vestibolo del palazzo, una sala quadrata centrale con quattro īvān disposti sui lati, riprende un antico schema iranico. Il palazzo è costruito prevalentemente in fango pressato e mattone crudo, mentre il mattone cotto è impiegato nelle parti sottoposte a maggiore sollecitazione statica. La decorazione architettonica era costituita da paramenti di mattone cotto, disposti a formare motivi geometrici e ad arabesco, e da incrostazioni di stucco modellato.Di notevole interesse è la decorazione pittorica che ornava la sala del trono. Vi sono raffigurati quarantaquattro personaggi (in origine dovevano essere sessanta ca.), abbigliati in ricche vesti di tipo centroasiatico. I personaggi raffigurati frontalmente, ma con i piedi di profilo, hanno i volti, posti di tre quarti e nimbati, dai lineamenti turco-mongoli, e rappresentano la guardia scelta dei sultani ghaznavidi così come era schierata durante le cerimonie ufficiali.

Bibl.: D. Schlumberger, La Grande Mosquée de Lashkari Bazār, Afghanistan. Historical and Cultural Quarterly 7, 1952, 1, pp. 1-4; id., Le palais ghaznévide de Lashkari Bazār, Syria 29, 1952, pp. 251-270; J. Sourdel-Thomine, Stèles arabes de Bust (Afghanistan), Arabica 3, 1956, pp. 285-306; id., s.v. Bust, in Enc. Islam2, I, 1960, pp. 1384-1385; Lashkari Bazar, une résidence royale ghaznévide; Ia, L'architecture; Ib, Le décor non-figuratif et les inscriptions; II, Les trouvailles. Céramiques et monnayes de Lashkari Bazar et de Bust (Mémoires de la Délégation archéologique française en Afghanistan, 18), Paris 1963-1978; C.E. Bosworth, s.v. Lashkar-i Bāzar, in Enc. Islam2, V, 1986, pp. 695-697; T. Allen, Notes on Bust, Iran 26, 1988, pp. 55-68; 27, 1989, pp. 57-66; 28, 1990, pp. 23-30.F. Noci