SPADA, Lavinio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018)

SPADA (Spada de' Medici), Lavinio

Gabriella Santoncini

SPADA (Spada de’ Medici), Lavinio. – Nacque a Macerata il 12 agosto 1801, secondogenito del conte Girolamo Spada e di Giulia de’ Medici.

A dodici anni entrò a Siena nel collegio dei Tolomei per compiervi gli studi superiori. Dopo la loro conclusione, si addottorò a Pisa, dove insegnava Giovanni Carmignani, in utroque jure traendo dal suo studio quei saperi che avrebbe utilizzato nelle cariche ricoperte al servizio dello Stato pontificio. Dopo un breve soggiorno a Firenze, Lavinio si trasferì a Pesaro, allora chiamata ‘la piccola Atene’, presso lo zio paterno Giovanni, animatore di un circolo letterario frequentato, tra gli altri, da Giulio Perticari e Vincenzo Monti. L’amicizia con Perticari lo introdusse allo studio della composizione poetica che continuò fino agli ultimi anni della sua vita. A vent’anni pubblicò presso la tipografia di Luigi Pezzati una raccolta di poesie dedicate all’amico del cuore Roberto Vivarelli (Rime d’un pastore d’Elvia Recina, Firenze 1821), caratterizzata da imitazioni dantesche, petrarchesche e leopardiane e pervasa dal tema dell’amore.

Le Rime furono lodate da Monti e dagli altri frequentatori del circolo letterario pesarese, sebbene più tardi Alcibiade Moretti, curatore presso Nicola Zanichelli dei Versi inediti di Lavinio de’ Medici Spada (Bologna 1881), giudicasse i versi giovanili di Lavinio acerbi e più vicini al desiderio di scrivere per la stampa che ad altro.

Dopo il breve soggiorno a Pesaro, Spada s’iscrisse a Roma all’Accademia ecclesiastica per divenire prelato, senza ordini sacri, come era costume degli appartenenti a famiglie nobili, specialmente nello Stato pontificio. Nel 1824 Leone XII lo nominò a Ravenna prolegato del cardinale Agostino Rivarola, al quale era stata affidata anche la Legazione di Forlì. Nelle Romagne si contraddistinse per la liberalità del comportamento pubblico rispetto ai rigori oltranzisti e repressivi del cardinale Rivarola: pur non discostandosi dalle disposizioni che facevano capo al legato pontificio, Spada si ritagliò diversi caveat e altre forme di mitigazione dei provvedimenti più severi diretti a colpire i maggiori esponenti della nobiltà ravennate, come nel caso del conte Edoardo Fabbri. Questo atteggiamento fu percepito da una parte della Curia romana come un bilanciamento necessitato dal clima che si era venuto a creare nelle due Legazioni tanto che, quando Rivarola venne richiamato a Roma dopo l’attentato alla sua vita del 23 luglio 1826, egli rimase al suo posto come prelato capace di sedare gli animi e far apparire meno dura la repressione nelle Romagne. Il che avvenne sebbene Rivarola mantenesse il titolo di legato pontificio e da Genova, dove si era trasferito, inviasse costantemente al suo prolegato istruzioni e ordini di ogni genere.

A Ravenna Spada curò la fondazione di un’Accademia di belle arti in cui furono messe insieme le donazioni di collezioni di armi medievali, gessi delle statue più famose dell’antichità, raccolte pittoriche cittadine. Condusse, senza alcun successo, la ricerca dei resti mortali di Dante Alighieri ed ebbe ospite per qualche mese Humphrey Davy che lo introdusse allo studio delle scienze naturali. A Lavinio si aprì un nuovo mondo e in breve tempo divenne uno tra i più illustri mineralisti dello Stato dei papi.

Si immerse, infatti, nello studio delle scienze geologiche e condivise le sue ricerche, come quelle sui vulcani laziali e la struttura geologica degli Appennini, con i maggiori esperti europei tra i quali l’arciduca d’Austria, i ginevrini Marc Pictet e Alphonse Favre, il geologo tedesco Sartorius von Waltershausen, il segretario della Società reale delle scienze di Gottinga Johann Ludwig Friedrich Haussman, lo studioso dei monti scozzesi James David Forbes. Fu socio corrispondente delle maggiori accademie scientifiche del tempo, scoprì la parisite (proveniente dai giacimenti di Muzo in Colombia) e Franz von Kobell gli dedicò la spadaite, un nuovo minerale contenuto negli inclusi della leucitite di Capo di Bove (Sardegna). Dal 1838 al 1847 collezionò minerali preziosi per numero di specie e per la loro provenienza da ogni parte del mondo. Questa collezione, costituita da circa 12.000 esemplari fu acquistata nel 1851 da Pio IX per 20.000 scudi e, tutt’oggi, costituisce il nucleo principale del Museo di mineralogia dell’Università di Roma.

Nel 1829 Spada venne nominato delegato apostolico a Spoleto, dove conobbe Giovanni Maria Mastai Ferretti, allora arcivescovo dell’arcidiocesi spoletina, con il quale strinse un’amicizia destinata a durare fino all’inizio della stagione riformatrice di Pio IX. Con la nomina a delegato apostolico di Spoleto terminò la prima parte della carriera politica tipica di un prelato pontificio che, almeno dal Cinquecento in poi, si era prevalentemente svolta con incarichi alla ‘periferia’ dello Stato per poi passare a incarichi interni al governo centrale, ovvero alla Curia romana. Regnante Gregorio XVI, Spada venne infatti nominato uditore della Segnatura, prouditore generale della Camera apostolica e prefetto delle Armi. Pur tuttavia, egli continuò a profondere tutta la sua liberalità, più nei modi che nel pensiero, nei riguardi di personaggi quali Terenzio Mamiani della Rovere, Pellegrino Rossi, Luigi Carlo Farini e ampliò la cerchia delle amicizie negli ambienti internazionali più vari, specie in quelli scientifici e politici, oltre che tra i membri delle case principesche e reali.

Si avvicinava, intanto, il 1848 europeo e italiano. Echi dell’approssimarsi dell’anno delle rivoluzioni liberali si trovavano in alcune composizioni in versi di Spada, tra quelle raccolte e pubblicate da Moretti, quali Sulla pena di morte del 1839 e All’Italia del 1848.

Esse hanno fatto adombrare una poetica morale e civile che collocherebbe il pensiero di Lavinio prossimo a quello neoguelfo senza che, tuttavia, ve ne sia mai stata una prova evidente. Si trattò, a ben vedere, di un tema caro a certa storiografia risorgimentale, quello cioè di avvicinare per quanto possibile le idealità politiche del fratello maggiore Alessandro (v. la voce in questo Dizionario), marcatamente liberali e unitarie, a quelle di Lavinio largamente sfuggenti a tali vedute.

Nel giugno del 1846 Giovanni Maria Mastai Ferretti divenne papa e Spada fece parte dei primi progetti riformatori di Pio IX. Con il titolo di presidente delle Armi entrò a far parte del Consiglio dei ministri – ovvero del consesso dei capi di quel che restava delle amministrazioni principali della Curia – istituito il 27 giugno 1847; venne poi nominato membro della Consulta di Stato istituita il 14 ottobre 1847, ma rifiutò la carica di nunzio a Parigi offertagli dal papa.

Tra la fine del 1847 e gli inizi del 1848 la vita di Spada mutò radicalmente. Lasciò la prelatura e la vita pubblica per sposare la contessa polacca Natalia Komar, donna colta e di rara bellezza, con la quale trascorse gran parte degli anni nella campagna treiese (contrada San Marco Vecchio) in una villa che aveva acquistato intorno al 1830 e che egli chiamò La quiete (oggi villa Spada), nome che egli avrebbe ricordato in una poesia, La lontananza, scritta a Parigi nel 1859. Lavinio non rinunciò pur tuttavia alla ‘rete’ delle amicizie che aveva coltivato fino a quel momento: in primavera e in autunno la villa si animava di ospiti illustri, sollecitati dalla squisita ospitalità della coppia, dalle erudite conversazioni che vi avevano luogo e, soprattutto, dalla bellezza della Quiete e del suo magnifico orto botanico.

Dopo l’acquisto della villa, Spada, si era applicato molto al completamento del suo progetto e del relativo parco. Collocata su di una lieve altura da cui si godeva un bel panorama fino al mare, La quiete era stata acquistata dal gonfaloniere di Treia Luigi Angelini che la possedeva dal 1812 e che aveva affidato all’architetto neoclassico Giuseppe Valadier, che si stava occupando anche della sede dell’Accademia Georgica, la ricomposizione dei resti di un edificio povero e smembrato (un ex convento cappuccino dalla fine del Cinquecento fino alla soppressione napoleonica dei beni ecclesiastici e, prima ancora, la chiesa di S. Savino di origine longobarda). Risaliva al 1815 lo schizzo autografo di Valadier per il gonfaloniere Angelini, schizzo da cui non si allontanò troppo il progetto completato che risentì, tuttavia, del gusto e degli interessi di Spada, il quale ‘arredò’ i ventinove ettari del terreno su cui era collocato l’edificio – considerato fra i migliori disegnati dal grande architetto neoclassico – con specie arboree rare e, soprattutto, creò un giardino botanico con splendide raccolte di fiori, fatti giungere da ogni parte del mondo. Di essi sappiamo dalla doviziosa descrizione del suo giardiniere Raffaele Amicucci (Catalogo delle piante che si coltivano nel giardino del conte de’ Medici Spada a Villa Quiete presso Treja nelle Marche, Macerata 1854).

Spada fu segretario della Società romana di orticoltura e membro dell’analoga Società fiorentina, oltre che essere già socio dell’Accademia dei Lincei, degli Arcadi, dei Catenati e della Georgica di Treia. Nel 1860 scomparve sua moglie Natalia, alla cui memoria dedicò all’interno della Quiete un piccolo pantheon, dove conservò tutti gli effetti personali della contessa.

Morì il 24 dicembre 1864 a Firenze, dove era ospite della sorella Adele Spada Palagi.

La quiete venne ereditata dal fratello Alessandro e poi venduta dal nipote Tommaso. Divenuta nel secolo successivo un ‘contenitore’ abbandonato nella campagna treiese, la villa fu utilizzata, deteriorandosi non poco, per le più disparate attività: da campo di internamento per donne ritenute di dubbia condotta morale e politica a sede del quartiere del corpo polacco prima della liberazione di Ancona dai nazifascisti, ad asilo gestito da personale ecclesiastico. Dal novembre del 2015 La quiete è nel pieno possesso del Comune di Treia.

Opere. Oltre ai testi citati, si segnalano: Sulle cause generatrici de’ cristalli che nelle rocce vulcaniche s’incontrano. Lettera di monsig. Lavinio de’ Medici Spada in risposta ad un quesito del sig. professor Favre, s.l. 1845; Memoria di Lavinio de’ Medici Spada posta col suo corpo nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva in Roma, Firenze 1864.

Fonti e Bibl.: Filottrano (Ancona), Archivio Spada Lavini. E. Bianchi, Elogio del conte L. de’ M. S. letto nella Chiesa cattedrale di Treja il dì 28 gennaio 1865, Recanati 1865; A. Moretti, Notizia su la vita di L. de’ M. S., in Versi inediti di Lavinio de’ Medici Spada, Bologna 1881, pp. 3-62; G. Natali, La famiglia dei conti Spada patrizia di Terni, di Pesaro, di San Marino e di Roma, Roma 1896, passim; D. Spadoni, I conti Spada nel Risorgimento italiano, Macerata 1910, pp. 9 s.

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