Le novità nella legislazione sanitaria del 2012

Il Libro dell'anno del Diritto 2016

Le novità nella legislazione sanitaria del 2012

Guerino Fares

È utile segnalare il contenuto dei principali provvedimenti normativi che nel 2012 hanno interessato il settore sanitario puntando ad introdurvi significative innovazioni.

Il d.l. 6.7.2012 n. 95 (cd. “decreto spending review”, conv. in l. 7.8.2012, n. 135) punta a recuperare margini di inappropriatezza nella spesa sanitaria «ancora esistenti a livello locale e nazionale» anche attraverso la leva delle tariffe che remunerano le prestazioni di specialistica ambulatoriale.

La nuova normativa (art. 15) deroga alla procedura prevista dall’art. 8 sexies, d.lgs. 30.12.1992, n. 502, ancorando i futuri valori tariffari ai dati di costo disponibili e ai tariffari regionali, se ritenuti congrui e adeguati.

In base all’art. 8 sexies, si doveva tenere conto dei costi standard risultanti dai dati in possesso del Sistema informativo sanitario, o disponibili presso le regioni e province autonome. E i criteri generali, su cui articolare i tariffari regionali, erano legati alla classificazione delle strutture secondo le rispettive caratteristiche organizzative e di attività, verificate in sede di accreditamento delle stesse.

Questo meccanismo viene, almeno per ora, accantonato e, se si considera la scarsa disponibilità di dati di contabilità economica analitica, è evidente che un ruolo centrale lo giocheranno, a valle, gli attuali tariffari regionali e il rispettivo grado di affidabilità: se si vuole escludere, infatti, che le nuove regole possano fare manovra a scapito delle esigenze di tutela del diritto alla salute mediante tagli incongrui ed immotivati, occorrerà verificare attentamente che tra i tariffari regionali in vigore siano scelti come parametri quelli maggiormente attendibili e rappresentativi.

Il Ministero della salute – dopo che le lacune sul piano motivazionale sono già state più volte sanzionate dal giudice amministrativo1 – è dunque chiamato a svolgere istruttorie che facciano emergere i reali fattori di costo sostenuti dalle strutture erogatrici del servizio2.

In un sistema in cui il prezzo del servizio non nasce nel mercato, per effetto dell’incontro fra domanda e offerta, ma viene formato d’imperio dall’unico acquirente monopsonista delle prestazioni, le tariffe devono fondarsi su una stima dei costi sostenuti dalle strutture operanti secondo standard di efficienza ed efficacia.

L’addebito ai bilanci regionali degli importi superiori alle tariffe massime era previsto anche dall’art. 8 sexies. Tuttavia, la previsione aggiuntiva, secondo cui i massimi costituiscono un limite invalicabile per le regioni sottoposte a piano di rientro, è discutibile poiché finisce paradossalmente per trasferire sugli operatori le inefficienze gestionali della regione.

Il d.l. 13.9.2012 n. 158 (cd. “decreto Balduzzi”, conv. in l. 8.11.2012, n. 189)3, muovendo dalla constatazione che una nutrita serie di norme adottate negli ultimi anni in vista del contenimento della spesa pubblica ha determinato una cospicua riduzione delle risorse finanziarie destinate al Servizio Sanitario Nazionale, si ispira ad una diversa metodologia: rinunciare all’imposizione di ulteriori risparmi ed operare un sollecito riassetto dei fondamentali elementi organizzativi del SSN, che tenga conto sia dei tagli già imposti, soprattutto all’offerta di natura ospedaliera, sia della necessità di una adeguata riqualificazione della rete di assistenza sanitaria e farmaceutica.

Tra i punti qualificanti del decreto, racchiusi in sedici articoli suddivisi in quattro capi, meritano speciale menzione i seguenti.

Riordino delle cure primarie (art. 1), attraverso la costituzione di una rete territoriale integrata dei servizi sanitari e sociali in cui possano operare in coordinamento funzionale i vari professionisti secondo una logica multidisciplinare e in base ai principi di collaborazione ospedale-territorio, di continuità assistenziale, di appropriatezza delle prestazioni e del luogo di cura4. In un contesto che affida un ruolo importante alla contrattazione collettiva, stante il coinvolgimento di dipendenti del SSN, le regioni, nei limiti delle disponibilità finanziarie, dovranno privilegiare la realizzazione di reti di poliambulatori territoriali sempre aperti, dotati di strumentazione di base e operanti in sinergia e in collegamento telematico con le strutture ospedaliere.

Miglioramento, nell’ottica di un maggior rigore, della disciplina riguardante l’attività libero professionale intramoenia (art. 2), destinataria di un regime transitorio ormai cronico la cui ultima scadenza risulta fissata al 31.12.2012, e afflitta da alcune difficoltà strutturali legate alla carenza di spazi adeguati presso le aziende sanitarie di appartenenza del medico. Possono evidenziarsi tre linee direttrici: a) implementazione degli spazi da parte dell’azienda, anche tramite acquisto o locazione di locali presso strutture sanitarie autorizzate non accreditate o mediante stipula di convenzioni con altri soggetti pubblici; b) avvio, in alternativa, di un programma sperimentale, suscettibile di stabilizzazione previa positiva verifica entro il 28.2.2005, per lo svolgimento dell’attività in questione negli studi privati dei professionisti collegati in rete all’azienda attraverso una infrastruttura telematica che consenta l’avocazione di tutti gli adempimenti (come le prenotazioni) da parte dell’azienda medesima e la trasmissione continua ad essa di tutti i dati, che devono essere pienamente tracciabili, afferenti all’attività intramuraria (impegno orario del sanitario, pazienti visitati, prescrizioni rilasciate ed estremi dei pagamenti corrispettivi, da effettuare sempre e comunque all’ente o azienda del SSN)5; c) determinazione degli importi a carico dell’assistito volti a coprire i vari costi, sia per la prestazione ricevuta che per gli oneri sostenuti dall’azienda, la quale beneficerà di un ulteriore quota del 5 per cento del compenso del professionista, peraltro già sottoposto a pesanti trattenute6, destinata ad interventi di prevenzione o di riduzione delle liste d’attesa.

Note

1 Cons. St., sez. IV, 29.3.2001, n. 1839; sez. V, 2.3.2010 n. 1205; TAR Lazio, sez. III quater, 6.12.2007, n. 12623 e 20.4.2011, n. 4640; Cons. St., sez. III, 25.11.2011, n. 5186, ord.

2 Il Consiglio di Stato (sez. VI, 21.4.1999, n. 487) ha chiaramente individuato le linee guida: l’obbligo di assicurare un equo profitto a tutela non solo del prestatore ma altresì del pubblico nel cui interesse il servizio è gestito, al fine di evitare che lo sfasamento congiunturale tra costi e ricavi possa ripercuotersi negativamente sulla quantità e qualità del servizio offerto; il divieto di imporre criteri di gestione propri dello Stato, come i prezzi pubblici, in quanto lo spirito e la finalità dell’istituto concessorio (l’accreditamento, nel nostro caso), connotato dal ricorso alla flessibilità e all’efficienza dello strumento imprenditoriale privato, sarebbe frustrato dalla generazione di inevitabili perdite e, comunque, dalla mancata remunerazione del capitale investito.

3 Il varo del decreto è stato preceduto da un acceso dibattito politico-istituzionale che ne ha imposto un ridimensionamento rispetto alla formulazione originaria. L’iter di conversione si è mostrato articolato ed impegnativo, come dimostra anche l’avvenuta presentazione, e conseguente approvazione, in sede parlamentare di emendamenti spuri, aventi ad es. ad oggetto il succitato art. 15, d.l. n. 95/2012 (Misure in materia di tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie), approvato il 4.10.2012 con il n. 204, o l’art. 1, co. 51, l. 13.12.2010 n. 220 (riguardante il blocco delle azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere delle regioni sottoposte a piano di rientro), approvato il 5.10.2012 con il n. 6.01.

4 L’integrazione dell’offerta, per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, da parte dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, della guardia medica, della medicina dei servizi e degli specialisti ambulatoriali, è realizzabile attraverso le due forme organizzative monoprofessionali (aggregazioni funzionali territoriali) e multiprofessionali (unità complesse di cure primarie).

5 La sperimentazione è subordinata alla sottoscrizione di una convenzione annuale rinnovabile tra il professionista interessato (che abbia un fatturato annuo non inferiore a 12.000 euro) e l’azienda di appartenenza, sulla base di uno schema tipo approvato con accordo sancito dalla Conferenza Stato/Regioni.

6 Sul titolare dello studio gravano, fra l’altro, i futuri oneri per l’acquisizione della strumentazione necessaria al collegamento telematico in rete con l’azienda.

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