LEGGERE NEL MONDO

XXI Secolo (2009)

Leggere nel mondo

Giovanni Peresson

Le indicazioni di come prevedibilmente evolveranno la lettura e i suoi supporti nel 21° sec., o quantomeno nella prima parte di esso, le troviamo già inscritte in quelli che sono stati i comportamenti di lettura – o, meglio, di ‘accesso a contenuti editoriali’ – che si sono configurati nel corso dell’ultimo decennio del secolo scorso. Tanto più che oggi come non mai rispetto al passato, la lettura (i lettori, i nuovi supporti tecnologici attraverso cui si ‘legge’) sono oggetto di ricerche, di indagini di mercato e di osservazione sociale da parte di studiosi e soggetti istituzionali pubblici (internazionali o nazionali). Come sono oggetto di studio da parte di società e agenzie private di ricerca, spinte dai loro committenti a comprendere meglio le dinamiche che investono i processi di industrializzazione dei contenuti editoriali, la loro distribuzione e il loro consumo, il profilo stesso del mercato, dei clienti/lettori, i loro processi di acquisto.

Da questo punto di vista la lettura, accanto al suo statuto tradizionale che aveva caratterizzato e contraddistinto le riflessioni degli studiosi – ma anche le politiche pubbliche di intervento – per tutto il 19° e il 20° sec., assume crescenti connotazioni (e interessi conoscitivi ed economici) legate alle dinamiche di mercato e produttive: dai cambiamenti dei supporti su cui si legge e si accede a contenuti (culturali, informativi, didattico-educativi, finalizzati allo svago, funzionali ecc.), alla stessa evoluzione dei prodotti editoriali su carta (quotidiani da edicola vs free press) o digitali.

La lettura, sia essa di libri, quotidiani o periodici, diventa solo una delle possibili opportunità che l’individuo (lettore e consumatore) oggi si riserva di praticare, rispetto ai diversi modi di occupare il proprio tempo libero, raccogliere informazioni, aggiornarsi professionalmente, studiare e così via. La lettura si colloca – almeno nei mercati editoriali occidentali avanzati – sempre più all’interno di altre pratiche e attività del consumo: in primo luogo quelle riguardanti il proprio tempo libero (guide per il turismo), le mode e gli hobby (manuali) e così via.

Non si spiega altrimenti il fatto che la lettura stia perdendo in molti Paesi le caratteristiche di un processo lineare (più o meno veloce e continuo) di crescita (tipologia che aveva invece contraddistinto le dinamiche del 19° e del 20° sec.) tra processi di alfabetizzazione ed estensione dell’obbligo scolastico, biblioteche circolanti e sviluppo di moderni sistemi di public library. La convinzione che chi diventa ‘per la prima volta nella sua vita’ lettore di un libro sia comunque un lettore acquisito per sempre perde di valore in favore di un’immagine di lettore che deve ogni volta essere ri-conquistato: con nuovi sistemi di prodotti/autori, mode e tendenze culturali e letterarie, meccanismi di fidelizzazione, distribuzione del libro nel maggior numero possibile di luoghi che il potenziale lettore si trova a frequentare: stazioni ferroviarie, aeroporti, centri commerciali, grandi magazzini, catene di noleggio di cinema, negozi specializzati (farmacie, garden centers, bar-librerie ecc.).

In questa logica diventano centrali, accanto alle politiche tradizionali di promozione della lettura (quelle rivolte all’allargamento del mercato: Plan de fomento de la lectura in Spagna, National literacy trust nel Regno Unito, Presidi del libro e Centro per il libro e la lettura in Italia ecc.), quelle destinate alla ‘manutenzione’ del lettore (più o meno forte e assiduo) e alla sua fidelizzazione, ossia i festival letterari. Così come diventerà centrale la necessità di costruire e disporre di sistemi statistici che siano in grado di offrire una descrizione adeguata dei fenomeni della lettura (non necessariamente solo su supporti cartacei) e di quelli culturali più in generale (cinema di sala e registrato, musica, teatro, frequentazione di mostre e musei ecc.) che non trovano oggi, all’interno del generale processo di costituzione di un nuovo spazio culturale europeo, statistiche in grado di definire in modo omogeneo l’insieme e le interrelazioni tra questi fenomeni (ISTAT, Le statistiche culturali, 2002; Eurostat 2007). Ma il discorso vale anche per altre aree geoeditoriali piuttosto che regionali (l’Osservatorio culturale del Piemonte in Italia, oppure il suo corrispettivo canadese Observatoire de la culture et des communications du Québec).

Nell’ambito di una più generale assenza di criteri di rilevazione comuni per descrivere i consumi culturali nei Paesi europei, mancano soprattutto una definizione di cosa si deve intendere per lettura di libri e un’individuazione di parametri precisi e univoci quali le fasce di età entro cui il fenomeno va preso in considerazione, un’omogenea classificazione dei generi, la quantificazione della lettura come ‘numero di libri letti nell’unità di tempo’ (generalmente l’anno), o come ‘frequenza’ con cui si legge nel giorno o nella settimana media. In alcuni Paesi la lettura è misurata in base al numero di libri letti in un’unità di tempo precedente la rilevazione (in Italia o in Francia, nei dodici mesi prima dell’intervista), ma in Spagna, per es., è misurata in base alla frequenza con cui si legge; nei Paesi Bassi si chiede all’intervistato se «ha letto uno o più libri fino alla fine per studio o per piacere nell’ultimo anno»; in Finlandia se «ha letto qualcuno dei libri indicati nella lista negli ultimi sei mesi» (ISTAT, Le statistiche culturali, 2002, p. 193). Per cogliere la dimensione dinamica del processo sarebbe necessaria la continuità annuale delle rilevazioni che invece manca.

Soprattutto manca la riflessione sulla capacità da parte dell’intervistato di percepire come lettura alcune particolari, ma ormai consolidate, modalità di esplicare questa attività: per es., lo spostamento parziale di esse dalla carta allo schermo del personal computer e a quello dei readers per l’e-book, oppure di recepire come tale la lettura di documenti editoriali (articoli di riviste, capitoli di libri) stampati su carta mediante modalità di home publishing (da PDF sulla stampante di casa o d’ufficio); o ancora di prodotti editoriali quali manuali, guide di viaggio e simili che presuppongono un accesso mirato alla pagina, o di libri acquistati assieme a quotidiani e periodici, di libri di graphic novel o di graphic journalism e altro.

Ai fini dell’analisi dei più generali fenomeni macrosociali che attengono alla lettura (si legge di più in Germania o in Italia?), la presenza di criteri più circoscritti probabilmente cambierà poco nelle graduatorie e nel dimensionamento dei mercati interni dei rispettivi Paesi, in quanto si possono comunque effettuare estrapolazioni e confronti (relativamente) omogenei. Tuttavia, considerare queste pratiche come attività che circoscrivono un certo perimetro di mercato potenziale della lettura cambierà molte cose per le imprese, per le biblioteche (per es., offrendo indicazioni per la composizione delle collezioni), come nell’ambito delle politiche sociali di promozione.

In ogni caso oggi, come non mai rispetto al passato, siamo nelle condizioni di poter esaminare e seguire nel tempo, nelle dimensioni, nei comportamenti – anche nello snodo acquisto/lettura –, nei supporti (carta vs schermo), come stanno cambiando tutte le dimensioni della ‘lettura’, come si relazionano tra loro e con altri consumi culturali e/o di aggiornamento e come si inseriscono in un insieme di pratiche culturali e sociali più o meno condivise.

Dimensione e stima del fenomeno

L’Italia e l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) hanno favorito negli anni scorsi lo svolgersi di riflessioni importanti sulla misurazione del fenomeno lettura. Esempio classico di quanto esso sia sfuggente è stata l’individuazione, a partire dal 1995, di quello che l’ISTAT indicò allora come «lettore morbido» (S. Gazzelloni, I lettori di libri in Italia. Comportamenti e atteggiamenti degli italiani nei confronti della lettura, 1998), più correttamente definibile come «lettore inconsapevole» (Morrone, Savioli 2008). Una parte non trascurabile del campione rappresentativo della popolazione italiana intervistata, che aveva indicato di non aver letto alcun libro nei dodici mesi precedenti, rispondeva affermativamente a una domanda posta alla fine del questionario relativa al fatto di avere almeno letto romanzi rosa, gialli acquistati in edicola, libri ricevuti in omaggio con quotidiani e periodici, romanzi di fantascienza o di fantasy, guide turistiche, libri di cucina e ricettari ecc.: nel 1995 si trattava del 13% della popolazione (7 milioni di persone), sceso al 12% (6,4 milioni) nel 2000, e poi risalito ancora al 13% (7 milioni di individui) nel 2006. Numeri e percentuali che indicano che una parte importante della popolazione non identifica come tale la lettura delle pagine di certi generi editoriali, come anche quella dei file PDF che vengono scaricati dalla rete.

Questo diffuso comportamento mostra un cambiamento da parte dell’individuo del suo modo di percepire la lettura e di rappresentarsi come lettore, con ovvie implicazioni per gli istituti incaricati di monitorare questo tipo di processi (in primo luogo le case editrici e i soggetti istituzionali preposti a favorire i processi di socializzazione della lettura). D’altra parte, altre indagini – svolte soprattutto in ambiti lavorativi, ma anche scolastici e universitari – rivelano come la condivisione di materiali scaricati dalla rete (capitoli di libri, articoli, working papers ecc.) abbia dimensioni ben più significative rispetto a quelle evidenziate dall’ISTAT (Osservatorio permanente dei contenuti digitali, 2007). Solo in Italia, che certamente non è all’avanguardia nell’uso di tecnologie legate al web, circa quattro milioni di persone affermano di «ricerca[re] e scarica[re] dal posto di lavoro materiali on line come libri, capitoli di libri, articoli, documenti e report di ricerca per motivi di lavoro», e di metterli poi in condivisione con i colleghi.

Tutto ciò sta portando – con analogie che richiamano il consumo di musica digitale scaricata dalla rete – alla creazione negli hard disk dei computer di casa di vere e proprie biblioteche digitali: già nel 2005 il 45% degli utilizzatori di Internet affermava di archiviare sul proprio personal computer (oppure su CD) materiali editoriali (capitoli di libri, articoli di riviste, working papers, letteratura grigia ecc.); e un’analoga percentuale di giovani effettuava archiviazioni essenzialmente per motivi di studio.

Ampliamento, sviluppo e integrazione dell’offerta editoriale

La comprensione del fenomeno ‘lettura’ – cioè la definizione delle sue dimensioni assolute e del suo andamento nel tempo, in base alle variabili sociodemografiche della popolazione o legate agli stili di vita – è già oggi sempre più proiettata e inserita entro le altre dimensioni del consumo culturale e del tempo libero con effetti sempre più rilevanti sugli aspetti economici e occupazionali della società. In Italia il comparto editoriale librario rappresenta (al netto dei ricavi pubblicitari) la principale industria di contenuti del Paese. L’industria del copyright contribuisce nei Paesi aderenti all’OECD (Organisation for Economic Cooperation and Development) al 5% del loro PIL. Nei Paesi industriali avanzati la lettura di un libro o di una rivista (e prima ancora il loro acquisto o la loro acquisizione in una biblioteca) rappresenta un’alternativa che l’individuo si riserva tra diversi modi di occupare il proprio tempo libero, di informarsi, studiare, aggiornarsi culturalmente, quindi come una possibile scelta tra prodotti/servizi diversi.

Assistiamo, difatti, a cospicui movimenti tra queste diverse forme di accesso e integrazione tra contenuti editoriali e culturali: sappiamo che già oggi il 19% di chi sceglie di vedere un film in sala lo fa perché ha letto il libro da cui la versione cinematografica è tratta. Ma sappiamo anche come il 14% di chi compra un libro lo fa dopo aver visto il film di cui il testo letterario costituisce il primo anello della catena del valore (Osservatorio permanente dei contenuti digitali, 2007). Tali processi hanno inevitabili effetti sui modi e sui tempi del leggere: si pensi solo all’allungamento del ciclo di vita di un libro nel momento in cui se ne trae un film o una versione televisiva.

La lettura della pagina scritta (di un libro o di un quotidiano) si trova oggi inserita e posta in relazione – fin dallo sviluppo del contenuto stesso – con le altre piattaforme tecnologiche attraverso cui vengono veicolati i contenuti: Internet, il web. 2.0, la telefonia cellulare, le televisioni satellitari e così via.

Importanti settori di quelli che erano un tempo i comparti dell’editoria tradizionale sono già oggi pienamente inseriti in questi processi. L’editoria professionale scientifica, tecnica e medica integra e declina i propri contenuti su più piattaforme tecnologiche, rispondenti ognuna a diversi modi (anche da parte dello stesso professionista, cioè dello stesso ‘lettore’) di accedere ai contenuti: la lettura della pagina di un manuale o di un repertorio (per es. legislativo), la news­letter ricevuta in abbonamento assieme alla possibilità di accedere a banche dati ipertestuali aggiornate in tempo reale, il mensile specializzato, le news finanziarie sul cellulare, il corso di aggiornamento professionale, la piattaforma di e-learning, la business-TV e così via. Lo stesso processo lo vediamo avviarsi anche nel settore dell’editoria educativa, scolastica e universitaria, e ancora in quella turistica con la possibilità di costruirsi guide di viaggio e percorsi su misura, con navigatori satellitari che forniscono anche informazioni e contenuti editoriali sui principali monumenti da visitare, oltre che su alberghi e camping.

Appare già evidente oggi – e il fenomeno è destinato a crescere nei prossimi decenni – come il lettore acquisti libri (contenuti) tramite canali di vendita diversi: dalla tradizionale libreria a conduzione familiare al multistore, alla libreria on-line (italiana o straniera), all’edicola, alla fiera del libro. Questa tipologia di lettore affianca l’uso di una ‘tecnologia’ consolidata come quella del libro ad altre piattaforme tecnologiche; lo stesso singolo lettore pretende di scegliere da quale format tecnologico accedere a un contenuto tendenzialmente simile: il libro stampato in offset, rilegato in brossura e con la copertina curata, oppure il file PDF scaricato e acquistato in rete e stampato attraverso i sistemi di print-on-demand.

Tutto ciò crea modi diversi – sperimentati anche dalla stessa persona, a seconda delle circostanze in cui si trova e dei suoi bisogni in quel momento – di essere ‘lettore’. Pertanto avranno luogo cambiamenti nei paradigmi più tradizionali relativamente a tutto ciò che si deve intendere con ‘lettura’, e degli aspetti che assieme a essa devono venir misurati. Gli elementi del triangolo che delineano le relazioni tra autore-testo, editore-libro e lettore-lettura sono iniziati a cambiare nella loro reciproca dimensione relazionale.

Le competenze alfabetiche e di comprensione dei testi (PISA, Programme for International Student Assess­ment, 2006) restano centrali. Tuttavia, almeno nei Paesi industriali avanzati, diventano significativi per il modo stesso di leggere (influenzando parallelamente attività affini come scrivere o fare editing) anche i crescenti processi di mobilità urbana e il fatto che l’attività della lettura venga effettuata in misura sempre maggiore durante gli spostamenti.

A processi di lettura verticale (quella mattutina del quotidiano, o serale del romanzo) si stanno sostituendo letture fatte in momenti e occasioni sempre più parcellizzate all’interno dei processi di mobilità: breaking news mattutine, free press sul mezzo pubblico, notizie dagli schermi al plasma delle fermate o sui mezzi pubblici, siti Internet dei quotidiani sul posto di lavoro o all’università, notizie lette sul cellulare, free press serale al rientro e così via.

I tempi lunghi della lettura

Comprendere la lettura significa anche tener conto che, in un’ottica geoeditoriale, i cambiamenti che la riguardano hanno tempi lunghi. L’Europa risulta ancora attraversata dalla linea che distingue i Paesi che hanno vissuto la Riforma e gli altri (Germania 58,3% di lettori, Svezia 80,0%, Danimarca 66,0% vs Spagna 52,0%, Italia 43,1, Portogallo 32,4%). Nell’area balcanica i Paesi che hanno risentito dell’influenza dell’Impero austro-ungarico (Slovenia 61,0%, Ungheria 64,0%) si distinguono da quelli che hanno subito l’influenza dell’Impero ottomano (Romania 46,0%; per tutti i dati v. Eurostat 2006, popolazione con più di 15 anni).

Tempi lunghi e lente derive che possono subire improvvise e rapide accelerazioni, ma senza modificare l’assunto di base. I Paesi a maggior diffusione di Internet e delle nuove piattaforme tecnologiche (valori indicati fuori parentesi) attraverso cui si accede a contenuti editoriali sono poi gli stessi Paesi dove più alta è la lettura di pagine di libri a stampa (valori indicati tra parentesi): Paesi Bassi 83% (62,7%), Svezia 79% (80,0%), Germania 71% (58,3%), Regno Unito 67% (74,2%), Francia 49% (56,7%), Spagna 45% (52,0%), Italia 43% (43,1%), Polonia 41,0% (60,0%; cfr. i dati Eurostat 2007; ISTAT 2008 per l’Italia).

Rapide accelerazioni sono innanzitutto dovute alla crescita economica e del PIL: in Italia fino al 1973 la quota maschile di lettori di libri è sempre stata superiore a quella femminile; è a partire dagli anni Ottanta – come effetto di trasformazioni sociali e culturali – che si è verificato il sorpasso delle donne. Un cambiamento imputabile all’annullamento avvenuto negli ultimi quarant’anni delle differenze di genere nei livelli di istruzione della popolazione e di inserimento di quella femminile nei processi lavorativi.

I grandi processi di crescita della lettura sono quindi frutto di cambiamenti sociali ed economici: l’aumento del PIL, della scolarizzazione e della sua qualità, del reddito familiare, la disponibilità delle famiglie a investire in istruzione e cultura sul futuro dei loro figli. Come è avvenuto in Italia tra gli anni Sessanta e Settanta, periodo durante il quale i lettori (di almeno un libro in un anno, popolazione con più di 6 anni) sono passati dal 32,3% del 1965 (14,8 milioni di persone) al 44% di oggi (24,7 milioni di persone; ISTAT, Annuario statistico italiano, 2008). È il caso odierno della Spagna in cui si è passati dal 47,7% del 1998 al 55% del 2008 (Conecta Research&Consulting 2008).

La lettura è un fattore di sviluppo economico. Le regioni italiane con più alti tassi di lettura sono cresciute di più negli ultimi quarant’anni a parità di altre condizioni economiche di partenza. La lettura determina tale risultato in molti modi: la consuetudine con i libri facilita l’apprendimento; esiste una relazione stretta tra dimensione della biblioteca familiare e risultati scolastici; come esiste una probabilità molto forte che bambini che vivono in famiglie in cui entrambi i genitori leggono diventino a loro volta forti lettori. Un’indagine dell’Associazione italiana editori (AIE) che ha esaminato la crescita delle regioni italiane nel periodo 1980-2003 ha mostrato che la lettura di libri è stata uno dei fattori che spiega meglio di altri i differenziali di crescita economica: «Se il tasso di lettura ad inizio periodo [1980] delle regioni meridionali fosse stato pari a quello medio italiano, alla fine del periodo che abbiamo considerato [2003] la loro crescita della produttività sarebbe stata da 20 a 30 punti percentuali più alta. […] incrementi significativi dei tassi di lettura sembrano associarsi a modifiche di assoluto rilievo nei tassi di crescita della produttività, modifiche in grado di cambiare le capacità competitive delle regioni in cui si sviluppano» (Scorcu, Gaffeo 2006, p. 15).

Alcune ricerche dell’ufficio studi della Banca d’Italia confermano che la quantità e la qualità del capitale umano, delle conoscenze formali e informali dei lavoratori – e quindi la loro capacità di accedere attraverso la ‘lettura’ a contenuti non sempre e non necessariamente educativi o professionali – esercitano un ruolo più importante rispetto al capitale fisso: il tasso di rendimento privato dell’istruzione (pari a circa l’8-9% al momento dell’indagine) risulta essere superiore a quello ottenibile da investimenti finanziari alternativi (per es., in titoli di Stato; cfr. a tale proposito Ciccone, Cingano, Cipollone 2006).

Se le conseguenze interpretative appaiono evidenti e l’investimento in lettura si dimostra redditizio per i suoi effetti sulla produttività e in generale sull’accumulazione di conoscenza, non ci si può però aspettare effetti nel breve periodo. Questo perché il ‘ritorno economico della lettura’ tende a esplicare i suoi effetti solo sul lungo periodo. Nell’indagine dell’AIE – basata su un modello empirico ormai consolidato nell’analisi dei fattori di crescita come quello delle ‘regressioni alla Barro’ (da Robert Barro, economista statunitense che per primo le mise a punto) – veniva sottolineata la necessità di mettere «in evidenza come l’effetto positivo della lettura emerge solo con riferimento a un congruo anticipo temporale. Se si utilizzassero i dati [della lettura] riferiti al 1965 i risultati sarebbero del tutti analoghi» a quelli registrati. Mentre «qualora le quote di lettori fossero riferite a periodi più vicini [per es., il 1988] l’effetto sulla crescita si ridurrebbe fino a diventare non statisticamente significativo, eccetto che per la quota di lettori forti» (Scorcu, Gaffeo 2006, p. 15).

Analfabetismi e difficoltà a leggere

Quando si parla di lettura ci dimentichiamo che tra le ragioni della ‘non lettura’ c’è la difficoltà a leggere. Nel nostro Paese la non lettura, motivata con affermazioni del tipo ‘non so leggere’, ‘leggo male’, o ‘i libri sono scritti in modo difficile’ (certamente non facili da indicare in un questionario, e tali quindi da sottodimensionare il fenomeno), riguarda oltre 2,5 milioni di persone (sono quasi il 4,6% degli italiani). Si concentra nelle fasce più anziane della popolazione, a basso reddito, residenti nelle aree meridionali non metropolitane. Un valore che comunque va ad aggiungersi ad altri 782.000 analfabeti effettivi secondo l’ultimo censimento ISTAT del 2001.

Anche qui dobbiamo immaginare nel futuro due processi paralleli. Da una parte, la riduzione dell’analfabetismo effettivo per l’uscita di scena delle fasce di popolazione anziana con basso titolo di studio; dall’altra, la formazione – e probabilmente l’ampliamento – di fasce di popolazione, anche giovane e inserita all’interno dei processi lavorativi, priva di sufficienti competenze per la comprensione dei testi letterari e/o funzionali. Come ben si vede dal grafico, la lettura, intesa come pratica per attivare processi cognitivi sottesi alla comprensione, all’interrogazione di un testo (anche funzionale) per cercarvi risposte ai fini dell’arricchimento culturale o al confronto dei punti di vista, disegna una precisa geografia Nord/Sud del mondo rispetto alla media OECD (500); ma delinea anche preoccupanti vicinanze al valore medio per molti dei Paesi industrializzati (Regno Unito, Germania ecc.), oppure ancor più drammatici valori inferiori alla media per altre nazioni industrializzate: tra queste l’Italia che con il suo indice 469 brilla per il fatto di collocarsi sotto la media di oltre trenta punti.

Il secondo fenomeno è legato alla recente migrazione. Se attualmente questa fascia della popolazione rappresenta il 5% dei residenti, le proiezioni demografiche – per effetto congiunto della maggiore natalità e di nuovi ingressi – prevedono che nel 2011 e nel 2031 saranno rispettivamente il 7,3% e il 13,2% circa gli stranieri residenti nel nostro Paese.

I dati relativi al possesso di competenze e abilità necessarie alla conoscenza e all’uso della lingua italiana, e quindi alla comprensione dei testi (precondizione alla lettura, ma anche alla frequentazione di biblioteche o librerie, e allo sviluppo di un moderno mercato di massa del libro e dei contenuti editoriali) delineano la base strutturale di processi a cui abbiamo iniziato ad assistere negli anni scorsi e riguardanti sia la lettura di libri tradizionali sia l’uso di tecnologie per accedere a contenuti editoriali (o informativi).

Sia pure con numeri e valori diversi dovuti a sistemi di campionamento e rilevazione differenti, tutte le indagini più recenti hanno mostrato come il fenomeno dei collaterali (libri allegati a quotidiani e periodici), che complessivamente nel periodo tra 2001 e 2007 ha immesso sul mercato 358 milioni di copie di libri, ha favorito la crescita della lettura tra le fasce a maggiore scolarizzazione (tra i laureati dal 23,7% al 51,2%), tra i residenti nelle grandi aree urbane, tra coloro che hanno redditi maggiori (Ipsos 2007) e non invece tra i deboli e occasionali lettori.

La stessa lettura rilevata da ISTAT mostra negli ultimi anni una diminuzione dei deboli e occasionali lettori (−3,5% tra coloro che non leggono più di tre libri all’anno nel tempo libero) e un aumento tra i forti lettori (12 e più libri: +2%). Il grafico che così se ne ottiene, relativo a quella parte minoritaria di lettori che compongono la società italiana, assomiglia più a una ‘guglia’ che a una ‘piramide’ (magari) schiacciata: infatti, l’1% di persone dichiara di leggere oltre 20 libri all’anno; il 3% da 11 a 20; il 17% da 6 a 10; il 40% da 3 a 5; il 39% da 1 a 2 libri all’anno. Una ‘guglia’ che tra il 2003 e il 2007 non ha subito cambiamenti e modifiche di qualche significato. Il mercato italiano della lettura di libri si configura cioè come un mercato tutt’altro che ‘piatto’ e ‘democratico’, capace di favorire attraverso la lettura di libri una maggiore capacità e possibilità di informazione, studio e aggiornamento professionale continuo: in altri termini, di piena e consapevole partecipazione ai diritti di cittadinanza.

Anche le ricerche che individuano gruppi di popolazione in base ai tipi di consumi culturali (libri, musica, cinema ecc.) e tecnologici assieme (web, telefonia mobile, televisioni satellitari ecc.) mostrano come sia minoritaria rispetto al totale della popolazione la parte di società italiana che sa utilizzare e integrare tra loro queste diverse tecnologie/contenuti (13% di ‘sofisticati’ e 14% di ‘eclettici’). Non solo ma mostrano anche come coloro che hanno figli riescono a determinarne i comportamenti in modo tale che per consumi culturali/uso di tecnologie rimangano nel loro gruppo di origine solo in misura molto ridotta: addirittura 9% tra i ‘sofisticati’ e 46% tra gli ‘eclettici’, che è comunque meno della metà delle famiglie (Osservatorio permanente sui contenuti digitali 2008).

La lettura nel tempo quotidiano

Le indagini sull’uso del tempo quotidiano ci aiutano ad approfondire alcuni aspetti riguardanti i comportamenti attuali di lettura inseriti all’interno di uno dei vincoli che influenzano le attività degli individui: la rigidità del tempo disponibile. Le dinamiche che ne caratterizzano l’impiego nelle 24 ore appaiono di particolare rilevanza in un’ottica previsionale di evoluzione della lettura da parte degli individui (il confronto è tra 1988 e 2003). Se si prendono in considerazione quelli che vengono chiamati episodi (gli intervalli nel corso dei quali si protrae un identico uso del tempo in termini di attività svolte) se ne nota oggi un marcato incremento. Un giorno medio del 2002-03 presenta un numero medio di episodi di 25,4 contro i 20 del 1988-89: l’articolazione del nostro tempo quotidiano si è fatta più complessa e varia rispetto al passato. I comportamenti multitasking – leggere, ascoltare musica, tenere la televisione accesa, chattare, mandare SMS e altre attività che si possono effettuare contemporaneamente – segnano gli atteggiamenti odierni di consumo e accesso a contenuti editoriali soprattutto dei giovani.

Sono diventate cioè più numerose le tessere che compongono il mosaico della giornata, e sono più vari anche i suoi contenuti: sempre in media si passa da 11,2 attività che si praticavano alla fine degli anni Ottanta alle attuali 12,2. Si moltiplicano le sovrapposizioni tra più attività: per oltre un sesto della giornata (4/11) si svolgono più attività contemporaneamente, quando questo valore era alla fine degli anni Ottanta molto più contenuto (3/11; i dati sono ripresi da I tempi della vita quotidiana, 2007).

È all’interno di queste trasformazioni che va a collocarsi la pratica, sempre più interstiziale e sovrapposta ad altre attività, della lettura (per svago e piacere, ma anche per informazione) a cui non si dedicano più tempi lunghi come il fine settimana o la sera. Essa occupa in misura sempre maggiore frammenti del nostro tempo quotidiano, oppure viene svolta assieme ad altre attività: mentre ci si sposta con i mezzi pubblici, mentre si ascolta la musica o l’informazione radiofonica, mentre la televisione è accesa. La lettura, come già detto, è oggi inserita in un processo multitasking di altre attività. E questa tendenza è particolarmente diffusa tra i giovani che porteranno queste abitudini nella loro attività di lettori adulti di domani.

Non è da escludere che il riposizionarsi letterario ed editoriale di forme narrative ‘forti’, ma fino a poco tempo fa confinate nell’area della paraletteratura, in cui i personaggi e le vicende sono molto caratterizzati a seconda dei generi (giallo, noir, fantascienza, narrativa rosa o chick-lit, fumetti o graphic novel), siano da ricondurre a questi fenomeni più generali.

Lo stesso fenomeno della free press muove dalla constatazione di un diverso modo di leggere il quotidiano all’interno del reticolo di spostamenti nella città metropolitana o nelle grandi aree urbane. Sia negli spostamenti del mattino sia in quelli dei rientri serali, ma anche con l’integrazione della notizia – raggiunto il posto di lavoro o di studio – mediante la pagina web del giornale; e forse ancor prima con i ‘sottopancia’ che scorrono con le loro breaking news sugli schermi al plasma presenti negli spazi pubblici.

Le nuove tecnologie

Ciò di cui possiamo per ora essere abbastanza certi è che la lettura della pagina a stampa di un libro, ma anche di un periodico, non verrà sostituita con quella effettuata attraverso uno schermo: di personal computer o di device mobile o di un e-book, anche di seconda generazione. I fenomeni cui stiamo assistendo, o abbiamo assistito nel passato, fanno piuttosto intravedere ben più complessi orizzonti per la lettura del futuro. Giochi di forze in cui è il lettore/cliente/consumatore ad avere l’ultima parola relativamente alla scelta del supporto su cui leggere (carta o schermo); se leggere dallo schermo e poi stampare con le tecnologie dell’home printing o del print-on-demand; quando o come leggere, magari mentre effettua altre attività.

In questa nuova realtà, in cui non più solo l’atto del leggere ha iniziato ad assumere una fluidità inimmaginabile fino a buona parte dell’ultimo decennio del 20° sec., anche il testo diventa fluido e rimodellabile: deve potersi adattare – con tutte le implicazioni connesse alla contrattualistica editoriale e alla tutela del diritto d’autore, ai software (Adobe, Indesign, XML ecc.) e agli standard di metadatazione e quindi ai processi produttivi aziendali – ai possibili e diversi utilizzi e utilizzatori: ai lettori e ai loro futuri possibili modi di leggere.

Questo è già avvenuto in tutta l’editoria professionale e sta avvenendo in quella educativo-universitaria senza che di per sé ciò abbia portato alla scomparsa del libro. La porzione digitale del futuro della lettura sarà sicuramente significativa e importante (già oggi lo è, anche se i dati che circolano sono di scarsa attendibilità). Si giocherà, infatti, da una parte su de-vices a basso contenuto tecnologico, sui readers degli e-book, degli schermi della telefonia mobile, del personal computer; dall’altra sulla carta dei libri.

I giovani oggi non solo mostrano ovunque indici di penetrazione della lettura più alti rispetto alla media dei diversi Paesi; ma sappiamo che sono anche forti utilizzatori di altre tecnologie: audiovisive (televisioni satellitari e DVD), web, nuove tecnologie e software (iPod, peer-to-peer, motori di ricerca ecc.).

Le case editrici (di libri e/o di stampa quotidiana e periodica) dovranno pensare all’elaborazione di progetti editoriali integrati che siano caratterizzati da una diversa organizzazione del lavoro, per produrre informazione e contenuti editoriali che propongano assieme testi, fotografie, filmati, link ad altri articoli o saggi. Se su Internet i testi sono più brevi – e richiedono una lettura più veloce perché si inseriscono nelle pieghe del tempo quotidiano – sono però arricchiti da quanti più link possibili: la ‘lettura’ della pagina del quotidiano – ma anche del libro professionale o educativo – non è il semplice trasferimento del giornale sul web, come non lo è quello di una rivista o di un libro sull’e-book; riviste e libri perdono la loro dimensione fisica per accrescere il loro livello di parcellizzazione: non si legge più la rivista ma l’articolo, non più l’intero saggio ma il singolo capitolo.

Ne conseguono slittamenti significativi anche nella terminologia – da libro (o quotidiano) a prodotto editoriale (ieri), fino a documento (oggi) – e si pone agli editori la domanda su come immaginare un progetto editoriale – quello che era, e ancora è, l’idea che il lettore si fa del marchio della casa editrice e di come seleziona e garantisce lo status del testo –, come gestirlo, come trovare un equilibrio economico e finanziario rispetto agli investimenti da effettuare.

A loro volta i testi di Internet diventano libri: è il caso di alcuni blog che si sono trasformati in libri di successo. Oppure il telefonino diventa lo strumento con il quale, durante gli spostamenti metropolitani, si scrive un ‘romanzo’ che viene poi collocato su un sito da cui i lettori possono leggere le puntate giornaliere e seguire l’evolversi della vicenda: un testo digitale che si trasforma in brevissimo tempo in un libro di successo (è avvenuto tra il 2007 e il 2008 in Giappone). I blog e il web. 2.0 diventano luoghi di passaparola, consiglio, recensione non professionale di un libro, volano e strumento di marketing e di incremento delle vendite. Già alla metà degli anni Ottanta Donald F. McKenzie scriveva che «nuovi lettori creano testi nuovi, i cui significati dipendono direttamente dalle loro forme» (Bibliography and the sociology of texts, 1986; trad. it. 1998, p. 20).

Michel de Certeau, citato da Roger Chartier ad apertura di uno dei suoi libri più noti scriveva: «I lettori sono viaggiatori; circolano sulle terre altrui, nomadi dediti al bracconaggio nei campi che non hanno scritto, pronti a impadronirsi delle ricchezze d’Egitto per goderne. La scrittura accumula, immagazzina, resiste al tempo grazie all’istituzione di un luogo, e moltiplica la produzione attraverso l’espansionismo della riproduzione. La lettura non si tutela contro l’usura del tempo […], non conserva, o conserva male, ciò che ha acquisito» (L’ordre des livres, 1992; trad. it. 1994, p. 15). La lettura «appartenente all’ordine dell’effimero», pratica «che solo raramente lascia tracce, che si disperde in un’infinità di atti singoli [ma oggi abbiamo visto che è progressivamente meno vero]» (p. 16), contrapposta alla scrittura che «resiste al tempo». Quello che oggi sta cambiando, rispetto a quando sono state scritte queste parole, è che lo stesso testo scritto, cui Michel de Certeau contrappone la pratica del leggere, ha perso di fronte ai nuovi lettori e alle loro nuove tecnologie la sua caratteristica di rappresentare qualcosa di «conservatore, definito, duraturo». Il ‘taglia e incolla’ di word come anche il peer-to-peer, che consente di crearsi antologie e compilation musicali personali, introducono parallele fluidità: nella pratica della lettura ma anche nei testi che questo nuovo esercizio della pratica presuppone.

Ciò che le previsioni in nostro possesso ci dicono sull’evoluzione della lettura nel corso del 21° sec., e in particolare nella sua prima parte, è che non ci troveremo di fronte a processi di sostituzione, ma di integrazione sempre più spinta, di crescenti fluidità e mutazione dei testi e dei contenuti editoriali, come delle pratiche per accedervi, tali da comportare comunque tempi lunghi della lettura. Coloro che leggeranno e utilizzeranno le nuove tecnologie assieme alla pagina di carta saranno ancora una volta i forti lettori. Di nuovo ci si troverà di fronte non a un fattore di ‘democratizzazione’, ma a un’ulteriore forma di divide che incorpora e assomma esponenzialmente accesso alla lettura e accesso alle nuove tecnologie. L’Italia, ricordiamolo, è un Paese dove l’uso di Internet è quantitativamente e qualitativamente scadente; lo stesso Paese in cui il numero di copie di quotidiani venduti giornalmente in edicola è analogo a quello degli anni Trenta, ossia circa 5 milioni di copie, e nel quale oltre la metà della popolazione dichiara di non leggere alcun libro.

Le stesse nuove tecnologie, misurate sul loro effettivo impatto di mercato, mostrano ancora sia distanza rispetto alle forme tradizionali di accesso ai contenuti, sia dinamicità. Le vendite di e-book rappresentano oggi l’1% del mercato mondiale di libri di carta, anche se sono passati dai 2 milioni di dollari del 2002 ai 7,5 del 2008 (IDPF, International Digital Publishing Forum, 2008). Numilog, il principale distributore di e-book francese, detiene 45.000 e-book coperti da diritti nel proprio catalogo (60% in inglese e 40% in francese). Tuttavia la produzione annuale della sola editoria francese è di oltre 70.000 titoli e quelli commercialmente vivi sono oltre 600.000. Nel periodo 2007-2010 si prevede una crescita del 22,7% del fatturato dei motori di ricerca, degli aggregatori di contenuti e delle aziende che si occupano di syndacation (rivendita di contenuti a terzi), e un calo del 3% per chi produce news (Outsell – Analytics for the information industry, 2006); oggi Google Book Search riunisce già più di ventimila editori e oltre un milione di libri in più di 100 lingue in tutto il mondo.

La distribuzione

Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione anche nella distribuzione dei libri: in questi anni è profondamente cambiato il modo di fare gli acquisti e di scegliere i negozi. Accanto ai centri storici si sono affermati come luoghi del consumo i centri commerciali e tutti quegli spazi – dagli aeroporti alle stazioni ferroviarie – che sono diventati le nuove zone del consumo. A ciò vanno aggiunti gli acquisti fatti attraverso Internet. Pensare che questi comportamenti riguardino solo i prodotti di largo consumo e non anche il libro, i negozi alimentari e di cura del corpo, e non le librerie, le aziende alimentari e non anche le case editrici è illusorio. Se il cliente/lettore è uno solo, sta però diventando un cliente multicanale. Un cliente/lettore che si riserva la scelta di dove comprare il libro da leggere; ma soprattutto un cliente/lettore che accentuerà questa sua peculiarità. È una persona che sceglie, nella sua quotidianità di lettore, di comprare al banco libri della grande distribuzione, ma anche su Internet, nel grande multistore o nella piccola libreria specializzata o ancora presso la bancarella di libri usati.

Inoltre alcuni format commerciali – fisici, ma anche on-line – mostrano rilevanti opportunità di convergenza nei comportamenti d’acquisto di ‘prodotti culturali’ diversi. Tra gli acquirenti di libri il 22% dichiara di comprare nei multistore ma di cogliere l’occasione per acquistarvi anche musica registrata (7%) oppure film (4%); nei nuovi format di librerie che si aprono nei centri commerciali il 19% dichiara di preferirli per comprare libri, ma il 26% acquista anche musica e il 15% prodotti cinematografici.

I ‘generi’

Nelle tipologie contemporanee di lettura riacquista nuovi spazi la dimensione orale, non solo nei vari momenti pubblici (come nel caso degli incontri con gli autori nei festival che cementano in circuiti di massa forme nuove e diverse di socialità, in passato espresse nell’ambito delle letture delle famiglie contadine). Vere e proprie porzioni di mercato si orientano su questa modalità: il mercato degli audiolibri negli Stati Uniti vale 372 milioni di euro. In Italia tale mercato per ora ha riscontri economici trascurabili, mentre i festival letterari nel nostro Paese arrivano a coinvolgere un numero di persone che va da 1 a 3 milioni, con un indotto economico conseguente.

Non solo agli audiolibri è imputabile la definizione di nuovi modi di leggere, ma anche al graphic novel e al graphic journalism. Probabilmente perché, in corrispondenza con le pratiche quotidiane dei lettori, «in questi anni i nuovi romanzi a fumetti hanno offerto una ricchezza sbalorditiva di codifiche, dal fantastico al realistico, dallo storico al contemporaneo, dal mirabolante fiabesco allo squallore del vero, dal grottesco al comico, dalla grande storia alla storia familiare, dal biografico all’autobiografico, […], dal diario all’inchiesta, […], dal pamphlet sociale e politico alla pura cronaca, […], e poi dall’antropomorfismo al suo rifiuto, dal figurativo all’astratto nelle sue cento derivazioni dalla grande pittura degli anni delle avanguardie» (G. Fofi, Libertà a fumetti, «Internazionale», 2008, 750, p. 77).

Se il lettore è ‘uno’, sempre più lo vediamo diventare un cliente multicanale (compra in librerie specializzate, multistore, librerie on-line, scarica contenuti dalle rete ecc.), multiprodotto (compra assieme ai libri, musica, film), capace di dar vita a pratiche e momenti di condivisione (il web. 2.0, ma anche il self-publishing). D’altra parte, come alcuni DVD sono veri e propri saggi in forma cinematografica, così alcune tipologie di opere (in particolare enciclopedie, dizionari, repertori) sono innanzitutto tecnologie che ospitano contenuti al loro interno.

Tutto ciò porta a processi trasversali di contaminazione e costruzione di nuovi generi, in cui la tecnologia, ma anche il lettore e la pratica della lettura svolgono un ruolo di crescente rilevanza. Si realizzano inoltre ipersegmentazioni dei mercati, calo delle tirature medie a poche migliaia o centinaia di copie, ma parallelamente – e senza nessuna contraddizione – la creazione di super best seller internazionali.

Tuttavia, il fenomeno più rilevante non è l’allungamento, bensì l’allargamento di questa coda: il libro diventa la sceneggiatura di un film (il 19% di chi entra in sala cinematografica lo fa perché ha letto il libro: Osservatorio permanente dei contenuti digitali, 2007), o di una serie televisiva (si pensi a quella sul commissario Montalbano tratta dai romanzi di Andrea Camilleri); di contro, da una serie televisiva (dalla Piovra come da Un posto al sole) possono derivare libri, videogiochi, merchandising, incontri e colazioni (a pagamento) con gli autori (nei festival) e molto altro.

La lettura e i giovani

Le generazioni più giovani leggono più delle fasce di popolazione adulta. Questo lo vediamo avvenire in tutti i Paesi industrializzati (in Italia il 56,6% dei 15-17enni rispetto al 43,1% nazionale; in Spagna il 57% dei 12-18enni rispetto al 52% ecc.). Dopo un ventennio di VHS e DVD, almeno dieci di Internet, web e telefonia cellulare, quello della lettura giovanile appare un dato acquisito: il forte interesse dei giovani per le nuove tecnologie (oltre a una diversa organizzazione e saturazione del loro tempo libero) non porta a un meccanico allontanamento dalla lettura. Se mai – come le indagini qualitative sul fenomeno sembrano indicare – conduce a un diverso modo di integrare i documenti e di leggere.

Assistiamo comunque a un fenomeno che riguarda, ancora una volta, una parte non maggioritaria della popolazione, pur trattandosi di giovani inseriti all’interno dei processi di scolarizzazione. Constatiamo inoltre che la lettura di libri appare una condizione data per diritto di nascita all’interno di un nucleo familiare caratterizzato a sua volta da una forte disponibilità alla lettura: per es., i 6-19enni hanno tre volte più probabilità di diventare lettori (a parità di tutte le altre condizioni) se nascono in una famiglia dove c’è una biblioteca domestica; se i genitori leggevano loro da piccoli fiabe e favole e così via.

La lettura e gli editori

«Subiamo oggi una crisi di legittimità per il fatto che l’ambito pubblico che i giornali hanno contribuito a costruire si sta disintegrando: e in effetti questo accade in seguito al boom di Internet, per il fatto che le nuove generazioni spesso preferiscono accedere all’informazione [scritta e quindi letta, ma anche audiovisiva] in un modo diverso da quello tradizionale. Si sta producendo una frammentazione che sino ad oggi non avevamo conosciuto» (così Javier Moreno, direttore di «El País», in A. Oppes, I giornali stampati e la sfida di Internet, intervista a Javier Moreno, «la Repubblica», 27 marzo 2008, p. 46). Considerazioni che possiamo proiettare su quello stesso ambito pubblico che gli editori di libri e la loro lettura hanno a loro volta costruito tra 19° e 20° sec. (se non già a partire dal 18°); occorre però essere cauti sul fatto che, come il processo di ‘disintegrazione’ cui fa riferimento Moreno non può essere applicato indistintamente a tutti i quotidiani e a tutti i mercati, egualmente non vale per tutti i diversi segmenti in cui si articola il mercato e la produzione (e lettura) di libri.

Ricostruire quest’ambito perduto di legittimità – ammesso che si possa e si voglia ricostruire – vuol dire intraprendere un percorso in cui risulta centrale comprendere meglio cosa significa oggi, e cosa significherà domani, il fenomeno ‘lettura’.

Bibliografia

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Istat, Le statistiche culturali in Europa, a cura di S. Gazzelloni, Metodi e norme, n. s., 13, Roma 2002.

A. Scorcu, E. Gaffeo, Il ritorno economico della lettura. Rapporto di ricerca, in Investire per crescere. Materiali per una discussione, a cura di G. Peresson, Milano 2006, pp. 13-27.

Ch. Anderson, La coda lunga, Torino 2007.

I tempi della vita quotidiana. Un approccio multidisciplinare all’analisi dell’uso del tempo, a cura di M.C. Romano, Roma 2007.

A. Morrone, M. Savioli, La lettura in Italia: comportamenti e tendenze. Un’analisi dei dati ISTAT 2006, Milano 2008.

Webgrafia

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Eurostat, Usage of information and communication technologies in 2007 nearly half of EU27 enterprises out source ICT functions, 10 december 2007, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/pls/portal/ docs/PAGE/PGP_PRD_CAT_PREREL/PGE_CAT_PREREL_YEAR_2007/PGE_CAT_PREREL_YEAR_2007_MONTH_12/4-10122007-EN-AP.PDF.

Osservatorio permanente contenuti digitali, http:// www.osservatoriocontenutidigitali.it/leftmenu/Lindagine/ tabid/596/Default.aspx, 2007 e 2008, indagini annuali realizzate da Nielsen per AIE, Fimi, Univideo, Cinecittà Holding.

Tutte le pagine web si intendono visitate per l’ultima volta il 2 marzo 2009.

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