Legno

Enciclopedia Dantesca (1970)

legno [plur. legni, legne, e, in rima, legna]

Antonio Lanci

Nel senso proprio, in Cv II I 10 impossibile... è... la forma de l'arca venire, se la materia, cioè lo legno, non è prima disposta e apparecchiata, e IV XXIX 5 la statua di marmo, di legno o di metallo.

Anche " pezzo di l. ": If XXXII 49 Con legno legno spranga mai non cinse / forte così; e, più specificamente: Pg XXXII 24 pria che piegasse il carro il primo legno, il " timone ", cioè " il legno che vien primo, che è sul davanti " (Casini-Barbi); Pd XIX 105 A questo regno / non salì mai chi non credette 'n Cristo, / né pria né poi ch'el si chiavasse al legno, cioè sulla " croce " (cfr. Act. Ap. 5, 30 " Iesum, quem vos interemistis suspendentes in ligno ").

Più di frequente l. vale " albero ", " pianta " (sineddoche già presente nel linguaggio biblico e in autori latini: cfr. Gen. 2, 17; Aen. XII 767, ecc.): Cv IV XXVI 13 Enea... s'accinse e prese la scure ad aiutare tagliare le legne; If XIII 73 Per le nove radici d'esto legno / vi giuro che... (parole di Pier della Vigna, divenuto pianta nella selva dei suicidi); e ancora: Rime XCV 2, Cv IV Le dolci rime 41 (ripreso in III 4, X 1 e 4, due volte), Pg XXVIII 114, XXXII 44, Pd I 25 (cfr. al v. 15 amato alloro), XIII 70.

In espressione metaforica: Rime CI 32 ritorneranno i fiumi a' colli / prima che questo legno molle e verde / s'infiammi, come suol far bella donna, / di me.

Metonimicamente, per " frutto dell'albero ": Pg XXIV 116 legno è più sù che fu morso da Eva (cfr. al v. 104 pomo per " albero ") e Pd XXVI 115 non il gustar del legno / fu per sé la cagion di tanto essilio, / ma..., cioè " il frutto dell'albero " della scienza del bene e del male.

Ampiamente documentato il senso di " nave ", " barca ", talvolta in contesti metaforici: Rime CIII 19 cotanto del mio mal par che si prezzi, / quanto legno di mar che non lieva onda; Cv I III 5 Veramente io sono stato legno sanza vela e sanza governo, portato a diversi porti e foci e liti dal vento secco che vapora la dolorosa povertade; If XXVI 101 misi me per l'alto mare aperto / sol con un legno; Pg XXX 60 Quasi ammiraglio che... / viene a veder la gente che ministra / per li altri legni; e ancora: If III 93, VIII 28 e 40, XXI 9 e 11, XXII 21, XXVI 138, Pd II 3, XIII 136.

Dubbio il significato del termine in Pg VII 74 indaco, legno lucido e sereno (alcuni dei colori che D. scorge nella valletta dei principi), e non solo per la difficoltà di comprendere il valore semantico della parola in sé stessa, ma anche per l'incertezza della lezione, e soprattutto dell'interpunzione dell'intero verso. Il Petrocchi (ad l.) nota che in proposito " i codici dicono ben poco, a parte l'indicazione di sereno dopo o senza congiunzione ", e che " indaco è ampiamente rappresentato come indico ". Ora, chi, come Benvenuto, Andreoli, Mattalia, Sapegno, ecc., congiunge indico, nel senso di " indiano " con l., intende generalmente l'espressione come " nero ebano d'India nella sua luminosa vivezza " (Mattalia).

Altri editori e commentatori, invece, pongono la virgola dopo indaco, che starebbe a significare l'azzurro della sostanza colorante così chiamata, mentre legno lucido indicherebbe la " querca marça che luxe de notte " (Lana, seguito dal Buti), o ancora " l'ebano " (Vellutello), ovvero " un legno, anche levigato o tornito, come per es. il bosso, che sia o divenga lucido e sereno, lucido e chiaro (cfr. il lat. aqua serena): un colore, mettiamo, giallino o d'avorio " (Parodi, Lingua 371). Tutte queste interpretazioni sono state nettamente rifiutate dal Chimenz (seguito dal Petrocchi), il quale osserva, fra l'altro, che intendere indico legno nel senso di ebano d'India " è l'interpretazione meno probabile, giacché il nero dell'ebano, per quanto lucido, non pare possa dirsi sereno e inserirsi fra gli altri colori così vivaci ", e che anche l'ipotesi del Parodi è da scartare, in quanto " nessun legno ha un colore così tipico e splendido da poterlo annoverare tra gli altri dell'elenco ". Il Chimenz, quindi, mantenendo la virgola dopo indaco (indico nel suo testo), intende legno lucido, sereno come " il colore lucente e chiaro (sereno) della lychnite, pietra preziosa, detta nel lat. medievale anche lignus ". Per questa interpretazione di l., che fu già dell'Austin (cfr. Dante Notes, in " Modern Language Notes " XXXVII [1922] 36-39) e che per altro non è esclusa dal Vandelli, propendono decisamente il Porena e il Petrocchi, il quale rimanda a Plinio Nat. hist. XXXVII 29, a Isidoro Etym. XVI XIV [4] e al lessico di Uguccione da Pisa.

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