LEGNO

Enciclopedia Italiana (1933)

LEGNO (dal lat. lignum che indica propriamente la parte legnosa della pianta, mentre materies indica il legname adibito ad uso di costruzione [in gr. ξῦλον e ὕλη sono usati promiscuamente nell'uno e nell'altro significato]; fr. bois; sp. madera; ted. Holz; ingl. wood, timber)

Ludovico PICCIOLI
Raffaele CORMIO
Giulio Carlo ARGAN
Vincenzo FASOLO
Giulio FARINA
Vincenzo FASOLO
Aristide CALDERlNl
Vincenzo FASOLO
* A. Vag. *

Col nome di legno o legname s'intende la materia solida del fusto, dei rami e delle radici degli alberi e degli arbusti posta al disotto della corteccia; legna o, più comunemente, legne sono detti invece i legni da bruciare.

L'uso del legno è, si può dire, coevo dell'umanità. Ma all'uso larghissimo del legno nell'antichità fa riscontro l'estrema scarsezza delle reliquie archeologiche, ovvia del resto per la difficoltà della conservazione di un materiale più degli altri soggetto a deperimento. È soltanto a particolari condizioni di clima o di terreno, come in Egitto, o a casuali circostanze che noi dobbiamo i monumenti lignei superstiti, che, se si eccettuino appunto quelli ora ricordati dell'Egitto, sono pochissimi. Delle civiltà preistoriche sono da ricordare gli avanzi delle palafitte e delle terremare: pali di sostegno, gabbioni e tavolato sovrapposto in larice, ontano, quercia, ecc., conservatisi largamente nelle acque dei laghi e nelle torbiere. Dal Lago di Como fu tratto fuori un canotto che deve pure farsi risalire a quest'epoca. Qualche residuo di oggetti in legno abbiamo di età micenea.Più copiosi sono quelli rinvenuti nelle tombe della Russia meridionale, dal sec. IV-III a.C. (v. oltre): le specie adoperate sono il cipresso e il tasso.

Scendendo ad età romana abbiamo qualche raro esempio di piccola scultura in legno, e avanzi di elementi lignei adoperati nella costruzione e nell'arredamento delle case, conservatisi in originale o in impronta nelle città vesuviane. Gli ultimi scavi di Ercolano hanno restituito alcuni tramezzi di stanze molto ben conservati. Un monumento insigne della costruzione navale romana abbiamo oggi nelle due navi di Nemi; il legno adoperato è il pino per il fasciame esterno, la quercia per il tavolato del ponte. Residui di palificazioni si hanno nei castelli della Britannia, della Germania e della Dacia, nonché nelle fondazioni di edifici (recentemente sono stati riscontrati nel teatro romano di Milano) e di ponti, come in quello famoso di Traiano alle Porte di Ferro sul Danubio.

Costituzione e caratteri. - Il legno fresco ha la seguente composizione media: carbonio 49,5 ÷ 51,5%; idrogeno 6,0 ÷ 6,8%; ossigeno 42 ÷ 44%; azoto 0,1 ÷ 0,3%; ceneri (potassa, calce, magnesia, ossidride, fosforica, ecc.) 0,1 ÷ 1%. È formato dallo scheletro e dai succhi. Lo scheletro è originariamente costituito da cellulosio; ma col tempo s'ispessisce per la sovrapposizione di sostanze incrostanti; e viene ad essere costituito anche da lignina.

Dall'esame delle composizioni centesimali del cellulosio e del legno si può dedurre che nella lignificazione dei tessuti non si ha disidratazione, ma molto probabilmente solo eliminazione di anidride carbonica.

F. Schulze a cui si deve il nome di lignina assegnato al derivato del cellulosio (1856), riuscì per primo a separare nel legno, mediante trattamento con clorato di potassio e acido nitrico, la lignina stessa che ne costituisce la parte solubile, dal cellulosio che è invece insolubile. Recenti ricerche hanno mostrato, confermando le prime vedute, che il cellulosio non è unito chimicamente alla lignina, e che inoltre quest'ultima è di natura aromatica, formata cioè dai derivati della vaniglina e del piperonile (K. Freudenberg e collaboratori, 1929). Riportiamo alcuni dati relativi alla quantità di lignina contenuta nei principali legni: legno di Picea excelsa, 26-30%; legno di Pinus silvestris, 25-29%; legno di Fagus silvatica, 20-24%; legno di Abies pectinata, 28-30%; legno di Quercus pedunculata, 24-29%.

Si conoscono parecchie reazioni che valgono a indicare se un tessuto è lignificato. Il reattivo del Wiesner alla floroglucina e acido cloridrico colora le membrane lignee in rosso violetto. Il fenolo, in presenza di acido cloridrico, le colora in verde azzurrognolo; il naftolo in verde; il pirrolo in rosso. La fucsina acquosa tinge in rosso; il violetto neutro in violetto scuro. Si possono ottenere in uno stesso tessuto che sia solo in parte lignificato, doppie colorazioni distinte; così con la safranina si tingono le membrane lignee in rosso ciliegia e le non lignificate in rosso bruno; si può usare il verde solido per le parti lignee e la deltaporporina per le altre; la crisoidina tinge in giallo e il rosso Congo in rosso; buone sono pure l'ematossilina e la naftilamina. Le sostanze coloranti che tingono le membrane lignee sono le stesse che nella pratica industriale colorano la lana e la seta subiettivamente, cioè senza l'aiuto di mordenti; le altre che tingono le membrane non lignificate colorano subiettivamente il cotone.

La quantità d'acqua contenuta nei legni allo stato fresco varia secondo la specie legnosa, l'età, la stagione dell'abbattimento e il luogo dove gli alberi crescono, e sta fra il 17 e il 60%.

Sono molto ricchi d' acqua (59-50%), pioppo, castagno, gattice, liriodendro; ricchi (49-40%), abete, ontano, ippocastano, melo, ginepro, tremolo, olmo, pino strobo, nocciuolo, gelso, noce; discretamente ricchi (39-30%), pino silvestre, larice, salcio, betulla, cerro, pero, alianto, sorbo, abete rosso, platano, acero, carpino, farnia, rovere; poveri (29-20%), susino, maggiociondolo, bagolaro, ciliegio, bossolo, faggio, robinia, frassino; molto poveri (19-17%), tasso.

Il legno giovane è sempre più ricco d'acqua di quello vecchio e le ricerche di R. Hartig hanno dato per legnami abbattuti nel maggio il seguente peso d'acqua:

Il peso specifico del legname è un fattore importante per il suo uso, ma non è desiderato per sé stesso, e quando i medesimi vantaggi del legno pesante possono aversi da quello leggiero, si preferisce questo a cagione della spesa minore che richiede per l'abbattimento, la lavorazione, il trasporto e gli appoggi. Siccome però col peso specifico vanno parallele alcune utili proprietà, quali la durezza, il potere calorifico, la durata e alcune forme di resistenza, così fu attribuito maggior pregio ai legni pesanti ritenendosi che per gli usi comuni il peso del legno ne esprima la bontà.

Si sogliono distinguere i seguenti pesi specifici:

1. Del legname imbevuto del tutto d'acqua, che si ha immergendo in essa il legname sinché si siano riempiti gli spazî vuoti: questo peso è sempre superiore all'acqua (100), sicché il legno affonda, e inferiore al peso specifico delle sole membrane (150).

2. Del legname fresco o verde, appena abbattuto, che può ritenersi in estate minore di quello in riposo dell'8,6% nelle latifoglie dolci, dell'8% nelle dure, del 5% nelle conifere sempreverdi e del 4% nel larice.

3. Del legname stagionato in bosco ove il peso diminuisce del 15%.

4. Del legname seccato all'aria aperta, dove diminuisce del 30% circa: questa sorta di stagionatura ha la maggiore importanza pratica, e si dice compiuta o perfetta quando non progredisce più in un medesimo ambiente essendo giunta all'equilibrio igrometrico con l'atmosfera sicché i lievi mutamenti in più o in meno avvengono attorno a un punto fisso.

5. Del legno del tutto secco (peso specifico assoluto) che ha solo importanza sperimentale e si ottiene scaldando a temperatura costante di 100 = 100° per tre o quattro giorni finchè diminuisca per l'evaporazione.

La determinazione del peso specifico si fa dando figure geometriche ai pezzi in modo da misurarne direttamente il volume con facilità ed esattezza; il quoziente ottenuto dividendo il peso reale espresso in grammi per il volume in centimetri cubi dà il peso specifico; ovvero con la bilancia idrostatica ove il rapporto P (peso del solido nell'aria) diviso per Q (volume) dà il peso specifico; oppure con i picnometri o con i silometri.

Il legno è eterogeneo e in direzione radiale mostra ordinamento delle particelle diverso da quello che si ha seguendo il percorso degli anelli annuali; l'umidità muta dall'esterno all'interno; gli strati periferici evaporano più degl'interni, sicché col disseccare screpola o cambia forma, cioè si curva e diventa concavo da un lato e convesso dall'altro, ossia s'imbarca, si volge, si arrende, non tiene il fermo, dando luogo a una deformazione, piegamento, curvamento, restringimento che è fra le più sgradite proprietà dei legnami. Si avrà un'idea della misura di questo restringimento sapendosi che esso è del 0,1% nel verso della fibra, del 5% nel verso del raggio e del 10% lungo la tangente.

Per gli usi comuni può tenersi per norma la seguente scala: tengono il fermo, tuia, catalpa; imbarcano pochissimo: castagno, cipresso, gattice, mogano, tasso, tek; imbarcano poco: abete, acero, farnia, frassino, noce, tiglio, olivo; imbarcano abbastanza: ailanto, bagolaro, betulla, bosso, cerro, ciliegio, faggio, leccio, olmo, robinia; imbarcano molto: carpino, crognolo, nespolo; si deformano: guaiaco, hickory, quebracho, sorbo.

L'infiammabilità o facilità di accendersi dei legnami a circa 300° è maggiore nei teneri e resinosi a struttura non compatta che nei duri, i quali dànno fiamma debole perché non alimentata dai prodotti della combustione. La combustibilità o facilità di ardere più che dalla composizione chimica o dal potere calorifico dipende dalla struttura porosa o compatta, dalla stagionatura e dalla grossezza dei pezzi, ed è maggiore quanto più sono secchi, porosi e piccoli. I legni teneri e resinosi hanno rapida e perfetta combustibilità in tutta la massa; i duri, al contrario, sono pigri ad ardere perché l'aria vi circola poco. Il potere calorifico del legname si determina col metodo chimico o analitico, con quello del Berthier o al litargirio, ovvero con metodi calorimetrici quali la bomba del Mahler.

Hanno maggior potere calorifico il carpino, la quercia, il frassino, l'olmo, il faggio; ne hanno meno fra tutti il tremolo, il tiglio, il pioppo nero. Il potere calorifico diminuisce col crescere dell'acqua igroscopica contenuta nel legname; così il faggio assolutamente secco svolge 2825 calorie, e col 10-20-30-40 e 50% di acqua ne svolge rispettivamente 2479-2133-1786-1440-1094.

La durata dei legnami si computa dal periodo dell'abbattimento dell'albero fino al tempo in cui i pezzi in opera cominciano ad alterarsi e perdono il valore per l'uso al quale erano destinati. I processi di alterazione, oltre a quelli riferiti a particolari insetti o funghi, sogliono distinguersi secondo l'effetto che producono e il legno si dice ammuffito, ribollito, imporrato o imporrito, imputridito, incotto, mucido, fungoso, fracido, corrotto, umificato, pietrificato.

I legnami di maggior durata sono la quercia, l'eucalipto, il cipresso, l'olmo, il larice, il tasso, il cedro; resistono abbastanza bene il castagno, l'abete, il frassino; durano pochissimo il faggio, il cerro, il platano, il nocciolo, il tremolo, la betulla, l'ontano.

Struttura. - È diversa nelle Monocotiledoni, nelle Conifere e nelle Dicotiledoni, perché si trova in rapporto con la diversa struttura di queste piante. Nelle prime (Palme, bambù, pungitopo, ecc.) si ha una massa di tessuto fondamentale cellulare nella quale sono sparsi i fasci cribrovascolari chiusi, spesso accompagnati da guaine di fibre cosicché si formano cordoni cribrovascoldri; talora si trovano anche cordoni semplici di fibre liberiane o collenchimatiche.

Nelle Dicotiledoni e nelle Conifere la diversa costituzione dei fasci cribrovascolari (v. caule) aperti cioè muniti di cambio permette uno sviluppo abbondante di formazioni secondarie e quindi di legno. Infatti nella sezione trasversale di un tronco di pianta legnosa, trascurando le formazioni che si trovano all'esterno del cambio e che costituiscono il corpo corticale, si vede una massa di legno secondario omogenea o eterogenea a seconda che esista differenza fra il legno di primavera e quello d'autunno, divisa in anelli concentrici che indicano generalmente l'età della pianta, perché se ne forma uno ogni anno donde il nome di anelli o cerchie annuali. Seguono quindi i residui dei fasci legnosi primarî che formano il cosiddetto anello o astuccio midollare e infine nel centro della sezione vediamo il midollo più o meno sviluppato. La massa del legno è percorsa radialmente dai raggi midollari di diversa lunghezza e sviluppo a seconda delle differenti specie di piante. In talune il corpo legnoso è concolore (acero, bosso, mirto, ippocastano, ecc.), in altre invece si distingue una zona più esterna di formazione più giovane e più chiara detta alburno (v.) e una più interna di legno morto più dura, pesante e impregnata di sostanze tanniche e coloranti detta durame, cuore o massello (quercia, castagno, ebano, tasso, ginepro).

Il legno delle Conifere è omogeneo (omoxilo) e fatto tutto di tracheidi, mentre quello delle Dicotiledoni è eterogeneo (eteroxilo) e consta di vasi, fibre legnose, parenchima legnoso, tracheidi, ecc.

La conoscenza dei principali legnami indigeni e stranieri può rendersi facile esaminando con una buona lente d'ingrandimento la sezione perpendicolare all'asse, fatta con una piccola pialla o con un coltello ben tagliente. I caratteri cui si ricorre sono il colore, la presenza di alburno e durame, la disposizione dei vasi e del parenchima e l'ampiezza e il numero dei raggi midollari.

Proprima tecniche. - Alcune specie di legni presentano certe proprietà tecniche che le rendono idonee all'impiego come materiale da costruzione: tali sono, principalmente, le resistenze alla pressione, compressione, trazione e torsione. Naturalmente, secondo la specie, la struttura, la densità, la durezza e omogeneità, la parte dell'albero da cui è tratto, l'età, l'umidità e la temperatura, la composizione chimica, il legno presenta in maggiore o minor grado tali proprietà; ed è perciò che ad accertarli si ricorre al cosiddetto collaudo.

Principali legni industriali del commercio. - Le notizie botaniche su molte delle piante qui sotto elencate si trovano nelle singole voci.

Abete, abeto, abete bianco (Abies pectinata DC.), di uso comune per costruzioni edilizie, alberi di navi, mobili ordinarî.

Abete americano, odoroso o del Douglas (Pseudotsuga Douglasi Carr.), dell'America boreale e occidentale dove è detto Oregon pine, Douglas spruce, red fir.

Abete rosso, picea, pezzo, abete di Moscovia (Picea excelsa Link). - Si adopera come l'abete bianco ma è più pregiato se proviene dalle Alpi, dà il miglior legname per tavole armoniche di violini e di esso si valsero sempre i liutai italiani quando godevano di un ambito primato nel mondo.

Acero, acero di montagna, acero fico, loppone, acero falso (Acer pseudo platanus L.), per falegnami, stipettai, tornitori, liutai, armaioli, zoccolai.

Acero a occhio d'uccello (Acer saccharinum Wang., A. rubrum L.), dell'America, pregiatissimo per impiallacciature marezzate.

Agapulco, ebano Manilla (Diospyros ebenaster Retz.) dell'Arcipelago indiano e del Messico.

Agrifoglio (Ilex aquifolium L.): bianco o bianco verdastro, duro, pesante; tinto di nero serve per sofisticare l'ebano.

Ailanto (Ailanthus glandulosa Desf.): grigio arancione; peso 0,66. Della Cina. Per tavole, casse, scale, costruzioni, cellulosa.

Algarrobo (Prosopis alba Gris. e P. nigra Hieron.), fuligineo col peso di 0,65. La piazza del Pantheon a Roma è pavimentata con questo legno.

Aloe o aquilaria (Aquilaria agallocha Roxb.), delle Indie Orientali, molto usato per cassette di gioielli e altri oggetti preziosi.

Amaranto (Peitogyne confertiflora Benth.), del Brasile; peso 0,99. per costruzioni, carrozzeria e mobili.

Amboina o legno di Scaioa (Flindersia amboinensis Poir.). - Meliacea delle Molucche, simile al mogano, ma con meravigliose marezzature; si paga oggi 36.000 lire al metro cubo.

Anaci o anice (alicium anisatum Gaertn.): per tavolame e per l'estrazione dell'essenza di anice.

Anigo (Enterolobium ellipticitm Benth.), del Brasile.

Atlas o legno seta (Chloroxylon swietenia DC.): isabellino o ocroleuco; per mobili, spazzole, cornici, lavori d'intarsio e torniti.

Avornello, o avorniello, maggiociondolo, laburno (Laburnum alpinus Presl. e L. anagyroides Medic.): peso 0,86, bruno scuro; per tornitori, ebanisti, intagliatori.

Bagolaro, spaccasassi, fraggiracolo, melicucco (Celtis australis L.): bruno scuro o grigio verdastro, molto elastico; peso 0,75.

Benedetto, legno nefritico, legno santo (Guajacum officinale L.), delle lndie Occidentali: peso 1,27, bruno verdastro o fuligginoso, per carrucole, pulegge, argani, palle, pestelli, mortai.

Betula, betulla (Betua alba L.), delle Alpi: peso 0,73; di colore bianco giallastro.

Boco (Bocoa provacensis Aubl.), della Guiana, per bastoni.

Bosso, bossolo (Buxus sempervirens L.): giallo, di ottimo pulimento; per lavori torniti, posate, pettini, misure lineari, balocchi; le migliori qualità vengono dal Caucaso e dall'Asia Minore.

Brasiletto, fernambucco, pernambucco (Caesalpinia crista L.), delle Indie Occidentali, rosso bruno che tinge l'acqua di rosso. Sono affini il legno del Brasile, verzino o legno rosso (C. brasiliensis L.), e il sappan (C. sapan L.) dell'Asia tropicale.

Bruyère: si chiama così il ciocco dell'Erica arborea L.; per pipe, bocchini e tabacchiere.

Caca (Capparis ferruginea L.), delle Indie Occidentali.

Cailcedra o mogano di Madera (Khaya senegalensis A. Juss.), dell'Africa tropicale.

Campeggio, legno azzurro (Haematoxylon campechianum L.), dell'America tropicale. Dà l'ematossilina e l'emateina.

Candela (Erithalis fruticosa L:), delle Indie Occidentali, detto anche legno gelsomino, legno giallo.

Canforo, albero della canfora (Cinnamomum camphora Naes. et Eberm.), della Cina e del Giappone, dà la canfora.

Capitano (Malpighia urens L.), delle Indie Occidentali.

Cappel di prete, fusaggine (Evonymus europaeus L.): bianco giallastro o bruno, perstuzzicadenti e piccoli oggetti torniti.

Carne di cavallo (Dolichandrone Rheedi Seem.), delle Indie Orientali e della Malesia.

Carpino, carpino bianco (Carpinus betulus L.) biancastro e carpino nero o carpino rosso (Ostrya carpinifolia Scop.), rosso, chiaro, simile al pero.

Castagno (Castanea sativa Mill.): per costruzioni; affissi, pali e bastoni da passeggio.

Castagno d'India, ippocastano (Aesculus hippocastanum L.): bianco, di breve durata.

Casuarina (Casuarina equisetifolia L., C. stricta Ait., C. glauca Sieb. e altre), del Himālaya e dell'Australia. Sono legni ferro, durissimi e pesanti, per carri, pavimentazioni stradali, traverse di strade ferrate.

Cavallo, legno maggiore, legno ferro (Erythroxylon areolatum L.), rosso bruno, di lunga durata: per costruzioni.

Cedrela (Cedrela odorata L. e altre 34 specie del genere): rosso mattone, cannella o tacci, simile al mogano; peso 0,44; per ebanisteria e scatole da sigari Avana.

Cedro (Cedrus Libani Barrel, C. deodara Loud. e C. atlantica Manetti): per costruzioni e sarcofagi.

Cembro (Pinus cembra L.): peso 0,47; per mobili, tornitori e incisori.

Cerro (Quercus cerris L.): peso 0,83; per traverse di strade ferrate e botti; è un ottimo combustibile e dà un buon carbone.

Ciliegio (Prunus avium L.): peso 0,66, di buon pulimento, per ebanisti, seggiolai, tornitori.

Cimice, sanguine, sanguinella (Cornus sanguinea L.): peso 0,86, per oggetti torniti, ruote e manichi.

Ciottolo (così detto per ironia) o "bois tendre à cailloux" (Acacia scleroxylon Tuss.): tenerissimo e incorruttibile.

Cipresso (Cupressus sempervirens L.): peso 0,62, tenero; per affissi, sarcofagi, casse e mobili.

Citaressilo (Citharexylon caudatum L.), della Giamaica, duro, per strumenti musicali.

Coccodrillo (Croton eluteria Benn), con forte odore di muschio, come la carne di coccodrillo.

Coco (Aporosa Roxburghii Baill.), delle Indie orientali, durissimo.

Colubrino (Monetera pertusa Schott.), dell'America tropicale, reputato specifico contro il morso dei serpenti.

Condori, corallo, pavone (Adenanthera pavonina L.), dell'Africa tropicale e della Malesia, rosso, con disegni eleganti, di lunga durata: per costruzioni e mobili artistici.

Congo, ebano del Senegal, grenadillo africano (Dalbergia melanoxylon Guill. et Perr.): nero violaceo, duro, di ottimo pulimento; per strumenti musicali a fiato, clave, manichi.

Corallo (Ervthrina corallodendron L.), dell'America boreale e Indie Occidentali, tenero, leggiero come il sughero; per tucaccioli e scale leggiere.

Corno (Garcinia cornea L.): bruno, che acquista con un trattamento particolare la durezza e trasparenza del corno.

Crespino (Berberis vulgaris L.): peso 0,75; per stuzzicadenti, lavori torniti, di tarsia ed ebanisteria.

Damigella (da alcune specie di Kirganelia), dell'Isola di Francia.

Da mutande, bacha (da alcune specie del genere Bauhinia), di San Domingo.

Del Brasile (Caesalpinia brasiliensis L.): bruno, compatto, di buon pulimento, ricco di materia colorante rossa.

Della Virginia, cedro rosso, ginepro della Virginia (Juniperus virginiana L.): per matite.

Di Rodi, elm spagnolo, baria, legno di Cipro, legno di Dominica del Messico (Cordia ierascanthus L.), bruno, zonato di scuro, con odor di rosa; è fra i più stimati della Giamaica.

Diuretico (Tecoma stans Juss.), dell'America.

Ebano: con questo nome vengono in commercio dai paesi stranieri parecchi legnami di grande pregio, duri, pesanti, di grana fine, di buon pulimento, neri o nerastri, per mobili di lusso, lavori di stipetteria, clarinetti, bastoni, scacchi, ecc. La specie più comune, detta ebano ordinario o nero, è il Diospyros ebenum Koen., delle Indie Orientali e della Malesia. Peso 1,16-1,25.

Elce, leccio (Ouercus ilex L.): peso 0,97, durissimo, omogeneo, tenace, di buon pulimento.

Erica, scopa (Erica arborea L.): si adopera il ciocco per pipe, tabacchiere e bocchini.

Eucalitto (Eucalyptus globulus Labill.): con circa 150 altre specie dell'Australia. Di lunga durata, per mobili, traverse di strade ferrate e costruzioni di ogni genere.

Faggio (Fagus silvatica L.): peso 0,74; per mobili curvati a vapore e molti oggetti di uso comune.

Fagiano, pernice, panacoco (Andira inermis H. B. e L.), delle Indie Occidentali e Brasile; bruno rossastro, duro, pesante; per costruzioni, manichi di ombrelli e bastoni.

Flernambucco, brasiletto (Caesalpinia crista L.): rosso, tinge l'acqua in rosso rubino. Delle Indie Occidentali.

Ferolia, legno satinato (Parinarium guyanense Fritsch.), della Guinea e Guadalupa, rosso bruno, duro, ottimo per mobili e oggetti artistici.

Ferro: col nome di legno ferro vengono in commercio dai paesi stranieri parecchi legni dufissimi di specie diverse, quali la Caesalpinia ferrea Mart., del Brasile; Swartzia tomentosa DC., della Guiana; Baryxylum rufum Lour., della Cina; Sideroxylon inerme L., dell'Africa australe; Olea laurifolia Lam., dell'Africa australe; alcune Casuarina, Metrosideros, Stadmannia, Ixosa, Mimusops, Coccoloba, Cliflonia, ecc.

Fieno (Dipteryx odorata Willd.): leguminosa della Guiana a legno giallo roseo, con odore di fieno dovuto alla cumarina.

Flagello, sughero (Cochlospermum gossypium DC.): leggerissimo, per barche.

Formaggio (Eriodendron anfractuosum DC.), dell'Asia e dell'Africa tropicale, biancastro, leggiero, tenero; per cassette, barche, mobili, estrazione della cellulosa.

Frassino (Fraxinus excelsior L.): peso 0,74, elastico, resistente; per sci, mobili, eliche di aeroplani.

Gallina faraone: da specie diverse del genere Ardisia.

Garofano (Eugenia caryophyllata Thunb), delle Molucche, color terracotta; peso 0,79. Per mobili.

Gattice, pioppo bianco (Populus alba L.): peso 0,50; per interno di mobili, casse, pasta da carta.

Gelso, gelso della Cina (Morus alba L.): peso 0,65, bruno o rosso bruno; per mantelli, secchie, bigonci, oggetti torniti.

Genipa, genipapo, tabacco (Genipa americana L.), dell'America australe, color terracotta, peso 0,56; per calci di fucili, carrozzeria, mobili.

Ginepro (Juniperus communis L.): peso 0,57.

Granadillo, ebano americano (Brya ebenus DC.), delle Indie Occidentali, fulvo, durissimo; per strumenti musicali a fiato, pipe, manichi di coltelli.

Guaiaco, legno pock, legno benedetto, nefritico, santo (Guajacum officinale L.), peso 1,27, durissimo; per palle da giuoco, pestelli, mortai, rulli, lavori torniti.

Hickory (Carya alba Nutt. e altre specie dell'America): simile al noce, duro, lucente, elastico, di lunga durata; per sci, carrozze, mobili.

Indaco (Wrightia tinctoria R. Br.): eburneo, duro; per tornitori e intagliatori.

Lancia (Duguetia quitarensis Benth.): della Guiana, elastico, forte; per carrozze e fruste.

Larice (Larix europaea DC.), peso o,60, duro, rosso, bruno, resistente, di lunga durata; ottimo per ogni sorta di costruzioni se proviene dalle Alpi, tenero e debole se cresciuto sull'Appennino.

Liem, lim (Baryxylum tonkinense Pierre): legno ferro per pavimentazioni stradali.

Locusta (Hymenaea courbaril L.), dell'America australe: peso 0,90; per ebanisteria.

Loppo, acero campestre, testucchio (Acer campestre L.): peso 0,74; per utensili, bastoni, calci di fucili, strumenti musicali.

Lucertola, d'agouti (Vitix divaricata Sw.), delle Indie occidentali.

Maba (Maba buxifolia Pers.): Asia, Africa tropicale e Filippine, simile all'ebano, costosissimo; per ebanisteria.

Malacca (Calamus scipionum Lour.): per bastoni da passeggio for mati di un solo internodio.

Marmoreo (Olea paniculata R. Br. e Diospyros Kurzii Hieron.), delle isole Andamane e Nicobare; per ebanisteria.

Massaranduba (Mimusops elala Annem.): per costruzioni e carpenteria.

Melia (Melia uzedarac L.): peso 0,58. Per gambe e braccia artificiali.

Melo (Pirits malus L.): rosso bruno; peso 0,78, di qualità inferiore al pero.

Mogano, acaiou (Swietenia mahagoni; Jacq.): fulvo o rosso bruno, duro, di buon pulimento, spesso venato, ottimo per mobili di lusso.

Muschio, bisam (Olearia argophyilla F. Muell.), dell'Australia.

Nocciolo, avellano (Corylus avellana L.): peso 0,65. Per bastoni da ombrello, da passeggio e da sci.

Nocciolo del diavolo (Hamamelis virginiana L.), dell'America boreale; dà i bastoni coi quali il rabdomante cerca il livello freatico e la postura delle sorgenti d'acqua.

Noce (Juglans regia L.): peso 0,64, bruno, di buon pulimento; per mobili, tornitori, scultori, intarsiatori, scatolai, armaiuoli, eliche per aeroplani.

Nocino d'America, satin wood (Liquidambar styraciflua L.), dell'America boreale, bruno rossastro, di buon pulimento sericeo, con specchiature; per pavimenti, tavolette, stipi, cassette.

Olivo, ulivo (Olea europaea L.): peso 0,90. Per stipettai, incisori, scultori, tornitori, impiallacciatori.

Olmo (Ulmus campestris L.): peso 0,67, bruno scuro, tenace, di lunga durata, di buon pulimento, talora marezzato; per carri, carrozze, calci di fucili, mobili, oggetti torniti.

Ontano (Alnus glutinosa Gaertn.): peso o,55; per interno di mobili, zoccoli, forme da scarpe, rocchetti.

Ornello, orno (Fraxinus ornus L.): peso 0,83. Simile al frassino.

Osso (Lonicera xylosteum L.): peso 0,90, durissimo; per lavori torniti, pipe, bocchini, forme da scarpe.

Palissandro, legno di Jacaranda, legno paonazzo (Jacaranda brasiliana Pers.), del Brasile, molto pregiato per mobili, pianoforti, archetti di violini.

Palma (Arenga saccharifera Labill.), della Malesia, ottimo per lavoro; (Borassus flabellifer L.) delle Indie Orientali; (Carludovica palmata Ruiz. e Pav.) dell'America australe; (Cocos butyracea L.) dell'America australe; (Euterpe oleracea Engelm.) della Nuova Granata.

Palo amarillo (Phyllostylon rhamnoides Taub.), del Brasile e dell'Argentina; peso 1,03, isabellino, compattissimo, elastico, molto duro, di lunga durata; per mobili.

Paternostri (Koelreuteria paniculata Laxm.), della Cina. Peso 0,80.

Paulonia (Paulonia imperialis Sieb. et Zucc.), del Giappone; peso 0,43.

Pero (Pirus communis L.): peso 0,75, bruno rossastro, di facile lavorazione e buon pulimento; per scultura e misure metriche.

Picea, abete rosso (Picea excelsa Link): peso 0,44; per costruzioni edilizie, alberi di navi, lavori di falegname, scindule, compensati di aeroplani dove può sostituire lo spruce, tavole armoniche per violini.

Pino: vi appartengono parecchie specie, quali il Pinus silvestris L., P. pinaster Ait., P. laricio Poir., P. pinea L., P. halepensis Mill., che servono per costruzioni e lavoro.

Pioppo (Populus nigra L.): peso 0,41; per interno di mobili, pasta da carta, fiammiferi.

Pitch-pine (Pinus palustris Mill.): ottimo legname dell'America Settentrionale per costruzioni e lavoro.

Platano (Platanus orientalis L., dell'Europa australe e dell'Oriente, e P. occidentalis L., dell'America boreale): bruno o giallo rossastro, simile al faggio, buono per lavoro; peso 0,61.

Porco (Morobona grandiflora Choisy), della Guiana, di facilissima fenditura, eccellente per doghe da botti e per palizzate.

Quassio (Quassia amara L.), della Guiana e Giamaica, giallo paglierino o canarino, amarissimo, medicinale.

Quebracho (Aspidosperma quebracho Schlecht. e Schinopsis Lorentzii Engl. e S. Balansae Engl. del Paraguay): ricchissimo di tannino.

Quercia (Quercus robur L., comprendente la rovere e la farnia): peso 0,74, compatto, durevole; per costruzioni e lavoro.

Rame (Eugenia aromatica Berg.), di Giava, per mobili di lusso.

Robinia, falsa acacia (Robinia pseudoacacia L.), dell'America boreale e molto coltivato da noi: peso, 0,78, compatto, resistente, di lunga durata; per doghe, pali, barche, remi, mobili, manichi.

Rodio, legno rosa (Convolvulus floridus L. e C. scoparius L.), di Teneriffa, con odore di rosa.

Rosa. Si di dà il nome di legno rosa a diverse specie quali: Physocalymna scaberrimum Pohl., del Brasile, per mosaici e scrigni; Dalbergia variabilis Vog., dell'America tropicale; Amyris balsamifera L., della Giamaica, Cuba, Portorico, Equatore; Calophyllum inophyllum L., delle regioni tropicali; Cordia gerascanthus L., della Giamaica; Dicypellium caryophyllatum Nees., dell'America; Drypetes ilicifolia Kr. e Urb., della Giamaica e del Portorico; Hibiscus tiliaceus L., delle regioni tropicali; Sinoum glandulosum A. Juss., dell'Australia.

Rosso (Caesalpinia brasiliensis L.), dell'America tropicale e Amyris balsamifera L., della Giamaica, Cuba ed Equatore.

Salcio, con parecchie specie quali il Salix alba L., S. purpurea L.,S. caprea L., a legno leggiero e di breve durata.

Sandalo (Pterocarpus santalinus L.), delle Indie Orientali, pesante (0,75-1,04), rosso, ricco di santalina (16%); per mobili e in medicina.

Sapeli (Entandophragma candolleana De W. et Dur., e Pseudocedrela Kotechyi Harms., dell'Africa tropicale): dànno una specie di mogano.

Sassafrasso (Sassafras officinale Nees. et Eberm.), dell'America boreale, poroso, leggiero, durevole, di colore ombrino, odoroso; per mobili e lavori varî.

Selce, sabicu (Lysiloma acapulcensis Benth.), del Messico, bruno scuro, duro, durevolissimo, di ottimo pulimento; per mobili e costruzioni

Sequoia (Sequoia gigantea Lindl. et Gord., e S. sempervirens Endl.). della California, legno leggerissimo, bianco sporco, bruno o rosso-bruno, di breve durata.

Simaruba (Simaruba amara Aubl.), dell'America tropicale, paglierino o biancastro, leggiero, amaro, di lunga durata; per costruzioni, tavole, interno di mobili, cassette, galleggianti.

Sneezewood, legno da starnutare, embolo, ebano del Capo (Euclea pseudoebenus E. Mey.), dell'Africa australe; fa starnutare quando si lavora.

Sorbo (Pirus sorbus Gaertn.): rosso bruno scuro; peso 0,91.

Tabacco (Chimarrhis cymosa Jacq.), della Martinica, molto stimato per mobili. Lo stesso nome ha l'Exostemma floribundum Roem. et Schult delle Indie Occidentali, usato per lavoro, e la Genipa americana L. dell'America australe, per calci di fucili, carrozzeria e lavori fini.

Tamarindo (Melicocca australis Steud., dell'Australia e Tamarindus indica L., dell'Asia e Africa tropicale).

Tamburo (Tambourissa quadrifida Sonner), delle Isole Mascarene, leggerissimo, per tamburi.

Tasso (Taxus baccata L.): peso 0,73, rosso bruno, omogeneo, duro, compatto, molto elastico; per tornitori, scultori, ebanisti.

Tek (Tectona grandis L.): ombrino o caffè; per costruzioni di ogni genere e lavoro.

Tiglio (Tilia cordata Mill. e T. platyphyllos Scop.): peso 0,60; per mobili, sculture, pianoforti.

Tigre, serpente: dato dal Brosimum Aubleti Poepp. et Endl., dell'America tropicale, da una specie di Macrolobium dell'Africa e dal Connarus guianensis Lamb. dell'America tropicale.

Tremolo (Populus tremula L.): peso 0,46, bianco rossastro, tenero, durevole; per interno di mobili, fiammiferi, pasta da carta.

Trombetta (Cecropia palmata Willd. del Brasile e Didymopanax Morotoni Dec. et Planch. dell'America australe).

Tuia (Thuya occidentalis L. dell'America boreale e Giappone; T. gigantea Nutt. dell'America boreale e occidentale; T. Japonica Maxim, del Giappone; T. orientalis L. della Cina e Giappone).

Violetta (Acacia homalophylla A. Cunn. e A. pendula A. Cunn.), dell'Australia, con odore di violetta.

Violino (Macaranga Roxburghi Wigth.), delle Indie Orientali leggerissimo.

Le alterazioni fisiologiche del legno. - Tutte le alterazioni fisiologiche del legno sono dovute a tre ordini di cause: azione di organismi vegetali, azione di organismi animali, azioni fisiche e chimiche dell'ambiente e atmosferiche.

Sotto il primo gruppo vanno annoverate tutte le malattie prodotte da batterî o da funghi parassiti che si sviluppano nei tessuti legnosi sia viventi sia morti. Fra codesti parassiti vegetali vi sono organismi unicellulari e pluricellulari muniti di vero tallo, ognuno costituito da ife il cui insieme forma il micelio. È appunto in questo secondo ordine di parassiti più evoluti che si devono cercare i nemici più temibili del legno: le ife fungine infatti lo scompongono e ne determinano la putrefazione. Il micelio produce nei tessuti legnosi un fermento speciale che dà luogo a una produzione locale o generale di cellule in via anormale, sì che la pianta e il legno si torcono, si spaccano, si deformano e dànno luogo a mostruosità, galle, tumori, protuberanze; oppure dà luogo a riduzioni chimiche nella compagine del legno: scomparsa di resine, di tannino, alterazioni dei costituenti del legno, per cui si ha l'inflaccidimento e la distruzione completa della sostanza legnosa. Il legno in tal modo è reso completamente inservibile: perde ogni consistenza, cede sotto la semplice pressione delle dita e di conseguenza non tiene né la colla, né il chiodo.

Al secondo gruppo si debbono ricondurre le alterazioni prodotte dal morso della capra, della pecora e degli animali da tiro; dall'azione di particolari molluschi, crostacei e insetti xilofag che scavano nel legno fori e gallerie (Teredo navalis, Limnoria, Anobium punctatum, Cerambix cerdo, Lyctus, ecc.); dalla decomposizione delle sostanze del legno per continuati irritamenti dovuti a punture, a deposizione di uova, ecc.; e infine da lesioni meccaniche dovute all'uomo (potature irrazionali, ferite prodotte inconsciamente per colpi di sassi o di qualunque altro corpo contundente, ecc.). Tutte le sopra elencate azioni costituiscono nel legno l'ambiente favorevole allo sviluppo di microrganismi distruttori; mentre l'acqua fornisce, d'altra parte, le ulteriori condizioni necessarie alla loro invasione e al loro sviluppo progressivo.

La carie grigia è una delle conseguenze più dannose dei sopradetti maltrattamenti corticali e sub-corticali inflitti alle piante. Infatti è precisamente nell'alburno e nel legno più vicino a questo che la malattia ha più probabilità di svilupparsi, in conseguenza del maggior contenuto di sostanze nutritive e di protoplasma che si ha appunto in queste zone.

Nel terzo caso possono divenire agenti diretti e indiretti della rovina del legname, fino a renderlo addirittura inservibile, l'ossigeno atmosferico, la luce, il calore, l'acqua e l'elettricità. L'ossigeno atmosferico può alterare i costituenti dei tessuti vegetali, e produrre effetti così dannosi quanto la decomposizione del legno per effetto dei micelî dei funghi. La luce, il calore, l'acqua, l'elettricità possono divenire agenti diretti e indiretti della rovina del legname, fino a renderlo inservibile, allo stesso modo dei componenti chimici della materia (solida, liquida, aeriforme) con cui il legno si trova a contatto.

Uguale azione deleteria esercitano sulla pianta gli squilibrî termici, come geli e colpi di sole, i quali compromettono seriamente non solo lo sviluppo o il normale accrescimento della pianta ma la sua stessa esistenza.

Produzione del legno. - Le foreste e i boschi, diffusissimi in tutte le regioni del globo, ma soprattutto nelle zone antartiche e tropicali (v. più oltre), sono le fonti della grande produzione del legno. E sono oggetto di particolare attività industriale sia il taglio degli alberi della foresta o del bosco, sia il loro trasporto ai centri di prima lavorazione o spedizione.

Taglio. - Il taglio si suole generalmente eseguire secondo due sistemi: raso, o a scelta. Il primo consiste nell'abbattimento di tutte le piante del bosco: è però sistema seguito soltanto quando si può provvedere al rimboscamento artificiale o quando si vuole convertire il bosco in pascolo o in terreno da coltivazioni agrarie. Col sistema a scelta si abbattono soltanto gli alberi maturi, cioè quelli che hanno raggiunto un diametro minimo prefissato: è questo il sistema più razionale ed è seguito generalmente nelle zone alpine e nell'Europa settentrionale, e dove i boschi sono tuttora allo stato naturale. Le epoche di abbattimento - specialmente per i legnami resinosi - sono due: invernale ed estiva, ricorrendo sall'una o all'altra a seconda della posizione del bosco, del clima e della possibilità dei trasporti.

Il modo col quale l'abbattimento è eseguito dipende esclusivamente dalla configurazione del terreno. Per i boschi che si trovano sui fianchi dei monti, è regola che l'albero venga abbattuto in maniera che la cima cada verso il monte. Si usano per l'abbattimento accette con ausilio di seghe a mano o anche seghe meccaniche azionate da motori a scoppio. Avvenuto l'abbattimento si procede alla scortecciatura e, se necessario per rendere più facili i trasporti, alla tronconatura, vale a dire alla riduzione dei tronchi nelle lunghezze volute per il ricavo del materiale segato.

Nell'America Settentrionale, nella zona del Pacifico che presenta ancora larga diffusione boschiva e grandissime possibilità di sfruttamento, il rimboschimento non viene effettuato, compiendosi naturalmente e rapidamente da sé. Il taglio è eseguito con l'accetta e la sega insieme: al calcio viene fatta una profonda incisione che supera ⅓ del diametro, dalla parte dove si vuole che l'albero cada. Raggiunto il punto massimo d'incisione con l'ascia, sul lato opposto si sega l'albero e lo si abbatte. Il tronco abbattuto viene spogliato dei rami e tagliato in lunghezze standard che sono: 32, 36, 40 piedi inglesi (9,85, 10,97 e 12, 19 m.). I tronchi sono tutti spediti alle segherie, con la corteccia la quale viene adoperata quale conbustibile oppure per l'estrazione delle materie concianti.

Trasporto. - Il legname, scortecciato o tronconato, viene quindi concentrato sulle vie ordinarie di trasporto. Il concentramento, oltre che a mezzo di teleferiche, décauville e altri mezzi meccanici di trasporto, è spesso effettuato a mezzo delle cosiddette risine (dal ted. Riese) che sono a secco, a ghiaccio, ad acqa. Le risine a secco sono vie rudimentali, a forte pendenza, con fondo in parte costituito da tronchi d'albero di qualità scadente, che si aprono sul pendio dei monti per consentire la discesa del legname per gravità. Le risine a ghiaccio sono vie tracciate allo stesso scopo, ma con pendenza notevolmente più lieve, nella neve o nel ghiaccio. Le risine ad acqua, invece, sono piccoli canali costruiti con tronchi di legname o con tavoloni, nei quali si fa scorrere dell'acqua con una portata tale che permetta il galleggiamento e il trasporto dei tronchi immersi. Dai luoghi di concentramento il legname viene trasportato agli stabilimenti di prima lavorazione (segherie). Questo trasporto ha luogo, oltre che per via ordinaria carreggiabile, per ferrovia. ecc., anche mediante corsi d'acqua, col caratteristico sistema della fluitazione. Se il corso d'acqua è accidentato o stretto, si adotta la fluitazione libera, cioè s'immettono nell'acqua tronchi singoli. Se invece il corso d'acqua è relativamente ampio e piano, si raggruppano e si legano l'un l'altro i tronchi d'albero, anche a più piani sovrapposti, costituendo le cosiddette zattere, che sono guidate nell'acqua da operai specializzati (detti in Italia zatterieri o menadassi). Le zattere variano di dimensione a seconda della portata e della larghezza dei fiumi, e da un minimo di 20-30 mc., come nei fiumi alpini, possono arrivare fino ai 1500-2000 mc., come nei filmii russi (Volga).

Nelle grandi imprese di taglio del Pacifico, delle Filippine, ecc., il trasporto del legname ai luoghi di concentramento si esegue frequentemente con il cosiddetto sistema dello spar tree. Si lasciano in posizione adatta uno o più alberi di grande altezza, si spogliano completamente dei rami e della cima a partire da una certa altezza, quindi si attrezzano con un sistema di pulegge e funi di acciaio. Queste funi da una parte fanno capo a motori Diesel o a macchine a vapore, dall'altro si attaccano ai tronchi abbattuti. Mettendo in moto il sistema, i tronchi: possono essere tirati nei valloni e fatti scendere ai luoghi di concentramento. Nelle regioni pianeggianti il trasporto si esegue di preferenza con trattori del tipo Caterpillar. Per il trasporto dai luoghi di concentramento alle segherie si fa ricorso, oltre che alla fluitazione, anche, diffusamente, a ferrovie appositamente costruite.

Conservazione del legno. Il legno va soggetto a molteplici cause di deterioramento, fra cui principali quelle dovute agl'insetti cosiddetti xilofagi (v. sopra). Si rimedia a queste cause di deterioramento con trattamenti speciali di preservazione. Nell'antichità si ricorreva a diversi mezzi: abbrustimento delle parti esterne, per legname da interrare, spalmatura con pece per legname da costruzioni marittime o edilizie, immersione nell'olio di oliva o nell'olio di cedro o nella morchia, ecc. Oggi si ricorre ancora, e con successo, alla spalmatura soltanto per i legnami che sono al riparo dalle intemperie, mentre per i legnami esposti alternativamente alla pioggia e al sole, o in parte interrati, si ricorre esclusivamente all'iniezione di sostanze antisettiche.

L'iniezione si effettua generalmente con uno dei tre seguenti sistemi: per infiltrazione attraverso i pori, per immersione, per compressione. Nel sistema a compressione si distinguono poi: procedimenti con i quali si ottiene il riempimento con antisettico di tutte le cavità libere del legname e quindi con l'incorporamento di un quantitativo massimo di antisettico (il cosiddetto procedimento a cellula piena); e procedimenti i quali permettono di ottenere l'omogenea distribuzione dell'antisettico stesso nella massa legnosa, lasciando impregnate di antisettico le sole pareti cellulari del legno, mentre rimangono vuote le cavità cellulari (il cosiddetto procedimento a cellula vuota).

Dei sistemi d'iniezione dei legnami quello per compressione è attualmente il più diffuso. L'esperienza dimostra infatti che la migliore protezione del legname è ottenuta quando l'antisettico penetri nelle parti più interne del legno; e poiché i vasi fibrovascolari, spesso ingombri, offrono una notevole resistenza alla distribuzione omogenea dell'antisettico, questa non può essere vinta che da elevate pressioni.

I procedimenti di conservazione del legno più conosciuti sono i seguenti:

Procedimento Boucherie. - Appartiene al sistema d'iniezione per infiltrazione attraverso i pori. È fondato sul concetto di servirsi della forza che determina la circolazione dei succhi nelle piante vive, per fare assorbire al legno le sostanze antisettiche atte alla sua preservazione. Può applicarsi ad alberi ancora in piedi o da poco abbattuti. Come sostanza preservatrice furono usate le più diverse soluzioni di antisettici, ma infine prevalse l'impiego di soluzioni di solfato di rame all'1-2%. Questo sistema, nonostante molti miglioramenti, è attualmente poco usato, sia per il suo scarso valore protettivo sia per la sua poca praticità dal punto di vista industriale.

Procedimento di kyanizzazione. -Appartiene al sistema d'iniezione per immersione e consiste nell'immergere il legname per un determinato tempo in una soluzione di sublimato corrosivo (bicloruro di mercurio) al 0,66%. Sotto il nome di "kyanizzazione migliorata" s'impiega col medesimo procedimento una soluzione all'1,66% composta del 0,66% di sublimato e dell'1% di fluoruro sodico. La kyanizzazione fu molto usata, specie per il trattamento di pali, sulla fine del secolo scorso e al principio dell'attuale; ora è meno usata.

Procedimento Giussani. - Appartiene anche questo al sistema d'iniezione per immersione. Consiste nell'immersione del legname destinato ad essere conservato - traverse per ferrovie, pali per linee elettriche, telegrafiche, telefoniche, ecc. - in una grande vasca contenente olio di catrame pesante, in precedenza riscaldato sino a 14° circa, e nella successiva immersione del legname stesso caldo in un altro bagno freddo di olio di catrame o di soluzione acquosa di cloruro di zinco, o anche in una vasca che contenga due liquidi tra loro separati per differenza di densità. Il procedimento Giussani è risultato troppo costoso, per cui oggi è quasi abbandonato.

Procedimento Bethell. - Appartiene al sistema di iniezione per compressione (procedimenti a cellula piena). Si usa come antisettico olio di catrame puro o in miscela con altre sostanze catramose. Il legname è semichiuso in autoclave e sottoposto anzitutto a un vuoto di sufficiente intensità e durata. Dopo di che si immette l'antisettico, riscaldato a conveniente temperatura. Si mantiene nell'autoclave la depressione fino a riempimento, così da esercitare sull'antisettico una pressione adatta alla specie di legname da trattare. Si libera quindi il recipiente dall'antisettico eccedente e si rifà il vuoto, fino a che si possa rinnovare il legname dell'autoclave senza gocciolamento apprezzabile. Questo procedimento è usato specialmente per pali destinati a palafitte in acque infestate da Teredo navalis, Limnoria, ecc.; inoltre, ma più raramente, per blocchi per pavimentazione, legnami da costruzione, traverse ferroviarie e tavolame.

Procedimento Burnett. - Consiste nel trattare il legname mediante soluzione acquosa di cloruro di zinco. Si effettua attualmente con le medesime modalità del procedimento Bethell; appartiene perciò anch'esso al sistema d'iniezione per compressione (procedimenti a cellula piena). Originariamente questo procedimento si effettuava per immersione, l'adozione della pressione venne applicata più tardi. Viene usato per legnami posti al coperto, oppure allo scoperto in climi aridi o semiaridi.

Procedimento Rueping. - Appartiene al sistema d'iniezione per compressione (procedimenti a cellula vuota). Si usa come antisettico principalmente l'olio di catrame, puro o in miscela con catrami, con petrolî o con soluzione acquosa di cloruro di zinco. Il legname, rinchiuso in autoclavi, è assoggettato anzitutto a una pressione d'aria di conveniente intensità e durata. S' immette quindi nell'autoclave l'antisettico, mantenendo costante la pressione sino al riempimento. Si eleva poi la pressione fino al limite richiesto dalla specie di legname che si tratta e si conserva sino a che non sia stato raggiunto l'assorbimento voluto. Si ristabilisce quindi la pressione atmosferica, e, liberato il recipiente dall'antisettico, viene praticata la depressione per evitare gocciolamento di antisettico. Sottoposto il legname a una pressione che ne comprime l'aria nei pori, ed egeguiti il riempimento e la compressione dell'antisettico in simile condizione, l'antisettico che entra nel legname, per opera della maggiore pressione, comprime ulteriormente l'aria rimasta rinchiusa in esso. Cessata la compressione dell'antisettico e riportato l'interno dell'autoclave a condizione di pressione atmosferica ordinaria, l'aria compressa nel legname, tendendo a mettersi in equilibrio con lo stato esterno, espelle dalle cavità del legno l'antisettico. Rimangono così essenzialmente impregnate di antisettico le sole pareti cellulari del legno, condizione bastevole per l'efficacia della protezione. Deve rilevarsi che in questo procedimento l'aria, rimasta rinchiusa nel legname all'inizio della compressione dell'antisettico, non viene spinta dall'antisettico, che progredisce sotto l'azione di una maggiore pressione, verso l'interno del legname, formando nella parte centrale una specie di cuscino d'aria, che renderebbe impossibile d'iniettare la parte centrale del legname; bensì l'antisettico progredisce lungo le pareti cellulari, rinchiudendo e comprimendo ulteriormente in ogni singola cellula l'aria, raggiungendo in questo modo anche le parti più interne del legname. La quantità di antisettico richiesta per riempire ogni singola cellula in questo procedimento è tanto minore di quella richiesta nel procedimento a cellula piena di quanto è la quantità d'aria iniziale; perciò, a parità di antisettico impiegato, questo, col procedimento Rueping, è meglio e più efficacemente distribuito. Con tale procedimento si può ottenere la migliore distribuzione con minimi quantitativi di antisettico e si può regolare la quantità di antisettico che si desidera rimanga incorporata alla fine dell'operazione nel legname, regolando la pressione d'aria preliminare. Perciò questo procedimento ha conquistato in breve il campo della tecnica dell'iniezione e rimane insuperato e di uso universale per trattamento di pali, traverse ferroviarie, tavolame, legname da costruzione, ecc.

Procedimento Cobra. - Consiste nell'iniettare nel legname, mediante un ago cavo, una pasta antisettica composta di fluoruro sodico e nitrati di fenolo. Con questo procedimento non ci si propone la distribuzione uniforme dell'antisettico, e lo si usa per proteggere nei pali specialmente la parte destinata all'interramento, e per rafforzare la protezione, nei pali già in opera, nella zona più soggetta a deperimento.

Procedimento a fasciatura impregnante. - Consiste nell'avvolgere le parti del legname che si vogliono conservare mediante una fascia a doppio strato riempita di sostanze antisettiche solubili nell'acqua (sali Wolmann, Triolite, Tanalite), che per effetto delle piogge e dell'umidità si sciolgono e vengono assorbite lentamente dal legname nella parte aderente alla fascia. È questo un processo recente che viene usato esclusivamente per rafforzare - come si fa anche col procedimento Cobra - la protezione dei pali iniettati in opera da tempo, nella zona più soggetta a deperimento.

Stagionatura del legno. -Il legno fresco non è mai stabile interamente a cagione soprattutto della quantità di acqua che esso contiene. Ciò rende più difficile il suo uso, specialmente per la costruzione dei mobili. La stagionatura, con l'eliminare una certa percentuale d'acqua, contribuisce a dare stabilità al legno e a ridurre sensibilmente le possibilità di gravi deformazioni. Essa si pratica con tre procedimenti diversi: naturale, per acqua, artificiale, ciascuno dei quali presenta particolari vantaggi.

La stagionatura naturale si pratica all'aria libera e la sua durata dipende dal tenore di acqua incorporata, dall'umidità dell'atmosfera e dalla circolazione dell'aria. Essa è normale quando riduca il contenuto di acqua di almeno il 20%. Si esegue accatastando il legname per piani sovrapposti e separati fra loro, per dar modo all'aria di circolare, e mantenendo i piani inclinati o a squame. Occorre provvedere che il legname sia riparato dalla polvere e dall'acqua.

La stagionatura per acqua si esegue immergendo il legname completamente in acqua ricambiabile o meglio in corrente d'acqua, che a poco a poco penetra nei vasi del legno espellendone la linfa, e prendendone il posto. Potrà poi venire eliminata per essiccamento all'aria, più rapidamente che non l'acqua contenuta nella linfa. La durata dell'immersione varia secondo la qualità del legname; generalmente bastano 15 giorni. Il legname tenuto per un certo periodo di tempo in acqua dolce, specie se corrente, si stagiona più rapidamente ed è soggetto a essere meno attaccato dai tarli, perché perde gran parte degli elementi nutritivi contenuti nei vasi. Il legname, invece, tenuto per qualche tempo in acqua salmastra, diventa più duro, più pesante e più durevole ed è indicatissimo per lavori idraulici e specialmente per costruzioni di naviglio.

La stagionatura artificiale, che nei maggiori centri di produzione è adottata per la massima parte del legname, si basa sull'applicazione delle leggi fisico-chimiche, che presiedono alla composizione e alla struttura della fibra legnosa; ciò spiega il gran numero di brevetti e processi ideati, in gran parte progressivamente abbandonati, meno quelli che si basano, come agente disseccatore, sull'aria a umidità regolabile. Questi sistemi comportano due forme: quella dei "canali", nei quali la temperatura e l'umidità dell'aria variano da una estremità all'altra, e quello delle "camere" nelle quali calore e umidità, uniformi nell'ambiente cambiano nel tempo; quest'ultimo sistema è quello più seguito. Il legname è accatastato in modo da consentire l'uniforme circolazione dell'aria e quindi portato nelle camere dove viene immessa l'aria riscaldata e seccata direttamente o attraverso speciali feritoie mediante ventilatori. Pratica frequente è quella di far precedere il disseccamento del legname da un certo grado di vaporizzazione; modalità tecniche sono da osservare in relazione alle diverse qualità ed essenze del legname. Non sono mancati neanche tentativi di stagionatura elettrica del legname.

Industrie di prima lavorazione del legno. - Sono quelle che dai legnami in tronchi ricavano materiali destinati a una ulteriore lavorazione. Fra tali industrie sono da annoverare: a) le segherie; b) gli stabilimenti per la tranciatura; c) le fabbriche di legni compensati; d) le fabbriche di zoccoli; g) le fabbriche di rocchetti. Sono considerate industrie di prima lavorazione anche quelle che, lavorando legni segati a lungo, ricavano materiali che vengono venduti per ulteriori applicazioni, quali ad esempio: h) preparazione di tavole a maschio e femmina, perline e simili; i) preparazione di tavolette per pavimenti (parquets); l) tornerie, preparazioni di manichi, gambe per tavoli e preparazioni simili.

Segherie. - Il legname arrivato nelle segherie, se già tagliato nella lunghezza nella quale si vuole ottenere il tavolame, è pronto per la segagione. Se invece è arrivato in stabilimento senza aver subito la cosiddetta tronconatura in bosco, deve essere assoggettato al taglio nella lunghezza corrispondente al prodotto finito. Varie macchine sono in uso a questo scopo, secondo i diametri dei tronchi che si devono tagliare. La trasformazione dei tronchi in tavole anticamente veniva fatta con seghe a mano; gli abitanti delle zone alpine, ad es., solevano scendere alla pianura nei mesi invernali e tagliare, presso privati, i legni di essenza dura in tavole, ciò che del resto si fa tuttora per i legnami esotici in qualche provincia dell'Italia meridionale. Si cercò, dopo, di sfruttare la corrente dei corsi d'acqua, per azionare delle piccole seghe a una o a due lame, comunemente conosciute col nome di veneziane, e di cui tuttora si hanno esempî nelle valli alpine. Finalmente, con lo sviluppo dell'industria meccanica, si andò sostituendo alle cosiddette veneziane, per i legnami resinosi le seghe multiple alternative, e per i legnami duri le seghe a nastro.

Avvenuta la segagione in tavole, si provvede a mezzo di seghe circolari alla rifilatura, dopo di che si passa alla stagionatura, accatastando convenientemente, a seconda della stagione e dell'ambiente, il tavolame lavorato.

Stabilimenti per la tranciatura. - Vengono destinati alla tranciatura in particolare i legnami fini o pregiati, che in massima sono caratterizzati da un'accentuata durezza della fibra, e che quindi vengono usati in spessori molto sottili senza che ne sia menomata la consistenza e mettendo in rilievo le caratteristiche di figurazione e di venatura loro proprie.

Le essenze che abitualmente vengono destinate alla tranciatura sono: il noce, il rovere, il mogano, il palissandro, l'ebano, alcune radiche, ecc., che vengono tranciati in spessori variabili da 5/10 di mm. a 1-2 mm. I legnami subiscono anzitutto una preventiva tronconatura e squadratura, fatta con seghe intestatrici, con refendini e con seghe a nastro con carrello mobile, indi vengono messi nella vasca di vaporizzazione per rendere tenera la fibra e infine vengono passati alla macchina caratteristica di questa lavorazione, denominata trancia, che li riduce in fogli sottili come sopra detto. I fogli che si ottengono da queste macchine vengono in appositi locali essiccati, poi rifilati e legati in pacchi, avendo cura che i fogli provenienti dallo stesso tronco siano tenuti uniti e ordinati in modo da ricostruire il blocco dal quale sono stati ricavati, e ciò per facilitare l'uniformità dei lavori di ebanisteria che, con gli stessi, si dovranno eseguire.

Fabbriche di legni compensati. - La compensazione del legno in forma rudimentale risale a tempi antichi, ma la vera e propria industrializzazione di questa forma di lavorazione ha avuto sviluppo in tempi recenti, in Russia, per poi estendersi ad altri paesi aventi le necessarie disponibilità di materia prima (betulla, ontano). In Italia la compensazione del legno si è iniziata verso il 1915, per rispondere ai bisogni della guerra. Come materie prime sono stati utilizzati il pioppo e l'okoumé, che si importa dalla colonia francese del Gabon; ultimamente però, per sfruttare le piantagioni esistenti lungo gli arenili e le vaste aree nelle vicinanze dei fiumi, suscettibili di cultura, si è indirizzata l'industria del compensato verso l'utilizzazione del pioppo canadese, che ha possibilità di riproduzione rapida in un ciclo di circa 12 anni.

Per la fabbricazione del compensato, i tronchi vengono anzitutto scortecciati e tronconati nelle lunghezze volute, e poi messi nelle vasche di vaporizzazione per rendere più facile la successiva lavorazione della fibra. Dalle vasche passano alla sfogliatrice (derouleuse), che stacca dal tronco fogli di spessore variabile da 1 a 2 ½ mm. I fogli convenientemente ridotti nelle larghezze volute vengono essiccati mediante apparecchi speciali, operanti a ventilazione e calore. Quindi passano alla pressatura. Questa vien fatta in gran parte mediante presse idrauliche a caldo, sovrapponendo 3 o più fogli in maniera che la fibra di un foglio risulti incrociata rispetto a quella di un'altro, e incollando insieme mediante colla peciale. Così si ottiene il compensato che passa alla rifilatura, e infine alla lisciatura; dopo di che i prodotti vengono classificati e confezionati in colli tipici standard.

Un particolare tipo di compensato è la cosiddetta masonite, dovuta a O. E. Mason, collaboratore di Edison. Si ottiene da schegge di legno, per lo più di pitch-pine. In appositi autoclavi sono collocate le schegge e immesso vapore acqueo alla pressione di 100 atm. Allorché le schegge sono imbevute di vapore si apre un'apposita apertura. Il passaggio dall'alta pressione alla normale determina un'esplosione che istantaneamente trasforma il legno in minutissime fibre, e le lancia alla velocitá di 1200 m. al secondo in appositi tubi di raccolta. Le fibre vengono poi calandrate e pressate sino a ottenere un materiale compatto. La masonite è usata come isolante, per rivestimento e per pavimenti.

Fabbriche di fuscelli di fiammiferi. - Per questa lavorazione s'impiega pioppo fresco, sano, scelto che, dopo la scortecciatura, viene passato alle -sfasciatrici, poi alle taglierine. Altre macchine simili alle sfogliatrici provvedono per la confezione dei tiretti e degli esterni della scatola.

Fabbriche di lana di legno. - Il legname viene scortecciato, stagionato, previo spaccamento dei tronchi di notevoli dimensioni, tagliato nelle lunghezze di 50-60 cm. e passato alle apposite macchine che sia con frese, sia con coltellini ne fanno tante sottili striscie, in relazione alla qualità e dimensioni della lana di legno che si vuole ottenere. Le macchine sono a funzionamento verticale e a funzionamento orizzontale. La lana di legno viene poi pressata a macchina, per formarne delle balle facilmente trasportabili.

Fabbriche di zoccoli. - Per la lavorazione degli zoccoli si adoperano in prevalenza ontano e pioppo; servono anche il platano, il faggio e il salice, ma in proporzioni minori. Il legno è preparato in tronchi freschi, che vengono segati in lunghezze di un piede, poi spaccati con la scure. Segue quindi la stagionatura che si effettua naturalmente, lasciando il legname all'aria e al sole; il faggio però, dati i suoi requisiti di durezza, è lavorato fresco.

Le macchine azionate con forza motrice per la lavorazione degli zoccoli sono svariatissime a seconda delle esigenze dei fabbricanti; quelle a mano si concretano in due ordigni semplicissimi: una morsa di legno, che serve a tenere lo zoccolo fermo, e un coltello a due manichi col quale l'operaio sbozza lo zoccolo. Negli stabilimenti maggiori questo lavoro viene fatto da macchine complicate.

Fabbriche di rocchetti. - Per la fabbricazione dei rocchetti per filati cucirini viene adoperato legno di betulla e di ontano. I tronchi vengono segati trasversalmente in modo da formare tante sezioni di altezza maggiore di quella del rocchetto finito. Ogni sezione, chiamata comunemente "trottola", viene sottoposta a una trapanazione per la formazione dei blocchetti. Ognuno di questi blocchetti, dopo breve stagionatura sotto tettoia aperta, viene passato poi alla foratrice e alle altre macchine per la tornitura. I listelli di betulla invece vengono prima arrotondati, poi sezionati, e ogni sezione o blocchetto viene sottoposta al medesimo trattamento dei blocchetti di ontano. La produzione di blocchetti viene eseguita tanto con macchine a mano, quanto con macchine automatiche o semiautomatiche.

Preparazione di tavole a maschio e femmina, perline, ecc. - Le fabbriche di questo genere ritirano dalle segherie le tavole in dimensioni e assortimenti adatti. Esse vengono disposte in ampî magazzini per la naturale stagionatura e successivamente passate a un'ulteriore essiccazione artificiale, prima di subire la lavorazione a macchina. Le macchine occorrenti per tale lavorazione consistono principalmente in due rulli a coltelli. Le tavole gregge passano, con avanzamento automatico, attraverso i rulli e ne ricevono la piallatura ed eventualmente la sagomatura sulle due faccie, nonché la calettatura a maschio e femmina sui due fili, uscendo completamente ultimate, pronte per la vendita. Le stesse macchine, convenientemente attrezzate, producono cornici per quadri, per tappezzerie e altre applicazioni del genere.

Preparazione di tavolette per pavimenti (parquets). - Questa industria riceve dalle segherie le tavolette di rovere, faggio, ecc., già in determinate misure. Prima della lavorazione queste tavolette vengono essiccate completamente, entro camere di essiccazione a ventilazione riscaldata. Le tavolette essiccate vengono introdotte in speciali piallatrici a 4 alberi con avanzamento a catena: nel passaggio attraverso queste, ricevono la piallatura sulle due faccie, e la calettatura a maschio e femmina sui due fili.

In seguito le tavolette vengono passate in un'altra speciale macchina detta intestatrice, la quale è munita di due alberi orizzontali e due verticali: l'avanzamento del legno è fatto a mezzo di catena. I due alberi orizzontali portano delle frese, che tagliano con grande pfecisione le tavolette nella voluta lunghezza, mentre gli alberi verticali servono a formare il maschio e femmina sulle teste delle tavolette stesse. Le tavolette così lavorate vengono passate alla cernita e alla classificazione. Quindi, dopo essere state impaccate, vengono passate al magazzino per la vendita.

Tornerie, preparazioni di manichi gambe per tavoli e simili. - È una lavorazione specialmente sviluppata in località provviste di corsi d'acqua. Una volta adoperava tornî a pedale, ora sostituiti da piccoli tornî mossi da ruote e anche da piccole turbine idrauliche; le macchine automatiche servono in genere per lavori semplici, quelle semiautomatiche per lavori di finitura. Non sono usate altre macchine speciali, ma i lavori sono eseguiti a mano con scalpelli e sgorbie, con particolare abilità; nonché con piccoli utensili adattati intelligentemente alle particolari esigenze della lavorazione e costruiti dagli operai stessi. Si producono minuti lavori, come manichi di tutte le forme, gambe per tavoli, spolette, bobine, tubetti di filatura e tessitura, piccoli utensili per cucina, cucchiai comuni, ecc. La materia prima è costituita da legname di produzione locale; quindi acero, faggio, ciliegio, castagno, ontano, betulla, robinia, noce, ulivo, ecc.

Legnami per usi chimici. - Alcune specie di legnami hanno particolare utilizzazione nell'industria chimica. Il tiglio, il salicone, il rovere, il pino, il larice, l'abete rosso e altri legni vengono impiegati per l'estrazione della potassa; l'abete rosso e bianco, il pioppo, la betulla, il pino, il salice per l'estrazione della cellulosa (v. carta; cellulosio) e la preparazione del rayon; il faggio, il castagno, la quercia, l'olmo, i pini, gli abeti, il guaiaco, il quebracho, il salice, il legno quassio nella distillazione per l'ottenimento di catrame, olî di catrame, alcool metilico, metilene, acetato di calcio, e gas.

Legnami da succhi. - Alcuni legni, come il campeggio, il legno rosso del Brasile, il legno giallo, il sandalo rosso, il crespino, lo scotano, ecc., dànno estratti coloranti; altri, come il castagno, il quebracho, il rovere, le cortecce di pino pinastro e larice, estratti concianti; il legno nefritico, il legno colubrino, il sandalo, il guaiaco, il salice, dànno estratti medicinali; il canforo, il ciliegio canino, il ginepro della Virginia, il calicanto, la cedrela, il sandalo bianco, il legno violetto, il legno rosa, il sassafrasso, estratti per profumeria.

Legnami da ardere. - Per il riscaldamento e per la produzione di carbone di legna, si usano più specialmente il rovere, il leccio, il carpino, l'olmo, il faggio, l'acero, il castagno, i pini, la betulla, l'ontano, il larice, gli abeti, il nocciolo.

Dati statistici. - Il legno occupa un posto eminente nell'economia mondiale e alimenta in tutto o in parte svariatissime industrie con milioni di addetti. Le foreste produttive di legnami coprono circa 3 miliardi di ettari, ossia il 22,5% di tutte le terre emerse del globo. Le essenze resinose, di gran lunga predominanti sul mercato internazionale, siccome più atte a produrre legnami da costruzione (teneri), vi entrano per un terzo e si stendono a forma di larga fascia su tre continenti, lungo l'Oceano Glaciale Artico, con abbondanti propaggini verso il sud e le isole minori intorno ai principali sistemi montuosi. Le essenze a foglie caduche, impiegate prevalentemente nella fabbricazione dei mobili, abbracciano gli altri due terzi della superficie boschiva totale e sono sparse in tutti i paesi, ma abbondano in particolar modo nelle zone tropicali La quasi totalità delle foreste tropicali, però, e immense distese in Siberia, parzialmente nel Canada e nell'Alasca, sono per opposte ragioni inaccessibili e restano per ora inutilizzate a costituire una doviziosa riserva per l'avvenire. Non si hanno dati completi sulla produzione dei legnami, ma le cifre della tab. I relativa al commercio di esportazione del legname tenero segato dànno un'idea sufficiente della posizione produttiva dei principali paesi.

Negli Stati Uniti l'industria del legno ha enorme sviluppo. Lo sfruttamento forestale, iniziato nel New-England, si andò spostando, col progredire della colonizzazione, nelle regioni del sud, del nord e dell'ovest. Nel 1930 su un'estensione boschiva di circa 496 milioni di acri, si ottennero 26 miliardi di board feet di legname comune corrispondenti approssimativamente a 61,4 milioni di metri cubi di legname (1000 board feet = mc. 2,36). Del totale 4,7 miliardi di board feet erano rappresentati da legnami duri. Il gruppo degli stati della costa del Pacifico (Washington, Oregon, California) e quello degli stati del sud (Mississippi, Florida, Arkansas, Luisiana, ecc.) parteciparono rispettivamente per il 41% e il 31,3% a questa produzione, dando principalmente il cosiddetto abete Douglas e il pino giallo del sud fra i legni teneri, l'acero e la quercia fra i legni duri. Le industrie di prima lavorazione hanno una progredita organizzazione meccanica. Intorno al 1850 le segherie introdussero le macchine a vapore e le prime seghe circolari; verso il 1890 le seghe a nastro; in anni recenti esse hanno introdotto impianti elettromeccanici complessi, capaci di grandi lavorazioni. Gli Stati Uniti, come si rileva dalla tab. I, esportano anche quantità notevoli di legnami.

Il Canada ha, come gli Stati Uniti, un ricchissimo patrimonio boschivo, che sfrutta con gli stessi sistemi industriali. Con i paesi scandinavi e baltici, esso fornisce le maggiori quantità di pasta di legno (v. carta; cellulosio).

L'U. R. S. S., dei 913 milioni di ettari a bosco, di cui 450 di vere foreste, ne sfrutta soltanto, ai fini della produzione del legno, circa 240 milioni. Dopo la lunga parentesi della guerra e della rivoluzione, essa solo di recente ha potuto riprendere la produzione e l'esportazione (tab. I).

Fra i paesi importatori di legname, è al primo posto la Gran Bretagna che riceve dall'estero il g5% circa del proprio fabbisogno. Nel 1931 questo mercato assorbì circa 6,8 milioni di metri cubi di legname di cui 0,8 milioni di legname duro. La massima parte dei quantitativi era ritirata dall'U. R. S. S., dai paesi baltici e scandinavi, e solo per poco più del 10%, dall'America Settentrionale. Altri principali paesi importatori di legname sono la Francia e la Germania, che pure hanno discreta estensione di boschi e notevole produzione interna. Nel 1931 la Francia e la Germania importarono rispettivamente 2,5 e 1,7 milioni di tonnellate di legno comune. Notevoli quantitativi di legname assorbono anche, oltre l'Italia, il Belgio, l'Olanda, gli stessi Stati Uniti, ecc.

In Italia l'industria del legno, nelle più svariate forme d'attività, è una tra le più tradizionali e diffuse. Essa assorbe in qualche regione buona parte della popolazione lavoratrice. Il censimento del 15 ottobre 1927 assegnava a quest'industria, 103.115 esercizî con 286.115 addetti, di cui soltanto 7165 con 69.210 (secondo i dati della Federazione nazionale fascista dell'industria del legno) appartengono all'industria vera e propria, mentre il rimanente è rappresentato da artigiani e da imprese commerciali.

Su una superficie agraria e forestale complessiva di 28.447.000 ha. l'Italia conta 5.855.000 ha. di boschi. Di questi, 613.000 sono di castagneti; il resto di essenze resinose, fra le quali prevalgono l'abete bianco e rosso, il larice, il pino. I castagneti s'incontrano specialmente nelle regioni appenniniche, i boschi di essenze resinose nella Venezia Tridentina, nel Cadore, in Carnia e in molte altre vallate alpine.

La produzione del legname propriamente detta, cioè l'abbattimento della pianta e la trasformazione dei tronchi in legname segato, è esercitata da numerose segherie, con alcune decine di migliaia di dipendenti, sparse nelle zone boscose o nei pressi dei transiti di confine e dei porti di sbarco.

Essa si distingue secondo che si tratti di essenze resinose o di essenze di latifoglio. In totale si ottengono 835-836 mila mc. di legnami resinosi (470 mila nel solo Trentino) e 1 milione di mc. di legname di latifoglio; ossia il 25 o 30% dell'intero fabbisogno. L'importazione di legname comune è perciò veramente cospicua (tab. II). Esso proviene soprattutto dalla Iugoslavia, Austria, U. R. S. S., Romania e Stati Uniti.

Se la produzione di legname per costruzioni e opera non soddisfa che in limitata parte il consumo nazionale, la produzione di legname da ardere e di carbone di legna raggiunge invece rispettivamente il 90% e l'80% del consumo. Essa è stata in media negli ultimi anni rispettivamente di 14 milioni di mc. e di 3 milioni di mc. L'importazione di questi prodotti è quindi relativamente modesta e si fa dalla Iugoslavia, dalla Francia, dalla Cecoslovacch: a e dall'U. R. S. S.

La più importante tra le industrie che lavorano il legno è quella della fabbricazione dei mobili e degli oggetti artistici, ramo molto diffuso in tutte le regioni, che occupa quasi 80 mila persone e dà un prodotto annuo approssimativamente valutato in 300 milioni di lire.

Vi è poi il gruppo dell'industria, che dà articoli di legno per l'edilizia: porte e finestre, persiane avvolgibili e pavimenti di legno. Le più importanti imprese che producono porte e finestre sono concentrate prevalentemente nell'Italia Settentrionale, e specialmente fra Milano e Monza; altre se ne annoverano nel Veneto, nell'Emilia, a Torino, a Firenze, a Roma e a Napoli, cioè nei centri ove maggiormente si svolge l'attività costruttiva. Va inoltre rilevato che buona parte della produzione di porte e finestre è eseguita altresì da semplici botteghe con pochi operai e con carattere artigianale. L'industria delle persiane avvolgibili si è sviluppata nel dopoguerra e attualmente è in grado di provvedere a buona parte del fabbisogno nazionale. Esistono poi numerose industrie speciali che lavorano il legno per gli usi più disparati. Così numerose aziende, con quasi 10.000 operai, variamente distribuite nelle differenti zone di produzione agricola e industriale, provvedono gl'imballaggi occorrenti al commercio utilizzando assicelle di abete, pioppo, faggio, castagno, ecc., in parte dí origine nazionale, ma in misura crescente importate dall'estero. Una ventina di ditte, con 3000 operai, le più in Lombardia e in Campania, con legnami prevalentemente nazionali, producono ogni anno quasi 3ª milioni di lire di cornici di legno e aste per cornici e ne esportano per alcuni milioni nei paesi del Mediterraneo orientale, dell'Asia e dell'America Meridionale. Molte imprese producono traverse ferroviarie, di quercia e di faggio, soprattutto nell'Italia centrale e meridionale, ove le faggete sono più abbondanti. Altre imprese fanno con castagno pali per linee telegrafiche ed elettriche non iniettati, paletti per uso agrario, doghe per fusti, ecc. Alcuni stabilimenti a Venezia, Milano, Napoli, Livorno, ecc., sviluppatisi dopo la guerra esercitano, con pino e abete nostrani o provenienti dall'Austria, l'industria dell'iniezione delle traverse e dei pali per uso delle ferrovie, delle linee telegrafiche e telefoniche e del trasporto di energia elettrica. Tuttavia s'importano all'anno pali di legno per oltre milioni 1,5 di lire, di cui quasi il 50% è fornito dalla Germania. La produzione del legno compensato e tranciato si può considerare di data recentissima. Nelle fabbriche italiane il 70% della materia prima è costituita di legno di okoumé del Gabon francese. Esiste una forte importazione di compensato di ontano, non fine ma molto a buon mercato. Viene però anche importato il compensato di betulla, che è destinato a speciali usi (mobili, aviazione, ecc.). Notevoli sono anche in italia la produzione di compensati con esterni in mogano, noce, rovere, noce satin, ecc., e quella dei fogli di legno tranciati per impiallacciare, per i quali si usano il noce, il noce satin, il mogano, ecc. Le fabbriche di compensato sono distribuite nelle regioni dove maggiormente se ne impiega il prodotto: Lissone per il mobilio, Torino per le automobili, la Lombardia inferiore e l'Emilia per gl'imballaggi, ecc. Sui laghi di Como e Maggiore è assai sviluppata l'industria degli oggetti di legno di ulivo (scrigni, oggetti traforati, minuterie, statuette); nelle valli alpine e nella Venezia Tridentina, quella degli ornamenti e oggetti decorativi in genere; in Lombardia, in Val Gardena, ecc., quella del giocattolo.

Bibl.: L. Piccioli, I legnami. Tecnologia e utilizzazione boschiva, Torino 1927; H. Stone, The timbers of commerce and their identification, Londra 1924; L. Valerio, Il legno, Milano 1930; Fed. naz. fas. dell'ind. del legno, Annuario dell'ind. del legno, Milano 1932; R. Cormio, La Siloteca Cormio nel suo 25° anno, Firenze 1933.

Il legno nell'arte.

Il legno ha larga applicazione nell'arte fin dall'antichità. Purtroppo per quest'epoca i monumenti superstiti sono molto scarsi, se si eccettuino quelli dell'Egitto, dove si facevano in legno mobili, spesso decorati con pitture e sculture (sedie, tavoli, letti, cofani, ecc.), sarcofagi, oggetti per la toletta (ciotoline, cucchiai, cassettine). Fra gli oggetti pervenuti è da ricordare una portantina della IV dinastia, di forme leggiere e con ornati di buon gusto. Il legno era molto usato per la statuaria, nella quale vennero creati numerosi capolavori: per lo più, quando si volevano riprodurre i soggetti alla grandezza naturale, occorreva congiungere insieme parecchi pezzi: a evitare tale inconveniente, erano preferite figure di piccole dimensioni. Di legno dipinto erano le più antiche immagini di culto nella Grecia (xóana), e lo stesso materiale continuò a essere usato anche più tardi per le immagini di alcune divinità, come quelle campestri. Talvolta la scelta della specie era connessa con la natura o con l'attributo della divinità da rappresentare: così Atena Poliade era scolpita in legno di ulivo, Priapo in legno di fico. Il legno si usava altresì per sarcofagi (ve ne sono alcuni rinvenuti nella Russia meridionale, del sec. IV-III a. C.), oggetti di corredo, casse (la famosa arca di Cipselo in legno di cedro). Lo stesso impiego continua in età romana, della quale ci sono pervenute alcune piccole sculture in legno: una bambola da Tivoli nel Museo nazionale romano, un piede di statua nello stesso museo, una statuetta di ebano al Museo del Bardo a Tunisi, ecc.

Come supporto fu usato in pittura fino al sec. XVI. In architettura fu unico materiale di costruzione in edifici civili e religiosi dell'Europa orientale e settentrionale; in Italia il legno congiunse spesso la funzione costruttiva e quella decorativa nelle capriate delle basiliche cristiane e nei soffitti a cassettoni del Rinascimento (v. appresso: Architettura in legno); funzione strettamente decorativa ebbe nei rivestimenti delle pareti, nelle porte, nelle cornici, nei mobili. Gli effetti artistici ottenuti dal legno sono ora scultorî ora pittorici, ottenuti i primi dall'intaglio, i secondi dall'intarsio; questi effetti si congiungono spesso nei cori, nei quali l'arte dei maestri di legname, fin dall'antico ordinati in corporazioni, ha le più alte espressioni. In Italia e all'estero, la più importante applicazione artistica del legno è la scultura. I processi tecnici partecipano, tuttavia, anche della tecnica pittorica. La scelta del legno varia secondo le esigenze artistiche e la produzione locale; dalle fenditure lo scultore garantiva le sue opere cercando di trarre ogni statua da un solo tronco, dal quale asportava la parte più interna e più ricca di umidità. Lo scavo è visibile nelle figure destinate a una sola visione frontale, epperò posteriormente non lavorate; dissimulato da successive applicazioni lignee, a operazione compiuta, nelle figure a tutto tondo. In un secondo tempo la statua era spesso "impannata" di lino nelle parti di modellato più grosso, coperta d'imprimitura gessosa, dipinta a tempera, dorata nei fregi, e verniciata. La policromia diede più spesso alle sculture in legno, che a quelle in altra materia, complicazioni di effetti pittorici: nell'arte romanica e in quella gotica e del Rinascimento moderata da un senso di stilizzazione ornamentale, in altri periodi invece spinta, dal desiderio d'illusione, all'uso di materiali disparati (stoffe, capelli, occhi di smalto vitreo, ecc.), specialmente nell'arte spagnola (secoli XVII e XVIII) e in quella popolare.

Guasto da restauri è il più antico intaglio ligneo del Medioevo in Italia, cioè la porta di S. Ambrogio a Milano; ma poco più tarda (principio del sec. V) è la porta in cipresso di S. Sabina a Roma, nella quale scene e ornati riprendono motivi dell'intaglio in avorio, analogo al legno per la pastosità della materia e per la continuità della venatura, che permettono superficie delicate e continuo sviluppo di piani.

L'intaglio ligneo, come attestano anche gli scrittori e provano i monumenti, fu praticato per tutto il Medioevo nei mobili, nelle porte, ecc., e probabilmente anche nella statuaria, sebbene di questa le opere superstiti più antiche siano del sec. XI. Le più antiche statue lignee hanno per soggetto la Madonna in trono, motivo che permetteva di dare alla figura compattezza di blocco, come si vede nella Madonna di Alatri, completata da quattro sportelli istoriati e policromi, e in quella di prete Martino (1199) già a Borgo San Sepolcro. Ma già gli arti cessano di aderire al corpo e sono modellati a sé nei grandi crocifissi lignei dalle forme severe, intensamente espressive. Intorno al Cristo, talvolta, figure isolate si aggruppano in scene di Deposizione, come a Volterra e a Tivoli (sec. XIII), dove già la tecnica del legno esprime forme della scultura in pietra. Col penetrare in Italia d'influssi gotici le statue lignee si fanno più frequenti; influssi privi di proprie correnti stilistiche; ma, in Toscana, l'influsso gotico si sviluppa attraverso l'arte dei Pisani; sono più rare le Crocifissioni, frequenti le Annunciazioni, nelle quali le statue di Maria e dell'Angelo, staccate, riflettono la linea intensa, la forma assottigliata gotica. Nelle ancone l'intaglio a giorno delle cornici policrome crea una nuova ricchezza decorativa, il rilievo si anima di piani più agili; la maggiore perfezione tecnica raggiunge massima ricchezza ornamentale nei cori. Come nel '300, nel '400 l'intaglio ha i centri maggiori a Siena, a Venezia. Vi operarono grandi statuarî del Rinascimento: Iacopo della Quercia, Donatello, il Brunellesco, tra altri, sentendo nel legno ora la possibilità degli effetti chiaroscurali della pietra, ora dei riflessi del bronzo. Col procedere del Rinascimento, la statuaria lignea si restringe nei centri queno colti e l'intaglio assume funzione architettonica. Già nel '400 - con i Da Maiano, i Del Tasso, ecc. - i motivi derivati dall'antico, arabeschi di acanto, grottesche, candeliere, ecc., sostituiscono i motivi ornamentali gotici nei cori, nei mobili, nei finimenti architettonici: la decorazione raffaellesca delle Logge Vaticane divulgò questi motivi per tutto il sec. XVI; e se a Siena, sotto l'influsso del Peruzzi che disegnò l'organo di S. Maria della Scala, conservano purezza di linea nelle opere di A. e G. Barile, a Roma s'inturgidiscono presto in forme barocche. È il gusto barocco del mescolare forme umane a forme architettoniche che riconduce l'intaglio alla figura, prima nel rilievo con intenti pittorici - porta degli Orazî e Luriazî in Campidoglio (1633) - poi nel tutto tondo, come nell'intaglio dei secoli XVII e XVIII nelle varie regioni. Nell'Italia meridionale, nella badia di Montecassino, lavorano il Coliccio e il Nittolo; in Lombardia, i Capra lavorano a Cremona, il Fantoni, con barocca ridondanza di motivi, nel Bergamasco; in Piemonte l'intaglio ha funzione architettonica nella decorazione e disegni geometrici di cornici rilevate; ma la massima espressione dell'arte del legno raggiunge Venezia, dove íl Plante sfoggia virtuosità tecnica nell'imitare con il legno stoffe, cuoio, metallo; G. Piazzetta cerca valori pittorici in motivi figurati più precisi e, sopra tutti, A. Brustolon, nel mobile o nella statua, cerca di trarre dal legno non solo i guizzi del bronzo, ma anche la possibilità di libertà di modellato offerta dal bronzo.

Fuori d'Italia, il legno ebbe la massima applicazione artistica in Germania e nei Paesi Bassi, dove fu il più usato materiale di scultura: tra gli esemplari più antichi di tutto tondo sono le Madonne del Tesoro del duomo di Essen, del museo di Paderborn (1075) e il Crocifisso del duomo di Brunswick, simile al Volto Santo di Lucca; tra i rilievi, le porte di S. Maria in Campidoglio a Colonia (circa 1200). Nei Crocifissi e nelle rappresentazioni a gruppi, frequenti nei secoli XIV e XV, la tecnica sempre più perfetta permette effetti più complessi sia nei motivi, portati a una inverosimile fioritura, che nel modellato delle figure, dai drappeggi ampî e segnati da profondi viluppi di pieghe, il cui modulo stilistico varia di regione in regione. Il momento più alto è raggiunto tra la seconda metà del sec. XV e la prima del sec. XVI, con E. Grasser, Hans Leinberger, Michele Pacher, Tilmann Riemenschneider. La scuola di Norimberga, nel sec. XVI, ha in Veit Stoss un artista che adegua l'arte del legno alle maggiori correnti artistiche contemporanee, e la cui influenza si estese largamente in Germania; dove la scultura lignea si sviluppò per tutto il sec. XVII e, soprattutto, XVIII, fino a identificarsi, si può dire, con la scultura tedesca.

In Francia lo sviluppo della scultura lignea ha andamento analogo a quello italiano. Il carattere delle più antiche Madonne francesi (ad es., quella di Saint-Denis, già a Saint-Martin-des-Champs, sec. XIl) ci riporta alle Madonne romaniche italiane; dal sec. XII al XV le statue lignee hanno maggiore aderenza alle forme gotiche, sia nell'esiguità della forma che nell'intensità della linea, mentre dal sec. XVI in poi l'intaglio ligneo, riducendosi ad ausiliario dell'architettura, ne riflette le correnti fino a trovare nei mobili rococò massima virtuosità di tecnica ed esuberante ricchezza di motivi decorativi.

Più caratteristico è l'intaglio del legno in Spagna, i cui primi esemplari risalgono al sec. X, e che si svolge fino al XV attraverso la fusione di motivi gotici; ai quali s'aggiungono, nel sec. XV, rappresentazioni figurate, per lo più sotto influenze della scuola borgognona o dell'arte fiamminga. Nel periodo più antico si hanno singolari rapporti anche con gli intagli italiani, come si vede nel "Volto Santo" di Lucca simile a Crocifissi catalani (sec. XII). Dai motivi gotici ai motivi del Rinascimento, importati dall'Italia, si passa attraverso le decorazioni del coro di Mondoñedo, delle porte di Valladolid; e attraverso l'applicazione dell'intaglio all'architettura nei soffitti, ecc.; ma un'influenza italiana precisa è segnata dalla larga attività del Berruguete, reduce dall'Italia, nel sec. XVI. Il gusto del molto ornato facilita il processo al Barocco, il cui punto d'arrivo, sia per la perfezione della tecnica, sia per il decadimento del gusto, è segnato dalle macchinose soprastrutture d'altare a S. Martino di S. Iacopo di Compostella o dal coro della cattedrale di Cordova (sec. XVIII), ecc.

Bibl.: Per la scultura in legno in Italia vedi: A. Venturi, Storia dell'arte italiana, Milano 1901 segg.; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I, Medioevo, Torino 1927; oltre i numerosi articoli su singole opere e gruppi di sculture lignee. Per gli altri paesi vedi la bibl. relativa alla scultura sotto le varie voci. Vedi inoltre: W. Vogelsang, Die Holzskulptur in den Niederlanden, Berlino 1911; H. Wilm, Die Gotische Holzfigur, Lipsia 1923; W. Burger, Altdeutsche Holzplastik, Berlino 1926; Orduna-Viguera, La talla ornamental en madera, Barcellona 1930. Vedi inoltre: arredamento; cassone; cornice; coro; letto; libreria; organo; tavolo; ecc.

Architettura in legno.

Accanto alle architetture in pietra o in laterizio si ha, in ogni tempo e in ogni civiltà architettonica, uno sviluppo di costruzioni basate sull'impiego parziale o totale del legno: la caverna o il dolmen trilitico da un lato, la capanna dall'altro, sono gli elementi primordiali di queste due grandi branche della costruzione. Dove le condizioni naturali lo favoriscono, queste costruzioni hanno impiego generale, tanto nell'abitazione, quanto nell'edificio del culto nell'accessorio interno decorativo e costruttivo e in quello occorrente al decoro e all'espressione della città: il recinto, il segno onorario o commemorativo, il ponte, la cinta difensiva. Tali da tempo antichissimo le costruzioni dell'Europa centrale e settentrionale dove l'estensione di grandi boschi facilita l'uso di questo materiale; tali le costruzioni dell'Asia centrale e orientale, India, Cina e Giappone. Nei paesi meridionali greco-latini e nelle architetture del bacino mediterraneo, invece, il legno appare eccezionalmente.

La leggerezza, la porosità, la tenerezza, l'elasticità, l'igroscopicità, la combustibilità, sono i fattori di cui ogni costruttore ha dovuto tenere conto nel disporre le strutture lignee, e da essi dipendono gli accorgimenti costruttivi, che caratterizzano, con costanza di tipi, le architetture del legno. Tali il formarsi di alcuni sistemi d'intelaiatura, gli scheletri delle costruzioni che altri materiali talvolta riempiono, conservando in ogni caso l'aspetto di esilità, di ariosità, di slancio; tali le disposizioni atte a contrastare le possibili deformazioni, a ripartire e trasmettere i carichi delle coperture.

Quale storicamente sia l'evoluzione delle forme architettoniche del legno e delle loro applicazioni ai diversi tipi di edifici, ci risulta, per ciò che si riferisce all'antichità, sia dalla continuità di una tradizione locale costruttiva, permanente nei modi ancora oggi praticati nelle varie regioni, sia e più per la testimonianza che ci risulta da costruzioni in pietra, nelle quali le strutture lapidee sono condotte in modo da imitare quelle proprie del legno, secondo un processo di trasposizione di forme che ci si mostra costante nella maggiore parte delle architetture antiche.

La stilizzazione architettonica egiziana si fonda in grandissima parte sopra l'imitazione degli elementi naturali, e nei riflessi architettonici su analogie con le forme costruttive in legno, quali, ad esempio, sono praticate anche oggi nella comune costruzione per abitazione, fatta di muri in terra cotta, racchiusi entro intelaiature lignee e di terrazze di tronchi di palma avvicinati. Così nell'architettura domestica troviamo ancora colonne costituite da un fusto in legno sul quale un elemento trasversale forma una specie di capitello rudimentale; il motivo stilistico egizio e assiro di pilastrate o di pareti decorate da una serie di baccellature avvicinate riproduce il sistema originario di formazione di pareti risultante dall'accostamento di tronchi di palme, disposti verticalmente, come è usato ancora oggi nella Nubia, con analogie, appunto, con i procedimenti dell'antichità.

Pare che l'Egitto in antico non fosse così povero di legno come è divenuto oggi; tuttavia la sua flora non permetteva neppure allora opere di proporzioni grandiose. Le varie specie di acacie, la balanite, il carrubo, il giuggiolo (zizyphus spina Christi), le varie palme, il sicomoro, il tamarisco forniscono per lo più materiale di misure ridotte e non sempre di eccellente qualità. Si suppliva alla deficienza ritraendo dai mercati stranieri ciò che occorreva. Dal Libano si esportava molto cedro (la più antica menzione è quella delle 40 navi caricate l'anno VI di Senfòre); altri legnami, dalla Siria e dall'Asia Minore; dalla Nubia, l'ebano.

L'incompleta identificazione dei nomi egiziani non permette di utilizzare le abbondanti notizie delle fonti.

Le scene figurate sulle pareti delle tombe ci mostrano l'abbattimento degli alberi con grandi scuri; la lavorazione con la sega, l'ascia, l'uso dello scalpello, del trapano immanicato, del mazzuolo di legno; la lisciatura e la lucidatura delle superficie. Un piccolo modello ligneo del 2050 circa ci dà l'idea di un laboratorio di falegnami. Per tenere insieme i varî pezzi essi s'incastravano oppure, attraverso buchi, venivano passati i piuoli, i cavicchi, i legacci.

Certamente la costruzione in legno deve essersi sviluppata prima di quella trilitica in pietra, o, per lo meno, accanto alla monumentale espressione dell'architettura religiosa e dei grandi palazzi, si deve essere svolto questo ciclo architettonico basato sull'impiego dei legnami ricordati che, date le loro qualità, dovevano indurre a un'orditura fatta di frequenti montanti, d'incroci, di traverse calettate a incavo e linguetta, con procedimenti di finissima ebanisteria, secondo una tradizione regionale ancora oggi viva fra gli artigiani arabi. Solamente l'introduzione dei più tenaci legni del Libano dovette fornire materiali meglio atti a maggiori costruzioni.

Dal confronto con le decorazioni scolpite su alcuni sarcofagi (sarcofago di Micerino, tomba di Phtah-Hotep, 5ª dinastia), si può dedurre come le intelaiature egiziane fossero realizzate legando con traverse orizzontali, molto avvicinate, i ritti del telaio sostenenti gli architravi, e quindi la copertura di tronchi avvicinati. Anche le false porte delle tombe, come ad esempio quelle di Saqqārah oppure i motivi delle stele o dell'edicola imitata in un bassorilievo di Luksor, non sono altro, per il modo d'intersecare le diverse riquadrature del motivo architettonico, che la traduzione di analoghe forme in legno. Gli ordini architettonici e soprattutto le colonne derivano da elementi vegetali (loto, papiro, palma), oppure, specie quando si tratti di architettura degl'ipogei e delle grotte sepolcrali, dagli apparecchi in legno predisposti per lo scavo delle gallerie.

Così può spiegarsi l'origine dell'ordine scolpito nella facciata delle grotte di Benī Hasan (XII din.) e la decorazione interna di quell'ipogeo in cui questa imitazione è specialmente evidente.

Questa tendenza all'imitazione di strutture lignee ci apparisce ancora estesamente in tutto il gruppo delle architetture orientali, della Persia, in specie, e successivamente dell'India; soltanto parzialmente nelle case caldeo-assire, come ce lo descrive Erodoto, coperte da doppie terrazze formate di stipe di palmizî, la nota decorazione assira a striature successivamente iscriventisi l'una nell'altra, rappresenta, analogamente a quanto si è visto nell'architettura egiziana, la stilizzazione di motivi di tronchi di palma formanti fascio e parete. Le rovine di Persepoli e di Susa con le grandi sale ipostili, e le sculture delle tombe reali degli Achemenidi (secolo VI a. C.) ci dimostrano come sopra le esili colonne dovesse essere disteso il sistema delle coperture; queste, dati gl'interassi di circa 8 metri, non potevano essere costruite che mediante architravi multipli, sopportanti una successiva orditura minore di traverse e di tavolame. Questi grandi legnami dovevano giungere in Persia dai piani della Susiana e dell'Elam, dalle foreste dell'Ircania, che potevano fornire querce, cipressi, platani e più raramente pini e acacie; cedri venivano dal Tauro e dal Libano mediante carovane. Le facciate dei palazzi persiani sono riprodotte, ad es., nelle tombe reali, dalle quali possiamo dedurre quali fossero lo splendore e la complessità delle strutture nella Sala delle cento colonne a Persepoli, della quale lo Chipiez ci dà una ricostruzione. I chioschi della Persia odierna per soggiorno all'aperto, per udienze (Padiglione degli specchi a Iṣpahān) rappresentano la continuazione del procedimento antico.

Anche le regioni dell'Asia anteriore per lunghissima tradizione rivelata e dalle costruzioni, ancora oggi in uso, e dai testi di Vitruvio, ci mostrano un particolare stile che caratterizza le architetture scolpite della Licia, della Paflagonia, della Frigia. Le attuali case della regione del Sangario, ricca di conifere, sono costruite mediante tronchi alternativamente sovrapposti nei due sensi ad angolo retto, incastrandosi l'uno con l'altro mediante intaccature a mezzo legno; le coperture sono formate portando in sbalzo le travi avvicinate. I monumenti della Licia scolpiti nella roccia ci ripetono in forme monumentali questo elementare procedimento (tombe di Kenibachi, di Hoiram) per cui la tomba è foggiata come una casa di legno pietrificata, copia di un tipo di abitazione che dovette essere in uso nel paese. Lo Chipiez ci avverte che ancora oggi nella Licia si costruisce, secondo i luoghi, tanto in legno come in pietra; ma anche dove i muri della casa sono fatti di pietrame, il legno vi ha una parte importante. La casa non è che una gabbia di legno che costringe il pietrame delle pareti; il granaio licio attuale ha specialmente conservato il tipo che troviamo rappresentato nelle tombe rupestri.

I particolari stilizzati nelle tombe di Mira, di Antifello, di Telmisso, di Pinara, a Xanto, indicano con evidenza le travature quali possono risultare, con successivi spianamenti, dai caratteristici tronchi degli alberi che fioriscono sui fianchi meridionali dei Tauri, il cui ceppo è fortemente ricurvo alla base: i detti elementi architettonici ripetono, nelle estremità, questa curvatura, che rimane nella squadratura dei legni per la loro posa in opera.

Diverso carattere dovette avere la carpenteria usata nelle regioni della Frigia che erano comprese tra Seyitgazi al nord ed Eski-Karahisar al sud, verso il sec. IX-VII a. C. Gl'ipogei di questa regione rappresentano nelle facciate scolpite sulla roccia frontoni il cui timpano è disegnato da forti capriate in legno (tomba di Mida, tombe della Paflagonia, necropoli di Ayazin, rivelate da Texier e Ramsay). Il portale di una tomba detta DeliktaŞ (= pietra forata) nella Misia mostra evidentemente i conci scolpiti in guisa da imitare le testate incrociantisi delle travature.

Tutte le monumentali architetture indiane trasferiscono sulla pietra i procedimenti che furono e sono anche oggi adottati nelle costruzioni in legno. E questo non solo nelle facciate delle grotte artificiali i cui frontespizî sono decorati con rilievi che riproducono vòlte e nervature in carpenteria; ma, anche nelle costruzioni sacre, recinti, portici, i cui elementi lapidei sono disposti come se fossero di legno. La regione infatti è ricca di legnami.

I grandi templi piramidali di Mahadelligon, di Jagannatha, di Madura, sono costruiti a strati di pilastrate verticali e di colonne molto avvicinate alternativamente con profonde fasciature orizzontali: il cortile della pagoda di Chidambaram e la sua sala interna sono formati con disposizioni convenienti al legname. Lo stesso si dica dei grandi templi di Kootub, del tempio di Śiva a Chidambaram, della Sala dei mille pilastri a Delhi, delle moschee del sec. XII.

Ma il procedimento è anche più antico ed è adoperato nei templi sotterranei buddhistici dei secoli III-V d. C., come nella caitya di Karli (Bombay), nelle grotte di Ellora, negl'ipogei in Baja, nei quali la decorazione deriva dall'interpretazione di strutture in legno composte di tavoloni tra loro connessi e sagomati ad arco. Un altro sistema di costruire archi lignei risulta dal tendere elementi mediante l'interposizione di puntoni formando quasi un traliccio curvo: così sono foggiati gl'ingressi della caitya a Bodh-Gaya, delle grotte di Karli del sec. II a. C.

Il legno doveva essere anche impiegato secondo un metodo di accatastamento, visibile ancora nelle costruzioni della regione del Himālaya, dove un minuto materiale di pietrame è contenuto da un sistema di legnami incrociati formanti rete. Questo procedimento, che permette anche la formazione di rientranze successive negli strati che si sovrappongono o sporgenze a forma di mensola, è quello che ci appare attraverso il frastagliamento decorativo delle complicate costruzioni indiane di Dabhoi, di Bijapur, di Injhuwada, nel tempio di Lingaraja a Bhuvaneshvar. Esse infatti ci ricordano uno schema costruttivo per cui i varî elementi lignei s'incrociano successivamente, oppure si appoggiano l'uno sull'altro mediante forme di mensole.

L'architettura indiana nel sec. VIII d. C. adotta sistemi triangolari onde provvedere alle deformazioni delle intelaiature.

I portali d'ingresso ai recinti sacri dei grandi stūpa (p. es. gran Topò di Sanchi) formati dall'intersezione di tre architravi con due montanti sono anch'essi la traduzione di elementari strutture lignee.

La Cina e il Giappone, come l'India, elevano esclusivamente i loro edifici adoperando il legno resinoso di cui quelle regioni sono ricche: legni di facile impiego, tronchi d'alberi a fibre lineari che si prestano a precisi lavori di carpenteria, a calettatura, a incastri a maschio e femmina, vegetali a fusto cavo come il bambù che si presta a essere collegato mediante legature o cavicchie.

Nel suo schema più diffuso la costruzione orientale consiste in un sistema di ritti sostenenti la copertura a tetto: è la costruzione che in Cina si denomina ting. Gli schemi di queste costruzioni sono però basati sopra rettangoli rigidi, vale a dire gli elementi delle coperture trasmettono il loro peso mediante elementi verticali, che a loro volta trasmettono i carichi mediante altri elementi orizzontali.

All'intestatura di un trave verticale con uno orizzontale si procede con il sussidio di elementi arcuati formanti un collegamento angolare atto ad assicurare l'innesto contro le deformazioni laterali. Da ciò quei tipici montanti a forcella che formano l'elemento di sostegno dei porticati orientali.

Nelle architetture dell'antico mondo mediterraneo il legno appare soltanto come elemento sussidiario.

Le piante utilizzate dagli antichi per i varî usi costruttivi erano a un dipresso le principali fra quelle che adoperiamo ancora. Il legname ricavato dalle piante abbattute e liberate dei rami secondarî veniva privato della corteccia e quindi lavorato generalmente in tre forme: o conservato rotondo, oppure spaccato e segato in assi, o squadrato; dopo di che era posto a seccare. L'operazione del disseccamento doveva evitare che il legno si spaccasse, epperò richiedeva particolare attenzione; per certe piante, anzi, quali il frassino, un taglio fatto alla base della pianta ancora ritta permetteva che essa si disseccasse avanti di abbatterla.

L'uso era vario e molteplice e appena si presta a essere brevemente accennato. Le costruzioni terrestri richiedono largo impiego di materiale ligneo, più che non usi oggigiorno; alcuni legni, come quello del frassino, del cedro, del cipresso, avevano fama di essere resistenti all'umidità. Altri, come la quercia e il rovere, erano ritenuti particolarmente forti e resistenti; il larice forniva grandi travi orizzontali da carico; gli scavi di Pompei, ma soprattutto quelli più recenti di Ercolano, ci hanno fornito e ci forniscono preziosissimi e ogni giorno più copiosi elementi intorno al legname da costruzione terrestre.

Il commercio del legname era assai attivo e complesso, perché non ogni regione produceva quanto occorreva per l'uso dei suoi abitatori; al contrario alcune regioni, come la Macedonia, la Cilicia, i dintorni del monte Ida, la Siria e, in Italia, l'Etruria erano regioni produttive, mentre altre, come l'Attica, erano costrette a servirsi di legname talora proveniente da lontani paesi. S'intende bene perciò perché Anfipoli, Aspaneo presso l'Ida, Sinope, Genova, siano stati centri di tali commerci. Materiarii o sectores materiarii appaiono talora nell'epigrafia a rappresentare i ricordi a noi superstiti di tali lavoratori.

La costruzione primitiva cretese impiegò certamente il legname con notevole estensione: le stilizzazioni dipinte e scolpite ci mostrano infatti come sui ritti conici funzionanti da sostegno isolato si appoggiassero travature orizzontali mediante un elemento orizzontale intermedio, o abaco, embrione del capitello.

Si hanno in Omero le descrizioni di grandi sale sostenute da pali o travi di legno; le costruzioni di Tirinto e quelle analoghe ricostruibili nel mégaron del palazzo di Troia, mostrano con sufficiente evidenza che le testate dei muri (ante) dovevano essere formate di montanti in legno raggruppati. I soffitti del mégaron della casa preellenica erano altresì in legno.

Il legno, che era stato il materiale usato dai costruttori micenei, passò anche nella formazione dei primi templi dorici, come vide ancora Pausania nel tempio di Era (sec. VII), quando ancora restavano alcune colonne di quercia dell'opistodomo. Originariamente dunque nella formazione del tempio dorico il legno ebbe parte notevole. E anche su questo argomento si ripetono le interpretazioni degli scrittori, da Vitruvio al Viollet-le-Duc, dal Piranesi allo Chipiez, i quali tentarono di ritrovare, nei varî elementi dell'ordine dorico, l'astratta traduzione architettonica di procedimenti reali proprî alle primitive architetture in legno.

Le stesse analogie si riscontrano nelle possibili relazioni tra la formazione dell'ordine ionico e la forma iniziale di alcune strutture in legno usate nell'Asia, stilizzate nei monumenti della Licia e in quelli persepolitani. La formazione del capitello ionico risalirebbe alla necessità costruttiva per la quale sopra un elemento verticale si dispone come intermediario del sovrapposto architrave un minore elemento a guisa di stampella: analogamente la dentellatura caratteristica della trabeazione ionica altro non sarebbe che la stilizzazione architettonica delle testate dei travicelli di copertura portati in risalto per sostenere la cornice di protezione.

Nelle architetture classiche latine il legno apparisce solo in funzione di accessorio costruttivo, al quale tuttavia è affidata una funzione di completamento decorativo in alcuni edifici o parti di edifici. Nelle case pompeiane, ad esempio, si hanno esempî di avancorpi sostenuti da mensole e di un atrio a soffitto cassettonato risultante dall'orditura delle coperture. Nei teatri romani la copertura della scena doveva essere formata portando in avanti un'ardita tettoia, come nel teatro di Aspendo; complessi apparecchi teatrali ci sono descritti da Vitruvio.

Nell'architettura romana e soprattutto negli edifici a pianta longitudinale, basiliche, celle di templi, sale di palazzi o case (oecus, tablinum), la copertura lignea compie la funzione di completamento mediante strutture celate entro il rivestimento a lacunari dei soffitti cassettonati. Nelle basiliche orientali siriache o africane, invece, la copertura costituita da capriate rappresenta anche la decorazione terminale dell'ambiente.

I Romani introducono i sistemi di travature triangolari a tirante, e la mirabile continuità delle coperture degli edifici basilicali cristiani ci rappresenta appunto questa tradizione, che dovette avere ricche soluzioni, a Roma, nelle coperture della Basilica Giulia, della Basilica Ulpia, della Curia di Pompeo, della grande aula del Palazzo Sessoriano, della cella del tempio di Saturno e forse in quella del tempio di Antonino e Faustina. Vitruvio stesso ci dà modo di ricostruire quella della sua basilica a Fano.

Le soffittature di S. Giorgio in Velabro, di S. Maria in Cosmedin, di S. Maria in Trastevere, a Roma, gli effetti decorativi policromi, come in San Miniato al Monte a Firenze nel presbiterio del duomo di Monreale, e successivamente quelle quattro o cinquecentesche (soffitto della chiesa dell'Aracoeli, di S. Maria Maggiore), affidano al legno intagliato dei cassettonati la parte decorativa terminale dei vasti ambienti.

Le complicate e ricche coperture dell'architettura musulmana, non solo, ma anche tutto il sistema di porticati e di logge a sbalzo sono affidati come ossatura al legno, con procedimenti di falegnameria di grandissima abilità: strutture laterizie e sovrapposizioni plastiche in gesso formano poi l'ultimo rivestimento decorativo.

Il soffitto piano apparisce nel Maghreb, in Spagna, in Egitto, fino al sec. XII, ma si hanno anche sistemi di nervature centinate, formanti una intelaiatura a somiglianza di carena di nave, come nella moschea al-Aqṣà e nella Qubbat aṣ-ṣakhrah, intrecciantisi anche successivamente in modo da formare l'intelaiatura a cui si affidano le successive rifiniture a forma di stalattiti.

Nel tipo medievale veneto le vòlte lignee a carena si trovano in San Zeno e in S. Fermo a Verona, in S. Stefano a Venezia, ecc.

L'architettura gotica francese e, specialmente, quella inglese dal sec. XII al XV, risolvono in forme tecnicamente progredite e decorativamente ricche per intagli, il problema di coprire c0n opere di carpenteria le navi delle chiese, le grandi sale delle abbazie, e quelle dei castelli. La tradizione del legno, antichissima nelle Gallie sin dai tempi romani, progredisce nei periodi merovingio e carolingio, in cui le costruzioni, data la ricchezza di legni di quercia, sono generalmente in legno. Con il sec. XIII l'arte dei carpentieri francesi già attenta nei procedimenti del taglio, della squadratura, degl'innesti, si perfeziona col ricercare sistemi atti a ridurre gli spessori, e a pemmettere lo svolgimento delle crociere di copertura delle navate entro la linea acuta dei tetti fatti indipendenti dalle vòlte sottostanti (cattedrale di Notre-Dame, di Chartres, di Saint-Ouen di Rouen, di Reims).

Più interesse offre la carpenteria predisposta a formare decorazione interna foggiandone le nervature come arcate a sesto acuto, imitanti le crociere, ispirandosi a tipi delle basiliche primitive, come ad esempio a quella della cattedrale di Messina, con la quale hanno rapporto le copertura di Saint-Remy di Reims, della Trinità di Caen e, in Inghilterra, quella della cattedrale di Peterborough. Il Viollet-le-Duc ci mostra una serie di sale di castelli del sec. XIII, coperte con sistemi di vòlte lignee iscritte entro il triangolo delle cuspidi di copertura, il che importa l'adozione di forme d'incavallature nelle quali viene soppressa la catena, procedimento questo anglo-normanno dei secoli XIV e XV, con il quale i costruttori raggiungono espressioni decorative basate sopra la formazione di complicati trafori architettonici, quali vediamo nella sala dell'abbazia di Malvern (Worcestershire) del secolo XIV, nella grande sala dell'abbazia di Westminster di 21 m. di apertura, nella Hampton Court, del 1536, nella sala dell'ospedale di S. Giovanni a Northampton, a carena, nell'abbazia di Worcestershire a capriate, formanti trafori, intrecci, polilobati, alla maniera gotica.

Analogamente nella formazione delle impalcature per solaio, il legno compie la parte architettonicamente predominante nella composizione degli ambienti. Travi di primo ordine, maestre, poggianti sui muri perimetrali; di secondo ordine, poggianti su altre travi; di terzo ordine o di cavallo o di chiave, se incastrate fra altre due travi; di fronte o di frontone, o catene di frontone se sono alle estremità per sostenere sul perimetro le travi maestre, sono le orditure sulle quali, con costanza di tecnica, si costruiscono le impalcature dal Medioevo ai nostri giorni.

Su questo schema si hanno le soffittature piane medievali, in cui entrano decorativamente le mensole di appoggio alle testate e la policromia riportata: i tipi veneziani a travi maestre avvicinate; quelli toscani formanti cassettonati con l'intreccio delle varie orditure. I risultati decorativi cui giunge l'arte del Cinquecento e poi quelli barocchi ci sono noti dalle magnificenze delle sale del Palazzo ducale di Mantova e specialmente da quelle del Palazzo ducale di Venezia. Esempî storici stranieri da ricordare sono le impalcature architettoniche del palazzo municipale di Lindau, quelle della Chiesa della pace di Stoccarda di tipo gotico.

Le costruzioni civili dell'Europa centrale si riportano, attraverso la grande varietà di tipi, ad alcuni procedimenti fondamentali da cui traggono carattere; sono questi i sistemi a intelaiatura, i sistemi di pareti a blinde e i sistemi a panconi.

Una travatura disposta orizzontalmente, detta soglia, è quella che nelle pareti intelaiate funge da fondamento all'edificio; altri elementi orizzontali saranno costituiti dai piani d'imposta dei solai, dagli architravi e dai davanzali delle finestre; verticalmente invece avremo i ritti o candele o stili, come elementi portanti e in funzione di stipiti, fiancheggianti porte e finestre; le cellule rettangolari, derivanti dall'inserzione degli elementi orizzontali con i verticali, saranno contravventate mediante saette o croci di Sant'Andrea. Un procedimento siffatto apparisce nelle antiche costruzioni tedesche del Medioevo e del Cinquecento.

Con il disporre i ritti a intervalli regolari, si forma una serie continua di finestre (ad esempio, Casa dei Pestatori d'ossa a Hildesheim, del 1592), mentre portando le travature principali dei solai a sporgere si formano anche balconate ampie e lunghe quanto le fronti delle case, elemento questo caratteristico delle case svizzere e di quelle della Selva Nera, dell'Alto Adige, del Cadore. Analogamente lo sporgere degli arcarecci del tetto, con la varietà di sistemi di mensole necessarie a contrastare la flessione delle travi, consente la formazione di gronde fortemente sporgenti.

Un altro elemento decorativo consentito da queste intelaiature è quello delle successive sporgenze dei piani a sbalzo l'uno rispetto all'altro, sia per tutta la fronte, sia per tratti parziali, in forma di torrette o avancorpi, quali si vedono nelle antiche case francesi, in quelle del Württemberg e in quelle inglesi. Una disposizione siffatta fu frequentemente adottata, durante il Medioevo, anche in Italia; numerose case minori dell'Emilia, specialmente di Bologna, ci documentano ancora oggi queste forme costruttive.

Il sistema a blinde invece consiste nel sovrapporre i tronchi di legno l'uno all'altro, innestandoli negli angoli con intaccature a mezzo legno per formare lo spianamento: i tronchi possono essere spianati su due o su tre facce. È questo il procedimento proprio di paesi ricchi di legname e quindi lo vediamo adottato nelle costruzioni in legno della Russia, della Polonia, e del Tirolo.

La fantasia dei decoratori si manifesta nel vario modo d'intagliare le testate delle travi. In Svizzera una vecchia casa del 1615 a Meiringen, un'altra a Matten (Interlaken) mostrano come con il graduale sporgere delle travi si ottengono i grandi mensoloni atti a sostenere le balconate e gli sporti dei tetti.

Nel sistema delle pareti a panconi i tavoloni di legno - panconi - entrano in apposite scannellature di una orditura di travi principali, ritti, soglie, cappello, e si collegano tra loro mediante incastri, formando così la parete senz'altro sussidio di orditure intermedie. Il sistema è praticato in Svizzera, da antico tempo, e dai contadini della Selva Nera.

In Germania, come in Francia, si è costruito in legno sin dai tempi di Carlo Magno: il maggiore sviluppo però si ebbe durante il periodo gotico e durante il Rinascimento. Il sistema adoperato con prevalenza è quello a intelaiatura, semplice, lineare, come nella casa di Marburgo del 1320.

In Germania una casa del 1470 a Brunswick, nonché una di Halberstadt, del 1461, ambedue ricche d'intagli sia lungo le travi orizzontali sia nelle mensole scolpite con intagli geometrici o figurati, documentano le qualità decorative di queste costruzioni lignee.

Alcuni qtiartieri di Hildesheim, di Halberstadt, di Brunswick, in Germania, debbono la loro caratteristica a questo tipo di edifici, nei quali la costanza dello schema costruttivo si adorna variamente ora di sottigliezze lineari e geometriche di carattere goticto (come si vede a Brunswick, nella casa in Auguststrasse 33, del 1517), ora di ricchezze di minuti fregi, di mensole, di pilastri figurati, del frastagliato Cinquecento e Seicento tedesco (case in Brunswick, 1536; in Osnabrück, in Stolberg, in Hornburg e particolarmente a Hildesheim nel Wedekindhaus, 1598, nella casa della Österstrasse, che ci mostra anche l'utilizzazione dello spazio abitabile nelle alte cuspidi formanti copertura).

Le case della Germania meridionale hanno un loro particolare carattere che deriva dal risalto dell'intelaiatura lignea sul fondo di riempimento in muratura intonacata. L'effetto decorativo è dato dal giuoco geometlico con cui vengono disposti i ritti e le diagonali (Esslingen, 1579), questo sistema è adottato anche nelle costruzioni moderne dei cottages.

Nei tipi cinquecenteschi e seicenteschi le linee dell'ossatura prendono la forma degli ordini, sempre riccamente intagliati, come i varî elementi di contravventamento che così creano un contrasto con i fondi della parete (casa della Nikolausstaden a Strasburgo).

Specialmente in Francia il periodo del Rinascimento modifica decorativamente lo schema costruttivo precedente, come nella casa di Diana di Poitiers in Rouen a ordini di colonnine e balaustre e a fondi frastagliati di ornati.

Le costruzioni francesi della Bretagna e della Normandia seguono gli stessi schemi fino dal periodo gotico, come ci è dimostrato dal Viollet-le-Duc in un disegno di casa trecentesca in Laval, intelaiata e a fondi di muratura: travature orizzontali di soglia, mensole, correnti di architrave scorniciati a profili gotici che si continuano anche nel sec. XV. Esempî di tale tipo di costruzioni sono alcune case di Compiègne, di Rouen, disegnate anche da Viollet-le-Duc. A Bayeux in Normandia, a Morlaix, Dol e in Bretagna sussistono ancora vecchie strade fronteggiate da simili costruzioni; a Reims l'intaglio degli elementi portanti si arricchisce di fogliami e tortiglioni.

Talvolta l'intreccio delle orditure s'infittisce a scopo esclusivamente decorativo, ora formando disegni alternati a linee orizzontali e verticali, ora formando una trama a diagonali strettamente incrociate (case in via dell'Osellerie in Angers; casa Adam in Angers). È questa anche la maniera inglese, tanto della minore costruzione rustica, storica e attuale, quanto del tipo a castello così frequente nelle contrade inglesi (vedi il Moreton old Hall nel Cheshire, costruito nel 1550-1559), come nella moderna casa nel centro di Chester, che ripete i motivi del più antico tipo storico.

Nelle contrade del Kent, del Sussex, del Hampshire si hanno nei cottages strutture miste con un' intelaiatura che forma il disegno esteriore e con riempimenti di muratura; queste costruzioni sono caratterizzate da ampî spazî e dai diversi piani che, approfittando dell'accentuata pendenza delle falde, sono in alcuni casi disposti nel sottotetto.

Nel Cheshire e nello Shropshire, costruzioni moderne con l'intreccio predisposto delle intelaiature continuano la tradizione dei tipi del Rinascimento, quali il Bramhll Hall, nel Cheshire, e il Little Moreton Hall.

Il tipo svizzero si distingue per la sua costruzione a blindaggio o a panconi, mediante il quale si formano le mensole sorreggenti le grandi sporgenze dei tetti che nella regione sono a normale pendenza e ricoprenti le balconate. Su questi elementi si esercita la fantasia dei costruttori, intrecciando puntoni, saette, arcarecci, intagliandone i lati e disegnando a contorni curvilinei i profili.

Di grande interesse sono le case svizzere rivestite di assicelle a squame nel Toggenburg. Tipica è, ad es., una casa a più piani in Sarnen (cantone di Obwalden), che si nota per il ricorso delle balconate susseguentisi per tutta la fronte e su tutti i piani. Analoghi tipi si possono vedere nell'Emmenthal.

Le condizioni naturali della regione russa favoriscono le costruzioni in legno col sistema costantemente applicato del blindaggio. Esso procede dalla capanna e dalla casa rustica alle più complesse architetture di abitazione e specialmente a quelle religiose. I tronchi d'albero sovrapposti dànno alle fronti pareti piene, che caratterizzano questi edifici con un loro aspetto chiuso: qualche loggetta o portico d'ingresso su colonne intagliate ne ravvivano l'aspetto. In alcune regioni sussistono edifici religiosi dal sec. XVI al XVIII. I corpi di fabbrica cubici sono sormontati da alte cuspidi successivamente quadrate, ottagone, e coronate dalle forme bulbose delle cupole, che si raggruppano talvolta simmetricamente in ascese piramidali concentriche.

Un insieme interessante e dimostrativo dello stile russo è dato dalla sede estiva degli zar in Kolomenskoe presso Mosca: variato complesso di edifici del sec. XVII che ci è noto ormai solo da disegni del tempo.

Si hanno numerosi esempî di queste chiese russe, fra le quali merita di essere particolarmente menzionata quella di Belozersk, del 1696; alcuni di questi edifici presentano una analogia di tipo nella forma slanciata dei tiburî; in altri è caratteristico il raggrupparsi di piccole cupole simmetricamente intorno a un nucleo centrale. Queste costruzioni sono interamente in legno.

La Polonia e la Cecoslovacchia presentano analoghi caratteri nelle costruzioni rustiche, paesane, che mantengono anche oggi un'antica tradizione stilistica, nella quale si nota talvolta qualche interpretazione di forme architettoniche più complicate, come nel palazzo comunale di Z̆elezný Brod (Eisenbrod) in Cecoslovacchia, ora demolito.

Ungheresi, Romeni, Croati sogliono decorare finemente, intagliando fregi, timpani e colonne, alcune parti delle costruzioni, specialmente i portali, le serie di finestrelle raggruppate e i vertici dei tetti, la cui orditura apparisce quasi sempre chiusa da tavolame lavorato.

La regione carpatica è specialmente ricca di architetture in legno, gotiche e barocche.

Le costruzioni norvegesi hanno una particolare sagoma che le distingue da ogni altro gruppo: il sistema costruttivo fondato sulla disposizione a blinde, alternativamente orizzontali e verticali, si fa ricercato per la sovrapposizione decorativa di elementi intagliati, secondo una tradizione che dalle costruzioni del sec. XVIII arriva fino alle attuali. Gli edifici religiosi assumono un aspetto piramidale col successivo rientrare di elementi cubici (come si vede nella chiesa di Borgund): esempio fra tanti rappresentativo è quello dato dalla chiesa di Gol che risale al 1391, il cui interno si presenta bizzarramente decorato di colonne cilindriche, di figure scolpite.

Nelle regioni delle Alpi italiane il legno ha funzioni parziali nelle gronde, nei ballatoi disposti spesso così vicini da formare quasi una gabbia, nelle scale. La fantasia paesana si sbizzarrisce nell'intagliare mensole e balaustre (Alto Adige, Ossola, val Formazza; e particolarmente a Macugnaga, dove si ammirano tuttora molte case antiche costruite con travi di larice su basamento di pietra).

In valle d'Aosta la casa rustica in legno ha un carattere particolare per l'influenza di stili medievali. Gli elementi che vengono composti in queste abitazioni sono la stalla al pianterreno, l'abitazione al primo piano, il fienile nel sottotetto: nel Trentino e nel Cadore, questo è annesso in un edificio in legno a quello in muratura della casa.

Le case cadorine in legno (Calalzo, Auronzo, Sappada, Danta), costruite a panconi, a spioventi di tetto fortemente sporgenti, racchiudono spesso una serie di balconate sovrapposte: la semplice struttura delle case rustiche ha per contrasto, in qualche esempio, ricchezza di motivi di trafori e d'intagli specialmente nelle balconate.

Prima dell'avvento delle costruzioni in ferro, l'architettura moderna ha portato il legno a effetti di grandiosità, specialmente applicandolo a costruzioni provvisorie per padiglioni di esposizioni, dove si sono coperte sale di ampiezza di m. 37 (esposizione di Francoforte, 1881), di m. 28 (esposizione di Dresda, 1885) e si sono anche costruite cupole di notevole abilità tecnica per l'adozione di strutture leggiere capaci tuttavia di coprire un vano di metri 26 di diametro e di metri 20 di altezza (esposizione industriale di Görlitz del 1885).

V. tavv. CV-CXXIV.