LENTE

Enciclopedia Italiana (1933)

LENTE (dal lat. lens "lenticchia")

Aroldo DE TIVOLI
Ugo PANICHI

È costituita da un mezzo trasparente, quasi sempre vetro o quarzo, limitato da superficie generalmente sferiche, o da una superficie sferica e da una piana. I centri delle superficîe sferiche che limitano la lente si dicono centri di curvatura e la retta che li congiunge si dice asse principale. Se un fascio di raggi paralleli (fig.1) che cade su una lente viene da questa fatto convergere in una piccola regione, praticamente assimilabile a un punto F1, la lente si dice convergente, se invece il fascio viene fatto divergere, come se partisse da un punto F2 posto, rispetto alla lente, dalla stessa parte da cui provengono i raggi, la lente si dice divergente.

Il punto F in cui il fascio viene fatto convergere, o da cui sembra divergere, se la lente è divergente, si dice fuoco della lente e distanza focale viene detta la distanza f che lo separa dal centro C della lente (centro ottico). E facile mostrare questa proprietà di una lente, facendovi cadere sopra un fascio di luce solare e seguendone il percorso, reso visibile da particelle di fumo o polvere contenute nell'aria attorno alla lente. Quanto più la distanza focale è grande, tanto meno la lente è forte, cioè tanto meno la lente è convergente, o divergente. Volendo esprimere la forza di una lente con un numero che sia tanto più grande quanto più la lente è forte, si prende l'inverso del raggio misurato in metri; questo numero misura la forza della lente in diottrie. Così dire che una lente è di 5 diottrie, significa che1/f = 5 cioè f = 0,2, cioè la distanza focale è di cm. 20.

Le lenti convergenti sono più spesse al centro che ai bordi, inentre il contrario ha luogo per le divergenti; le prime possono essere a seconda della loro forma (v. fig. 2): a) biconvesse; b) pianoconvesse; c) a menisco convergente; le seconde: d) biconcave; e) pianoconcave; f) a menisco divergente.

La teoria delle lenti, nell'ipotesi che lo spessore di queste sia molto piccolo rispetto alle altre dimensioni, può essere fatta in modo elementare, compendiandola nelle seguenti tre leggi delle lenti sottili:

1. Un raggio di luce parallelo all'asse principale dopo la rifrazione passa per un punto dell'asse principale (fuoco).

2. Un raggio che passa per il centro ottico non vi ne deviato.

3. Tutti i raggi che escono da un punto O dopo la rinfrazione s'incontrano in un altro punto I detto immagine del primo.

La fig. 3 rappresenta la traduzione grafica delle tre leggi.

Siccome l'immagine di un oggetto è costituita dall'insieme delle immagini dei suoi punti, data una lente e la distanza p di un oggetto da questa, è facile con costruzioni geometriche, calcolare la distanza focale f della lente, determinare l'immagine I e la sua posizione e distanza q dalla lente stessa. Le tre grandezze f, p e q sono legate dalla seguente relazione nota col nome di formula delle lenti sottili:

L'immagine fornita da una lente convergente è sempre reale eccettuato il caso in cui l'oggetto si trovi tra il fuoco e la lente. L'immagine ingrandita di un oggetto che si vede usando una comune lente d'ingrandimento è virtuale, perché l'oggetto è stato posto tra la lente e il suo fuoco, ma noi la vediamo perché la lente dell'occhio (cristallino) la rende reale sulla retina.

Gli usi delle lenti sono così numerosi che difficilmente si possono riassumere in breve, altro che dicendo genericamente che esse servono a fornire immagini di oggetti, talvolta ingrandite, talaltra impiccolite. Le lenti usate come occhiali si possono ritenere più che destinate a formare immagini a correggere e rendere nitide quelle formate dal cristallino.

Nel caso di lenti divergenti si possono ripetere considerazioni analoghe a quelle fatte per le convergenti, mentre per le lenti il cui spessore non sia più da considerarsi piccolissimo, le semplici leggi sopra enunciate non valgono più: nelle immagini hanno luogo delle deformazioni che vengono globalmente comprese sotto la denominazione di aberrazioni. Così nel caso che più lenti vengano riunite per formare un sistema ottico, la trattazione è estremamente più complessa (v. ottici, strumenti).

Circa la scoperta delle lenti non si hanno indicazioni certe (v. occhiali). Però la lente adoperata come lente d'ingrandimento e come lente ustoria ha un'origine remotissima. Strepsiade nelle Nuvole di Aristofane, parla di un vetro col quale "può distruggere, fondendolo, un manoscritto comprovante un suo debito". Plinio dice che esponendo al sole dei globi di vetro pieni d'acqua, si può sviluppare calore sufficiente a bruciare indumenti (Nat. Hist., XXXVI, 67). Dal passo di Plinio (ibid., XXXVII, 16) ove parla dello smeraldo di Nerone invece non è possibile avere un'idea chiara sul modo come questo fosse foggiato e quale ne fosse l'uso. Oltre a queste notizie, a provare con assoluta certezza l'origine molto remota della lente, stanno alcuni ritrovamenti di lenti in tombe romane, e l'esistenza di lavori di tale finezza da non farcene ritenere possibile l'esecuzione senza l'ausilio di lenti d'ingrandimento.

Lente dicroscopica. - Tubo oculare che racchiude una debole lente piano con essa, un romboedro di calcite limpida e un diaframma forato (dispositivo di Heidinger, vedi figura); nel dispositivo di Lang termina, in prossimità del diaframma, con una guarnizione anulare girevole. Se a questa si adatta una sostanza (lamina) dicroica (v. cristalli, XI, p. 947), si vedono le due immagini del foro diversamente colorate.